Nuda
di
rotas2sator
genere
dominazione
Lorenza si guardò ancora una volta allo specchio, stringendo nervosamente la borsetta. I suoi vestiti erano nuovi, scelti con cura sotto la guida esperta di Cloe, che le aveva insegnato come valorizzare il suo corpo con abiti che mai avrebbe osato indossare nella sua cittadina. Tuttavia, anche ora, fasciata in quell'abito di seta color vino, si sentiva una bambina che gioca con i vestiti della madre. Era partita dalla sua casa ampia e accogliente, immersa in una quotidianità scandita da abitudini rassicuranti, per trovarsi catapultata nella mondanità di una metropoli scintillante e sfacciata. Il suo corpo procace, dalle forme invitanti, sembrava fatto per quegli abiti audaci, ma il suo animo era ancora quello di una donna dalle abitudini che la rendeva ancora più vera, più autentica. Il suo sorriso, aperto, caldo, irresistibile, era una calamita naturale che aveva sempre attirato gli sguardi, senza che lei ne fosse del tutto consapevole. E poi c'era la sua voce, armoniosa, con un accento dialettale abbozzato che la rendeva ancora più intrigante, naturale nella sua schiettezza. Non era mai stato un suono invadente, ma un sottofondo rotondo, morbido, che evocava calore e sensualità, risvegliando nei raffinati uomini della città immagini di terre assolate e passioni più istintive. Cloe, amica sin dai tempi del liceo, era stata il suo esatto opposto: raffinata, sicura di sé, con un'aura di mistero e libertà che la rendeva irresistibile agli uomini e affascinante alle donne. Ora era la sua mentore: proprio Cloe la stava invitando, in occasione del viaggio fatto insieme, a quella festa mascherata esclusiva, spiegandole con mezze parole e sguardi complici che non si trattava di un semplice ballo mascherato, bensì di un evento molto più audace.
— Un’esperienza che devi provare almeno una volta nella vita — le aveva detto, sorseggiando un calice di vino in un bistrot esclusivo.
Lorenza aveva riso, cercando di sviare l'argomento con imbarazzo, ma dentro di lei qualcosa si era mosso. Una curiosità oscura, un desiderio inconfessato. Perché, nonostante tutto, aveva accettato? Forse per il desiderio di uscire, anche solo per una notte, dai confini di un ruolo tranquillo di moglie e padrona di casa che aveva tutto sotto controllo. O forse per la sfida sottile lanciata da Cloe, che sembrava conoscere i recessi più nascosti della sua anima più di quanto li conoscesse lei stessa. E ora era lì, davanti allo specchio di una camera d'albergo, pronta per immergersi in un mondo che non le apparteneva. Ma quando la chiamata di Cloe era arrivata, qualcosa era cambiato.
— Non sto bene, Lorenza. Una febbre improvvisa. Non potrò accompagnarti stasera.
Lei aveva provato sollievo e delusione allo stesso tempo. Ma prima che potesse esprimere alcun dubbio, la voce suadente dell'amica aveva insistito:
— Devi andarci da sola. Anzi, meglio così. Vivrai tutto senza il mio sguardo su di te. Sarai più libera. Poi mi racconterai.
Libera. Una parola che le suonava estranea e al tempo stesso invitante. Inspirò profondamente, afferrò la maschera dorata aderente sul comò e si avviò verso la porta. La notte l’attendeva. Poteva anche essere ingenua ma non fino al punto di non capire cosa l’aspettasse e prima di scendere dal taxi nell'ampio cortile prospiciente la villa indossò la maschera, emozionatissima. L’edificio si stagliava imponente contro il cielo notturno, un palazzo antico nascosto nel cuore della città, lontano dai riflettori della vita quotidiana. Le finestre illuminate proiettavano bagliori nella oscurità, mentre un viavai di auto di lusso si fermava davanti all’ingresso, lasciando scendere figure eleganti, avvolte in mantelli scuri o vestiti provocanti. Lorenza attraversò il portone con un lieve tremore nel petto. Il corridoio d’ingresso era illuminato da candele tremolanti, che gettavano ombre danzanti sulle pareti di velluto scarlatto. L’aria era satura di profumi speziati e di un’essenza più sottile, un sentore elettrico che sapeva di attesa e promesse inconfessabili. Nella grande sala, il soffitto altissimo era decorato con affreschi antichi e lampadari di cristallo che rifrangevano la luce in mille vettori. Divani in pelle e sedute in velluto erano disseminati con cura, creando angoli appartati dove figure mascherate si sussurravano segreti all’orecchio, sorseggiando liquori ambrati da calici sottili. Lorenza si sentì immediatamente osservata. Un gruppo di uomini, sparsi vicino a un grande camino acceso, interruppe le proprie conversazioni per voltarsi verso di lei. I loro vis, celati da maschere che rendevano quelle figure inquietanti, percorsero il suo corpo con un interesse che la fece fremere. Aveva scelto un abito elegante, aderente nei punti giusti, con una scollatura vertiginosa e un lungo spacco che rivelava la curva delle sue gambe. Ma forse, più del vestito, era la sua stessa esitazione a renderla attraente: quel contrasto tra il suo portamento incerto, l’atteggiamento ingenuo e la prorompente femminilità che emanava.
