Storia di una professoressa bruttina e dell'allieva che se ne innamorò
di
Kiki88
genere
saffico
Lei era la prof di filosofia del liceo linguistico che frequentai solo il 1° anno, dopodiché capendo che i miei interessi andavano oltre l'apprendere lingue straniere, fu lei stessa a suggerirmi di iscrivermi al liceo classico, e specificamente in un istituto dove aveva insegnato anni prima.
Sulla trentina, magra come un chiodo, occhiali spessi, una cascata di riccioli corvini che le ornavano il viso fino alle spalle. I miei compagni maschi l'avevano soprannominata "legno" suscitando i risolini stupidi delle mie compagne. Già verso aprile era frequente vederla arrivare in sandali, e io rimanevo come ipnotizzata nel guardarle i piedi ogni volta che passeggiava tra i nostri banchi, o quando stava appoggiata alla cattedra. Era innamorata della materia che insegnava, e per me era davvero una sofferenza vederla seminare perle ad una classe di capre. Glielo scrissi in un bigliettino anonimo che le feci scivolare nella giacca che aveva l'abitudine di appoggiare alla sua sedia: "la tua passione qui è sprecata. TVB ".
Alla fine di quella lezione, che era l'ultima ora della giornata squillò la campanella, ognuno di noi pronto a scattare fuori, quando lei mi chiese di restare un minuto per parlarmi; mi si gelò il sangue; con un'espressione seria mi mostrò quel bigliettino dicendomi di aver riconosciuto la mia calligrafia.
Non potei che ammettere di averlo scritto io. Mi sorrise e mi ringraziò, e ci tenne a sottolineare che non c'è nulla di più bello e soddisfacente per un insegnante: "cercare di piantare germogli anche sui terreni più aridi e sassosi, e siccome ti voglio bene anche io Valeria, il mio consiglio è cambiare scuola, tu hai l'amore per l'umanistica quindi sai già dove vorrei che studiassi dal prossimo anno. Perderò una delle mie studentesse migliori ma sarò felice di saperla nel posto giusto."
Si chiamava Elvira e l'avrei rivista sei anni dopo, quando ormai ero al primo anno di università. Era una mattina di maggio, di quelle che a Genova se non si hanno impegni sono un richiamo irresistibile verso qualche scogliera del levante cittadino, così dalla zona popolare in cui vivo, inforcato lo scooter mi sono diretta a Nervi, uno dei miei posti preferiti. Una volta arrivata in Passeggiata Anita Garibaldi scavalco la piccola ringhiera e scendo lungo la scogliera trovando un bel posto al riparo da occhi estranei. Mi accorgo però di una donna, è ad una decina di metri da me e prende il sole a seno nudo. Stendo il telo e mi libero dei vestiti restando in topless, decido poi di farmi una nuotata, ma in realtà è per osservarla da vicino visto che prende il sole su uno scoglio quasi a pelo dell'acqua. Appena lei sente il mio rumore inacqua solleva la testa, mi fa un cenno di saluto, e solo in quel momento noto che il suo viso mi è familiare. Do due bracciate per avvicinarmi e guardarla meglio e la riconosco: "professoressa ma è lei? Sono Valeria DB" , le si illumina il viso in un sorriso meraviglioso: "Valeria ma certo, dai porta la tua roba qui" ; senza farmelo ripetere duevolte raggiungo il mio angolo, prendo l'asciugamano, la borsa e vado a sedermi accanto a lei.E' la prima volta che la vedo senza occhiali, ma soprattutto è la prima volta che la vedo aseno nudo, piccolo e con due capezzoli ritti come chiodini; cerco a fatica di non indugiare sui dettagli del suo corpo ma noto che lei non risparmia occhiate al mio.
"Ma che bello rivederti Vale, come vanno i tuoi studi? Voglio sperare che tu abbia seguito i miei consigli".
