ICO “Tribute” - La battaglia finale
di
Alba6990
genere
pulp
N.d.A : Come per il ciclo di “Storie di mostri”, se non ti ricordi che cosa è successo fino ad adesso, ti consiglio di rileggerti i capitoli precedenti a questo. Per chi si affacciasse per la prima volta a questa serie, avviso che si tratta di un ciclo che ho chiamato “Tribute” e che fungerà da tributo vero e proprio a videogiochi che io ho amato e che mi hanno divertita. Prima di cominciare ogni storia, fornirò informazioni basiche sul gioco di cui parlerlò. Le storie sono basate sulla trama (ovviamente) del videogioco, ma soprattutto vengono scritte attraverso la MIA esperienza PERSONALE e SOGGETTIVA, perciò le sensazioni descritte possono non corrispondere a quelle che avete provato voi.
Avviso che per questa storia c’è ancora un capitolo e mezzo...capirete in futuro perché “mezzo”.
Buona lettura!
L’ascensore arrivò a destinazione, fermandosi con un colpo secco.
Intorno a Ico, l’oscurità. Vedeva veramente poco. La spada riluceva nell’ombra, guidandolo verso l’uscita.
Ma non aveva paura.
Non aveva più paura.
Sentiva che Yorda era oltre quella porta. In quella sala dove tutto era cominciato e dove tutto sarebbe finito.
Era l’amore che lo guidava. Quell’amore che ancora non si comprende, che non si capisce, ma che c’è, forte, intenso. Luminoso più della spada.
L’eco dei suoi sandali sulla pietra era l’unico suono, insieme all’ululare del vento all’esterno, a riecheggiare in quelle mura colme di morte.
Corse.
Sbloccò altri idoli di pietra con il potere della spada e si ritrovò in quel salone.
A Ico venne un brivido nel guardarsi intorno. Sembrava passata un’eternità da quando i cavalieri l’avevano trascinato lì a morire.
E invece era passato solo un giorno.
Quante cose erano successe...
Dall’alba al tramonto era quasi morto, combattuto un esercito di ombre, si era innamorato ed era quasi morto di nuovo.
La fortuna era decisamente dalla sua parte, considerando le circostanze.
Lì, in terra, vide il suo sarcofago semi distrutto. Per un fugace attimo si vide all’interno, scheletrico e morente. Una visione di come sarebbero andate le cose se quello scossone non l’avesse fatto cadere per terra.
Ico scosse la testa. Non era il momento di pensare a cosa sarebbe stato. Era lì, presente, forte e determinato come mai lo era stato.
Corse verso le scale.
E lì si fermò.
Impietrito.
Sulla cima della scalinata, Yorda. Inginocchiata a terra, fragile e sottomessa.
Intorno a lei, delle ombre che la toccavano. La toccavano ovunque. I loro arti erano protesi verso ogni centimetro del suo corpo. I grugni pericolosamente vicini al suo volto, come se fossero stati incuriositi e affamati allo stesso tempo. Ma non erano semplici ombre.
Con orrore, Ico constatò che quelle ombre erano ragazzini come lui, sacrificati nei sarcofagi anni prima, decenni prima.
Ragazzi con le corna.
Ragazzi ormai consumati dall’ombra.
Ragazzi condannati.
Quelle non erano ombre.
Erano le loro anime dannate.
Si accorsero della sua presenza e cominciarono a svolazzare verso di lui, come delle galline che non si rassegnano all’idea di non saper volare.
Strane eco rimbombavano nelle pareti, come grida lontane.
Ico impugnò saldamente la spada. Doveva proteggere Yorda. Cercò di chiamarla, urlando, per farla alzare e correre verso di lui, per poterla avere vicina.
Ma lei non rispose.
Non si mosse.
Provò una seconda volta, ma ancora niente.
Cos’aveva che non andava?
Lo avrebbe scoperto solo una volta sbarazzatosi di quegli esseri.
Ad ogni colpo inferto, le anime si dissolvevano nell’aria in un lugubre sospiro. In pochi minuti, le aveva uccise (se le anime si possono uccidere) tutte e sette.