Uno di loro si avvicinò per primo, sollevando il calice in un gesto di omaggio. — Penso tu sia nuova qui,— disse con voce bassa, velata da una sfumatura di morbosa curiosità.
Altri lo seguirono, avvicinandosi con fare rilassato ma attento, come segugi che avevano fiutato la preda. Le loro parole erano un misto di complimenti e commenti studiati per sondarla, per capire chi fosse e fino a che punto fosse pronta a lasciarsi andare.
Lorenza avvertì il calore del loro interesse scivolarle sulla pelle come un tocco invisibile. Il cuore le martellava nel petto, ma dentro di lei qualcosa rispondeva a quella tensione. Era un gioco pericoloso, eppure sentiva che non aveva mai desiderato qualcosa con tanta intensità come in quel momento.
Uno di loro si avvicinò alle sue spalle, sfiorando con le dita il nodo che le chiudeva l’abito sulla schiena. — Cosa cerchi qui?— sussurrò, con una calma carica di sottintesi.
L’aria era gonfia di attesa, densa del calore dei corpi mascherati che la circondavano. Il lattice delle maschere rendeva i loro volti inaccessibili, ma i loro occhi la divoravano. Un uomo imponente che trasudava potere e autorità, parlò con voce baritonale.
— Seguici.
La condussero attraverso una porta laterale. Il cuore le batteva forte nel petto, non per paura, ma per quell’eccitazione feroce che nasceva dall’ignoto, dalla consapevolezza di aver varcato il confine di un territorio inesplorato.
La stanza in cui entrarono era più intima, con luci ancora più soffuse e un grande divano di velluto scuro al centro. Il profumo di legno e pelle riempiva l’aria, mescolandosi a un’essenza più sottile, muschiata.
— Te lo sei mai chiesta, mentre ti preparavi? — Un altro uomo parlò, la voce divertita. — Quando hai scelto la lingerie, l’abito, quando hai atteso il taxi…ti sei preparata a cosa avresti detto, se qualcuno ti avesse colta in flagrante?
Chiuse gli occhi, il respiro accelerato. Perché la verità era che si, se lo ero chiesta. E quel pensiero l’aveva turbata.
Mani si posarono sui suoi fianchi ferme, possessive. Il tocco era misurato, ma lasciava intendere tutto ciò che sarebbe seguito. Sentì altri movimenti attorno a sé, le ombre degli uomini che cambiavano posizione, pronti ad avvolgerla completamente.
Qualcuno le prese per i polsi, sollevandoli sopra la testa. Altri sfiorarono le cosce con tocchi decisi, esplorandole la pelle con dita esperte. In breve era nuda
— Guarda come freme — mormorò uno di loro. Un altro gli rispose con un sussurro grave: — Perché sa di essere nostra stanotte, carne per sesso. Lei lo sapeva davvero. La tensione, l’adrenalina, la consapevolezza di essere concupita in quel modo libidinoso e senza freni la facevano ardere. L’impenetrabilità dei volti mascherati, l’anonimato assoluto, rendevano il tutto ancora più estremo.