"Assolutamente prof, per filo e per segno, dopo aver lasciato lei..cioè..il linguistico dove insegnava mi sono iscritta al liceo classico che lei stessa mi ha indicato, e adesso sono al 1° anno di lettere all'università "...mi sorride soddisfatta e si stende al sole senza aggiungere altro, socchiude gli occhi senza spegnere quel sorriso meraviglioso e io rimango imbambolata a guardarla; dagli slip del costume si intravede il ciuffo dei suoi peli pubici, e poi torno a guardarle dopo anni i suoi piedi, quelle sue estremità su cui finda ragazzina ho sempre sognato di posare le labbra, e che ora erano lì che li avrei perfino potuti toccare, o magari anche solo sfiorare. Ad un tratto apre gli occhi e mi gela:
"Hai finito di squadrarmi?'"...e poi mi sorride..io non so cosa replicare limitandomi a sorriderle a mia volta.
"Sei sempre stata l'unica tra tutti i miei studenti a guardarmi con occhi diversi Valeria,sguardi che ti confesso mi hanno sempre imbarazzata un po', ma allo stesso tempo lusingata, per non parlare poi di quel bigliettino che mi lasciasti nella giacca, sai che lo conservo ancora mia dolce ragazza? "A quelle ultime sue parole mi si inumidiscono gli occhi, lei se ne accorge e, accarezzandomi una mano, mi chiede se ho voglia di pranzare a casa sua: "ma ti avverto, ho il frigo vuoto",e le scappa una risata, risata a cui faccio seguire la mia dicendole che per un invito a pranzo a casa della mia insegnante preferita mi accontenterei anche di pane e olio; mi accarezza il viso; questa volta sono i suoi occhi a rivelare emozione.
Le propongo di fare una nuotata insieme ma lei tergiversa, immagino che abbia il ciclo e le dico che semmai lo faremo la settimana successiva, ma lei fa cenno di no con la testa: "non è per quello tesoro mio, è che non so nuotare", cerco di non ridere: "sei una delle poche centinaia di genovesi che non sanno nuotare, sei una perla rara...vieni...dammi la mano"; esita, mi guarda, guarda l'acqua a due metri da noi e poi mi da la sua mano. Dagli scogli c'è una scaletta per scendere in acqua, scendo per prima attendendola a mezz'acqua appoggiandomi ad uno scoglio che affiora, la incoraggio, e appena molla la presa della scaletta me la ritrovo tra le braccia mezza terrorizzata, le dico di rilassarsi e di appoggiare le mani sullo scoglio, si stacca da me, e trovata la presa sicura mi sorride: "stavolta l'insegnante sei tu...e magari toccherà a me dedicarti un pensiero su un bigliettino"...appena pronunciate quelle parole, con una spinta sulle gambe compie un mezzo tuffo carpiato a pelo d'acqua e sparisce sotto, io sbianco e butto un'occhiata sul fondo sabbioso, la vedo a circa 5 metri di profondità mentre mi fà cenno di raggiungerla.
Si muove là sotto come fosse una sirena la stronza, e più mi avvicino a lei più le scorgo il sorriso divertito, la raggiungo, ma una piccola vendetta devo prendermela, la supero in profondità arrivando a sfiorarle i piedi gliene mordo uno, e in un battibaleno la sirena riguadagna la superficie, ed io dietro di lei. Non smette di ridere nemmeno quando le schizzo acqua in faccia a ripetizione:
"mi hai fatto mancare un battito Elvira"
"non era mia intenzione spaventarti Vale, volevo solo giocare un po' e scrollarmi di dossol'immagine da professoressa integerrima che avrai sempre avuto di me"
"non ho mai avuto di te quell'immagine Elvira, forse non te ne sei mai accorta ma io di te ero innamo.."