Sembrava troppo semplice. Ico aveva sconfitto mostri decisamente più forti con l’ausilio di un bastone di legno e solo più avanti di una mazza chiodata trovata per puro culo!
Ico corse su per le scale, verso la ragazza, chiamandola a sé.
E solo arrivato davanti a lei, si accorse del perché lei non gli rispondeva.
Gli venne quasi un mancamento. Un tuffo al cuore. Il panico si impadronì di lui, quasi al punto da fargli scivolare la spada dalle mani.
Yorda era diventata pietra.
Una statua bianca come la sua pelle.
Inerme.
Indifesa.
Che cosa le avevano fatto...
Alle spalle di Ico, altre anime dannate sgusciavano fuori da tutti i sarcofagi.
Che cosa le avevano fatto?
I dannati si avvicinavano sempre di più a lui, numerosi.
Ico strinse l’impugnatura della spada. Le nocche bianche si misero quasi a sanguinare.
Che cosa cazzo le avevano fatto?!
Sì precipitò giù, a rotta di collo.
Non si rendeva nemmeno conto di cosa stesse facendo. La rabbia lo guidava. Lo consumava. Lo rendeva più forte.
Colpi su colpi su colpi.
Eco di grida lontane e sospiri di morte nell’aria per ogni anima dissolta.
Quando si muovevano, lasciavano impronte melmose che evaporavano come uno sbuffo di fumo.
A centinaia lo attaccarono.
E a centinaia lui ne uccise.
Lui non era come loro.
Non si sarebbe lasciato corrompere dall’oscurità, perché Yorda gli aveva fatto conoscere la luce.
E quella luce lo avrebbe guidato fino alla sua morte.
Si fermò con ancora la spada tenuta salda. I polmoni gli bruciavano. Li aveva uccisi tutti. O almeno, così credeva. E proprio in quel momento, mentre cercava di capire se ce n’erano altri, si accorse di una cosa.
I sarcofagi, tranne il suo, splendevano tutti. Le rune rilucevano della stessa luce e con la stessa intensità della spada.
Non li aveva uccisi.
Li aveva liberati.
Aveva portato la luce nelle loro anime, grazie al potere della spada.
Erano liberi.
Una porta alle spalle di Yorda venne rivelata.
Era il momento della resa dei conti.
La Regina era sicuramente lì dentro.
La rabbia si intensificò.
Era forte tanto quanto quella forza che ti tiene ancorato a terra e non ti permette di volare.
Avanzò, dando un’ultima occhiata alla sua Yorda.
Una promessa silenziosa: l’avrebbe salvata.
Esattamente come lei aveva salvato lui.
La sala del trono poteva essere descritta in tre semplici parole: nebbiosa, lugubre e buia.
Una leggera nebbia aleggiava sul pavimento, rendendo il tutto ai limiti del surreale. A Ico sembrava una di quelle ambientazioni che si vanno a creare nei sogni. O negli incubi. Maggiormente negli incubi.
Era tutto sospeso...come se qualcuno lo stesse osservando.
Il silenzio regnava sovrano.
Non si sentiva neanche più il vento.
Forse era in un’altra dimensione.
Una dimensione oscura, al di là della fortezza, al di là del suo mondo.
Ma ovunque si trovasse, sembrava non esserci nessuno.
Frustrato, Ico voltò le spalle all’imponente trono di pietra, con l’intento di tornare sui suoi passi e cercare la Regina altrove.
“Aspetta.” una voce femminile che, purtroppo, conosceva lo costrinse a fermarsi, riecheggiando nell’oscurità.
Quella voce calda, quasi piacevole da sentire e allo stesso tempo ferma e decisa.
La regina fece la sua comparsa, seduta sul suo trono. Il volto spettrale e bellissimo si illuminò con lo stesso rumore di una fiamma quando si accende.
Il suo corpo pareva un’unica fiamma nera dai riflessi bluastri.
Non vi era alcuna luce in quel corpo.
Ico avanzò verso di lei.
Non aveva paura.
Non aveva paura.
Non aveva paura.
“Cosa le hai fatto?” chiese lui con fare minaccioso.
