Quei calzoncini del pigiama troppo larghi
di
Yuko
genere
saffico
Alice mi sorride, comodamente seduta di fronte a me.
Ci siamo conosciute ieri pomeriggio, qui in un B&B di Finalborgo.
Lei, col suo ragazzo, è giunta per le rievocazioni medievali che animano l'antico borgo in questo fine agosto; io, col mio compagno, siamo qui per un giro in mountain bike e una giornata di arrampicata nelle falesie del finalese.
Le presentazioni alla reception, il giro di birre in paese, tra le strade lastricare da antiche pietre, il rapido bagno al mare per ritrovare refrigerio e lavarsi via il sudore della faticosa pedalata sui sentieri. Gli sguardi curiosi dei nostri fidanzati a indagare le rispettive compagne, le domande di rito.
“Ma tu sei italiana?”
“No, giapponese”
“E come fai a parlare così bene l'italiano?”
“È perché sono italiana!”
E giù risate senza motivo.
Un'istintiva simpatia, un interesse reciproco con un velato accenno di sensualità.
Lei, bionda con una sfumatura di birra a doppio malto, capelli deliziosamente ondulati.
Due prerogative cui mi è impossibile resistere; le ho sfiorato i capelli con curiosità e una sfumata e benevola invidia.
Carnagione scura in un abbronzatura del colore dell'oro invecchiato.
Seni abbondanti soverchianti uno stretto reggiseno di una misura in meno.
E, ancora meglio, la sua schiena nuda in quel vestito appeso al collo che, ieri sera, senza reggiseno, le aderiva alle tette come un tatuaggio.
Nella notte i cigolii discreti del loro letto hanno attraversato i sottili muri che separano la loro stanza dalla nostra, svelandoci cosa si stava consumando a pochi metri da noi.
Io e Jos siamo stati in ascolto dei suoi gemiti che aumentavano di intensità enfatizzando un piacere difficile da contenere.
Una lunga sequenza, un “crescendo” rossiniano, mentre mi portavo una mano fra le cosce, eccitata all'idea della prosperosa ragazza che inequivocabilmente stava facendo l'amore col suo uomo.
E appena abbiamo sentito gli ultimi vocalizzi, emessi quasi con rabbia e con violenza, abbiamo iniziato io e Jos a coccolarci, senza la premura di nascondere i segnali del nostro reciproco apprezzamento, con il desiderio di essere percepiti e ascoltati dai due nuovi conoscenti, a pochi metri da noi.
E ora, questa mattina, ci incontriamo nella larga cucina comune dove ci scambiamo, io e Alice, uno sguardo carico di malizia.
Il messaggio è arrivato a entrambe forte e chiaro: stanotte i nostri gemiti sono stati ben percepiti reciprocamente.
La osservo mentre attraversa l'ambiente e va ad accomodarsi sul divano.
Il suo pigiama è lasco sul suo petto, ma gli abbondanti seni lo sollevano delineando due curve deliziose in cui svettano capezzoli che immagino gonfi e succosi.
Qualcuno si arrabatta a preparare caffè e riesumare rettangoli di focacce allo stracchino, mentre io e la ragazza accenniamo a qualche frase senza senso, ben sapendo che entrambe stiamo pensando alle nostre notti di sesso e al fatto che ci siamo ascoltate ed eccitate a vicenda.
Ed ecco che Alice solleva una gamba, piegandola e appoggiandola sul divano, mentre punta l'altro piede sul cuscino dove siede abbracciandosi il ginocchio sollevato.
Ci parla di vaghi progetti per la giornata festiva ondeggiando il ginocchio.
Ma i calzoncini del pigiama sono generosamente larghi e troppo corti e il mio occhio, non del tutto involontariamente, saetta alla radice della coscia, precipitando, come risucchiato, verso l'ombra scura del pelo della sua vulva che occhieggia dal bordo del tessuto di cotone leggero.
In pochi attimi si ammassano gesti involontari e scambi non verbali.
Lei che, accortasi del mio sguardo rapace, chiude di colpo l'angolo della coscia sull'inopportuno scorcio; io che sollevo subito il volto e arrossisco, scoperta, mentre un velo di sudore accompagna la mia vampata di calore.
