Ripetizioni molto particolari - 9
di
Lokrost
genere
dominazione
– Non voglio risparmiarmi e fanculo ai suoi esami. Ho troppa voglia – quasi urlo mentre sgatto tra i vestiti nell’armadio.
Poi finalmente inizio a trovare qualcosa che mi può interessare.
Autoreggenti nere a rete con balza rossa.
Culotte di pizzo nero e completamente trasparenti.
Corpetto nero e anch’esso trasparente, con ampie rifiniture in pizzo di colore rosso, lascia i capezzoli totalmente scoperti ma comunque sorreggendo egregiamente il seno.
Ai piedi, con il tacco 12 in acciaio luccicante, un paio di scarpe completamente nere in simil-raso.
Mi guardo allo specchio e l’unico commento che posso fare mentre lego i capelli in una semplice coda è :
- Mi sento una zoccola…. La sua zoccola -
Poi tocca al vestito.
Opto per un semplice e casto tubino smanicato che finisce poco sotto a dove comincia la rete di color nero delle autoreggenti.
Chiudo casa, prendo la macchina e parto sgommando.
Parcheggio lontano da casa sua, non vorrei mai che i suoi genitori fossero fuori casa e quando tornano, capiscono che sono qui.
Potrebbero venirci a cercare in cantina e non mi sembra una buona cosa.
Il rumore dei miei tacchi, rimbomba rapido lungo i vicoli bui e deserti.
Come un fulmine, quasi volando, raggiungo il palazzo di Francesco.
Impugnate le chiavi apro la porta e mi dirigo subito alle scale in direzione delle cantine.
La luce del corridoio è accesa.
– Immagino si starà già segando – barbotto ghignando.
Prendo un respiro lungo e dopo aver fatto una piccola pausa espiro…
Prendo un altro respiro e poi…il corto e semplice tubino è già stato tolto.
Ora, in lingerie, mi dirigo verso il nostro covo segreto.
Arrivo di fronte alla porta della cantina, impugno la maniglia e la spalanco pronta a ricevere la solita ondata di emozioni che mi fanno battere il cuore all’impazzata e caratterizzano ogni incontro.
Richiudo subito la porta dietro di me e mentre mi giro sorridendo………
……….Clack!
Un Flash quasi mi accieca.
Poi ancora Clack!
Un altro flash.
E poi un altro .
E poi un altro ancora.
Sono disorientata, non capisco come mai di queste foto.
Ma quando poi, finalmente i miei occhi non sono più abbagliati, inizio a riconoscere la sagoma di qualcuno seduto di fronte a me.
– Ma scemotto, perché tutte queste foto così d’improvviso. Mi hai quasi accecata.. – dico sorridente.
Un sorriso che però, appena la stampa del flash nei miei occhi scompare, lascia prendere posto ad una fitta incontrollabile allo stomaco, al cuore ed ai polmoni.
Mi sento mancare mentre riconosco la figura dell’uomo che ho di fronte.
Mi sento quasi svenire mentre le guance avvampano riconoscendo di fronte a me la figura del padre di Francesco.
– Oddio – mi scappa quasi sottovoce, mentre un passo dopo l’altro indietreggio fino al muro alle mie spalle.
– Quindi è qui che fai la puttana con mio figlio? È qui che ti fai scopare ? Studia tanto bene da quando ci sei tu solo per poterti scopare vero? – domanda duramente mentre si alza dalla sedia.
– Immaginavo che avresti fatto una entrata trionfale. Ne ho approfittato per farti qualche foto dove finalmente non c’è mio figlio presente – continua mentre si avvicina a me.
– Sai è stato bello filmarvi l’altra sera, ma non mi piace che si veda mio figlio che scopa con una puttana – afferma mentre una volta di fronte a me, con decisione raggiunge le tette, le strizza con prepotenza e poi, presi entrambi i capezzoli tra le dita, li strizza con notevole forza.
In pochi istanti inizio a gemere di dolore ma rimanendo paralizzata, senza riuscire a reagire in alcun modo.
– Non ti piace più che ti strizzino i capezzoli? Eppure l’altra sera sembrava ci godessi a essere maltrattata – afferma mollando la presa.
Respiro con affanno mentre finalmente il dolore inizia a diminuire.
– Qui però non mi piace, meglio cambiare posto. – dice aprendo la porta della cantina.
– Portami alla tua macchina. – ordina uscendo dalla cantina e fissandomi.
– Non puoi farmi questo, io non ti ho fatto niente di male – dico impaurita mentre tento di rimettermi il tubino.
– Questo lo prendo io – dice strappandomi di mano il vestito e poi continua – e poi si che hai fatto qualcosa! Mi hai provocato e non solo, hai scopato come una pazza, con mio figlio, nel corridoio delle cantine! Per caso speravi che vi vedesse qualcuno? Speravi di poter far parlare male di mio figlio dai vicini? –
– Ora portami alla macchina – mi ordina mentre mi trascina fuori dalla cantina
Lo sento dietro di me che mi guarda, mi osserva.
Ho il terrore che ci vedano, ho il terrore che qualcuno che conosco mi veda passeggiare per le vie del centro in questo stato, con le tette di fuori e con tutto in mostra.
– Muoviti – mi ordina spingendomi fuori dal portone del palazzo e quindi proiettandomi in piena strada.
La vergogna mi assale, come mi assale la paura di una pattuglia della polizia, di qualche amico in zona o addirittura di qualche altro malintenzionato.
Con passi rapidi mi dirigo verso la mia auto ma il mio carnefice, ordina ancora :
– Se non fai tutto per bene, sappi che pubblicherò ugualmente le tue foto. Ora vedi di camminare piano e sculetta come si deve. Le puttane si fanno ammirare e desiderare. –
Eseguo.
Non posso fare altrimenti.
La macchina è ancora distante, ci saranno da fare almeno 200 metri, 400 passi, 400 sculettate, 400 balzi delle mie tette nude, 400 volte il rumore dei miei tacchi sull’asfalto, 400 volte quel suono che può attirare l’attenzione di qualcuno.
Sento delle macchine in avvicinamento, le sento passarmi affianco.
Chiudo gli occhi e mentre continuo a camminare, spero che le macchine parcheggiate di fianco a me facciano da scudo tra me e la strada.
Nessuno ha rallentato, nessuno si è fermato.
Poi, uno stop, un attraversamento pedonale.
Devo attraversare, arrivano macchine, non posso accelerare il passo.
Lo diminuisco….subito una mano si appoggia alla mia schiena spingendomi con forza in avanti.
– Muoviti e fai vedere bene come muovi sto culo –
Poggio il piede sull’asfalto, sulla prima riga bianca del passaggio.
La prima macchina passa.
Poggio anche il secondo piede mentre passa una seconda macchina.
Faccio il primo passo mentre una terza passa e rallenta bruscamente la corsa.
Il cuore mi sale in gola.
La macchina riparte ed ora il silenzio incombe.
Vorrei che sto attraversamento finisca il prima possibile, vorrei poter scomparire, vorrei poter non essere mai uscita di casa questa sera.
– Fermati dove sei –
Il sangue mi sale alla testa, il cuore in gola rimbomba nella testa come un martello pneumatico.
Mi fermo in mezzo alla strada.
Sento una macchina avvicinarsi.
Sempre più vicina.
Ancora di più.
– Cammina – mi ordina nuovamente.
Torno a camminare, vorrei volare, vorrei correre.
– Muovi sto culo – mi ordina ancora.
La macchina passa, quasi inchioda.
Il cuore inizia a battere all’impazzata, gli occhi iniziano a lacrimare.
Le luci di retromarcia si accendono.
– Ehi bella! –
Non rispondo mentre lentamente proseguo con il respiro strozzato.
– Ehi! Ho voglia di scoparti il culo. Quanto vuoi per qualche ora con me? –
Non rispondo e finalmente con il primo piede, torno sul marciapiede.
Quando anche il secondo è finalmente al sicuro, sento il freno a mano scattare.
La porta si apre.
Vorrei fuggire.
Le lacrime sgorgano senza sosta.
– Troia. Sta sera cosa fai? Vuoi solo farla vedere? Vieni qui che ti monto come si deve e poi ti porto dai miei amici. –
L’uomo, penso di età già avanzata, inizia a raggiungermi a passo svelto.
– E fermati puttanella! Non fare la preziosa che vestita così, lo vuoi anche tu il mio cazzo. – mi ordina quando sto per iniziare veramente a correre.
Poi una voce fuori campo.
– Lei non sta qui per battere e soprattutto non è qui per farsi scopare da te. Vedi di andartene –
Urla quasi, il padre di Francesco mentre viene incontro all’uomo.
Finalmente respiro.
Finalmente il cuore rallenta.
Finalmente sono salva.
Appena sento la macchina ripartire sgommando, una risata dietro di me riempie il vicolo, rimbomba e decreta il mio imbarazzo più completo, la mia sottomissione più totale e decreta la mia sconfitta dove prima io dominavo.
La risata rimbomba ancora per le vie silenziose e deserte mentre continuo a camminare terrorizzata dalla possibilità che qualcun altro mi veda.
Finalmente scorgo la macchina.
Vorrei essere già nell’abitacolo ed invece, anche il telecomando dell’antifurto si rifiuta di disabilitare l’allarme da così lontano.
Ancora passi, ancora sculettate, ancora le mie tette che rimbalzano libere.
Poi finalmente, il telecomando fa il suo lavoro, le porte scattano, le quattro frecce si accendono rapidamente per notificare la corretta apertura.
Finalmente manca poco.
– Fermati – quella voce, mi congela nuovamente.
Come una statua, rimango immobile, impaurita, imbarazzata e pur essendoci un caldo atroce, sento quasi freddo e tremo.
Sempre stando dietro di me, si avvicina al mio orecchio con il suo volto. Sento il suo respiro sul mio collo.
– Ora sta a te decidere. Se vuoi ti restituisco il vestito, torno a casa e tu puoi andartene. – parla sottovoce, tranquillo e lentamente.
Poi prosegue :
– Oppure adesso mi consegni le chiavi della macchina, mi dai del lei e da brava schiavetta inizi a chiamarmi Signore – fa un’altra pausa.
Io intanto, sogno già che mi restituisce il vestito, che se ne torna a casa mentre io posso finalmente andare a dormire e domattina, mi convincerò che era solo un brutto sogno.
Ma poi :
Da dietro di me sbuca una fotocamera.
Sullo schermo, viene riprodotto un filmato di scarsa qualità. Ma le figure sono inconfondibili e che cosa fanno è più che scontato.
Si vede chiaramente, mentre godo come una vacca con il cazzo di Francesco che entra e esce dalla mia patata.
A tale visione il mio cuore inizia a battere all’impazzata.
– Ovviamente se torno a casa, mia moglie, purtroppo, troverà questa fotocamera ed ovviamente questo video – continua ridacchiando.
– E se ti chiamassi Signore ? – riesco a dire con voce tremante.
– E se mi chiami Signore…. Questo video e le relative foto, te le regalo. Tutto salvato nella memoria di questa fotocamera – fa una pausa, poi dopo averla spenta e tolta dalla mia visuale, una mano si appoggia lieve sulla mia chiappa destra prima di proseguire :
– Tutto salvato, assieme a quello che ti faccio fare questa notte, in cui si vedrà che farai tutto di tua spontanea volontà – dice mentre la mano entra nelle mie culotte per poi percorrere il solco delle natiche in un leggero massaggio.
