La coinquilina
di
Ivan Montero
genere
esibizionismo
-Posso entrare?-
Chiese il permesso e, anche se glielo avessi negato, avrebbe insistito per ottenerlo. Le donne sono creature testarde. Detestano essere contraddette.
Ottengono sempre quello che vogliono. Lo hanno deciso a prescindere dal resto del mondo. L’uomo, di contro, è l’indeciso per eccellenza.
Se ne stava appoggiata alla metà chiusa di una porta rovinata dall’azione distruttrice del tempo, staccando, nell’attesa, vecchi adesivi di una celebre marca di chewingum. Indossava un pigiama a righe, stile detenuto, ripiegato fino alle rotule come se si fosse allagata completamente la casa. Niente ciabatte: amava camminare a piedi nudi ma sulle punte. Da piccola, nel giardino di sua nonna, un vetro le solleticò la pianta del piede destro. Perciò non rinunciò al piacere della libertà plantare, ma assunse la posizione della ballerina, cosa che ne slanciava la sua già elevata statura.
-Questa è casa tua.- Le risposi facendo intuire di alzare la sbarra per liberare il passaggio.
Avanzò e il controluce marcò le curve delle gambe esili penetrando tra le righe dei pantaloni di cotone. M’alzai a mezzo busto per farle spazio sul letto che, non appena accolse il suo fondo schiena, cigolò di piacere.
-Non hai caldo?- mi chiese per rompere il ghiaccio sbottonandosi la camicia. Un seno generoso vibrò come un creme caramel appena appoggiato sul piatto. E i capezzoli, bruni come nocciola, stretti e dritti, mi fissavano. Ebbi l’imbarazzo che si prova quando, guardando un ritratto, hai l’impressione di essere osservato. Spostai l’attenzione sui suoi occhi, fissi sui miei forse perché incapace di offrirle alternative valide alle sue.
-Sei diventato tutto rosso- aggiunse divertita. Poggiò la schiena sul letto sollevando il bacino. E via i pantaloni. Risalendo, allargò le gambe e così vi rimase fissandomi più intensamente. Da quando vivevo a casa sua, più volte , mi era capitato di vederla nuda. Mai un pensiero malizioso. Ma in questa situazione, vi devo confessare, a stento mi trattenni. S’inginocchiò muovendosi verso di me. Istintivamente arretrai battendo la testa contro la parete. Rise ma non smise di avanzare. La prospettiva offriva una vista sulle colline che ciondolavano come i dadi di peluche appesi allo specchietto di una vecchia hot rod. Era sempre più vicina tanto da poterne percepire l’odore. Allungò la mano. Indietreggiai di qualche millimetro e chiusi gli occhi. Respirai profondamente facendomi coraggio.
Il calore m’avvolse la faccia. Lei non c’era più. Era alla finestra appoggiata con i gomiti sul davanzale. Fumava. Per compensare il divario tra l’altezza del piano ed il suo corpo, assunse una posizione a V capovolta sostenendo il peso sulle punte dei piedi. Nell’insieme, per l’effetto causato dalla contrazione muscolare, le natiche si sollevarono indurendosi.
Canticchiava un motivetto di un jingle pubblicitario riproducendo i passi del balletto dello spot. Si girò, concluse la performance e spense la sigaretta.
-Ti ricordi di quella pubblicità dei biscotti dove delle ballerine salivano sul trampolino e si tuffavano nella tazza del latte? All’epoca non ci feci caso, ma l’ho rivista e ho notato che le ballerine erano nude. La censurarono. Io la trovavo divertente e la musichetta molto originale per il periodo.-
Ricominciò ad interpretare, e senza censura.
-E quell’altra? Quella della mucca che mangia un gelato, ne fa cadere un pezzo sulla maglia di un bambino, gliela lecca e tutti ridono a crepapelle? Censurata anche quella. Troppo esplicita-
Cominciò a leccarmi la faccia.
-Ricordi quella delle olive? Un signore al ristorante ordina un antipasto; un piatto di salumi e formaggi con al centro una manciata di olive nere. Cerca in tutti i modi di afferrarne una con la forchetta. L’oliva scappa e s’infila nella scollatura della signora di fronte. Il marito si alza, coglie l’oliva e dice rivolgendosi al signore: “ c’è più gusto se usi le mani.”-
Chiese il permesso e, anche se glielo avessi negato, avrebbe insistito per ottenerlo. Le donne sono creature testarde. Detestano essere contraddette.