I nostri campi visivi si incrociano e ci scambiano migliaia di messaggi in un codice che solo noi due possiamo decifrare, mentre nella stanza nessun altro si è accorto di cosa sia successo in questi pochi decimi di secondo.
E mentre inizia a gorgogliare il caffè nella moka, annunciato da un tonificante aroma di sapiente torrefazione, tra noi due si conclude una comunicazione impossibile da descrivere e razionalizzare.
Nessuna delle due concede un minimo di attenzione al miracolo che Alfonso Bialetti ha regalato al mondo in quel lontano 1933.
Alice ha ora un'espressione determinata e convinta, ma solo io riesco ad accorgermi che sta serrando la bocca mentre allarga di nuovo il ginocchio con un movimento lento, mostrandomi quel lembo di pelo biondo scuro che ricopre la sua passera, enfatizzato dal segno bianco dello slip sulla sua pelle non esposta ai raggi solari.
Il mio sguardo si abbassa sotto i suoi occhi attenti mentre mi mordo il labbro inferiore. Un segnale che, per chi mi conosce, è associato a una sequenza irreversibile di eventi erogeni.
Senza accorgermi mi sono portata una mano al seno, ma quando ne prendo coscienza, simulo una svogliata grattatina e rimetto le mani al loro posto.
Alice però ha notato la mossa e gli occhi le brillano, umidi di desiderio.
Il caffè ha trovato posto in tazzine di servizi scombinati, ma la ragazza, a sorpresa, si alza.
“Yuko, mi aiuti a scegliere come vestirmi oggi?” E, senza neanche aspettare la mia risposta, mi prende per mano e mi porta verso la sua stanza da letto.
I nostri due partner rimangono come inebetiti di fronte a quest'inaspettata iniziativa.
“Ma se hai solo un vestito...”
Sentiamo svanire nel nulla una considerazione del tutto irrilevante.
“Certo, gioia!” ho già risposto, intanto, io, alzandomi con un saltino dalla sedia impagliata.
Mi faccio condurre nella stanza dove ancora giacciono lenzuola scompigliate dalle avventure notturne dei due e chiudo la porta a chiave dietro di noi.
Se lei mi ha segnalato come ha interpretato il gioco di rapidi sguardi di poco fa, anch'io, in modo definitivo, le confermo le sensazioni appena percepite.
Immaginiamo sguardi e sbalordimento alle nostre spalle. Forse anche qualche colorita esclamazione viene occultata dal rumore della chiave nella toppa, ma ora siamo io e Alice, nella sua stanza da letto, entrambe in pigiama e con una incontenibile e inconfessata voglia di scoparci a vicenda.
In piedi, una di fronte all'altra, a piedi nudi e pigiami succinti, ora non sappiamo bene come procedere, spiazzate e imbarazzate dalla rapidissima e imprevedibile evoluzione degli eventi.
Allora assumo io l'iniziativa avvicinandomi alla giovane.
Le prendo le dita della mano e i nostri corpi, in piedi, si sfiorano; i miei seni toccano i suoi, con una sciabolata di piacere simile alla scarica di un defibrillatore.
Di poco più bassa di me, mi guarda con desiderio soffermandosi sui particolari del mio viso, quelle piccole differenze nella forma degli occhi e del volto che distinguono e caratterizzano le nostre differenti razze.
“Non sei mai stata con una donna orientale?” le bisbiglio. Questa volta non voglio che da fuori ci sentano. Lascio ai due maschi solo l'immaginazione
“Non sono mai stata con una donna, di nessun continente!” mi confessa.
“Be', ma questa cosa si può curare” le dico per incoraggiarla.
“Non vedo l'ora” risponde sorridendo divertita; l'eccitazione le rompe il tono della voce.
Poi le parole diventano del tutto superflue e la comunicazione verbale lascia il posto alla passione che, come uno stallone impazzito, rapidamente soverchia ogni nostra volontà.
Mi prende un affanno improvviso e mi butto sul suo collo baciandolo e leccandolo mentre sento le sue mani sui miei seni e il suo primo gemito di sorpresa e di piacere.
Mi sollevo guardando le sue mani che affondano nelle mie tette.
“Siii! Toccami, Alice; toccami le tette!”
Lei non se lo fa ripetere, mi solleva il pigiama, resta solo un attimo incuriosita a guardare come sono fatti i miei capezzoli, contempla la curva del mio petto e ci si butta mordendomi le areole e succhiandomi le punte.