Prosegue ancora :
– In questo caso, nessuno saprà mai delle tue porcate con mio figlio, mia moglie non ti manderà via dicendo a tutto il quartiere di cosa hai fatto e tutto continuerà come prima di questa sera. –
Terminata la frase, si mostra finalmente davanti a me e dall’alto del suo metro e ottanta mi domanda serio:
– Cosa decidi ? – domanda con le braccia conserte.
Con occhi bassi, mi domando cosa sia meglio.
Ragiono…. “Infondo, sarebbe un brutto colpo per le mie ripetizioni appena cominciate, ma con il tempo, potrei trovare altri lavori. Poi però, ripensandoci, chi lo dice che sto porco non metta il filmato pure in rete. Anche se è suo figlio, questo tipo è capace di tutto e poi, qualche pensierino ammetto che me lo sono fatta su di lui, fin da quando l’ho conosciuto mentre mi fissava senza ritegno le tette.” i miei pensieri però, sono interrotti da una macchina che sfreccia affianco a noi.
– Vuoi stare qui tutta la notte? – mi domanda sbuffando.
Il cuore mi batte all’impazzata, il terrore che qualche altra macchina arrivi mi perseguita e la cosa che mi viene più spontanea, quasi a dirgli “ ti prego proteggimi “, in un impeto allungo le chiavi dell’auto verso le sue braccia.
– Quindi stai accettando? – mi domanda senza muoversi, sempre a braccia conserte.
Ora tocca a me, tocca piegarmi ancora.
– Si Signore. – rispondo tremando.
– Brava – risponde mentre mi toglie le chiavi di mano – allora ho fatto bene a mandare mia moglie in gita assieme alle sue amiche – ridacchia senza però muoversi ancora.
– Ora possiamo andare? – domando facendo quasi fatica a tirare fuori le parole di bocca e sempre tenendo il capo chino.
– No – il cuore si gela – la mia puttana personale, non porta mutandine di nessun genere, mai – continua con tono serio facendomi sbiancare.
Con terrore, alzo lo sguardo verso il suo mentre le orecchie iniziano a fischiarmi ed il cuore non smette di battere all’impazzata.
– Ma… ma devo… dev.. – provo a dire prima di essere interrotta.
– Sei scema o cosa? Levatele subito! Oppure vuoi che ti punisco qui, di fronte questi palazzi? Vuoi per forza che qualcuno ci senta e ci veda mentre ti tratto come meriti? – mi domanda ridacchiando ancora una volta.
Sento il mio volto avvampare mentre, con le mani, raggiungo i fianchi e dopo aver preso i bordi delle mutandine, spingo verso il basso.
In pochi attimi mi trovo piegata a novanta, in mezzo al marciapiede deserto, con la mia patata e il culo al vento, disponibile allo sguardo di chiunque.
Sto per rialzarmi, quando una mano dell’uomo si posa sulla mia nuca.
– Quello straccetto che hai in mano. Lascialo a terra – mi ordina calmo e quasi sottovoce.
A malincuore, anche se sono le mie preferite, mollo la presa lasciandole cadere in terra. Solo allora, la mano dell’uomo si toglie, lasciandomi risalire.
In un impeto di imbarazzo però, con le mani vado a coprire il mio frutto proibito.
– Allora non hai ancora capito nulla a quanto vedo, vero? – quasi urla, facendo rimbombare la sua voce ancora una volta tra le case.
Impaurita lascio cadere rapidamente le mani lungo i fianchi.
L’uomo sorride, con la mano raggiunge la mia passera, la carezza, tocca le grandi labbra e poi ci scava lentamente nel mezzo.
- Sei già bagnata – esclama prima di dirigersi dall’altra parte dell’auto.
– Sali – ordina prima di sedersi al posto di guida.
Raggiungo rapidamente la macchina e prima di chiudere la porta, guardo ancora una volta quel pezzettino di stoffa tutto stropicciato rimasto in terra.
– Brava la mia puttana. Sta notte mi farai divertire. – ridacchia ancora mentre con una mano strizza il mio capezzolo sinistro prima di partire.
La macchina sfreccia rapida per le vie deserte della città.
La musica che si diffonde nell’abitacolo è alta e il ritmo incalzante fa divertire l’uomo alla guida che, senza pietà, affonda il piede sull’acceleratore.
Il suo volto ruota verso di me e con un sorriso perverso stampato sulle labbra, mi annuncia che stiamo per arrivare a destinazione.
Siamo ormai in piena periferia quando svoltiamo in una stradina stretta e sterrata.
Noncurante dei numerosi buchi nel terreno, il padre di Francesco, continua a viaggiare a forte velocità dirigendosi verso un fabbricato recintato poco distante da quella che presumo essere la tangenziale.
Di fronte il cancello di ferro massiccio, l’uomo estrae dalla tasca un telecomando e dopo averlo premuto, le pesanti inferiate si aprono mentre un grosso faro si accende, illuminando un piccolo piazzale terminante con l’entrata del fabbricato.
L’auto continua a muoversi in direzione di quella lontana entrata, quando, in centro al piazzale ferma improvvisamente la sua corsa.
– Scendi – il torno è imperioso e non ammette repliche.
Apro la porta e scendo dall’abitacolo sotto lo sguardo vigile del mio aguzzino .
Senza uscire ancora dall’auto, fissando la mia patatina che non oso più coprire, mi domanda :
– Per questa sera cosa decidi di essere ? –
Rimango titubante su cosa rispondere.
– Devi decidere se sta sera vuoi essere la mia cagna o la mia puttana. –
A queste parole, ovviamente, divento paonazza e con il respiro corto, inghiotto a fatica la saliva che ho in bocca.
– C..cosa significa questo? Non.. non capisco.. – rispondo a fatica non sapendo cos’altro rispondere.
A queste parole, si innervosisce, esce dall’auto sbattendo con forza la portiera e dopo essere arrivato di fronte a me, con una mano si appoggia sul parabrezza.
Con la testa reclinata verso il basso e gli occhi chiusi, torna a parlare.
– Secondo te, è tanto difficile da capire? – sospira e poi inizia a spiegare – Una cagna secondo te cosa fa? Scodinzola, lecca, viene portata al guinzaglio e quando sbaglia viene punita. –
Fa una pausa e sempre tenendo il capo chino apre gli occhi e punta nei miei facendomi raggelare.
– Una puttana invece ? penso lo sai benissimo. Ciuccia il cazzo, si fa scopare, si fa inculare, urla come una troia in calore e vuole soddisfare tutte le perversioni del suo padrone… e poi… – si tocca vistosamente il cazzo da sopra i jeans – e poi… una puttana è sempre affamata di cazzo. Una volta che si bagna, vuole scopare tutta la notte …..e se poi vede più cazzi tutti assieme, non capisce più nulla. –
L’ultima frase, mi fa raggelare.
Che voglia farmi scopare da altri, per davvero?
– Allora cosa scegliamo di fare ? – mi domanda impaziente vedendomi paralizzata dal suo discorso
– A..Allora, de…devo scegliere… – dico con terrore ma senza ricevere risposta .
Poi, abbasso il capo, chiudo gli occhi e tutto di un fiato dico :
– Se devo proprio decidere, allora voglio essere la tua cagna. – finisco la frase sentendomi avvampare le guance fino ad essere ustionanti.
Devo attendere qualche secondo per ricevere una reazione dal mio aguzzino.
Poi, sottovoce, decreta :
– Cagna sia… ma… una cagna sta a quattro zampe. – conclude la frase poggiando una mano sulla mia testa e spingendo verso il basso fino a quando le mie ginocchia e le mie mani non sono a contatto con il liscio cemento del piazzale.
Sempre sottovoce, comanda ancora, facendomi vergognare ancora di più di me stessa e di dove mi sono andata a cacciare :
– Allarga le gambe e sporgi il culo, sta sera devi essere la mia cagna personale. – poi tirandomi una pacca sul culo prosegue – ed io…. la mia cagna personale, la voglio sempre in calore –
Sto quasi per mettermi a piangere dalla vergogna, quando un altro comando mi spiazza.
– Ora da brava cagna fammi vedere come ti muovi a quattro zampe. –
Così, obbedendo al mio aguzzino, cerco di muovermi goffamente, con le autoreggenti che ad ogni movimento sento rompersi sempre di più strusciando sul duro cemento.
Lui sta appoggiato al cofano della mia auto e con le braccia incrociate, guarda sorridente il mio percorso sotto la luce gialla del faro.
Mano a mano che proseguo le ginocchia iniziano a far male e noto a malincuore che anche le mie belle scarpe iniziano a rovinarsi.
Ad un certo punto, un sassolino si conficca nel mio ginocchio facendomi emettere un piccolo urlo.
Con la mano vado subito a rimuoverlo e per non aver calcolato bene il baricentro da tenere, con il culo finisco rovinosamente a terra, battendo anche la spalla sul duro cemento.
Risa di sottofondo mi fanno innervosire mentre finalmente riesco a massaggiarmi il punto dolorante.
Mentre infine torno a quattro zampe, sento i passi dietro di me, sempre più vicini.
– Hahahaha. Ora, cagna! Stattene qui buona a cuccia. – dice accarezzandomi il culo, pericolosamente vicino al mio buchetto posteriore.
– Aspettami che vado a prendere il necessario per addestrarti a dovere – continua sorridendo prima di lasciarmi da sola, in mezzo a quel deserto ed enorme piazzale.
Durante la sua assenza, mi guardo intorno ed in lontananza noto quella che deve essere la tangenziale.
Sotto la forte luce del faro, in mezzo ad un piazzale deserto, anche se sono a quattro zampe, chissà se qualche automobilista mi vedrà e non mi scambierà per un cane qualunque.
L’imbarazzo, la paura, ma anche una strana perversione, mi affollano la mente ed è inutile dirlo, ma toccandomi, la passera è irrimediabilmente umida.
– Maledizione, che vergogna. Ma dove cazzo mi sono ficcata. – impreco a bassa voce guardandomi intorno.
In lontananza si sente improvvisamente sbattere il grosso portone di ferro.
Appena uscito da esso, vedo il mio aguzzino sorridente venirmi incontro con in mano un sacchetto .
– Ora ci divertiamo – dice estraendo da esso quello che sembra essere un collare con terminante una doppia catenella, di quelle a strozzo, come si usano veramente per i cani.
– Hahaha – ride sganciando la doppia catenella e preparandola per farla passare sulla mia testa.
– Brava la mia cagnetta – dice infine avvolgendola attorno al mio collo per poi agganciarci il collare in cuoio.
Prova quindi a tirarlo e l’effetto è di vero e proprio strozzo intorno al mio collo.
Spaventata, raggiungo subito il collare con le mani, cercando di allargarlo per riprendere fiato.
– Stai buona stronzetta e metti a posto le mani – dice prima di mollare il tiro e lasciarmi quindi respirare.
– Questa era solo una prova. Più farai la cattiva, più non mi obbedirai e più tirerò il guinzaglio. – dice carezzandomi il capo.
– Capito? – dice quasi urlando, non vedendo mie risposte.