Presto, tra i corpi intrecciati e le mani sconosciute che la esploravano, un afrore naturale, caldo e avvolgente, si liberò nell’aria promanato dal suo corpo sudato, accaldato, eccitato, amplificando il desiderio e la lussuria del gioco erotico. Le mani si moltiplicarono, accarezzavano, tracciavano percorsi lenti e inesorabili sulla sua pelle. La morbidezza del divano sotto di lei era un contrasto strano con la fermezza di quelle dita, con la pressione crescente dei corpi attorno al suo. Uno di loro si inginocchiò tra le sue gambe, lasciando che le dita risalissero lungo l’interno delle cosce, sfiorandola con una lentezza esasperante. Un volto si appropriò del suo vello pubico bagnato. I respiri erano caldi, i tocchi sfrontati, studiati per accendere ogni sua fibra. Sentì le loro voci attorno, il mormorio concitato di chi era sul punto di assaporare un piacere che si offriva. Lorenza si sentiva messa in mostra, ma non c’era vergogna, solo un senso di resa totale che la inebriava.
— Dimmi cosa provi — chiese l’uomo imponente
Un sorriso le sfiorò le labbra.
— Questo gioco mi fa impazzire — ammise lei.
Un fremito percorse la stanza. Lorenza si immaginava i loro volti dietro il lattice, orecchie che si tendevano per cogliere ogni sfumatura delle parole che pronunciava.
Le bocche si abbassarono sulla sua pelle. Sentì denti mordicchiarle piano il collo, i seni, i capezzoli delicati, lingue sulla sua fessura che esploravano voluttuosamente ogni sapore.
Qualcuno la prese per la gola, stringendo appena, facendo vibrare il desiderio con quella sottile minaccia di controllo assoluto.
Lorenza ansimò forte, il petto che si sollevava mentre dita sconosciute stringevano le sue tette sode, un fremito la scosse nel profondo, la figa pulsante e fradicia, il corpo che non le apparteneva più. Il gioco erotico esplose senza più esclusione di colpi
Si arcuò sotto di loro, incapace di resistere a quell’assalto predatorio sensuale. Si perse nel turbine, lasciandosi condurre senza più pensare. Non aveva più un’identità. Era solo un corpo bramato, divorato dal desiderio.
E in quella notte di piacere senza nome, fu completamente loro.
Il suo accento fece capolino, quel suono caldo e rotondo fece sorridere gli uomini, ma al tempo stesso li eccitò ancora di più. Sentirla perdere ogni inibizione, sciogliersi così, con le sue espressioni piene e viscerali, li fa fremere di piacere.
— Lo sentite com'è bagnata per voi? Mmmh… che mani calde… sì, stringetemi le tette, voglio sentirle piene delle vostre dita…
Oh, sì… così, fatemi sentire quanto l’avete duro…, sì… entratemi dentro… fatemi vostra…voglio godere come una porca…sentirvi più a fondo…mi sento impazzire… sì… prendetemi tutta… la mia figa è vostra stanotte…”
Mentre Lorenza gemeva e si contorceva sotto le mani avide e le bocche affamate, coi peni che la penetravano in ogni cavità, una voce priva di inflessioni, divertita si insinuò nel turbinio di piacere che la stava travolgendo.
—Non sei delle nostre parti… il tuo accento lo rivela — disse un uomo, il tono intriso di curiosità e desiderio — e penso di aver identificato da dove provieni.
Ormai era presa da un orgasmo che la rendeva irrazionale.
— Sto impazzendo… sì, scopatemi… riempitemi…sono una puttana…Oh sì… fammelo sentire nel culo… voglio tutto, non fermatevi…
Non era più la donna elegante con la maschera dorata, ma una femmina, un’autentica troia che gemeva e si contorceva, e chiedeva di più, senza vergogna. E gli uomini erano travolti da quella sessualità genuina ma trasbordante che stentavano a soddisfare.
Lorenza, ancora ansimante, si fermò un istante. Il suo petto si sollevava veloce, le gambe ancora tremanti per le ondate di piacere che la stavano scuotendo. Le dita dell'uomo scivolarono lungo il bordo della sua maschera dorata, come se volessero sollevarla, ma aspettavano il suo consenso, indugiando, quasi a volerle concedere l’illusione di una scelta. Allora si fermò un istante, il respiro ancora spezzato. Fuori dal separè i suoni, le voci della festa erano attenuati, ovattati, mentre era assordante il rumore del proprio cuore impazzito. La maschera dorata aderiva, incollata, ultima difesa alla sua riservatezza.
— Vorrei tanto che ti togliessi la maschera.Solo così sarai nuda.