Io mi levo del tutto il pigiama e inizio a sospirare sotto questo attacco improvviso.
Appena riesco a controllare il respiro mi stringo il suo corpo al mio, spingo il pube contro il suo e le infilo una mano nei calzoncini del pigiama, affondando subito le dita tra le sue chiappotte sode e abbondanti. Le mie dita seguono l'incavo del suo sedere fino a percepire il bagnato della sua passera, racchiuso tra i peli morbidi e ricci.
Mi sento trascinata sul letto dove cadiamo con un certo rumore.
Ci ricomponiamo e subito le sfilo la maglietta del pigiama, voglio vederle nude, ora, quelle due tette tutto burro.
Belle, grosse, piene e dure. Ora sono io che la bacio, la lecco e la mordo.
Solo un attimo di pausa tra baci e carezze per sfilarci a vicenda i calzoncini del pigiama e rimanere completamente nude una sotto gli occhi dell'altra.
“Quanto sei figa, Yuko!” mi dice in tono ispirato.
“Eee... anche tu sei proprio un gran tocco!”
E ci appiccichiamo a baciarci sulle bocche mentre finalmente le mani scivolano nei nostri corpi, si infilano a vicenda nelle nostre fighe.
Le lingue si toccano, si riconoscono, si cercano, non riescono a stare ferme nelle nostre bocche.
La bionda è bagnatissima e le mie dita le entrano dentro senza alcuna difficoltà, mentre sento la sua mano che, dopo avermi stimolato il clitoride, ora mi entra in figa allargandomi e spingendosi con decisione più dentro che riesce.
“Vedo che sai perfettamente come far godere una donna!” riesco a sussurrarle ripensando a quanto mi ha appena detto.
“Ti ripeto, ti giuro che è davvero la prima volta. E tu, tu che mi stai facendo impazzire!”
Non passa molto che ci trasciniamo in un orgasmo una dietro l'altra. Le sue cosce mi stringono la mano nel suo pertugio mentre io serro la sua per non farla uscire mentre prolungo il mio piacere.
Neanche un pensiero ai due manzi rimasti fuori a indovinare cosa stiamo facendo da sole in camera con la porta chiusa a chiave.
Solo il tempo di lasciare sopire le contrazioni del ventre che mi tuffo a testa bassa tra le sue cosce che allargo con una violenza che la fa gemere di sorpresa.
Inizio a leccarla, ma rallento il ritmo per farle montare l'eccitazione.
Ma lei, dopo i primi sospiri vuole sottopormi allo stesso trattamento e sento che la sua mano mi cerca, mi raggiunge e tenta di girarmi.
La assecondo, mi giro e mi metto sopra di lei, le mie ginocchia aperte di fianco al suo capo, appoggio la vulva sulla sua lingua che mi invoca. Le sue dita mi artigliano il sedere e mi schiacciano la passera sulla sua bocca.
È difficile rimanere concentrata sulla sua figa mentre sento la sua lingua muoversi tra il clitoride e l'ingresso del mio ventre, ma mi lascio andare tra le sue cosce appoggiandomi ai suoi peli, ripetendo con la mia lingua quello che sento fare lei su di me.
È un dono più lento e studiato, questa volta, un piacere volutamente prolungato, che cresce e supera confini indefinibili.
Il suo odore, la sua eccitazione che esplode di sentori e gusti, l'abbondanza dei suoi succhi e la mia passera che le gocciola in bocca il mio piacere, come una fontanella.
“Hai un buon sapore, figlia del celeste impero” sento sussurrare sotto di me, e rinnovo un affondo di lingua tra le sue piccole labbra che la fa ululare di sentimento.
Ci aspettiamo per andare in estasi insieme, momento che enfatizziamo con sonore urla mal soffocate nei nostri genitali impregnati di saliva e brodo vaginale e, spossata, abbandono il mio corpo sul suo, la mia testa tra le sue cosce, il suo capo tra le mie ginocchia, aspettando che i nostri respiri ritrovino il giusto ritmo.
Poi mi giro, mi sdraio di fianco a lei e ci baciamo, le lingue unite in un lento tango, mentre con le mani ancora ci accarezziamo le tette, madide di sudore, calde, soffici e scivolose.