Impaurita rispondo affermativamente solamente muovendo il capo.
– Brava. – dice tirandomi una pacca sul culo.
– Ora però – prosegue riprendendo in mano il sacchetto – una cagna che si rispetti, deve anche avere la coda. – dice estraendo da esso un fallo di buone dimensioni terminante in una lunga coda, proprio come quella di un cane con il pelo nero.
– C..Cosa ci vuoi fare con .. con quello ??? – domando cercando di allontanarmi.
– Zitta, le cagne non parlano e comunque, tranquilla, prima lo lubrifichiamo. Hahahaha – ride ancora, lasciando cadere a terra il sacchetto vuoto, dopo aver ancora estratto un tubetto di liquido.
– Ora vedi di stare ferma, altrimenti ti tengo per il collare e ti sculaccio fino a quando non hai il culo tutto blu – decreta infine mentre si dirige alle mie spalle.
Sento quindi cadere a terra rumorosamente, quello che credo essere il tappo del tubetto, poi….
…freddo, sulle mie chiappe. Una sensazione di unto e freddo si insinua tra esse, fino al mio buchetto posteriore dove si concentra per poi colare lungo la passera e poi finire in terra.
– Brava la mia cagna. Ora stai ferma – dice mentre sento un dito raccogliere quel liquido e concentrarlo sul mio ano.
Con quel maledetto dito inizia a spingere su quel buchetto usato pochissimo.
Spinge… Spinge… e spinge ancora, fino a quando, tutto di colpo, la prima falange viene risucchiata bruscamente facendomi gemere.
Esce e rientra più volte, sempre bruscamente, con arroganza, con prepotenza.
Infine spinge ancora, e tutto il dito entra in me.
Lo gira, rigira, entra ed esce rapidamente, quasi fosse un ditalino.
Cambia quindi dito.
Questo lo sento che è molto più grosso, ma lubrificato, dopo due spinte, anch’esso entra senza troppi problemi.
– Vedi che non era tanto difficile? – dice ridacchiando mentre estrae il pollice.
Poi quello che sento appoggiarsi dopo, è molto più grande.
Non è il suo cazzo, ne sono sicura, non ha abbassato i pantaloni, non l’ho sentito e poi questo è troppo freddo.
Una spinta decisa precede un mio urletto.
– Dai cagna, spingi come se dovessi fare la pupù – mi incita dandomi uno schiaffone sul culo.
Un’altra spinta ancora più forte ed il fallo entra per buona parte in me.
– Dai ci siamo quasi, ancora una spinta ed entra – ridacchia senza mollare la presa.
Un’ultima spinta e come una lama affilata, lo sento sprofondare nel mio intestino, fino a quando, dopo il punto di massima espansione, sento i muscoli richiudersi trattenendolo all’interno.
L’urlo che emetto è forte e rimbomba contro la parete del fabbricato.
Fuori da me, a decretare la mia “profanazione”, una coda, lunga almeno 40 centimetri svetta tra le mie chiappe.
– Brava la mia cagnetta – ora sei perfetta.
Mi carezza quindi la testa, mentre io, con il respiro affannato, uso una mano per asciugare le bave che ho perso per lo spavento, prima di sentire il collare tirare e la catena stringersi attorno al mio collo.
Come un automa, con le ginocchia doloranti e i palmi delle mani sul freddo cemento, inizio a trotterellare stando al passo del mio nuovo “padrone”.
Dolorosamente, in pochi minuti, tra uno strattone e l’altro, con quella maledetta coda, piantata fastidiosamente nel mio culetto, raggiungiamo l’entrata del fabbricato.
– Dai cagnetta, entra che ho voglia di divertirmi – sorride trascinandomi dentro a quel grosso portone.
La corrente d’aria all’entrata mi fa venire la pelle d’oca, ma non per il freddo ma bensì mi fa riflettere nella mia mente : “Maledizione. Eppure tutta sta cazzo di situazione, non so come faccia ma.. la mia patata è un lago.. cazzo!”
Il posto in cui mi ha portata, una volta entrati, mi pare essere un grosso magazzino dove viene stivata roba di ogni genere.
Mentre vengo tirata ancora per il guinzaglio rimango sbalordita da quanta roba ci sia qui dentro.
– Ti stupisce vero tutta sta roba? – ridacchia – io ed un mio amico abbiamo comprato questo capannone tanti anni fa ed assieme, noleggiamo una piccola fetta, ad ogni persona che ne ha bisogno per stivare la propria roba –
Poi dopo esserci fermati davanti ad una scalinata in ferro mi fa cenno di salire:
– Muoviti, voglio proprio vederti salire –
Quando appoggiai le mani sul primo gradino, il timore fu già enorme. Non tanto per la visione che potevo dare a quel porco, quanto per il male che avrei provato alle ginocchia già doloranti .
– Allora ti muovi? – mi incita schiaffeggiandomi ripetutamente una chiappa.
Il primo scalino, gemetti.
Il secondo, qualche lacrima iniziò a colare lungo il mio viso per l’imbarazzo.
Il terzo… – Cazzo, le calze!! – imprecai, rimanendo impigliata nella grata del gradino.
Provando a tirare verso l’alto, la calza si strappava sempre più.
Poi arrivò la mano dell’uomo che, senza remore, tirò la calza impigliata, strappandola di netto.
– Dai finisci di salire che poi togliamo tutti questi stracci di dosso. – mi incita schiaffeggiando ancora il culo.
La scala sembrava non finire mai, ripida, dolorosa ed infine, ad ogni scalino, il mio aguzzino mi tirava un sonoro sculaccione per chiappa.
Gli ultimi furono atroci.
Mi lamentavo per ogni movimento, ogni volta che appoggiavo mani e ginocchia e poi, ululavo per ogni colpo ricevuto sulle chiappe ormai rosse acceso.
Ed infine la scala terminò e con essa il mio supplizio.
Almeno per ora.
Entrando poi dalla porta che avevo di fronte, ci ritrovammo in un ampio stanzone con qualche divano, un televisore e qualche scrivania al centro.
– Da brava cagnetta. Ora mettiti sulla prima scrivania e togliti tutti questi stracci. – mi ordinò strattonandomi il corpetto da dietro prima di togliermi il guinzaglio e poi darmi un altro schiaffo sul culo.
Mentre quindi, mi dirigo alla scrivania, lo vedo affrettarsi a raggiungere una scrivania più lontana, estrarre qualcosa da un cassetto e quindi, dopo un segnale acustico, posizionare l’oggetto sul piano in legno lucido.
A mano a mano che mi avvicino, ne sono sempre più certa di cosa sia. Quando poi noto la spia luminosa, ne ho la conferma.
Mi sta riprendendo.
Rossa in volto, cerco di non farci caso, salgo a fatica sulla scrivania e poi, senza potermi sedere, visto il coso conficcato nel culo, cerco con difficoltà di togliermi le scarpe e poi il resto di ciò che resta del mio vestiario.
Per ultimo, faccio quindi per raggiungere quella maledetta coda, ma un urlo, mi desiste dal farlo.
– A quella ci penserò io quando sarà il momento. – dice mentre me ne torno buona buona a quattro zampe, visto che è l’unica posizione possibile da tenere con quel coso dentro.
– Ora visto che hai fatto la brava, ti meriti il biscottino. – conclude avvicinandosi al mio volto.
Con una mano mi prende i capelli dalla coda, mentre con l’altra, dopo aver aperto la patta dei jeans, estrae con disinvoltura un cazzo ben più grosso di quello del figlio e tra l’altro, nemmeno in completa erezione.
– Beh? Cosa aspetti? Lecca cagna! – mi incita tirandomi per la coda e puntando il cazzo verso la mia bocca. Altro non posso fare se non spalancare la bocca e dopo aver accolto quel pezzo di carne, iniziare a leccare e succhiare.
– Brava la mia cagna. Ora continua da sola – mi annuncia mentre inizia ad ingrossarsi nella mia bocca.
Lascia quindi la presa dai miei capelli e con entrambe le mani raggiunge i miei capezzoli per iniziare un lento ma inesorabile e sempre più energico massaggio con pollice e indice.
Dopo poco tempo, il massaggio diventa una vera e propria morsa, sempre più dolorosa, fino a quando inizio a lamentarmi.
Per tutta risposta, quel cazzo ormai in piena erezione, mi viene piantato in gola e dopo aver messo una mano dietro la mia testa, spinge ancora, cercando di ficcarmelo tutto dentro.
Il risultato però non è per niente soddisfacente. Inizio a tossire, i conati di vomito si susseguono ed il cazzo non ne vuole sapere di entrare nella mia piccola gola. Infine, non riesco più a respirare mentre le lacrime scendono senza sosta dai miei occhi commossi per il grande sforzo.
Con entrambe le mani mi punto sul suo stomaco e mi spingo via.
Non mi trattiene e lascia che riprenda respiro.
– Peccato, dovresti imparare a prenderlo in gola. Saresti perfetta. – ridacchia per poi porgermelo nuovamente sulle labbra.
Come un automa ormai, apro nuovamente la bocca e torno a succhiarlo e leccarlo ma senza tanto interesse.
– Non va bene – se ne accorge anche lui – ci vuole più passione – dice per poi piegarsi su di me.
Quella maledetta coda inizia a essere mossa. – Finalmente mi verrà tolta – spero tra me.
Invece dopo qualche movimento più brusco, quel maledetto affare inizia a vibrare.
– Aaaahhhhh – mi scappa dalla bocca mentre il respiro si mozza.
Quella diavoleria vibra ad un’intensità pazzesca.
Chiudo gli occhi e prendo a respirare con forza.
Di colpo mi sento tirare per i capelli.
– Forza, non sono qui per far divertire solamente te. – mi dice ficcandomi ancora una volta il cazzo in bocca.
– Succhia come si deve – mi ordina quasi urlando.
Mi sforzo di fare cosa mi dice, ma quella diavoleria mi sta rivoltando gli intestini.
Succhio, succhio, eppure quella maledetta vibrazione mi manda fuori di testa.
Succhio, succhio e quella diavoleria, cazzo.. inizia a piacermi…
Ed in effetti, anche il gusto del cazzo, sembra sempre più buono, più invitante, anche se è sempre lo stesso.
Succhio, succhio.
Ora succhio quella nerchia con forza, voglio staccargliela a forza di succhiare. Voglio fare venire questo gran porco.
Quel vibratore maledetto nel culo.
Sta per farmi venire.
Dopo poco, i muscoli del mio culo si rilassano, quasi vogliono che sto affare entri di più.
La mia patata ormai, credo coli umori a non finire.
Quando ecco che mentre succhio e lecco…
– PRRRRRR – il mio culo, rilascia una forte flatulenza.
Mi metto quasi a ridere, mentre il mio aguzzino si allontana per la puzza emanata.
– Ma porc… – dice sventolando la mano ma rimanendo serio.
– E tu che cazzo hai da ridere – dice tornando a ficcarmi il cazzo in bocca con forza – questa me la paghi – finisce la frase ridacchiando, però questa volta divertito.
Infine si abbassa di nuovo verso il mio culo, armeggia ancora con quell’aggeggio che ora comincia a vibrare ancora più forte.
Ora però la vibrazione è per me insopportabile, mi stacco dal suo cazzo ed a fatica lo prego di farla cessare.