“Silenzio, ragazzo. Sei in ritardo.” rispose la Regina con una calma spiazzante. Come se la vittoria fosse in suo pugno.
“Il mio corpo è diventato troppo vecchio. E non resisterà a lungo.” parlava lenta, con uno sguardo penetrante e intimidatorio. Ico constatò che non sembrava affatto vecchia come si descriveva. Il suo viso pareva giovane, affascinante e sensuale. La versione di Yorda più adulta.
Ico scacciò con un senso di repulsione quel pensiero. Non poteva comparare Yorda a sua madre.
La Regina continuò: “Ma Yorda mi garantirà la forza per essere riportata in vita.”
Ico non comprese. O forse fece finta di non comprendere. Non voleva crederci.
“Essere il mio vascello spirituale è il compimento del suo destino!”
Voleva vomitare.
“La prossima volta che si desterà, Yorda non ci sarà più.”
Ico sentì le lacrime riempirgli gli occhi e offuscargli la vista.
“Ora posa la spada e va via.” sentenziò la Regina, lanciando un’occhiataccia alla spada.
“Questo è ciò che lei vorrebbe tu facessi.” Ico vacillò solo un istante. Il suo tono di voce sembrava veramente sincero. Come se avesse compreso il sentimento che c’era tra lui e Yorda.
Era veramente quello che lei avrebbe voluto per lui?
Davvero non c’era più alcuna speranza?
Un istante di esitazione.
Uno solo.
Scacciò via quel pensiero.
La Regina mentiva. Non avrebbe mai lasciato andare Yorda, il suo “vascello spirituale”.
Quell’essere immondo. Quell’infido serpente bugiardo!
Si scagliò con urlo contro di lei. La spada pronta a colpire.
Come toccò la Regina, venne scaraventato a grande velocità dall’altra parte della stanza. La spada gli sfuggì dalle mani.
Un dolore lancinante da un lato della testa. L’aveva sbattuta forte sul pavimento.
Una delle due corna si era spezzata!
Staccata di netto dal cranio!
La forza con cui era stato sbattuto in terra era stata mostruosa!
Si rialzò con grande fatica, con una smorfia di dolore e un rivolo di sangue che colava dalla sua tempia destra.
Sentiva i capelli appiccicarsi tra loro e il sangue che gli entrava nell’occhio, offuscandogli nella vista.
“Sei noioso ragazzo. Hai così tanta voglia di morire?” la Regina era rimasta impassibile al suo dolore. Neanche una forma di compiacimento.
Ico avrebbe tanto voluto risponderle che era lei quella che aveva così tanta voglia di morire, ma doveva risparmiare le energie. Gli girava la testa. La ferita pulsava come un cuore umano e il sangue colava lungo il suo collo.
La Regina si alzò in piedi, formando attorno a lei uno scudo di energia oscura.
Ico sapeva cosa fare. La spada lo avrebbe aiutato. Riacquistò a fatica l’equilibrio, cercando di fregarsene del corno mancante.
La spada era conficcata nel pavimento, proprio dietro di lui. La prese e cominciò a correre verso la Regina, con l’intento di colpirla.
Lei gli scagliò contro, con una sola mossa del braccio, un’ondata ombrosa, cercando di ucciderlo.
Ico si protesse con la spada. La sua luce era più forte e deviò l’attacco.
Con uno scatto colpì lo scudo energetico della Regina, finendo di nuovo scaraventato dall’altra parte della sala del trono.
Ma aveva funzionato: lo scudo si era rimpicciolito. Doveva recuperare la spada, finita dal lato opposto della stanza rispetto a lui.
E doveva anche evitare gli attacchi della Regina!
Fortunatamente, nel salone, c’erano dei pilastri che potevano fungere da riparo.
Non ricordava una volta nella sua vita in cui avesse corso così tanto.
Tra un’ondata e l’altra passava qualche secondo, come se la sua avversaria dovesse recuperare le energie prima di sferrare un nuovo attacco.
Questo gli dava un vantaggio non da poco nello spostarsi.
L’andata passò.
Corse!