Ancora ci sfioriamo i corpi nudi, quando riapriamo gli occhi, per guardarci dentro l'anima, vicinissime, in continuo contatto. Le dita seguono le nostre curve donandoci le ultime briciole di passione.
Quanto tempo sarà passato da quando ho chiuso la porta a chiave?
Troveremo ancora una umanità, all'esterno, ad aspettarci?
Non ci preoccupiamo eccessivamente.
Mi alzo e la prendo per mano, accompagnandola alla doccia.
Ci insaponiamo e ci laviamo una il corpo dell'altra, con dolcezza e delicatezza, prima di asciugarci e rivestirci, tornando, fresche e profumate, nella cucina comune del locale.
I nostri compagni sembrano quasi stupiti di vederci riapparire, ancora per mano.
Una nuova caffettiera fumante si prepara a immolarsi ai nostri palati assetati.
“Avete 'scelto' bene il vestito?” dice Marco, il compagno di Alice, mentre continua a guardare la compagna, stupito di averne constatato la natura bisessuale.
“Sì, con estrema cura, ma valeva la pena di investire tutto questo tempo.” Si giustifica Alice, con un certo imbarazzo.
“Ma... quei gemiti?” Azzarda Jos, che vuol fare capire di saperla lunga, almeno su di me.
“Appunto!”, rispondo io, “Erano esclamazioni di stupore. Non immagini quante cose mi ha fatto vedere!” e ritengo concluso l'argomento, almeno per quanto ci riguarda.
Alice va a mettersi in braccio al suo cavaliere. La giovane, invece di aver sopito le voglie, è ancora più eccitata di prima. Gli si strofina addosso senza imbarazzo, nonostante gli sguardi interessati del mio socio. Dopo la sua prima esperienza saffica le deve essere venuta addosso una voglia di cazzo che metà basta.
Io invece mi dedico al mio olandese.
“E tu, vitello dei Paesi Bassi? Me lo offri un cafferino?”
“Cosa mi dai in cambio?” fa il prezioso, lui.
“Che ne dici di una gita a cavallo?”
Lui annuisce toccandosi il pacco. La metafora è stata assimilata.
“Che ne dici, Alice? Magari in quattro!”
Ammicco alla bionda che mi risponde con il pollice alzato.
La giornata è solo all'inizio.
Ci siamo conosciute ieri pomeriggio, qui in un B&B di Finalborgo.
Lei, col suo ragazzo, è giunta per le rievocazioni medievali che animano l'antico borgo in questo fine agosto; io, col mio compagno, siamo qui per un giro in mountain bike e una giornata di arrampicata nelle falesie del finalese.
Le presentazioni alla reception, il giro di birre in paese, tra le strade lastricare da antiche pietre, il rapido bagno al mare per ritrovare refrigerio e lavarsi via il sudore della faticosa pedalata sui sentieri. Gli sguardi curiosi dei nostri fidanzati a indagare le rispettive compagne, le domande di rito.
“Ma tu sei italiana?”
“No, giapponese”
“E come fai a parlare così bene l'italiano?”
“È perché sono italiana!”
E giù risate senza motivo.
Un'istintiva simpatia, un interesse reciproco con un velato accenno di sensualità.
Lei, bionda con una sfumatura di birra a doppio malto, capelli deliziosamente ondulati.
Due prerogative cui mi è impossibile resistere; le ho sfiorato i capelli con curiosità e una sfumata e benevola invidia.
Carnagione scura in un abbronzatura del colore dell'oro invecchiato.
Seni abbondanti soverchianti uno stretto reggiseno di una misura in meno.
E, ancora meglio, la sua schiena nuda in quel vestito appeso al collo che, ieri sera, senza reggiseno, le aderiva alle tette come un tatuaggio.
Nella notte i cigolii discreti del loro letto hanno attraversato i sottili muri che separano la loro stanza dalla nostra, svelandoci cosa si stava consumando a pochi metri da noi.
Io e Jos siamo stati in ascolto dei suoi gemiti che aumentavano di intensità enfatizzando un piacere difficile da contenere.
Una lunga sequenza, un “crescendo” rossiniano, mentre mi portavo una mano fra le cosce, eccitata all'idea della prosperosa ragazza che inequivocabilmente stava facendo l'amore col suo uomo.