La sua voce era bassa, vellutata, carica di una dolce pressione che pretendeva più di quanto domandasse. Lorenza si accorse che tutti quegli occhi su di lei non attendevano solo il suo volto: attendevano il momento in cui avrebbe deciso di abbandonare l’ultima illusione di controllo.
Se l’avesse tolta, sarebbe stata esposta davvero. Non nel corpo—quello ormai apparteneva alla lussuria, ai giochi di quella notte—, ma nell’anima. Togliere la maschera significava superare l’ultima barriera
Inspirò profondamente. Con mani ferme, sollevò la maschera dorata dai contorni perfetti e la lasciò cadere, silenziosa, sul pavimento. Inconsciamente aveva voluto precludersi qualsiasi ritirata
Un brivido le percorse la pelle mentre sentiva gli sguardi posarsi sul suo viso finalmente svelato. C’era stupore, ammirazione, forse un muto consenso. Ma il giudizio non aveva più importanza.
Dopo l’euforia, dopo l’abbandono totale, il timore la assalì come un’onda gelida. Lorenza si sentiva sospesa in un limbo strano, in bilico tra il torpore del piacere e un’inquietudine crescente che le serrava il petto. Il suo corpo, ancora sensibile, sembrava trattenere le impronte delle mani che l’avevano posseduta, come se non le appartenesse più del tutto. Ogni centimetro della sua pelle schizzato di sperma, che aveva marcato la sua conquista, raccontava il dipanarsi della notte appena trascorsa, una storia di abbandono totale, di desiderio senza freni… e ora di timore.
Si strinse le braccia attorno alle generose mammelle, un gesto quasi infantile, un goffo tentativo di ricomporsi, di riprendersi qualcosa di sé. Ma quale parte? Quella donna che si era lasciata trascinare nel gioco, che aveva goduto di ogni tocco, di ogni comando, quella che aveva cercato la completa sottomissione… era davvero lei? Eppure, la sensazione di vulnerabilità non derivava solo da questo sdoppiamento, da questa frattura tra chi era stata e chi era diventata. No, il terrore più sottile, quello che la stringeva più forte, era un altro: e se non fosse potuta più tornare indietro? Se quella porta, ormai spalancata, non si potesse più richiudere?
Si sentiva nuda in un senso che andava oltre il corpo. Aveva offerto tutto, senza riserve, senza filtri. Aveva creduto di avere il controllo della sua resa, ma ora si chiedeva se fosse stato davvero così. Se si fosse solo illusa di gestire, mentre in realtà era stata trascinata via, spogliata anche dell’ultima illusione di sé.
Gli sguardi degli uomini ora avevano virato: erano pieni di alterigia e di supponenza adesso che lei era solo un trofeo nelle loro mani. La loro sordida complicità era marcata da uno sguardo che non le lasciava scampo. L’ammirazione che provano per la sua bellezza aveva lasciato spazio alla loro superiorità verso quel sesso ancillare.
Vergogna e desiderio si intrecciavano in lei come due forze opposte e inscindibili. Si vergognava di aver ecceduto così tanto, di aver anelato ogni istante di sottomissione… eppure, godeva nel pensare a quel piacere sconosciuto, crudele, assoluto che l’aveva pervasa.
Era finita davvero?
— Un’esperienza che devi provare almeno una volta nella vita — le aveva detto, sorseggiando un calice di vino in un bistrot esclusivo.
Lorenza aveva riso, cercando di sviare l'argomento con imbarazzo, ma dentro di lei qualcosa si era mosso. Una curiosità oscura, un desiderio inconfessato. Perché, nonostante tutto, aveva accettato? Forse per il desiderio di uscire, anche solo per una notte, dai confini di un ruolo tranquillo di moglie e padrona di casa che aveva tutto sotto controllo. O forse per la sfida sottile lanciata da Cloe, che sembrava conoscere i recessi più nascosti della sua anima più di quanto li conoscesse lei stessa. E ora era lì, davanti allo specchio di una camera d'albergo, pronta per immergersi in un mondo che non le apparteneva. Ma quando la chiamata di Cloe era arrivata, qualcosa era cambiato.
— Non sto bene, Lorenza. Una febbre improvvisa. Non potrò accompagnarti stasera.
Lei aveva provato sollievo e delusione allo stesso tempo. Ma prima che potesse esprimere alcun dubbio, la voce suadente dell'amica aveva insistito:
— Devi andarci da sola. Anzi, meglio così. Vivrai tutto senza il mio sguardo su di te. Sarai più libera. Poi mi racconterai.