Arrivò alla spada e avanzò verso la terza ondata, prima di colpire di nuovo la Regina ed essere scaraventato via.
Lo scudo era quasi sparito.
Ancora un colpo e l’avrebbe uccisa!
Ma i suoi attacchi si erano velocizzati.
Rimase quasi ucciso per ben tre volte. Un lembo del suo vestito venne sbriciolato dall’oscurità, mentre si nascondeva dietro un pilastro.
La spada era più lontana rispetto a prima.
Doveva calcolare bene i tempi!
Passò l’ondata.
Iniziò a correre come un disperato verso l’arma!
Mancavano solo pochi metri.
La Regina alzò il braccio.
L’oscurità lo raggiunse proprio nel momento in cui mise la mano sull’impugnatura.
Ma bastò a proteggerlo!
Il tempo sembrò rallentare.
Nei pochi metri che lo separavano dalla Regina, rivide Yorda.
Stava per uccidere sua madre. Non aveva tempo per i ripensamenti. Un solo millesimo di secondo di esitazione gli sarebbe costato la vita. Ma sapeva che Yorda voleva essere libera tanto quanto lui e questo gli bastava.
Con un urlo colmo di rabbia, frustrazione e anche un pizzico di soddisfazione, Ico affondò la lama nel cuore dell’avversaria.
Un rantolo straziante, gorgogliante fuoriuscì dalle sue bellissime labbra, mentre Ico spingeva ancora di più.
La trapassò da parte a parte.
Eppure, lo sguardo della Regina non cambiò neanche in quel momento. Rimase sempre impassibile, quasi apatico.
Ico era un fascio di nervi, la fissava da vicino con odio e disprezzo, i denti digrignati. Sembrava volerle dire “Adesso provaci ad alzarti!”.
Con le ultime energie e una voce rotta dalla morte imminente, la Regina disse le sue ultime parole: “Yorda non riuscirà mai a scappare da questo castello...”
Prese fiato: “...anche se tu mi uccidessi...”
Esplose in una luce quasi accecante.
Ico venne proiettato a grande velocità contro il muro.
Ma questa volta, l’impatto fu più forte rispetto a prima. Colpì il muro con la testa.
Un verso misto a stupore e dolore gli scoppiò nei polmoni.
Stramazzò a terra.
Il corno rimasto si era spezzato, cadendo sulla pietra con un colpo secco.
Una pozza di sangue si formò accanto alla testa di Ico.
Ma lui non si rialzò.
Continua
Avviso che per questa storia c’è ancora un capitolo e mezzo...capirete in futuro perché “mezzo”.
Buona lettura!
L’ascensore arrivò a destinazione, fermandosi con un colpo secco.
Intorno a Ico, l’oscurità. Vedeva veramente poco. La spada riluceva nell’ombra, guidandolo verso l’uscita.
Ma non aveva paura.
Non aveva più paura.
Sentiva che Yorda era oltre quella porta. In quella sala dove tutto era cominciato e dove tutto sarebbe finito.
Era l’amore che lo guidava. Quell’amore che ancora non si comprende, che non si capisce, ma che c’è, forte, intenso. Luminoso più della spada.
L’eco dei suoi sandali sulla pietra era l’unico suono, insieme all’ululare del vento all’esterno, a riecheggiare in quelle mura colme di morte.
Corse.
Sbloccò altri idoli di pietra con il potere della spada e si ritrovò in quel salone.
A Ico venne un brivido nel guardarsi intorno. Sembrava passata un’eternità da quando i cavalieri l’avevano trascinato lì a morire.
E invece era passato solo un giorno.
Quante cose erano successe...
Dall’alba al tramonto era quasi morto, combattuto un esercito di ombre, si era innamorato ed era quasi morto di nuovo.
La fortuna era decisamente dalla sua parte, considerando le circostanze.
Lì, in terra, vide il suo sarcofago semi distrutto. Per un fugace attimo si vide all’interno, scheletrico e morente. Una visione di come sarebbero andate le cose se quello scossone non l’avesse fatto cadere per terra.