E appena abbiamo sentito gli ultimi vocalizzi, emessi quasi con rabbia e con violenza, abbiamo iniziato io e Jos a coccolarci, senza la premura di nascondere i segnali del nostro reciproco apprezzamento, con il desiderio di essere percepiti e ascoltati dai due nuovi conoscenti, a pochi metri da noi.
E ora, questa mattina, ci incontriamo nella larga cucina comune dove ci scambiamo, io e Alice, uno sguardo carico di malizia.
Il messaggio è arrivato a entrambe forte e chiaro: stanotte i nostri gemiti sono stati ben percepiti reciprocamente.
La osservo mentre attraversa l'ambiente e va ad accomodarsi sul divano.
Il suo pigiama è lasco sul suo petto, ma gli abbondanti seni lo sollevano delineando due curve deliziose in cui svettano capezzoli che immagino gonfi e succosi.
Qualcuno si arrabatta a preparare caffè e riesumare rettangoli di focacce allo stracchino, mentre io e la ragazza accenniamo a qualche frase senza senso, ben sapendo che entrambe stiamo pensando alle nostre notti di sesso e al fatto che ci siamo ascoltate ed eccitate a vicenda.
Ed ecco che Alice solleva una gamba, piegandola e appoggiandola sul divano, mentre punta l'altro piede sul cuscino dove siede abbracciandosi il ginocchio sollevato.
Ci parla di vaghi progetti per la giornata festiva ondeggiando il ginocchio.
Ma i calzoncini del pigiama sono generosamente larghi e troppo corti e il mio occhio, non del tutto involontariamente, saetta alla radice della coscia, precipitando, come risucchiato, verso l'ombra scura del pelo della sua vulva che occhieggia dal bordo del tessuto di cotone leggero.
In pochi attimi si ammassano gesti involontari e scambi non verbali.
Lei che, accortasi del mio sguardo rapace, chiude di colpo l'angolo della coscia sull'inopportuno scorcio; io che sollevo subito il volto e arrossisco, scoperta, mentre un velo di sudore accompagna la mia vampata di calore.
I nostri campi visivi si incrociano e ci scambiano migliaia di messaggi in un codice che solo noi due possiamo decifrare, mentre nella stanza nessun altro si è accorto di cosa sia successo in questi pochi decimi di secondo.
E mentre inizia a gorgogliare il caffè nella moka, annunciato da un tonificante aroma di sapiente torrefazione, tra noi due si conclude una comunicazione impossibile da descrivere e razionalizzare.
Nessuna delle due concede un minimo di attenzione al miracolo che Alfonso Bialetti ha regalato al mondo in quel lontano 1933.
Alice ha ora un'espressione determinata e convinta, ma solo io riesco ad accorgermi che sta serrando la bocca mentre allarga di nuovo il ginocchio con un movimento lento, mostrandomi quel lembo di pelo biondo scuro che ricopre la sua passera, enfatizzato dal segno bianco dello slip sulla sua pelle non esposta ai raggi solari.
Il mio sguardo si abbassa sotto i suoi occhi attenti mentre mi mordo il labbro inferiore. Un segnale che, per chi mi conosce, è associato a una sequenza irreversibile di eventi erogeni.
Senza accorgermi mi sono portata una mano al seno, ma quando ne prendo coscienza, simulo una svogliata grattatina e rimetto le mani al loro posto.
Alice però ha notato la mossa e gli occhi le brillano, umidi di desiderio.
Il caffè ha trovato posto in tazzine di servizi scombinati, ma la ragazza, a sorpresa, si alza.
“Yuko, mi aiuti a scegliere come vestirmi oggi?” E, senza neanche aspettare la mia risposta, mi prende per mano e mi porta verso la sua stanza da letto.
I nostri due partner rimangono come inebetiti di fronte a quest'inaspettata iniziativa.
“Ma se hai solo un vestito...”
Sentiamo svanire nel nulla una considerazione del tutto irrilevante.
“Certo, gioia!” ho già risposto, intanto, io, alzandomi con un saltino dalla sedia impagliata.
Mi faccio condurre nella stanza dove ancora giacciono lenzuola scompigliate dalle avventure notturne dei due e chiudo la porta a chiave dietro di noi.
Se lei mi ha segnalato come ha interpretato il gioco di rapidi sguardi di poco fa, anch'io, in modo definitivo, le confermo le sensazioni appena percepite.