Libera. Una parola che le suonava estranea e al tempo stesso invitante. Inspirò profondamente, afferrò la maschera dorata aderente sul comò e si avviò verso la porta. La notte l’attendeva. Poteva anche essere ingenua ma non fino al punto di non capire cosa l’aspettasse e prima di scendere dal taxi nell'ampio cortile prospiciente la villa indossò la maschera, emozionatissima. L’edificio si stagliava imponente contro il cielo notturno, un palazzo antico nascosto nel cuore della città, lontano dai riflettori della vita quotidiana. Le finestre illuminate proiettavano bagliori nella oscurità, mentre un viavai di auto di lusso si fermava davanti all’ingresso, lasciando scendere figure eleganti, avvolte in mantelli scuri o vestiti provocanti. Lorenza attraversò il portone con un lieve tremore nel petto. Il corridoio d’ingresso era illuminato da candele tremolanti, che gettavano ombre danzanti sulle pareti di velluto scarlatto. L’aria era satura di profumi speziati e di un’essenza più sottile, un sentore elettrico che sapeva di attesa e promesse inconfessabili. Nella grande sala, il soffitto altissimo era decorato con affreschi antichi e lampadari di cristallo che rifrangevano la luce in mille vettori. Divani in pelle e sedute in velluto erano disseminati con cura, creando angoli appartati dove figure mascherate si sussurravano segreti all’orecchio, sorseggiando liquori ambrati da calici sottili. Lorenza si sentì immediatamente osservata. Un gruppo di uomini, sparsi vicino a un grande camino acceso, interruppe le proprie conversazioni per voltarsi verso di lei. I loro vis, celati da maschere che rendevano quelle figure inquietanti, percorsero il suo corpo con un interesse che la fece fremere. Aveva scelto un abito elegante, aderente nei punti giusti, con una scollatura vertiginosa e un lungo spacco che rivelava la curva delle sue gambe. Ma forse, più del vestito, era la sua stessa esitazione a renderla attraente: quel contrasto tra il suo portamento incerto, l’atteggiamento ingenuo e la prorompente femminilità che emanava.
Uno di loro si avvicinò per primo, sollevando il calice in un gesto di omaggio. — Penso tu sia nuova qui,— disse con voce bassa, velata da una sfumatura di morbosa curiosità.
Altri lo seguirono, avvicinandosi con fare rilassato ma attento, come segugi che avevano fiutato la preda. Le loro parole erano un misto di complimenti e commenti studiati per sondarla, per capire chi fosse e fino a che punto fosse pronta a lasciarsi andare.
Lorenza avvertì il calore del loro interesse scivolarle sulla pelle come un tocco invisibile. Il cuore le martellava nel petto, ma dentro di lei qualcosa rispondeva a quella tensione. Era un gioco pericoloso, eppure sentiva che non aveva mai desiderato qualcosa con tanta intensità come in quel momento.
Uno di loro si avvicinò alle sue spalle, sfiorando con le dita il nodo che le chiudeva l’abito sulla schiena. — Cosa cerchi qui?— sussurrò, con una calma carica di sottintesi.
L’aria era gonfia di attesa, densa del calore dei corpi mascherati che la circondavano. Il lattice delle maschere rendeva i loro volti inaccessibili, ma i loro occhi la divoravano. Un uomo imponente che trasudava potere e autorità, parlò con voce baritonale.
— Seguici.
La condussero attraverso una porta laterale. Il cuore le batteva forte nel petto, non per paura, ma per quell’eccitazione feroce che nasceva dall’ignoto, dalla consapevolezza di aver varcato il confine di un territorio inesplorato.
La stanza in cui entrarono era più intima, con luci ancora più soffuse e un grande divano di velluto scuro al centro. Il profumo di legno e pelle riempiva l’aria, mescolandosi a un’essenza più sottile, muschiata.
— Te lo sei mai chiesta, mentre ti preparavi? — Un altro uomo parlò, la voce divertita. — Quando hai scelto la lingerie, l’abito, quando hai atteso il taxi…ti sei preparata a cosa avresti detto, se qualcuno ti avesse colta in flagrante?
Chiuse gli occhi, il respiro accelerato. Perché la verità era che si, se lo ero chiesta. E quel pensiero l’aveva turbata.