– Cagnetta, questa è la tua punizione. Prima finisci di succhiarmelo e prima te lo tolgo – conclude rificcandomi il cazzo in bocca.
Questa volta mi metto di impegno e come una dannata inizio a succhiarlo a più non posso.
Fatico a respirare, fatico a stare a quattro zampe con il corpo che vibra tutto.
Finalmente lo sento irrigidirsi.
Finalmente inizia ad avere il fiatone.
Finalmente sta per venire.
Il cazzo si gonfia, il respiro e i suoi movimenti sono affannati.
Ecco che ora mi sborra in bocca.
Ecco che…
All’ultimo secondo si stacca da me e come un torrente si scarica sulla mia faccia imbrattandomela tutta.
Con una mano, spalma tutta la sborra sul mio volto e poi mi porge il cazzo da ripulire con la lingua.
Solo quando ho finito, si piega nuovamente su di me e la vibrazione cessa.
Riprendo fiato.
In pochi minuti inizio a riprendere sensibilità di quelle parti.
In pochi minuti, sento la mia passera ancora traumatizzata da quelle vibrazioni, sempre più sensibile, sempre più gonfia, sempre più vogliosa.
“Cazzo, ma come faccio a eccitarmi così” dico tra me, mentre l’uomo è seduto sul divano di fronte a me, intento a guardare il filmato appena registrato.
– Ti prego, mi puoi togliere sto coso ? – ripeto per la terza volta la domanda mentre lo vedo indaffarato con la videocamera.
– Se non stai zitta te ne ficco un altro nella figa e dopo averti legata alla scrivania, li accendo entrambi al massimo per 2 ore –
A questa risposta, decido di zittirmi ed attendere con le ginocchia ormai insensibili per l’eccessivo tempo passato in ginocchio.
Passa ancora qualche minuto e finalmente si alza, posiziona nuovamente la videocamera sulla scrivania più distante e tornato da me, prende immediatamente possesso della coda con una mano.
Lo sento che armeggia e poco dopo la vibrazione riparte.
– Aaahhh.. Ti prego.. Ti prego… – supplico sperando che smetta il prima possibile.
– Ti prego cosa? Ahahaha – si mette a ridere e poi sento quel coso vibrante cercare di uscire dal mio culo ormai richiuso.
Lentamente ma inesorabilmente, il mio culo viene riaperto da quell’affare che mano a mano esce e vibrando, quasi non mi accorgo di cosa stia succedendo.
Solo quando sento un vuoto, quasi un cratere, al posto del mio culo, mi rendo conto che è riuscito ad uscire.
Passano pochi attimi, con le sue forti braccia, mi rigira come un fuscello ed ora, con la schiena sulla fredda scrivania, mi piega le gambe sul petto e poi lo vedo prendersi il cazzo in mano e puntarlo tra le mie gambe.
In un attimo è dentro.
In un attimo mi ha inculato, senza alcun dolore, senza anzi alcuna sensazione.
Si piega su di me, si aggrappa alle mie spalle e inizia subito a cavalcarmi con un ritmo selvaggio.
Ora che il mio culo torna ad avere sensibilità, lo sento bene quel cazzo che entra ed esce da me.
Come un martello pneumatico, senza sosta entra ed esce.
Provo a stringere i muscoli del culo che ora hanno ripreso sensibilità e finalmente, sento quel violento intruso entrare e uscire.
Dalla sua bocca escono, mischiati ai miei, continui lamenti.
Lamenti di godimento, lamenti di fatica, si mischiano assieme al fiato corto di entrambi.
La mia passera è un lago.
Non resisterò ancora a lungo prima di venire.
– Ti prego… – provo a dire.
– Cosa cagna? – risponde lui
– Scopami anche davanti – riesco a dire rapita dall’imbarazzo ma piena di eccitazione.
– Te lo sogni cagna. – si mette a ridere.
– Le cagne in calore si inculano solo – continua ridendo senza smettere di fottermi.
Con una mano, si insinua tra le mie gambe. Rallenta la cavalcata e con due dita entra con prepotenza nella mia passera, trovandola bagnata all’inverosimile.
– Sei fradicia – annuncia portandomi le sue dita alla bocca.
– Succhia – ordina ancora.
Come un automa ormai, in preda all’eccitazione smisurata, succhio i miei umori.
– Che cagna. Forse avresti fatto meglio a scegliere di essere la mia puttana. Chissà, forse ti avrei fatto venire se mi andavi a genio – dice ridendo per poi smettere di incularmi.
Stupendomi di me stessa, mai avrei immaginato di riuscire a rispondere come sto per fare :
– Voglio essere la tua puttana allora. – rispondo tutta di un fiato.
L’uomo mi fissa.
Fissa il mio corpo.
Con una mano raggiunge la mia patatina.
Due dita prendono possesso del clitoride e … stringono..
– Aaaaahhh – esclamo.
Senza mollare la presa, si avvicina alla mia faccia che mano a mano si arrossa sempre più e risponde :
– No. Cagna. Forse la prossima volta –
Finisce la frase lasciando il mio clitoride e allontanandosi da me.
Si dirige verso un mobiletto e da esso estrae diverse corde.
– Sai, le cagne, quando si rendono conto di aver sbagliato, come ora hai fatto tu, vanno punite. –
Torna da me, ancora supina sulla scrivania e prende entrambe le braccia portandomele dietro la testa.
Le lega tra loro e poi sento far scorrere la corda fino alle gambe della scrivania.
Conclusa l’operazione, torna al fondo della scrivania e piega nuovamente le gambe e ginocchia sulla mia pancia. Lega una gamba per volta, poco sotto il ginocchio, in modo che rimangano chiuse e poi, fa passare una corda sotto la scrivania legando i capi alle due corde che mi tengono piegate le gambe.
Così facendo, le mie gambe rimangono larghe e piegate sul mio corpo lasciando a chi è di fronte a me, una visione invidiabile della mia passera e il mio ano spalancati.
Lo vedo quindi tornare a quell’armadio e prendere un sacchetto.
Da esso estrae tre mollette da bucato e tornato da me, senza pietà ne applica una per capezzolo sotto le mie urla.
– E questa dove la mettiamo ? – domanda mostrandomi la terza e ultima molletta.
Ridacchiando e senza aspettare risposta, si dirige dall’altra parte della scrivania e con la stessa noncuranza, allarga le labbra della mia passerina ed applica la molletta sul mio clitoride.
– Aaaaaahhhhh!!!!!!! – urlo sta volta per il male che provo.
Si allontana nuovamente e quando torna, in mano ha un fallo ancora più grosso e lungo di quello precedente.
– O … cazzo – riesco solo a dire.
– Hahahaha…. Dovresti vedere la tua faccia! – mi schernisce indicandomi divertito.
Preso quindi in mano il tubetto di gel, ne fa cadere un’abbondante quantità sopra il fallo di gomma passando e ripassando la mano di modo da spargerlo su tutta la superficie.
Finita quest’operazione, si posiziona tra le mie gambe.
Come un’ostetrica pronta a far uscire il bambino dalla mia pancia, il mio aguzzino decide di ficcarmi sto coso nel culo.
Ci vuole diverso tempo, prima che il mio culo si apra e riesca a far passare quel bisonte.
I lamenti sono continui, il respiro è affannato e il cuore mi batte all’impazzata.
Appena la cappella di quel pezzo di gomma entra in me, credo finalmente il peggio sia finito, ma quando l’uomo inizia a spingere per farlo risalire nei miei intestini, inizio di nuovo a tremare.
Entra e esce, entra e esce ripetutamente e dopo che finalmente trenta centimetri circa di quell’arnese sono risaliti nel mio culo, sembra finalmente contento e si stacca da me lasciandomi dentro quel maledetto intruso.
– Ora possiamo iniziare con la punizione. – afferma ridendo ancora.
Armeggia con la sua cintura, la toglie lasciando cadere a terra i jeans.
A quel punto, vedendo il cazzo gonfio coperto solo dai boxer, vorrà sicuramente sfogarlo.
Ma quando vedo che non posa la cintura e si posiziona tra le mie gambe, capisco che qualcosa non quadra.
– Cosa… Cosa vuoi fare? – dico terrorizzata.
– Zitta e inizia a contare, se sbagli ricomincio da capo – mi comanda senza ammettere repliche.
La prima cinghiata quasi non mi accorgo che arriva.
Fa saltare la molletta che cade a terra mentre il cuoio della cintura colpisce rumorosamente la mia passera bagnata.
Il bruciore che segue è tanto intenso da farmi urlare.
– Allora? Non conti ? – dice colpendomi una seconda volta, facendomi questa volta sobbalzare.
– U..UNO – dico, anzi, urlo.
Un altro colpo, bruciore.
– DUE – dico tra i lamenti.
– TRE – le lacrime iniziano a rigare il mio viso.
– QUATTRO – continuo a lamentarmi mentre la passera brucia a tal punto da essere quasi insensibile ai colpi.
Al decimo colpo, finalmente si ferma quando ormai, sentivo solo più il rumore ma nessuna sensazione, se non quella di propagato e continuo bruciore.
Lo vedo poi spostarsi dietro la mia testa e lo sento slegare la corda che passava tra le gambe della scrivania.
Non mi slega però le mani ma bensì, mi spinge in avanti, fino a quando il culo non sporge dal fondo della scrivania. A quel punto si ferma e passato dalla parte opposta, sorride e poi si cala i boxer.
Passa il cazzo più e più volte sulla mia passera infuocata.
Lo passa tra le labbra, ma non entra mai.
Infine sento quel maledetto affare nel culo che si muove.
Con una mano, il mio aguzzino prende il fallo dalla base e senza remore, lo sfila dal mio culo.
Il movimento improvviso, misto alla sensazione di vuoto che crea dentro di me, mi fa urlare ancora.
Ma non ho il tempo di riflettere, di ragionare ed il culo viene nuovamente riempito.
Sta volta però il cazzo è vero ed inizia nuovamente a fottermi con vigore.
Sbavo, mi lamento, ed eccitata, prego l’uomo di scoparmi la figa.
Ma niente da fare, continua imperterrito a ficcarmelo dietro con arroganza ed arrossandolo sempre di più.
Va avanti a fottermi per un tempo interminabile, mentre le mie tette con le mollette sui capezzoli sembrano due antennine che si muovono a ritmo anche loro.
Ma non passa tanto tempo che, anche loro, vengono finalmente rimosse tra i miei lamenti di dolore.
Subito dopo averle rimosse poi, con pollice e indice, torna a strizzare i capezzoli già abbastanza martoriati.
Le scariche che arrivano al mio cervello però sono disturbate, dolore, piacere, dolore, piacere. Un mix che non so descrivere, mentre quel cazzo continua a fottermi il culo senza sosta.
Poi si stacca anche dai capezzoli e dopo un’ultima e feroce strizzata al clitoride, si aggrappa alle mie spalle per dettare una cavalcata ancora più profonda e violenta.
Mi fotte ancora a lungo, entrambi sudati e stremati emettiamo continui gemiti ormai di puro godimento.
La mia passerina è un lago e il suo cazzo ormai è sul punto di venire.
Lo sento che si irrigidisce, lo sento che inizia a essere più frenetico, più violento ed in un impeto, stringe gli occhi, i denti e urlando mi fotte con una violenza inaudita.