Immaginiamo sguardi e sbalordimento alle nostre spalle. Forse anche qualche colorita esclamazione viene occultata dal rumore della chiave nella toppa, ma ora siamo io e Alice, nella sua stanza da letto, entrambe in pigiama e con una incontenibile e inconfessata voglia di scoparci a vicenda.
In piedi, una di fronte all'altra, a piedi nudi e pigiami succinti, ora non sappiamo bene come procedere, spiazzate e imbarazzate dalla rapidissima e imprevedibile evoluzione degli eventi.
Allora assumo io l'iniziativa avvicinandomi alla giovane.
Le prendo le dita della mano e i nostri corpi, in piedi, si sfiorano; i miei seni toccano i suoi, con una sciabolata di piacere simile alla scarica di un defibrillatore.
Di poco più bassa di me, mi guarda con desiderio soffermandosi sui particolari del mio viso, quelle piccole differenze nella forma degli occhi e del volto che distinguono e caratterizzano le nostre differenti razze.
“Non sei mai stata con una donna orientale?” le bisbiglio. Questa volta non voglio che da fuori ci sentano. Lascio ai due maschi solo l'immaginazione
“Non sono mai stata con una donna, di nessun continente!” mi confessa.
“Be', ma questa cosa si può curare” le dico per incoraggiarla.
“Non vedo l'ora” risponde sorridendo divertita; l'eccitazione le rompe il tono della voce.
Poi le parole diventano del tutto superflue e la comunicazione verbale lascia il posto alla passione che, come uno stallone impazzito, rapidamente soverchia ogni nostra volontà.
Mi prende un affanno improvviso e mi butto sul suo collo baciandolo e leccandolo mentre sento le sue mani sui miei seni e il suo primo gemito di sorpresa e di piacere.
Mi sollevo guardando le sue mani che affondano nelle mie tette.
“Siii! Toccami, Alice; toccami le tette!”
Lei non se lo fa ripetere, mi solleva il pigiama, resta solo un attimo incuriosita a guardare come sono fatti i miei capezzoli, contempla la curva del mio petto e ci si butta mordendomi le areole e succhiandomi le punte.
Io mi levo del tutto il pigiama e inizio a sospirare sotto questo attacco improvviso.
Appena riesco a controllare il respiro mi stringo il suo corpo al mio, spingo il pube contro il suo e le infilo una mano nei calzoncini del pigiama, affondando subito le dita tra le sue chiappotte sode e abbondanti. Le mie dita seguono l'incavo del suo sedere fino a percepire il bagnato della sua passera, racchiuso tra i peli morbidi e ricci.
Mi sento trascinata sul letto dove cadiamo con un certo rumore.
Ci ricomponiamo e subito le sfilo la maglietta del pigiama, voglio vederle nude, ora, quelle due tette tutto burro.
Belle, grosse, piene e dure. Ora sono io che la bacio, la lecco e la mordo.
Solo un attimo di pausa tra baci e carezze per sfilarci a vicenda i calzoncini del pigiama e rimanere completamente nude una sotto gli occhi dell'altra.
“Quanto sei figa, Yuko!” mi dice in tono ispirato.
“Eee... anche tu sei proprio un gran tocco!”
E ci appiccichiamo a baciarci sulle bocche mentre finalmente le mani scivolano nei nostri corpi, si infilano a vicenda nelle nostre fighe.
Le lingue si toccano, si riconoscono, si cercano, non riescono a stare ferme nelle nostre bocche.
La bionda è bagnatissima e le mie dita le entrano dentro senza alcuna difficoltà, mentre sento la sua mano che, dopo avermi stimolato il clitoride, ora mi entra in figa allargandomi e spingendosi con decisione più dentro che riesce.
“Vedo che sai perfettamente come far godere una donna!” riesco a sussurrarle ripensando a quanto mi ha appena detto.
“Ti ripeto, ti giuro che è davvero la prima volta. E tu, tu che mi stai facendo impazzire!”
Non passa molto che ci trasciniamo in un orgasmo una dietro l'altra. Le sue cosce mi stringono la mano nel suo pertugio mentre io serro la sua per non farla uscire mentre prolungo il mio piacere.
Neanche un pensiero ai due manzi rimasti fuori a indovinare cosa stiamo facendo da sole in camera con la porta chiusa a chiave.