Senza nemmeno lasciarmi finire la frase mi stringe a sè posando un bacio su una delle mie guance:
"l'ho sempre saputo che eri innamorata di me dolce tesoro mio, credi che le battutine e le voci nei corridoi io non le sentissi? Ma mettiti nei miei panni, come avrei potuto ricambiare oanche solo darti l'idea di provare qualcosa per te, avrei rovinato te e avrei rovinato me stessa"
"quindi anche tu provavi qualcosa per me?"
"no stella, non fraintendermi, per te ho sempre provato una tenerezza infinita...anche se.."
"sì me lo hai già detto..anche se i miei sguardi ti facevano sentire lusingata"
"Vale inizio a sentirmi infreddolita e ho pure fame, ti va se continuiamo questo discorso acasa mia dopo una bella pizza calda? Conosco una pizzeria d'asporto che le fà buonissime "
Mentre ci rivestiamo non posso fare a meno di guardarla, e rifletto su come nell'attrazione fisica verso una persona la chimica la faccia da padrona; la osservo indossare il suo vestitino di cotone bianco a stampe fiorite, si china poi ad allacciarsi il paio di sandali con la zeppa e infine tirare fuori dalla borsa i suoi occhiali, mi da la mano e insieme saliamo i gradini che ci portano sulla passeggiata. Coincidenza vuole che il mio scooter ela sua macchina distino solo pochi metri l'uno dall'altra.Partiamo insieme ed io la seguo lungo le strade che salgono verso le alture del levante cittadino. Arriviamo in meno di dieci minuti sotto casa sua, posteggiamo e ci avviamo verso la pizzeria poco distante. Appena entrate la signora dietro il bancone esce dalla sua postazione salutando Elvira in modo molto affettuoso; bionda, occhi azzurri, ad occhio e croce sua coetanea, mi presenta a lei dicendole che sono una sua ex allieva, la donna mi sorride per lanciare poi uno sguardo ad Elvira e strizzandole un occhio, gesto quest'ultimo che mi incuriosisce come una gatta. Ordiniamo due pizze e due lattine di Coca, salutiamoe usciamo, ma la signora non smette di togliermi gli occhi di dosso.
Entriamo nel portone dello stabile dove abita Elvira, saliamo al primo piano, e dopo aver raggiunto la porta lei da un mezzo giro di chiave ed entriamo:
"benvenuta nel mio nido Vale, non fare caso al disordine"
Casa sua è l'ideale per una persona: composta dal piccolo vano di ingresso, una piccola cucina, una sala con una bella libreria e una scrivania, e accanto la sua camera, e lei lì, seduta sul suo letto mentre scrive qualcosa su un foglietto, alza lo sguardo, mi sorride facendomi cennodi sederle accanto, mi porge il foglietto, lo leggo: "...anche se ti avrei portata a letto con me quando mi facevi gli occhi dolci ai tempi del liceo, allora mi era impossibile, e ho sognato a lungo di poterti incontrare il giorno che tu fossi diventata una donna, affinché il sogno di entrambe diventasse realtà. Con amore.Elvira".