Ico scosse la testa. Non era il momento di pensare a cosa sarebbe stato. Era lì, presente, forte e determinato come mai lo era stato.
Corse verso le scale.
E lì si fermò.
Impietrito.
Sulla cima della scalinata, Yorda. Inginocchiata a terra, fragile e sottomessa.
Intorno a lei, delle ombre che la toccavano. La toccavano ovunque. I loro arti erano protesi verso ogni centimetro del suo corpo. I grugni pericolosamente vicini al suo volto, come se fossero stati incuriositi e affamati allo stesso tempo. Ma non erano semplici ombre.
Con orrore, Ico constatò che quelle ombre erano ragazzini come lui, sacrificati nei sarcofagi anni prima, decenni prima.
Ragazzi con le corna.
Ragazzi ormai consumati dall’ombra.
Ragazzi condannati.
Quelle non erano ombre.
Erano le loro anime dannate.
Si accorsero della sua presenza e cominciarono a svolazzare verso di lui, come delle galline che non si rassegnano all’idea di non saper volare.
Strane eco rimbombavano nelle pareti, come grida lontane.
Ico impugnò saldamente la spada. Doveva proteggere Yorda. Cercò di chiamarla, urlando, per farla alzare e correre verso di lui, per poterla avere vicina.
Ma lei non rispose.
Non si mosse.
Provò una seconda volta, ma ancora niente.
Cos’aveva che non andava?
Lo avrebbe scoperto solo una volta sbarazzatosi di quegli esseri.
Ad ogni colpo inferto, le anime si dissolvevano nell’aria in un lugubre sospiro. In pochi minuti, le aveva uccise (se le anime si possono uccidere) tutte e sette.
Sembrava troppo semplice. Ico aveva sconfitto mostri decisamente più forti con l’ausilio di un bastone di legno e solo più avanti di una mazza chiodata trovata per puro culo!
Ico corse su per le scale, verso la ragazza, chiamandola a sé.
E solo arrivato davanti a lei, si accorse del perché lei non gli rispondeva.
Gli venne quasi un mancamento. Un tuffo al cuore. Il panico si impadronì di lui, quasi al punto da fargli scivolare la spada dalle mani.
Yorda era diventata pietra.
Una statua bianca come la sua pelle.
Inerme.
Indifesa.
Che cosa le avevano fatto...
Alle spalle di Ico, altre anime dannate sgusciavano fuori da tutti i sarcofagi.
Che cosa le avevano fatto?
I dannati si avvicinavano sempre di più a lui, numerosi.
Ico strinse l’impugnatura della spada. Le nocche bianche si misero quasi a sanguinare.
Che cosa cazzo le avevano fatto?!
Sì precipitò giù, a rotta di collo.
Non si rendeva nemmeno conto di cosa stesse facendo. La rabbia lo guidava. Lo consumava. Lo rendeva più forte.
Colpi su colpi su colpi.
Eco di grida lontane e sospiri di morte nell’aria per ogni anima dissolta.
Quando si muovevano, lasciavano impronte melmose che evaporavano come uno sbuffo di fumo.
A centinaia lo attaccarono.
E a centinaia lui ne uccise.
Lui non era come loro.
Non si sarebbe lasciato corrompere dall’oscurità, perché Yorda gli aveva fatto conoscere la luce.
E quella luce lo avrebbe guidato fino alla sua morte.
Si fermò con ancora la spada tenuta salda. I polmoni gli bruciavano. Li aveva uccisi tutti. O almeno, così credeva. E proprio in quel momento, mentre cercava di capire se ce n’erano altri, si accorse di una cosa.
I sarcofagi, tranne il suo, splendevano tutti. Le rune rilucevano della stessa luce e con la stessa intensità della spada.
Non li aveva uccisi.
Li aveva liberati.
Aveva portato la luce nelle loro anime, grazie al potere della spada.
Erano liberi.
Una porta alle spalle di Yorda venne rivelata.
Era il momento della resa dei conti.
La Regina era sicuramente lì dentro.
La rabbia si intensificò.
Era forte tanto quanto quella forza che ti tiene ancorato a terra e non ti permette di volare.