Solo il tempo di lasciare sopire le contrazioni del ventre che mi tuffo a testa bassa tra le sue cosce che allargo con una violenza che la fa gemere di sorpresa.
Inizio a leccarla, ma rallento il ritmo per farle montare l'eccitazione.
Ma lei, dopo i primi sospiri vuole sottopormi allo stesso trattamento e sento che la sua mano mi cerca, mi raggiunge e tenta di girarmi.
La assecondo, mi giro e mi metto sopra di lei, le mie ginocchia aperte di fianco al suo capo, appoggio la vulva sulla sua lingua che mi invoca. Le sue dita mi artigliano il sedere e mi schiacciano la passera sulla sua bocca.
È difficile rimanere concentrata sulla sua figa mentre sento la sua lingua muoversi tra il clitoride e l'ingresso del mio ventre, ma mi lascio andare tra le sue cosce appoggiandomi ai suoi peli, ripetendo con la mia lingua quello che sento fare lei su di me.
È un dono più lento e studiato, questa volta, un piacere volutamente prolungato, che cresce e supera confini indefinibili.
Il suo odore, la sua eccitazione che esplode di sentori e gusti, l'abbondanza dei suoi succhi e la mia passera che le gocciola in bocca il mio piacere, come una fontanella.
“Hai un buon sapore, figlia del celeste impero” sento sussurrare sotto di me, e rinnovo un affondo di lingua tra le sue piccole labbra che la fa ululare di sentimento.
Ci aspettiamo per andare in estasi insieme, momento che enfatizziamo con sonore urla mal soffocate nei nostri genitali impregnati di saliva e brodo vaginale e, spossata, abbandono il mio corpo sul suo, la mia testa tra le sue cosce, il suo capo tra le mie ginocchia, aspettando che i nostri respiri ritrovino il giusto ritmo.
Poi mi giro, mi sdraio di fianco a lei e ci baciamo, le lingue unite in un lento tango, mentre con le mani ancora ci accarezziamo le tette, madide di sudore, calde, soffici e scivolose.
Ancora ci sfioriamo i corpi nudi, quando riapriamo gli occhi, per guardarci dentro l'anima, vicinissime, in continuo contatto. Le dita seguono le nostre curve donandoci le ultime briciole di passione.
Quanto tempo sarà passato da quando ho chiuso la porta a chiave?
Troveremo ancora una umanità, all'esterno, ad aspettarci?
Non ci preoccupiamo eccessivamente.
Mi alzo e la prendo per mano, accompagnandola alla doccia.
Ci insaponiamo e ci laviamo una il corpo dell'altra, con dolcezza e delicatezza, prima di asciugarci e rivestirci, tornando, fresche e profumate, nella cucina comune del locale.
I nostri compagni sembrano quasi stupiti di vederci riapparire, ancora per mano.
Una nuova caffettiera fumante si prepara a immolarsi ai nostri palati assetati.
“Avete 'scelto' bene il vestito?” dice Marco, il compagno di Alice, mentre continua a guardare la compagna, stupito di averne constatato la natura bisessuale.
“Sì, con estrema cura, ma valeva la pena di investire tutto questo tempo.” Si giustifica Alice, con un certo imbarazzo.
“Ma... quei gemiti?” Azzarda Jos, che vuol fare capire di saperla lunga, almeno su di me.
“Appunto!”, rispondo io, “Erano esclamazioni di stupore. Non immagini quante cose mi ha fatto vedere!” e ritengo concluso l'argomento, almeno per quanto ci riguarda.
Alice va a mettersi in braccio al suo cavaliere. La giovane, invece di aver sopito le voglie, è ancora più eccitata di prima. Gli si strofina addosso senza imbarazzo, nonostante gli sguardi interessati del mio socio. Dopo la sua prima esperienza saffica le deve essere venuta addosso una voglia di cazzo che metà basta.
Io invece mi dedico al mio olandese.
“E tu, vitello dei Paesi Bassi? Me lo offri un cafferino?”
“Cosa mi dai in cambio?” fa il prezioso, lui.
“Che ne dici di una gita a cavallo?”
Lui annuisce toccandosi il pacco. La metafora è stata assimilata.
“Che ne dici, Alice? Magari in quattro!”
Ammicco alla bionda che mi risponde con il pollice alzato.
La giornata è solo all'inizio.
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