Terminata la lettura di quelle righe la guardo silenziosa, ho il cuore che batte come un tamburello impazzito..lei si toglie gli occhiali e accosta le sue labbra alle mie, le punte dei nostri nasi che si strofinano, è come se volessimo entrambe fermare quel momento, cristallizzarlo in quell'attimo sospeso che precede qualcosa di meraviglioso...e sono io ad infrangere quell'attesa...le bacio le labbra, e senza nemmeno accorgercene ci distendiamo sul letto incollando le nostre bocche..la sua lingua cerca e trova la mia...ci stacchiamo solo per spogliarci a vicenda..nude l'una di fronte all'altra ci sorridiamo, le sussurro di sdraiarsi e così fà..mi alzo, vado in fondo al letto e afferrandole le caviglie le faccio appoggiare sulle mie spalle..le slaccio i sandali lasciandoli cadere sul pavimento ritrovandomi con il viso tra i suoi piedi nudi, quei piedi che ho desiderato fin da ragazzina e su cui ho passato notti dandomi piacere da sola fantasticando di posarci le labbra, e ora li avevo lì, le sue piante nude, e quelle dita che sembrano essere i petali di due fiori bellissimi....sento la rugiada della mia vagina colarmi lungo le cosce non appena ne solleva uno per accarezzarmi una guancia e poi l'intero ovale del mio viso...glielo bacio riempiendomi narici e cervello di quell'odore così afrodisiaco..le succhio ognuna delle dita mentre lei fà scivolare l'altro piede sul mio seno per poi strizzarmi i capezzoli...ma è tutta la sua pelle che brucio dalla voglia di baciare..ed è lei stessa a chiedermi di raggiungerla su letto, abbandono i suoi piedi sdraiandomi accanto a lei, mi sorride: "ho sempre notato ai tempi della scuola che non distoglievi lo sguardo dai miei piedi, ma ho sempre pensato che lo facessi perchè ti piaceva il tipo di calzature che indossavo...e invece era ben altro che ti frullava nella testolina". Mi bacia e una delle sue mani raggiunge il mio fiore umido...mi lecca le labbra quasi incuriosita di cercare sulla mia bocca il sapore dei suoi piedi e inizia a masturbarmi facendo roteare l'indice e il medio sul mio clitoride...le nostre lingue tornano a danzare insieme, e quelle sue dita ora le sento entrare in me...e mi basta quello per avere il mio primo e troppe volte sognato orgasmo con lei.
Rimaniamo abbracciate, mi bacia sulla fronte mentre la mia testa è sul suo seno,
ma nella mia mente continua a girarmi una domanda, guardo Elvira e glielo chiedo: "Elvi dimmi una cosa, ho avuto la netta sensazione che tra te e la
signora della pizzeria ci sia più di una semplice amicizia..", si mette a ridere:
"si amore mio, io e lei siamo decisamente più che semplici amiche..", mi guarda
dritta negli occhi per vedere la mia reazione che è inevitabilmente di un disappunto che cerco però di nascondere, ma inutilmente, perché lei lo coglie perfettamente..mi da un bacio sulle labbra: "lei è mia sorella e le ho sempre raccontato di quella studentessa innamorata di me".
Sulla trentina, magra come un chiodo, occhiali spessi, una cascata di riccioli corvini che le ornavano il viso fino alle spalle. I miei compagni maschi l'avevano soprannominata "legno" suscitando i risolini stupidi delle mie compagne. Già verso aprile era frequente vederla arrivare in sandali, e io rimanevo come ipnotizzata nel guardarle i piedi ogni volta che passeggiava tra i nostri banchi, o quando stava appoggiata alla cattedra. Era innamorata della materia che insegnava, e per me era davvero una sofferenza vederla seminare perle ad una classe di capre. Glielo scrissi in un bigliettino anonimo che le feci scivolare nella giacca che aveva l'abitudine di appoggiare alla sua sedia: "la tua passione qui è sprecata. TVB ".
Alla fine di quella lezione, che era l'ultima ora della giornata squillò la campanella, ognuno di noi pronto a scattare fuori, quando lei mi chiese di restare un minuto per parlarmi; mi si gelò il sangue; con un'espressione seria mi mostrò quel bigliettino dicendomi di aver riconosciuto la mia calligrafia.
Non potei che ammettere di averlo scritto io. Mi sorrise e mi ringraziò, e ci tenne a sottolineare che non c'è nulla di più bello e soddisfacente per un insegnante: "cercare di piantare germogli anche sui terreni più aridi e sassosi, e siccome ti voglio bene anche io Valeria, il mio consiglio è cambiare scuola, tu hai l'amore per l'umanistica quindi sai già dove vorrei che studiassi dal prossimo anno. Perderò una delle mie studentesse migliori ma sarò felice di saperla nel posto giusto."