Anche io urlo, lo sento rivoltarmi con quel cazzo che mi trapana il culo.
Lo sento sempre di più e sempre di più il mio culo inizia a bruciare.
Lo sento ancora una volta urlare.
– Cagnaaa!!! Ti lascio il regalino per casaaa!!!! – urla finalmente fermandosi e scaricandosi nel mio intestino
Con il fiato corto ed ormai stremato, si stacca da me e raggiunto rapidamente un sacchetto, torna tra le mie gambe estraendone un fallo di piccole dimensioni.
– Ancoraaa??? – mi lamento ancora.
– Mica vorrai perdere sborra per tutta la tua bella macchina? – domanda mentre mi ficca quel piccolo fallo nel culo.
Quasi non lo sento entrare e mi domando quanto diavolo sarò diventata larga.
Conclusa anche quest’operazione, finalmente mi slega, lasciandomi alzare mentre lui si pulisce il cazzo con un fazzoletto.
Faccio quindi per rimettermi il corpetto e quello che resta delle calze, ma mi ferma.
– Prenditi il vestito dentro quel sacchetto e da terra, raccogli solo le scarpe. Il resto lo tengo per ricordo – mi ordina indicandomi un sacchetto poco distante, dove dentro trovo il mio vestito tolto ancora quando eravamo nella cantina del suo palazzo.
Mentre torniamo verso casa, quasi fatico a star seduta per colpa del mio culo martoriato e di quell’affare all’interno.
Mi stupisco a sentirmi nuda, quando ho quel tubino, anche se striminzito ma che comunque mi copre lo stretto indispensabile.
Finalmente davanti a casa sua, mi riconsegna la macchina, lasciandomi tornare nuovamente alla guida.
– Visto il desiderio da te espresso questa sera, presto avremo modo di discutere per quando sarà il momento di diventare la mia puttana personale. –
Senza lasciarmi modo di replicare, chiude la porta e si dirige a passo svelto verso casa.
Guido con calma e quasi distrattamente cercando sempre di non poggiare troppo il culo sul sedile.
Solo nella doccia di casa, torno ancora una volta a riflettere sul mio culo e quando finalmente tolgo quel piccolo fallo, sento tutta la sborra colare tra le mie gambe.
L’eccitazione non mi è ancora calata, così decido che finalmente è il momento di darmi sfogo anche se da sola.
Due dita vanno tra le labbra della mia patata, provo a stimolarla ma brucia da matti.
Provo quindi a toccare il clitoride, ma la situazione è ancora peggio.
Provo quindi a mettere un dito dentro, ma il bruciore continua a darmi problemi.
– Vaffanculo! Manco posso venire! – strillo nervosamente piena di voglia e senza possibilità di darmi pace.
Poi finalmente inizio a trovare qualcosa che mi può interessare.
Autoreggenti nere a rete con balza rossa.
Culotte di pizzo nero e completamente trasparenti.
Corpetto nero e anch’esso trasparente, con ampie rifiniture in pizzo di colore rosso, lascia i capezzoli totalmente scoperti ma comunque sorreggendo egregiamente il seno.
Ai piedi, con il tacco 12 in acciaio luccicante, un paio di scarpe completamente nere in simil-raso.
Mi guardo allo specchio e l’unico commento che posso fare mentre lego i capelli in una semplice coda è :
- Mi sento una zoccola…. La sua zoccola -
Poi tocca al vestito.
Opto per un semplice e casto tubino smanicato che finisce poco sotto a dove comincia la rete di color nero delle autoreggenti.
Chiudo casa, prendo la macchina e parto sgommando.
Parcheggio lontano da casa sua, non vorrei mai che i suoi genitori fossero fuori casa e quando tornano, capiscono che sono qui.
Potrebbero venirci a cercare in cantina e non mi sembra una buona cosa.
Il rumore dei miei tacchi, rimbomba rapido lungo i vicoli bui e deserti.
Come un fulmine, quasi volando, raggiungo il palazzo di Francesco.
Impugnate le chiavi apro la porta e mi dirigo subito alle scale in direzione delle cantine.
La luce del corridoio è accesa.
– Immagino si starà già segando – barbotto ghignando.
Prendo un respiro lungo e dopo aver fatto una piccola pausa espiro…
Prendo un altro respiro e poi…il corto e semplice tubino è già stato tolto.
Ora, in lingerie, mi dirigo verso il nostro covo segreto.
Arrivo di fronte alla porta della cantina, impugno la maniglia e la spalanco pronta a ricevere la solita ondata di emozioni che mi fanno battere il cuore all’impazzata e caratterizzano ogni incontro.
Richiudo subito la porta dietro di me e mentre mi giro sorridendo………
……….Clack!
Un Flash quasi mi accieca.
Poi ancora Clack!
Un altro flash.
E poi un altro .
E poi un altro ancora.
Sono disorientata, non capisco come mai di queste foto.
Ma quando poi, finalmente i miei occhi non sono più abbagliati, inizio a riconoscere la sagoma di qualcuno seduto di fronte a me.
– Ma scemotto, perché tutte queste foto così d’improvviso. Mi hai quasi accecata.. – dico sorridente.
Un sorriso che però, appena la stampa del flash nei miei occhi scompare, lascia prendere posto ad una fitta incontrollabile allo stomaco, al cuore ed ai polmoni.
Mi sento mancare mentre riconosco la figura dell’uomo che ho di fronte.
Mi sento quasi svenire mentre le guance avvampano riconoscendo di fronte a me la figura del padre di Francesco.
– Oddio – mi scappa quasi sottovoce, mentre un passo dopo l’altro indietreggio fino al muro alle mie spalle.
– Quindi è qui che fai la puttana con mio figlio? È qui che ti fai scopare ? Studia tanto bene da quando ci sei tu solo per poterti scopare vero? – domanda duramente mentre si alza dalla sedia.
– Immaginavo che avresti fatto una entrata trionfale. Ne ho approfittato per farti qualche foto dove finalmente non c’è mio figlio presente – continua mentre si avvicina a me.
– Sai è stato bello filmarvi l’altra sera, ma non mi piace che si veda mio figlio che scopa con una puttana – afferma mentre una volta di fronte a me, con decisione raggiunge le tette, le strizza con prepotenza e poi, presi entrambi i capezzoli tra le dita, li strizza con notevole forza.
In pochi istanti inizio a gemere di dolore ma rimanendo paralizzata, senza riuscire a reagire in alcun modo.
– Non ti piace più che ti strizzino i capezzoli? Eppure l’altra sera sembrava ci godessi a essere maltrattata – afferma mollando la presa.
Respiro con affanno mentre finalmente il dolore inizia a diminuire.
– Qui però non mi piace, meglio cambiare posto. – dice aprendo la porta della cantina.
– Portami alla tua macchina. – ordina uscendo dalla cantina e fissandomi.
– Non puoi farmi questo, io non ti ho fatto niente di male – dico impaurita mentre tento di rimettermi il tubino.
– Questo lo prendo io – dice strappandomi di mano il vestito e poi continua – e poi si che hai fatto qualcosa! Mi hai provocato e non solo, hai scopato come una pazza, con mio figlio, nel corridoio delle cantine! Per caso speravi che vi vedesse qualcuno? Speravi di poter far parlare male di mio figlio dai vicini? –
– Ora portami alla macchina – mi ordina mentre mi trascina fuori dalla cantina
Lo sento dietro di me che mi guarda, mi osserva.
Ho il terrore che ci vedano, ho il terrore che qualcuno che conosco mi veda passeggiare per le vie del centro in questo stato, con le tette di fuori e con tutto in mostra.
– Muoviti – mi ordina spingendomi fuori dal portone del palazzo e quindi proiettandomi in piena strada.
La vergogna mi assale, come mi assale la paura di una pattuglia della polizia, di qualche amico in zona o addirittura di qualche altro malintenzionato.
Con passi rapidi mi dirigo verso la mia auto ma il mio carnefice, ordina ancora :
– Se non fai tutto per bene, sappi che pubblicherò ugualmente le tue foto. Ora vedi di camminare piano e sculetta come si deve. Le puttane si fanno ammirare e desiderare. –
Eseguo.
Non posso fare altrimenti.
La macchina è ancora distante, ci saranno da fare almeno 200 metri, 400 passi, 400 sculettate, 400 balzi delle mie tette nude, 400 volte il rumore dei miei tacchi sull’asfalto, 400 volte quel suono che può attirare l’attenzione di qualcuno.
Sento delle macchine in avvicinamento, le sento passarmi affianco.
Chiudo gli occhi e mentre continuo a camminare, spero che le macchine parcheggiate di fianco a me facciano da scudo tra me e la strada.
Nessuno ha rallentato, nessuno si è fermato.
Poi, uno stop, un attraversamento pedonale.
Devo attraversare, arrivano macchine, non posso accelerare il passo.
Lo diminuisco….subito una mano si appoggia alla mia schiena spingendomi con forza in avanti.
– Muoviti e fai vedere bene come muovi sto culo –
Poggio il piede sull’asfalto, sulla prima riga bianca del passaggio.
La prima macchina passa.
Poggio anche il secondo piede mentre passa una seconda macchina.
Faccio il primo passo mentre una terza passa e rallenta bruscamente la corsa.
Il cuore mi sale in gola.
La macchina riparte ed ora il silenzio incombe.
Vorrei che sto attraversamento finisca il prima possibile, vorrei poter scomparire, vorrei poter non essere mai uscita di casa questa sera.
– Fermati dove sei –
Il sangue mi sale alla testa, il cuore in gola rimbomba nella testa come un martello pneumatico.
Mi fermo in mezzo alla strada.
Sento una macchina avvicinarsi.
Sempre più vicina.
Ancora di più.
– Cammina – mi ordina nuovamente.
Torno a camminare, vorrei volare, vorrei correre.
– Muovi sto culo – mi ordina ancora.
La macchina passa, quasi inchioda.
Il cuore inizia a battere all’impazzata, gli occhi iniziano a lacrimare.
Le luci di retromarcia si accendono.
– Ehi bella! –
Non rispondo mentre lentamente proseguo con il respiro strozzato.
– Ehi! Ho voglia di scoparti il culo. Quanto vuoi per qualche ora con me? –
Non rispondo e finalmente con il primo piede, torno sul marciapiede.
Quando anche il secondo è finalmente al sicuro, sento il freno a mano scattare.
La porta si apre.
Vorrei fuggire.
Le lacrime sgorgano senza sosta.
– Troia. Sta sera cosa fai? Vuoi solo farla vedere? Vieni qui che ti monto come si deve e poi ti porto dai miei amici. –
L’uomo, penso di età già avanzata, inizia a raggiungermi a passo svelto.
– E fermati puttanella! Non fare la preziosa che vestita così, lo vuoi anche tu il mio cazzo. – mi ordina quando sto per iniziare veramente a correre.
Poi una voce fuori campo.
– Lei non sta qui per battere e soprattutto non è qui per farsi scopare da te. Vedi di andartene –
Urla quasi, il padre di Francesco mentre viene incontro all’uomo.
Finalmente respiro.
Finalmente il cuore rallenta.
Finalmente sono salva.
Appena sento la macchina ripartire sgommando, una risata dietro di me riempie il vicolo, rimbomba e decreta il mio imbarazzo più completo, la mia sottomissione più totale e decreta la mia sconfitta dove prima io dominavo.