Avanzò, dando un’ultima occhiata alla sua Yorda.
Una promessa silenziosa: l’avrebbe salvata.
Esattamente come lei aveva salvato lui.
La sala del trono poteva essere descritta in tre semplici parole: nebbiosa, lugubre e buia.
Una leggera nebbia aleggiava sul pavimento, rendendo il tutto ai limiti del surreale. A Ico sembrava una di quelle ambientazioni che si vanno a creare nei sogni. O negli incubi. Maggiormente negli incubi.
Era tutto sospeso...come se qualcuno lo stesse osservando.
Il silenzio regnava sovrano.
Non si sentiva neanche più il vento.
Forse era in un’altra dimensione.
Una dimensione oscura, al di là della fortezza, al di là del suo mondo.
Ma ovunque si trovasse, sembrava non esserci nessuno.
Frustrato, Ico voltò le spalle all’imponente trono di pietra, con l’intento di tornare sui suoi passi e cercare la Regina altrove.
“Aspetta.” una voce femminile che, purtroppo, conosceva lo costrinse a fermarsi, riecheggiando nell’oscurità.
Quella voce calda, quasi piacevole da sentire e allo stesso tempo ferma e decisa.
La regina fece la sua comparsa, seduta sul suo trono. Il volto spettrale e bellissimo si illuminò con lo stesso rumore di una fiamma quando si accende.
Il suo corpo pareva un’unica fiamma nera dai riflessi bluastri.
Non vi era alcuna luce in quel corpo.
Ico avanzò verso di lei.
Non aveva paura.
Non aveva paura.
Non aveva paura.
“Cosa le hai fatto?” chiese lui con fare minaccioso.
“Silenzio, ragazzo. Sei in ritardo.” rispose la Regina con una calma spiazzante. Come se la vittoria fosse in suo pugno.
“Il mio corpo è diventato troppo vecchio. E non resisterà a lungo.” parlava lenta, con uno sguardo penetrante e intimidatorio. Ico constatò che non sembrava affatto vecchia come si descriveva. Il suo viso pareva giovane, affascinante e sensuale. La versione di Yorda più adulta.
Ico scacciò con un senso di repulsione quel pensiero. Non poteva comparare Yorda a sua madre.
La Regina continuò: “Ma Yorda mi garantirà la forza per essere riportata in vita.”
Ico non comprese. O forse fece finta di non comprendere. Non voleva crederci.
“Essere il mio vascello spirituale è il compimento del suo destino!”
Voleva vomitare.
“La prossima volta che si desterà, Yorda non ci sarà più.”
Ico sentì le lacrime riempirgli gli occhi e offuscargli la vista.
“Ora posa la spada e va via.” sentenziò la Regina, lanciando un’occhiataccia alla spada.
“Questo è ciò che lei vorrebbe tu facessi.” Ico vacillò solo un istante. Il suo tono di voce sembrava veramente sincero. Come se avesse compreso il sentimento che c’era tra lui e Yorda.
Era veramente quello che lei avrebbe voluto per lui?
Davvero non c’era più alcuna speranza?
Un istante di esitazione.
Uno solo.
Scacciò via quel pensiero.
La Regina mentiva. Non avrebbe mai lasciato andare Yorda, il suo “vascello spirituale”.
Quell’essere immondo. Quell’infido serpente bugiardo!
Si scagliò con urlo contro di lei. La spada pronta a colpire.
Come toccò la Regina, venne scaraventato a grande velocità dall’altra parte della stanza. La spada gli sfuggì dalle mani.
Un dolore lancinante da un lato della testa. L’aveva sbattuta forte sul pavimento.
Una delle due corna si era spezzata!
Staccata di netto dal cranio!
La forza con cui era stato sbattuto in terra era stata mostruosa!
Si rialzò con grande fatica, con una smorfia di dolore e un rivolo di sangue che colava dalla sua tempia destra.
Sentiva i capelli appiccicarsi tra loro e il sangue che gli entrava nell’occhio, offuscandogli nella vista.
“Sei noioso ragazzo. Hai così tanta voglia di morire?” la Regina era rimasta impassibile al suo dolore. Neanche una forma di compiacimento.