Mani si posarono sui suoi fianchi ferme, possessive. Il tocco era misurato, ma lasciava intendere tutto ciò che sarebbe seguito. Sentì altri movimenti attorno a sé, le ombre degli uomini che cambiavano posizione, pronti ad avvolgerla completamente.
Qualcuno le prese per i polsi, sollevandoli sopra la testa. Altri sfiorarono le cosce con tocchi decisi, esplorandole la pelle con dita esperte. In breve era nuda
— Guarda come freme — mormorò uno di loro. Un altro gli rispose con un sussurro grave: — Perché sa di essere nostra stanotte, carne per sesso. Lei lo sapeva davvero. La tensione, l’adrenalina, la consapevolezza di essere concupita in quel modo libidinoso e senza freni la facevano ardere. L’impenetrabilità dei volti mascherati, l’anonimato assoluto, rendevano il tutto ancora più estremo.
Presto, tra i corpi intrecciati e le mani sconosciute che la esploravano, un afrore naturale, caldo e avvolgente, si liberò nell’aria promanato dal suo corpo sudato, accaldato, eccitato, amplificando il desiderio e la lussuria del gioco erotico. Le mani si moltiplicarono, accarezzavano, tracciavano percorsi lenti e inesorabili sulla sua pelle. La morbidezza del divano sotto di lei era un contrasto strano con la fermezza di quelle dita, con la pressione crescente dei corpi attorno al suo. Uno di loro si inginocchiò tra le sue gambe, lasciando che le dita risalissero lungo l’interno delle cosce, sfiorandola con una lentezza esasperante. Un volto si appropriò del suo vello pubico bagnato. I respiri erano caldi, i tocchi sfrontati, studiati per accendere ogni sua fibra. Sentì le loro voci attorno, il mormorio concitato di chi era sul punto di assaporare un piacere che si offriva. Lorenza si sentiva messa in mostra, ma non c’era vergogna, solo un senso di resa totale che la inebriava.
— Dimmi cosa provi — chiese l’uomo imponente
Un sorriso le sfiorò le labbra.
— Questo gioco mi fa impazzire — ammise lei.
Un fremito percorse la stanza. Lorenza si immaginava i loro volti dietro il lattice, orecchie che si tendevano per cogliere ogni sfumatura delle parole che pronunciava.
Le bocche si abbassarono sulla sua pelle. Sentì denti mordicchiarle piano il collo, i seni, i capezzoli delicati, lingue sulla sua fessura che esploravano voluttuosamente ogni sapore.
Qualcuno la prese per la gola, stringendo appena, facendo vibrare il desiderio con quella sottile minaccia di controllo assoluto.
Lorenza ansimò forte, il petto che si sollevava mentre dita sconosciute stringevano le sue tette sode, un fremito la scosse nel profondo, la figa pulsante e fradicia, il corpo che non le apparteneva più. Il gioco erotico esplose senza più esclusione di colpi
Si arcuò sotto di loro, incapace di resistere a quell’assalto predatorio sensuale. Si perse nel turbine, lasciandosi condurre senza più pensare. Non aveva più un’identità. Era solo un corpo bramato, divorato dal desiderio.
E in quella notte di piacere senza nome, fu completamente loro.
Il suo accento fece capolino, quel suono caldo e rotondo fece sorridere gli uomini, ma al tempo stesso li eccitò ancora di più. Sentirla perdere ogni inibizione, sciogliersi così, con le sue espressioni piene e viscerali, li fa fremere di piacere.
— Lo sentite com'è bagnata per voi? Mmmh… che mani calde… sì, stringetemi le tette, voglio sentirle piene delle vostre dita…
Oh, sì… così, fatemi sentire quanto l’avete duro…, sì… entratemi dentro… fatemi vostra…voglio godere come una porca…sentirvi più a fondo…mi sento impazzire… sì… prendetemi tutta… la mia figa è vostra stanotte…”
Mentre Lorenza gemeva e si contorceva sotto le mani avide e le bocche affamate, coi peni che la penetravano in ogni cavità, una voce priva di inflessioni, divertita si insinuò nel turbinio di piacere che la stava travolgendo.
—Non sei delle nostre parti… il tuo accento lo rivela — disse un uomo, il tono intriso di curiosità e desiderio — e penso di aver identificato da dove provieni.
Ormai era presa da un orgasmo che la rendeva irrazionale.