La risata rimbomba ancora per le vie silenziose e deserte mentre continuo a camminare terrorizzata dalla possibilità che qualcun altro mi veda.
Finalmente scorgo la macchina.
Vorrei essere già nell’abitacolo ed invece, anche il telecomando dell’antifurto si rifiuta di disabilitare l’allarme da così lontano.
Ancora passi, ancora sculettate, ancora le mie tette che rimbalzano libere.
Poi finalmente, il telecomando fa il suo lavoro, le porte scattano, le quattro frecce si accendono rapidamente per notificare la corretta apertura.
Finalmente manca poco.
– Fermati – quella voce, mi congela nuovamente.
Come una statua, rimango immobile, impaurita, imbarazzata e pur essendoci un caldo atroce, sento quasi freddo e tremo.
Sempre stando dietro di me, si avvicina al mio orecchio con il suo volto. Sento il suo respiro sul mio collo.
– Ora sta a te decidere. Se vuoi ti restituisco il vestito, torno a casa e tu puoi andartene. – parla sottovoce, tranquillo e lentamente.
Poi prosegue :
– Oppure adesso mi consegni le chiavi della macchina, mi dai del lei e da brava schiavetta inizi a chiamarmi Signore – fa un’altra pausa.
Io intanto, sogno già che mi restituisce il vestito, che se ne torna a casa mentre io posso finalmente andare a dormire e domattina, mi convincerò che era solo un brutto sogno.
Ma poi :
Da dietro di me sbuca una fotocamera.
Sullo schermo, viene riprodotto un filmato di scarsa qualità. Ma le figure sono inconfondibili e che cosa fanno è più che scontato.
Si vede chiaramente, mentre godo come una vacca con il cazzo di Francesco che entra e esce dalla mia patata.
A tale visione il mio cuore inizia a battere all’impazzata.
– Ovviamente se torno a casa, mia moglie, purtroppo, troverà questa fotocamera ed ovviamente questo video – continua ridacchiando.
– E se ti chiamassi Signore ? – riesco a dire con voce tremante.
– E se mi chiami Signore…. Questo video e le relative foto, te le regalo. Tutto salvato nella memoria di questa fotocamera – fa una pausa, poi dopo averla spenta e tolta dalla mia visuale, una mano si appoggia lieve sulla mia chiappa destra prima di proseguire :
– Tutto salvato, assieme a quello che ti faccio fare questa notte, in cui si vedrà che farai tutto di tua spontanea volontà – dice mentre la mano entra nelle mie culotte per poi percorrere il solco delle natiche in un leggero massaggio.
Prosegue ancora :
– In questo caso, nessuno saprà mai delle tue porcate con mio figlio, mia moglie non ti manderà via dicendo a tutto il quartiere di cosa hai fatto e tutto continuerà come prima di questa sera. –
Terminata la frase, si mostra finalmente davanti a me e dall’alto del suo metro e ottanta mi domanda serio:
– Cosa decidi ? – domanda con le braccia conserte.
Con occhi bassi, mi domando cosa sia meglio.
Ragiono…. “Infondo, sarebbe un brutto colpo per le mie ripetizioni appena cominciate, ma con il tempo, potrei trovare altri lavori. Poi però, ripensandoci, chi lo dice che sto porco non metta il filmato pure in rete. Anche se è suo figlio, questo tipo è capace di tutto e poi, qualche pensierino ammetto che me lo sono fatta su di lui, fin da quando l’ho conosciuto mentre mi fissava senza ritegno le tette.” i miei pensieri però, sono interrotti da una macchina che sfreccia affianco a noi.
– Vuoi stare qui tutta la notte? – mi domanda sbuffando.
Il cuore mi batte all’impazzata, il terrore che qualche altra macchina arrivi mi perseguita e la cosa che mi viene più spontanea, quasi a dirgli “ ti prego proteggimi “, in un impeto allungo le chiavi dell’auto verso le sue braccia.
– Quindi stai accettando? – mi domanda senza muoversi, sempre a braccia conserte.
Ora tocca a me, tocca piegarmi ancora.
– Si Signore. – rispondo tremando.
– Brava – risponde mentre mi toglie le chiavi di mano – allora ho fatto bene a mandare mia moglie in gita assieme alle sue amiche – ridacchia senza però muoversi ancora.
– Ora possiamo andare? – domando facendo quasi fatica a tirare fuori le parole di bocca e sempre tenendo il capo chino.
– No – il cuore si gela – la mia puttana personale, non porta mutandine di nessun genere, mai – continua con tono serio facendomi sbiancare.
Con terrore, alzo lo sguardo verso il suo mentre le orecchie iniziano a fischiarmi ed il cuore non smette di battere all’impazzata.
– Ma… ma devo… dev.. – provo a dire prima di essere interrotta.
– Sei scema o cosa? Levatele subito! Oppure vuoi che ti punisco qui, di fronte questi palazzi? Vuoi per forza che qualcuno ci senta e ci veda mentre ti tratto come meriti? – mi domanda ridacchiando ancora una volta.
Sento il mio volto avvampare mentre, con le mani, raggiungo i fianchi e dopo aver preso i bordi delle mutandine, spingo verso il basso.
In pochi attimi mi trovo piegata a novanta, in mezzo al marciapiede deserto, con la mia patata e il culo al vento, disponibile allo sguardo di chiunque.
Sto per rialzarmi, quando una mano dell’uomo si posa sulla mia nuca.
– Quello straccetto che hai in mano. Lascialo a terra – mi ordina calmo e quasi sottovoce.
A malincuore, anche se sono le mie preferite, mollo la presa lasciandole cadere in terra. Solo allora, la mano dell’uomo si toglie, lasciandomi risalire.
In un impeto di imbarazzo però, con le mani vado a coprire il mio frutto proibito.
– Allora non hai ancora capito nulla a quanto vedo, vero? – quasi urla, facendo rimbombare la sua voce ancora una volta tra le case.
Impaurita lascio cadere rapidamente le mani lungo i fianchi.
L’uomo sorride, con la mano raggiunge la mia passera, la carezza, tocca le grandi labbra e poi ci scava lentamente nel mezzo.
- Sei già bagnata – esclama prima di dirigersi dall’altra parte dell’auto.
– Sali – ordina prima di sedersi al posto di guida.
Raggiungo rapidamente la macchina e prima di chiudere la porta, guardo ancora una volta quel pezzettino di stoffa tutto stropicciato rimasto in terra.
– Brava la mia puttana. Sta notte mi farai divertire. – ridacchia ancora mentre con una mano strizza il mio capezzolo sinistro prima di partire.
La macchina sfreccia rapida per le vie deserte della città.
La musica che si diffonde nell’abitacolo è alta e il ritmo incalzante fa divertire l’uomo alla guida che, senza pietà, affonda il piede sull’acceleratore.
Il suo volto ruota verso di me e con un sorriso perverso stampato sulle labbra, mi annuncia che stiamo per arrivare a destinazione.
Siamo ormai in piena periferia quando svoltiamo in una stradina stretta e sterrata.
Noncurante dei numerosi buchi nel terreno, il padre di Francesco, continua a viaggiare a forte velocità dirigendosi verso un fabbricato recintato poco distante da quella che presumo essere la tangenziale.
Di fronte il cancello di ferro massiccio, l’uomo estrae dalla tasca un telecomando e dopo averlo premuto, le pesanti inferiate si aprono mentre un grosso faro si accende, illuminando un piccolo piazzale terminante con l’entrata del fabbricato.
L’auto continua a muoversi in direzione di quella lontana entrata, quando, in centro al piazzale ferma improvvisamente la sua corsa.
– Scendi – il torno è imperioso e non ammette repliche.
Apro la porta e scendo dall’abitacolo sotto lo sguardo vigile del mio aguzzino .
Senza uscire ancora dall’auto, fissando la mia patatina che non oso più coprire, mi domanda :
– Per questa sera cosa decidi di essere ? –
Rimango titubante su cosa rispondere.
– Devi decidere se sta sera vuoi essere la mia cagna o la mia puttana. –
A queste parole, ovviamente, divento paonazza e con il respiro corto, inghiotto a fatica la saliva che ho in bocca.
– C..cosa significa questo? Non.. non capisco.. – rispondo a fatica non sapendo cos’altro rispondere.
A queste parole, si innervosisce, esce dall’auto sbattendo con forza la portiera e dopo essere arrivato di fronte a me, con una mano si appoggia sul parabrezza.
Con la testa reclinata verso il basso e gli occhi chiusi, torna a parlare.
– Secondo te, è tanto difficile da capire? – sospira e poi inizia a spiegare – Una cagna secondo te cosa fa? Scodinzola, lecca, viene portata al guinzaglio e quando sbaglia viene punita. –
Fa una pausa e sempre tenendo il capo chino apre gli occhi e punta nei miei facendomi raggelare.
– Una puttana invece ? penso lo sai benissimo. Ciuccia il cazzo, si fa scopare, si fa inculare, urla come una troia in calore e vuole soddisfare tutte le perversioni del suo padrone… e poi… – si tocca vistosamente il cazzo da sopra i jeans – e poi… una puttana è sempre affamata di cazzo. Una volta che si bagna, vuole scopare tutta la notte …..e se poi vede più cazzi tutti assieme, non capisce più nulla. –
L’ultima frase, mi fa raggelare.
Che voglia farmi scopare da altri, per davvero?
– Allora cosa scegliamo di fare ? – mi domanda impaziente vedendomi paralizzata dal suo discorso
– A..Allora, de…devo scegliere… – dico con terrore ma senza ricevere risposta .
Poi, abbasso il capo, chiudo gli occhi e tutto di un fiato dico :
– Se devo proprio decidere, allora voglio essere la tua cagna. – finisco la frase sentendomi avvampare le guance fino ad essere ustionanti.
Devo attendere qualche secondo per ricevere una reazione dal mio aguzzino.
Poi, sottovoce, decreta :
– Cagna sia… ma… una cagna sta a quattro zampe. – conclude la frase poggiando una mano sulla mia testa e spingendo verso il basso fino a quando le mie ginocchia e le mie mani non sono a contatto con il liscio cemento del piazzale.
Sempre sottovoce, comanda ancora, facendomi vergognare ancora di più di me stessa e di dove mi sono andata a cacciare :
– Allarga le gambe e sporgi il culo, sta sera devi essere la mia cagna personale. – poi tirandomi una pacca sul culo prosegue – ed io…. la mia cagna personale, la voglio sempre in calore –
Sto quasi per mettermi a piangere dalla vergogna, quando un altro comando mi spiazza.
– Ora da brava cagna fammi vedere come ti muovi a quattro zampe. –
Così, obbedendo al mio aguzzino, cerco di muovermi goffamente, con le autoreggenti che ad ogni movimento sento rompersi sempre di più strusciando sul duro cemento.
Lui sta appoggiato al cofano della mia auto e con le braccia incrociate, guarda sorridente il mio percorso sotto la luce gialla del faro.
Mano a mano che proseguo le ginocchia iniziano a far male e noto a malincuore che anche le mie belle scarpe iniziano a rovinarsi.
Ad un certo punto, un sassolino si conficca nel mio ginocchio facendomi emettere un piccolo urlo.
