Sola
di
Lucrezia
genere
esibizionismo
Me ne sto sdraiata tra il letto e il divano già da venerdì, tu sei andata via e mi manchi da subito.
Sei scesa a Firenze, volevi vedere tuo padre, tuo fratello, il nipotino, come potevo impedirti di andare.
Dovevi andare, lo capisco, avrei fatta la stessa scelta nei tuoi panni, ma ora che non ci sei, qui con me, sento la casa vuota ed ho i brividi.
Ho paura, sono sciocca so che tornerai qui da me, so che io manco a te almeno quanto tu a me, ci manchiamo eppure accuso il colpo.
Guardo fuori dalla finestra, vedo il figlio di Elisabetta sul terrazzino, è un bel ragazzo, fisico tonico che fa capolino sotto la canottiera della Leonorso, la squadra di rugby di Udine.
Hai ventanni è giusto così, non come me, che vicina agli anta, inizio a perdere pezzi e non c'è palestra che tenga il confronto.
Ti chiami Mirko, lo so, tua madre non fa che parlare di te, le brillano gli occhi quando parla dei tuoi successi sportivi o di quanto sei un bravo studente.
Chissà com'è essere madri, io non lo so; vedo quella luce negli occhi di Elisabetta e non so come accenderla, forse un giorno lo scoprirò, forse.
E sono persa in questi pensieri quando finalmente mi accorgo che anche tu mi guardi, ti appoggi al muro della casa, mi fissi, prendi il pacchetto di sigarette, te ne accendi una, mi guardi e mi sorridi.
Mi scopro a sorridere anch'io, ci penso e ci ripenso a quel fisico, sono nuda come sempre in casa, per me una condizione naturale, nemmeno ci faccio caso, al punto che quando me ne accorgo, ho un sussulto, ma poi mi perdo nuovamente a guardarti e l'essere nuda davanti a te, passa in secondo piano.
Questa notte probabilmente ci ricorderemo entrambi di questa follia, ma ora godiamoci il momento, poi questa notte ti penserò e lascerò anche la luce accesa, così mi penserai.
Sei scesa a Firenze, volevi vedere tuo padre, tuo fratello, il nipotino, come potevo impedirti di andare.
Dovevi andare, lo capisco, avrei fatta la stessa scelta nei tuoi panni, ma ora che non ci sei, qui con me, sento la casa vuota ed ho i brividi.
Ho paura, sono sciocca so che tornerai qui da me, so che io manco a te almeno quanto tu a me, ci manchiamo eppure accuso il colpo.
Guardo fuori dalla finestra, vedo il figlio di Elisabetta sul terrazzino, è un bel ragazzo, fisico tonico che fa capolino sotto la canottiera della Leonorso, la squadra di rugby di Udine.
Hai ventanni è giusto così, non come me, che vicina agli anta, inizio a perdere pezzi e non c'è palestra che tenga il confronto.
Ti chiami Mirko, lo so, tua madre non fa che parlare di te, le brillano gli occhi quando parla dei tuoi successi sportivi o di quanto sei un bravo studente.
Chissà com'è essere madri, io non lo so; vedo quella luce negli occhi di Elisabetta e non so come accenderla, forse un giorno lo scoprirò, forse.
E sono persa in questi pensieri quando finalmente mi accorgo che anche tu mi guardi, ti appoggi al muro della casa, mi fissi, prendi il pacchetto di sigarette, te ne accendi una, mi guardi e mi sorridi.
Mi scopro a sorridere anch'io, ci penso e ci ripenso a quel fisico, sono nuda come sempre in casa, per me una condizione naturale, nemmeno ci faccio caso, al punto che quando me ne accorgo, ho un sussulto, ma poi mi perdo nuovamente a guardarti e l'essere nuda davanti a te, passa in secondo piano.
Questa notte probabilmente ci ricorderemo entrambi di questa follia, ma ora godiamoci il momento, poi questa notte ti penserò e lascerò anche la luce accesa, così mi penserai.
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