Si chiamava Elvira e l'avrei rivista sei anni dopo, quando ormai ero al primo anno di università. Era una mattina di maggio, di quelle che a Genova se non si hanno impegni sono un richiamo irresistibile verso qualche scogliera del levante cittadino, così dalla zona popolare in cui vivo, inforcato lo scooter mi sono diretta a Nervi, uno dei miei posti preferiti. Una volta arrivata in Passeggiata Anita Garibaldi scavalco la piccola ringhiera e scendo lungo la scogliera trovando un bel posto al riparo da occhi estranei. Mi accorgo però di una donna, è ad una decina di metri da me e prende il sole a seno nudo. Stendo il telo e mi libero dei vestiti restando in topless, decido poi di farmi una nuotata, ma in realtà è per osservarla da vicino visto che prende il sole su uno scoglio quasi a pelo dell'acqua. Appena lei sente il mio rumore inacqua solleva la testa, mi fa un cenno di saluto, e solo in quel momento noto che il suo viso mi è familiare. Do due bracciate per avvicinarmi e guardarla meglio e la riconosco: "professoressa ma è lei? Sono Valeria DB" , le si illumina il viso in un sorriso meraviglioso: "Valeria ma certo, dai porta la tua roba qui" ; senza farmelo ripetere duevolte raggiungo il mio angolo, prendo l'asciugamano, la borsa e vado a sedermi accanto a lei.E' la prima volta che la vedo senza occhiali, ma soprattutto è la prima volta che la vedo aseno nudo, piccolo e con due capezzoli ritti come chiodini; cerco a fatica di non indugiare sui dettagli del suo corpo ma noto che lei non risparmia occhiate al mio.
"Ma che bello rivederti Vale, come vanno i tuoi studi? Voglio sperare che tu abbia seguito i miei consigli".
"Assolutamente prof, per filo e per segno, dopo aver lasciato lei..cioè..il linguistico dove insegnava mi sono iscritta al liceo classico che lei stessa mi ha indicato, e adesso sono al 1° anno di lettere all'università "...mi sorride soddisfatta e si stende al sole senza aggiungere altro, socchiude gli occhi senza spegnere quel sorriso meraviglioso e io rimango imbambolata a guardarla; dagli slip del costume si intravede il ciuffo dei suoi peli pubici, e poi torno a guardarle dopo anni i suoi piedi, quelle sue estremità su cui finda ragazzina ho sempre sognato di posare le labbra, e che ora erano lì che li avrei perfino potuti toccare, o magari anche solo sfiorare. Ad un tratto apre gli occhi e mi gela:
"Hai finito di squadrarmi?'"...e poi mi sorride..io non so cosa replicare limitandomi a sorriderle a mia volta.
"Sei sempre stata l'unica tra tutti i miei studenti a guardarmi con occhi diversi Valeria,sguardi che ti confesso mi hanno sempre imbarazzata un po', ma allo stesso tempo lusingata, per non parlare poi di quel bigliettino che mi lasciasti nella giacca, sai che lo conservo ancora mia dolce ragazza? "A quelle ultime sue parole mi si inumidiscono gli occhi, lei se ne accorge e, accarezzandomi una mano, mi chiede se ho voglia di pranzare a casa sua: "ma ti avverto, ho il frigo vuoto",e le scappa una risata, risata a cui faccio seguire la mia dicendole che per un invito a pranzo a casa della mia insegnante preferita mi accontenterei anche di pane e olio; mi accarezza il viso; questa volta sono i suoi occhi a rivelare emozione.