Con la mano vado subito a rimuoverlo e per non aver calcolato bene il baricentro da tenere, con il culo finisco rovinosamente a terra, battendo anche la spalla sul duro cemento.
Risa di sottofondo mi fanno innervosire mentre finalmente riesco a massaggiarmi il punto dolorante.
Mentre infine torno a quattro zampe, sento i passi dietro di me, sempre più vicini.
– Hahahaha. Ora, cagna! Stattene qui buona a cuccia. – dice accarezzandomi il culo, pericolosamente vicino al mio buchetto posteriore.
– Aspettami che vado a prendere il necessario per addestrarti a dovere – continua sorridendo prima di lasciarmi da sola, in mezzo a quel deserto ed enorme piazzale.
Durante la sua assenza, mi guardo intorno ed in lontananza noto quella che deve essere la tangenziale.
Sotto la forte luce del faro, in mezzo ad un piazzale deserto, anche se sono a quattro zampe, chissà se qualche automobilista mi vedrà e non mi scambierà per un cane qualunque.
L’imbarazzo, la paura, ma anche una strana perversione, mi affollano la mente ed è inutile dirlo, ma toccandomi, la passera è irrimediabilmente umida.
– Maledizione, che vergogna. Ma dove cazzo mi sono ficcata. – impreco a bassa voce guardandomi intorno.
In lontananza si sente improvvisamente sbattere il grosso portone di ferro.
Appena uscito da esso, vedo il mio aguzzino sorridente venirmi incontro con in mano un sacchetto .
– Ora ci divertiamo – dice estraendo da esso quello che sembra essere un collare con terminante una doppia catenella, di quelle a strozzo, come si usano veramente per i cani.
– Hahaha – ride sganciando la doppia catenella e preparandola per farla passare sulla mia testa.
– Brava la mia cagnetta – dice infine avvolgendola attorno al mio collo per poi agganciarci il collare in cuoio.
Prova quindi a tirarlo e l’effetto è di vero e proprio strozzo intorno al mio collo.
Spaventata, raggiungo subito il collare con le mani, cercando di allargarlo per riprendere fiato.
– Stai buona stronzetta e metti a posto le mani – dice prima di mollare il tiro e lasciarmi quindi respirare.
– Questa era solo una prova. Più farai la cattiva, più non mi obbedirai e più tirerò il guinzaglio. – dice carezzandomi il capo.
– Capito? – dice quasi urlando, non vedendo mie risposte.
Impaurita rispondo affermativamente solamente muovendo il capo.
– Brava. – dice tirandomi una pacca sul culo.
– Ora però – prosegue riprendendo in mano il sacchetto – una cagna che si rispetti, deve anche avere la coda. – dice estraendo da esso un fallo di buone dimensioni terminante in una lunga coda, proprio come quella di un cane con il pelo nero.
– C..Cosa ci vuoi fare con .. con quello ??? – domando cercando di allontanarmi.
– Zitta, le cagne non parlano e comunque, tranquilla, prima lo lubrifichiamo. Hahahaha – ride ancora, lasciando cadere a terra il sacchetto vuoto, dopo aver ancora estratto un tubetto di liquido.
– Ora vedi di stare ferma, altrimenti ti tengo per il collare e ti sculaccio fino a quando non hai il culo tutto blu – decreta infine mentre si dirige alle mie spalle.
Sento quindi cadere a terra rumorosamente, quello che credo essere il tappo del tubetto, poi….
…freddo, sulle mie chiappe. Una sensazione di unto e freddo si insinua tra esse, fino al mio buchetto posteriore dove si concentra per poi colare lungo la passera e poi finire in terra.
– Brava la mia cagna. Ora stai ferma – dice mentre sento un dito raccogliere quel liquido e concentrarlo sul mio ano.
Con quel maledetto dito inizia a spingere su quel buchetto usato pochissimo.
Spinge… Spinge… e spinge ancora, fino a quando, tutto di colpo, la prima falange viene risucchiata bruscamente facendomi gemere.
Esce e rientra più volte, sempre bruscamente, con arroganza, con prepotenza.
Infine spinge ancora, e tutto il dito entra in me.
Lo gira, rigira, entra ed esce rapidamente, quasi fosse un ditalino.
Cambia quindi dito.
Questo lo sento che è molto più grosso, ma lubrificato, dopo due spinte, anch’esso entra senza troppi problemi.
– Vedi che non era tanto difficile? – dice ridacchiando mentre estrae il pollice.
Poi quello che sento appoggiarsi dopo, è molto più grande.
Non è il suo cazzo, ne sono sicura, non ha abbassato i pantaloni, non l’ho sentito e poi questo è troppo freddo.
Una spinta decisa precede un mio urletto.
– Dai cagna, spingi come se dovessi fare la pupù – mi incita dandomi uno schiaffone sul culo.
Un’altra spinta ancora più forte ed il fallo entra per buona parte in me.
– Dai ci siamo quasi, ancora una spinta ed entra – ridacchia senza mollare la presa.
Un’ultima spinta e come una lama affilata, lo sento sprofondare nel mio intestino, fino a quando, dopo il punto di massima espansione, sento i muscoli richiudersi trattenendolo all’interno.
L’urlo che emetto è forte e rimbomba contro la parete del fabbricato.
Fuori da me, a decretare la mia “profanazione”, una coda, lunga almeno 40 centimetri svetta tra le mie chiappe.
– Brava la mia cagnetta – ora sei perfetta.
Mi carezza quindi la testa, mentre io, con il respiro affannato, uso una mano per asciugare le bave che ho perso per lo spavento, prima di sentire il collare tirare e la catena stringersi attorno al mio collo.
Come un automa, con le ginocchia doloranti e i palmi delle mani sul freddo cemento, inizio a trotterellare stando al passo del mio nuovo “padrone”.
Dolorosamente, in pochi minuti, tra uno strattone e l’altro, con quella maledetta coda, piantata fastidiosamente nel mio culetto, raggiungiamo l’entrata del fabbricato.
– Dai cagnetta, entra che ho voglia di divertirmi – sorride trascinandomi dentro a quel grosso portone.
La corrente d’aria all’entrata mi fa venire la pelle d’oca, ma non per il freddo ma bensì mi fa riflettere nella mia mente : “Maledizione. Eppure tutta sta cazzo di situazione, non so come faccia ma.. la mia patata è un lago.. cazzo!”
Il posto in cui mi ha portata, una volta entrati, mi pare essere un grosso magazzino dove viene stivata roba di ogni genere.
Mentre vengo tirata ancora per il guinzaglio rimango sbalordita da quanta roba ci sia qui dentro.
– Ti stupisce vero tutta sta roba? – ridacchia – io ed un mio amico abbiamo comprato questo capannone tanti anni fa ed assieme, noleggiamo una piccola fetta, ad ogni persona che ne ha bisogno per stivare la propria roba –
Poi dopo esserci fermati davanti ad una scalinata in ferro mi fa cenno di salire:
– Muoviti, voglio proprio vederti salire –
Quando appoggiai le mani sul primo gradino, il timore fu già enorme. Non tanto per la visione che potevo dare a quel porco, quanto per il male che avrei provato alle ginocchia già doloranti .
– Allora ti muovi? – mi incita schiaffeggiandomi ripetutamente una chiappa.
Il primo scalino, gemetti.
Il secondo, qualche lacrima iniziò a colare lungo il mio viso per l’imbarazzo.
Il terzo… – Cazzo, le calze!! – imprecai, rimanendo impigliata nella grata del gradino.
Provando a tirare verso l’alto, la calza si strappava sempre più.
Poi arrivò la mano dell’uomo che, senza remore, tirò la calza impigliata, strappandola di netto.
– Dai finisci di salire che poi togliamo tutti questi stracci di dosso. – mi incita schiaffeggiando ancora il culo.
La scala sembrava non finire mai, ripida, dolorosa ed infine, ad ogni scalino, il mio aguzzino mi tirava un sonoro sculaccione per chiappa.
Gli ultimi furono atroci.
Mi lamentavo per ogni movimento, ogni volta che appoggiavo mani e ginocchia e poi, ululavo per ogni colpo ricevuto sulle chiappe ormai rosse acceso.
Ed infine la scala terminò e con essa il mio supplizio.
Almeno per ora.
Entrando poi dalla porta che avevo di fronte, ci ritrovammo in un ampio stanzone con qualche divano, un televisore e qualche scrivania al centro.
– Da brava cagnetta. Ora mettiti sulla prima scrivania e togliti tutti questi stracci. – mi ordinò strattonandomi il corpetto da dietro prima di togliermi il guinzaglio e poi darmi un altro schiaffo sul culo.
Mentre quindi, mi dirigo alla scrivania, lo vedo affrettarsi a raggiungere una scrivania più lontana, estrarre qualcosa da un cassetto e quindi, dopo un segnale acustico, posizionare l’oggetto sul piano in legno lucido.
A mano a mano che mi avvicino, ne sono sempre più certa di cosa sia. Quando poi noto la spia luminosa, ne ho la conferma.
Mi sta riprendendo.
Rossa in volto, cerco di non farci caso, salgo a fatica sulla scrivania e poi, senza potermi sedere, visto il coso conficcato nel culo, cerco con difficoltà di togliermi le scarpe e poi il resto di ciò che resta del mio vestiario.
Per ultimo, faccio quindi per raggiungere quella maledetta coda, ma un urlo, mi desiste dal farlo.
– A quella ci penserò io quando sarà il momento. – dice mentre me ne torno buona buona a quattro zampe, visto che è l’unica posizione possibile da tenere con quel coso dentro.
– Ora visto che hai fatto la brava, ti meriti il biscottino. – conclude avvicinandosi al mio volto.
Con una mano mi prende i capelli dalla coda, mentre con l’altra, dopo aver aperto la patta dei jeans, estrae con disinvoltura un cazzo ben più grosso di quello del figlio e tra l’altro, nemmeno in completa erezione.
– Beh? Cosa aspetti? Lecca cagna! – mi incita tirandomi per la coda e puntando il cazzo verso la mia bocca. Altro non posso fare se non spalancare la bocca e dopo aver accolto quel pezzo di carne, iniziare a leccare e succhiare.
– Brava la mia cagna. Ora continua da sola – mi annuncia mentre inizia ad ingrossarsi nella mia bocca.
Lascia quindi la presa dai miei capelli e con entrambe le mani raggiunge i miei capezzoli per iniziare un lento ma inesorabile e sempre più energico massaggio con pollice e indice.
Dopo poco tempo, il massaggio diventa una vera e propria morsa, sempre più dolorosa, fino a quando inizio a lamentarmi.
Per tutta risposta, quel cazzo ormai in piena erezione, mi viene piantato in gola e dopo aver messo una mano dietro la mia testa, spinge ancora, cercando di ficcarmelo tutto dentro.
Il risultato però non è per niente soddisfacente. Inizio a tossire, i conati di vomito si susseguono ed il cazzo non ne vuole sapere di entrare nella mia piccola gola. Infine, non riesco più a respirare mentre le lacrime scendono senza sosta dai miei occhi commossi per il grande sforzo.
Con entrambe le mani mi punto sul suo stomaco e mi spingo via.
Non mi trattiene e lascia che riprenda respiro.