Ico avrebbe tanto voluto risponderle che era lei quella che aveva così tanta voglia di morire, ma doveva risparmiare le energie. Gli girava la testa. La ferita pulsava come un cuore umano e il sangue colava lungo il suo collo.
La Regina si alzò in piedi, formando attorno a lei uno scudo di energia oscura.
Ico sapeva cosa fare. La spada lo avrebbe aiutato. Riacquistò a fatica l’equilibrio, cercando di fregarsene del corno mancante.
La spada era conficcata nel pavimento, proprio dietro di lui. La prese e cominciò a correre verso la Regina, con l’intento di colpirla.
Lei gli scagliò contro, con una sola mossa del braccio, un’ondata ombrosa, cercando di ucciderlo.
Ico si protesse con la spada. La sua luce era più forte e deviò l’attacco.
Con uno scatto colpì lo scudo energetico della Regina, finendo di nuovo scaraventato dall’altra parte della sala del trono.
Ma aveva funzionato: lo scudo si era rimpicciolito. Doveva recuperare la spada, finita dal lato opposto della stanza rispetto a lui.
E doveva anche evitare gli attacchi della Regina!
Fortunatamente, nel salone, c’erano dei pilastri che potevano fungere da riparo.
Non ricordava una volta nella sua vita in cui avesse corso così tanto.
Tra un’ondata e l’altra passava qualche secondo, come se la sua avversaria dovesse recuperare le energie prima di sferrare un nuovo attacco.
Questo gli dava un vantaggio non da poco nello spostarsi.
L’andata passò.
Corse!
Arrivò alla spada e avanzò verso la terza ondata, prima di colpire di nuovo la Regina ed essere scaraventato via.
Lo scudo era quasi sparito.
Ancora un colpo e l’avrebbe uccisa!
Ma i suoi attacchi si erano velocizzati.
Rimase quasi ucciso per ben tre volte. Un lembo del suo vestito venne sbriciolato dall’oscurità, mentre si nascondeva dietro un pilastro.
La spada era più lontana rispetto a prima.
Doveva calcolare bene i tempi!
Passò l’ondata.
Iniziò a correre come un disperato verso l’arma!
Mancavano solo pochi metri.
La Regina alzò il braccio.
L’oscurità lo raggiunse proprio nel momento in cui mise la mano sull’impugnatura.
Ma bastò a proteggerlo!
Il tempo sembrò rallentare.
Nei pochi metri che lo separavano dalla Regina, rivide Yorda.
Stava per uccidere sua madre. Non aveva tempo per i ripensamenti. Un solo millesimo di secondo di esitazione gli sarebbe costato la vita. Ma sapeva che Yorda voleva essere libera tanto quanto lui e questo gli bastava.
Con un urlo colmo di rabbia, frustrazione e anche un pizzico di soddisfazione, Ico affondò la lama nel cuore dell’avversaria.
Un rantolo straziante, gorgogliante fuoriuscì dalle sue bellissime labbra, mentre Ico spingeva ancora di più.
La trapassò da parte a parte.
Eppure, lo sguardo della Regina non cambiò neanche in quel momento. Rimase sempre impassibile, quasi apatico.
Ico era un fascio di nervi, la fissava da vicino con odio e disprezzo, i denti digrignati. Sembrava volerle dire “Adesso provaci ad alzarti!”.
Con le ultime energie e una voce rotta dalla morte imminente, la Regina disse le sue ultime parole: “Yorda non riuscirà mai a scappare da questo castello...”
Prese fiato: “...anche se tu mi uccidessi...”
Esplose in una luce quasi accecante.
Ico venne proiettato a grande velocità contro il muro.
Ma questa volta, l’impatto fu più forte rispetto a prima. Colpì il muro con la testa.
Un verso misto a stupore e dolore gli scoppiò nei polmoni.
Stramazzò a terra.
Il corno rimasto si era spezzato, cadendo sulla pietra con un colpo secco.
Una pozza di sangue si formò accanto alla testa di Ico.
Ma lui non si rialzò.
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