— Sto impazzendo… sì, scopatemi… riempitemi…sono una puttana…Oh sì… fammelo sentire nel culo… voglio tutto, non fermatevi…
Non era più la donna elegante con la maschera dorata, ma una femmina, un’autentica troia che gemeva e si contorceva, e chiedeva di più, senza vergogna. E gli uomini erano travolti da quella sessualità genuina ma trasbordante che stentavano a soddisfare.
Lorenza, ancora ansimante, si fermò un istante. Il suo petto si sollevava veloce, le gambe ancora tremanti per le ondate di piacere che la stavano scuotendo. Le dita dell'uomo scivolarono lungo il bordo della sua maschera dorata, come se volessero sollevarla, ma aspettavano il suo consenso, indugiando, quasi a volerle concedere l’illusione di una scelta. Allora si fermò un istante, il respiro ancora spezzato. Fuori dal separè i suoni, le voci della festa erano attenuati, ovattati, mentre era assordante il rumore del proprio cuore impazzito. La maschera dorata aderiva, incollata, ultima difesa alla sua riservatezza.
— Vorrei tanto che ti togliessi la maschera.Solo così sarai nuda.
La sua voce era bassa, vellutata, carica di una dolce pressione che pretendeva più di quanto domandasse. Lorenza si accorse che tutti quegli occhi su di lei non attendevano solo il suo volto: attendevano il momento in cui avrebbe deciso di abbandonare l’ultima illusione di controllo.
Se l’avesse tolta, sarebbe stata esposta davvero. Non nel corpo—quello ormai apparteneva alla lussuria, ai giochi di quella notte—, ma nell’anima. Togliere la maschera significava superare l’ultima barriera
Inspirò profondamente. Con mani ferme, sollevò la maschera dorata dai contorni perfetti e la lasciò cadere, silenziosa, sul pavimento. Inconsciamente aveva voluto precludersi qualsiasi ritirata
Un brivido le percorse la pelle mentre sentiva gli sguardi posarsi sul suo viso finalmente svelato. C’era stupore, ammirazione, forse un muto consenso. Ma il giudizio non aveva più importanza.
Dopo l’euforia, dopo l’abbandono totale, il timore la assalì come un’onda gelida. Lorenza si sentiva sospesa in un limbo strano, in bilico tra il torpore del piacere e un’inquietudine crescente che le serrava il petto. Il suo corpo, ancora sensibile, sembrava trattenere le impronte delle mani che l’avevano posseduta, come se non le appartenesse più del tutto. Ogni centimetro della sua pelle schizzato di sperma, che aveva marcato la sua conquista, raccontava il dipanarsi della notte appena trascorsa, una storia di abbandono totale, di desiderio senza freni… e ora di timore.
Si strinse le braccia attorno alle generose mammelle, un gesto quasi infantile, un goffo tentativo di ricomporsi, di riprendersi qualcosa di sé. Ma quale parte? Quella donna che si era lasciata trascinare nel gioco, che aveva goduto di ogni tocco, di ogni comando, quella che aveva cercato la completa sottomissione… era davvero lei? Eppure, la sensazione di vulnerabilità non derivava solo da questo sdoppiamento, da questa frattura tra chi era stata e chi era diventata. No, il terrore più sottile, quello che la stringeva più forte, era un altro: e se non fosse potuta più tornare indietro? Se quella porta, ormai spalancata, non si potesse più richiudere?
Si sentiva nuda in un senso che andava oltre il corpo. Aveva offerto tutto, senza riserve, senza filtri. Aveva creduto di avere il controllo della sua resa, ma ora si chiedeva se fosse stato davvero così. Se si fosse solo illusa di gestire, mentre in realtà era stata trascinata via, spogliata anche dell’ultima illusione di sé.
Gli sguardi degli uomini ora avevano virato: erano pieni di alterigia e di supponenza adesso che lei era solo un trofeo nelle loro mani. La loro sordida complicità era marcata da uno sguardo che non le lasciava scampo. L’ammirazione che provano per la sua bellezza aveva lasciato spazio alla loro superiorità verso quel sesso ancillare.
Vergogna e desiderio si intrecciavano in lei come due forze opposte e inscindibili. Si vergognava di aver ecceduto così tanto, di aver anelato ogni istante di sottomissione… eppure, godeva nel pensare a quel piacere sconosciuto, crudele, assoluto che l’aveva pervasa.
Era finita davvero?
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