Le propongo di fare una nuotata insieme ma lei tergiversa, immagino che abbia il ciclo e le dico che semmai lo faremo la settimana successiva, ma lei fa cenno di no con la testa: "non è per quello tesoro mio, è che non so nuotare", cerco di non ridere: "sei una delle poche centinaia di genovesi che non sanno nuotare, sei una perla rara...vieni...dammi la mano"; esita, mi guarda, guarda l'acqua a due metri da noi e poi mi da la sua mano. Dagli scogli c'è una scaletta per scendere in acqua, scendo per prima attendendola a mezz'acqua appoggiandomi ad uno scoglio che affiora, la incoraggio, e appena molla la presa della scaletta me la ritrovo tra le braccia mezza terrorizzata, le dico di rilassarsi e di appoggiare le mani sullo scoglio, si stacca da me, e trovata la presa sicura mi sorride: "stavolta l'insegnante sei tu...e magari toccherà a me dedicarti un pensiero su un bigliettino"...appena pronunciate quelle parole, con una spinta sulle gambe compie un mezzo tuffo carpiato a pelo d'acqua e sparisce sotto, io sbianco e butto un'occhiata sul fondo sabbioso, la vedo a circa 5 metri di profondità mentre mi fà cenno di raggiungerla.
Si muove là sotto come fosse una sirena la stronza, e più mi avvicino a lei più le scorgo il sorriso divertito, la raggiungo, ma una piccola vendetta devo prendermela, la supero in profondità arrivando a sfiorarle i piedi gliene mordo uno, e in un battibaleno la sirena riguadagna la superficie, ed io dietro di lei. Non smette di ridere nemmeno quando le schizzo acqua in faccia a ripetizione:
"mi hai fatto mancare un battito Elvira"
"non era mia intenzione spaventarti Vale, volevo solo giocare un po' e scrollarmi di dossol'immagine da professoressa integerrima che avrai sempre avuto di me"
"non ho mai avuto di te quell'immagine Elvira, forse non te ne sei mai accorta ma io di te ero innamo.."
Senza nemmeno lasciarmi finire la frase mi stringe a sè posando un bacio su una delle mie guance:
"l'ho sempre saputo che eri innamorata di me dolce tesoro mio, credi che le battutine e le voci nei corridoi io non le sentissi? Ma mettiti nei miei panni, come avrei potuto ricambiare oanche solo darti l'idea di provare qualcosa per te, avrei rovinato te e avrei rovinato me stessa"
"quindi anche tu provavi qualcosa per me?"
"no stella, non fraintendermi, per te ho sempre provato una tenerezza infinita...anche se.."
"sì me lo hai già detto..anche se i miei sguardi ti facevano sentire lusingata"
"Vale inizio a sentirmi infreddolita e ho pure fame, ti va se continuiamo questo discorso acasa mia dopo una bella pizza calda? Conosco una pizzeria d'asporto che le fà buonissime "
Mentre ci rivestiamo non posso fare a meno di guardarla, e rifletto su come nell'attrazione fisica verso una persona la chimica la faccia da padrona; la osservo indossare il suo vestitino di cotone bianco a stampe fiorite, si china poi ad allacciarsi il paio di sandali con la zeppa e infine tirare fuori dalla borsa i suoi occhiali, mi da la mano e insieme saliamo i gradini che ci portano sulla passeggiata. Coincidenza vuole che il mio scooter ela sua macchina distino solo pochi metri l'uno dall'altra.Partiamo insieme ed io la seguo lungo le strade che salgono verso le alture del levante cittadino. Arriviamo in meno di dieci minuti sotto casa sua, posteggiamo e ci avviamo verso la pizzeria poco distante. Appena entrate la signora dietro il bancone esce dalla sua postazione salutando Elvira in modo molto affettuoso; bionda, occhi azzurri, ad occhio e croce sua coetanea, mi presenta a lei dicendole che sono una sua ex allieva, la donna mi sorride per lanciare poi uno sguardo ad Elvira e strizzandole un occhio, gesto quest'ultimo che mi incuriosisce come una gatta. Ordiniamo due pizze e due lattine di Coca, salutiamoe usciamo, ma la signora non smette di togliermi gli occhi di dosso.