Ottengono sempre quello che vogliono. Lo hanno deciso a prescindere dal resto del mondo. L’uomo, di contro, è l’indeciso per eccellenza.
Se ne stava appoggiata alla metà chiusa di una porta rovinata dall’azione distruttrice del tempo, staccando, nell’attesa, vecchi adesivi di una celebre marca di chewingum. Indossava un pigiama a righe, stile detenuto, ripiegato fino alle rotule come se si fosse allagata completamente la casa. Niente ciabatte: amava camminare a piedi nudi ma sulle punte. Da piccola, nel giardino di sua nonna, un vetro le solleticò la pianta del piede destro. Perciò non rinunciò al piacere della libertà plantare, ma assunse la posizione della ballerina, cosa che ne slanciava la sua già elevata statura.
-Questa è casa tua.- Le risposi facendo intuire di alzare la sbarra per liberare il passaggio.
Avanzò e il controluce marcò le curve delle gambe esili penetrando tra le righe dei pantaloni di cotone. M’alzai a mezzo busto per farle spazio sul letto che, non appena accolse il suo fondo schiena, cigolò di piacere.
-Non hai caldo?- mi chiese per rompere il ghiaccio sbottonandosi la camicia. Un seno generoso vibrò come un creme caramel appena appoggiato sul piatto. E i capezzoli, bruni come nocciola, stretti e dritti, mi fissavano. Ebbi l’imbarazzo che si prova quando, guardando un ritratto, hai l’impressione di essere osservato. Spostai l’attenzione sui suoi occhi, fissi sui miei forse perché incapace di offrirle alternative valide alle sue.
-Sei diventato tutto rosso- aggiunse divertita. Poggiò la schiena sul letto sollevando il bacino. E via i pantaloni. Risalendo, allargò le gambe e così vi rimase fissandomi più intensamente. Da quando vivevo a casa sua, più volte , mi era capitato di vederla nuda. Mai un pensiero malizioso. Ma in questa situazione, vi devo confessare, a stento mi trattenni. S’inginocchiò muovendosi verso di me. Istintivamente arretrai battendo la testa contro la parete. Rise ma non smise di avanzare. La prospettiva offriva una vista sulle colline che ciondolavano come i dadi di peluche appesi allo specchietto di una vecchia hot rod. Era sempre più vicina tanto da poterne percepire l’odore. Allungò la mano. Indietreggiai di qualche millimetro e chiusi gli occhi. Respirai profondamente facendomi coraggio.
Il calore m’avvolse la faccia. Lei non c’era più. Era alla finestra appoggiata con i gomiti sul davanzale. Fumava. Per compensare il divario tra l’altezza del piano ed il suo corpo, assunse una posizione a V capovolta sostenendo il peso sulle punte dei piedi. Nell’insieme, per l’effetto causato dalla contrazione muscolare, le natiche si sollevarono indurendosi.
Canticchiava un motivetto di un jingle pubblicitario riproducendo i passi del balletto dello spot. Si girò, concluse la performance e spense la sigaretta.
-Ti ricordi di quella pubblicità dei biscotti dove delle ballerine salivano sul trampolino e si tuffavano nella tazza del latte? All’epoca non ci feci caso, ma l’ho rivista e ho notato che le ballerine erano nude. La censurarono. Io la trovavo divertente e la musichetta molto originale per il periodo.-
Ricominciò ad interpretare, e senza censura.
-E quell’altra? Quella della mucca che mangia un gelato, ne fa cadere un pezzo sulla maglia di un bambino, gliela lecca e tutti ridono a crepapelle? Censurata anche quella. Troppo esplicita-
Cominciò a leccarmi la faccia.
-Ricordi quella delle olive? Un signore al ristorante ordina un antipasto; un piatto di salumi e formaggi con al centro una manciata di olive nere. Cerca in tutti i modi di afferrarne una con la forchetta. L’oliva scappa e s’infila nella scollatura della signora di fronte. Il marito si alza, coglie l’oliva e dice rivolgendosi al signore: “ c’è più gusto se usi le mani.”-
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