Entriamo nel portone dello stabile dove abita Elvira, saliamo al primo piano, e dopo aver raggiunto la porta lei da un mezzo giro di chiave ed entriamo:
"benvenuta nel mio nido Vale, non fare caso al disordine"
Casa sua è l'ideale per una persona: composta dal piccolo vano di ingresso, una piccola cucina, una sala con una bella libreria e una scrivania, e accanto la sua camera, e lei lì, seduta sul suo letto mentre scrive qualcosa su un foglietto, alza lo sguardo, mi sorride facendomi cennodi sederle accanto, mi porge il foglietto, lo leggo: "...anche se ti avrei portata a letto con me quando mi facevi gli occhi dolci ai tempi del liceo, allora mi era impossibile, e ho sognato a lungo di poterti incontrare il giorno che tu fossi diventata una donna, affinché il sogno di entrambe diventasse realtà. Con amore.Elvira".
Terminata la lettura di quelle righe la guardo silenziosa, ho il cuore che batte come un tamburello impazzito..lei si toglie gli occhiali e accosta le sue labbra alle mie, le punte dei nostri nasi che si strofinano, è come se volessimo entrambe fermare quel momento, cristallizzarlo in quell'attimo sospeso che precede qualcosa di meraviglioso...e sono io ad infrangere quell'attesa...le bacio le labbra, e senza nemmeno accorgercene ci distendiamo sul letto incollando le nostre bocche..la sua lingua cerca e trova la mia...ci stacchiamo solo per spogliarci a vicenda..nude l'una di fronte all'altra ci sorridiamo, le sussurro di sdraiarsi e così fà..mi alzo, vado in fondo al letto e afferrandole le caviglie le faccio appoggiare sulle mie spalle..le slaccio i sandali lasciandoli cadere sul pavimento ritrovandomi con il viso tra i suoi piedi nudi, quei piedi che ho desiderato fin da ragazzina e su cui ho passato notti dandomi piacere da sola fantasticando di posarci le labbra, e ora li avevo lì, le sue piante nude, e quelle dita che sembrano essere i petali di due fiori bellissimi....sento la rugiada della mia vagina colarmi lungo le cosce non appena ne solleva uno per accarezzarmi una guancia e poi l'intero ovale del mio viso...glielo bacio riempiendomi narici e cervello di quell'odore così afrodisiaco..le succhio ognuna delle dita mentre lei fà scivolare l'altro piede sul mio seno per poi strizzarmi i capezzoli...ma è tutta la sua pelle che brucio dalla voglia di baciare..ed è lei stessa a chiedermi di raggiungerla su letto, abbandono i suoi piedi sdraiandomi accanto a lei, mi sorride: "ho sempre notato ai tempi della scuola che non distoglievi lo sguardo dai miei piedi, ma ho sempre pensato che lo facessi perchè ti piaceva il tipo di calzature che indossavo...e invece era ben altro che ti frullava nella testolina". Mi bacia e una delle sue mani raggiunge il mio fiore umido...mi lecca le labbra quasi incuriosita di cercare sulla mia bocca il sapore dei suoi piedi e inizia a masturbarmi facendo roteare l'indice e il medio sul mio clitoride...le nostre lingue tornano a danzare insieme, e quelle sue dita ora le sento entrare in me...e mi basta quello per avere il mio primo e troppe volte sognato orgasmo con lei.
Rimaniamo abbracciate, mi bacia sulla fronte mentre la mia testa è sul suo seno,
ma nella mia mente continua a girarmi una domanda, guardo Elvira e glielo chiedo: "Elvi dimmi una cosa, ho avuto la netta sensazione che tra te e la
signora della pizzeria ci sia più di una semplice amicizia..", si mette a ridere:
"si amore mio, io e lei siamo decisamente più che semplici amiche..", mi guarda
dritta negli occhi per vedere la mia reazione che è inevitabilmente di un disappunto che cerco però di nascondere, ma inutilmente, perché lei lo coglie perfettamente..mi da un bacio sulle labbra: "lei è mia sorella e le ho sempre raccontato di quella studentessa innamorata di me".
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