– Peccato, dovresti imparare a prenderlo in gola. Saresti perfetta. – ridacchia per poi porgermelo nuovamente sulle labbra.
Come un automa ormai, apro nuovamente la bocca e torno a succhiarlo e leccarlo ma senza tanto interesse.
– Non va bene – se ne accorge anche lui – ci vuole più passione – dice per poi piegarsi su di me.
Quella maledetta coda inizia a essere mossa. – Finalmente mi verrà tolta – spero tra me.
Invece dopo qualche movimento più brusco, quel maledetto affare inizia a vibrare.
– Aaaahhhhh – mi scappa dalla bocca mentre il respiro si mozza.
Quella diavoleria vibra ad un’intensità pazzesca.
Chiudo gli occhi e prendo a respirare con forza.
Di colpo mi sento tirare per i capelli.
– Forza, non sono qui per far divertire solamente te. – mi dice ficcandomi ancora una volta il cazzo in bocca.
– Succhia come si deve – mi ordina quasi urlando.
Mi sforzo di fare cosa mi dice, ma quella diavoleria mi sta rivoltando gli intestini.
Succhio, succhio, eppure quella maledetta vibrazione mi manda fuori di testa.
Succhio, succhio e quella diavoleria, cazzo.. inizia a piacermi…
Ed in effetti, anche il gusto del cazzo, sembra sempre più buono, più invitante, anche se è sempre lo stesso.
Succhio, succhio.
Ora succhio quella nerchia con forza, voglio staccargliela a forza di succhiare. Voglio fare venire questo gran porco.
Quel vibratore maledetto nel culo.
Sta per farmi venire.
Dopo poco, i muscoli del mio culo si rilassano, quasi vogliono che sto affare entri di più.
La mia patata ormai, credo coli umori a non finire.
Quando ecco che mentre succhio e lecco…
– PRRRRRR – il mio culo, rilascia una forte flatulenza.
Mi metto quasi a ridere, mentre il mio aguzzino si allontana per la puzza emanata.
– Ma porc… – dice sventolando la mano ma rimanendo serio.
– E tu che cazzo hai da ridere – dice tornando a ficcarmi il cazzo in bocca con forza – questa me la paghi – finisce la frase ridacchiando, però questa volta divertito.
Infine si abbassa di nuovo verso il mio culo, armeggia ancora con quell’aggeggio che ora comincia a vibrare ancora più forte.
Ora però la vibrazione è per me insopportabile, mi stacco dal suo cazzo ed a fatica lo prego di farla cessare.
– Cagnetta, questa è la tua punizione. Prima finisci di succhiarmelo e prima te lo tolgo – conclude rificcandomi il cazzo in bocca.
Questa volta mi metto di impegno e come una dannata inizio a succhiarlo a più non posso.
Fatico a respirare, fatico a stare a quattro zampe con il corpo che vibra tutto.
Finalmente lo sento irrigidirsi.
Finalmente inizia ad avere il fiatone.
Finalmente sta per venire.
Il cazzo si gonfia, il respiro e i suoi movimenti sono affannati.
Ecco che ora mi sborra in bocca.
Ecco che…
All’ultimo secondo si stacca da me e come un torrente si scarica sulla mia faccia imbrattandomela tutta.
Con una mano, spalma tutta la sborra sul mio volto e poi mi porge il cazzo da ripulire con la lingua.
Solo quando ho finito, si piega nuovamente su di me e la vibrazione cessa.
Riprendo fiato.
In pochi minuti inizio a riprendere sensibilità di quelle parti.
In pochi minuti, sento la mia passera ancora traumatizzata da quelle vibrazioni, sempre più sensibile, sempre più gonfia, sempre più vogliosa.
“Cazzo, ma come faccio a eccitarmi così” dico tra me, mentre l’uomo è seduto sul divano di fronte a me, intento a guardare il filmato appena registrato.
– Ti prego, mi puoi togliere sto coso ? – ripeto per la terza volta la domanda mentre lo vedo indaffarato con la videocamera.
– Se non stai zitta te ne ficco un altro nella figa e dopo averti legata alla scrivania, li accendo entrambi al massimo per 2 ore –
A questa risposta, decido di zittirmi ed attendere con le ginocchia ormai insensibili per l’eccessivo tempo passato in ginocchio.
Passa ancora qualche minuto e finalmente si alza, posiziona nuovamente la videocamera sulla scrivania più distante e tornato da me, prende immediatamente possesso della coda con una mano.
Lo sento che armeggia e poco dopo la vibrazione riparte.
– Aaahhh.. Ti prego.. Ti prego… – supplico sperando che smetta il prima possibile.
– Ti prego cosa? Ahahaha – si mette a ridere e poi sento quel coso vibrante cercare di uscire dal mio culo ormai richiuso.
Lentamente ma inesorabilmente, il mio culo viene riaperto da quell’affare che mano a mano esce e vibrando, quasi non mi accorgo di cosa stia succedendo.
Solo quando sento un vuoto, quasi un cratere, al posto del mio culo, mi rendo conto che è riuscito ad uscire.
Passano pochi attimi, con le sue forti braccia, mi rigira come un fuscello ed ora, con la schiena sulla fredda scrivania, mi piega le gambe sul petto e poi lo vedo prendersi il cazzo in mano e puntarlo tra le mie gambe.
In un attimo è dentro.
In un attimo mi ha inculato, senza alcun dolore, senza anzi alcuna sensazione.
Si piega su di me, si aggrappa alle mie spalle e inizia subito a cavalcarmi con un ritmo selvaggio.
Ora che il mio culo torna ad avere sensibilità, lo sento bene quel cazzo che entra ed esce da me.
Come un martello pneumatico, senza sosta entra ed esce.
Provo a stringere i muscoli del culo che ora hanno ripreso sensibilità e finalmente, sento quel violento intruso entrare e uscire.
Dalla sua bocca escono, mischiati ai miei, continui lamenti.
Lamenti di godimento, lamenti di fatica, si mischiano assieme al fiato corto di entrambi.
La mia passera è un lago.
Non resisterò ancora a lungo prima di venire.
– Ti prego… – provo a dire.
– Cosa cagna? – risponde lui
– Scopami anche davanti – riesco a dire rapita dall’imbarazzo ma piena di eccitazione.
– Te lo sogni cagna. – si mette a ridere.
– Le cagne in calore si inculano solo – continua ridendo senza smettere di fottermi.
Con una mano, si insinua tra le mie gambe. Rallenta la cavalcata e con due dita entra con prepotenza nella mia passera, trovandola bagnata all’inverosimile.
– Sei fradicia – annuncia portandomi le sue dita alla bocca.
– Succhia – ordina ancora.
Come un automa ormai, in preda all’eccitazione smisurata, succhio i miei umori.
– Che cagna. Forse avresti fatto meglio a scegliere di essere la mia puttana. Chissà, forse ti avrei fatto venire se mi andavi a genio – dice ridendo per poi smettere di incularmi.
Stupendomi di me stessa, mai avrei immaginato di riuscire a rispondere come sto per fare :
– Voglio essere la tua puttana allora. – rispondo tutta di un fiato.
L’uomo mi fissa.
Fissa il mio corpo.
Con una mano raggiunge la mia patatina.
Due dita prendono possesso del clitoride e … stringono..
– Aaaaahhh – esclamo.
Senza mollare la presa, si avvicina alla mia faccia che mano a mano si arrossa sempre più e risponde :
– No. Cagna. Forse la prossima volta –
Finisce la frase lasciando il mio clitoride e allontanandosi da me.
Si dirige verso un mobiletto e da esso estrae diverse corde.
– Sai, le cagne, quando si rendono conto di aver sbagliato, come ora hai fatto tu, vanno punite. –
Torna da me, ancora supina sulla scrivania e prende entrambe le braccia portandomele dietro la testa.
Le lega tra loro e poi sento far scorrere la corda fino alle gambe della scrivania.
Conclusa l’operazione, torna al fondo della scrivania e piega nuovamente le gambe e ginocchia sulla mia pancia. Lega una gamba per volta, poco sotto il ginocchio, in modo che rimangano chiuse e poi, fa passare una corda sotto la scrivania legando i capi alle due corde che mi tengono piegate le gambe.
Così facendo, le mie gambe rimangono larghe e piegate sul mio corpo lasciando a chi è di fronte a me, una visione invidiabile della mia passera e il mio ano spalancati.
Lo vedo quindi tornare a quell’armadio e prendere un sacchetto.
Da esso estrae tre mollette da bucato e tornato da me, senza pietà ne applica una per capezzolo sotto le mie urla.
– E questa dove la mettiamo ? – domanda mostrandomi la terza e ultima molletta.
Ridacchiando e senza aspettare risposta, si dirige dall’altra parte della scrivania e con la stessa noncuranza, allarga le labbra della mia passerina ed applica la molletta sul mio clitoride.
– Aaaaaahhhhh!!!!!!! – urlo sta volta per il male che provo.
Si allontana nuovamente e quando torna, in mano ha un fallo ancora più grosso e lungo di quello precedente.
– O … cazzo – riesco solo a dire.
– Hahahaha…. Dovresti vedere la tua faccia! – mi schernisce indicandomi divertito.
Preso quindi in mano il tubetto di gel, ne fa cadere un’abbondante quantità sopra il fallo di gomma passando e ripassando la mano di modo da spargerlo su tutta la superficie.
Finita quest’operazione, si posiziona tra le mie gambe.
Come un’ostetrica pronta a far uscire il bambino dalla mia pancia, il mio aguzzino decide di ficcarmi sto coso nel culo.
Ci vuole diverso tempo, prima che il mio culo si apra e riesca a far passare quel bisonte.
I lamenti sono continui, il respiro è affannato e il cuore mi batte all’impazzata.
Appena la cappella di quel pezzo di gomma entra in me, credo finalmente il peggio sia finito, ma quando l’uomo inizia a spingere per farlo risalire nei miei intestini, inizio di nuovo a tremare.
Entra e esce, entra e esce ripetutamente e dopo che finalmente trenta centimetri circa di quell’arnese sono risaliti nel mio culo, sembra finalmente contento e si stacca da me lasciandomi dentro quel maledetto intruso.
– Ora possiamo iniziare con la punizione. – afferma ridendo ancora.
Armeggia con la sua cintura, la toglie lasciando cadere a terra i jeans.
A quel punto, vedendo il cazzo gonfio coperto solo dai boxer, vorrà sicuramente sfogarlo.
Ma quando vedo che non posa la cintura e si posiziona tra le mie gambe, capisco che qualcosa non quadra.
– Cosa… Cosa vuoi fare? – dico terrorizzata.
– Zitta e inizia a contare, se sbagli ricomincio da capo – mi comanda senza ammettere repliche.
La prima cinghiata quasi non mi accorgo che arriva.
Fa saltare la molletta che cade a terra mentre il cuoio della cintura colpisce rumorosamente la mia passera bagnata.
Il bruciore che segue è tanto intenso da farmi urlare.
– Allora? Non conti ? – dice colpendomi una seconda volta, facendomi questa volta sobbalzare.
– U..UNO – dico, anzi, urlo.
Un altro colpo, bruciore.
– DUE – dico tra i lamenti.
– TRE – le lacrime iniziano a rigare il mio viso.
– QUATTRO – continuo a lamentarmi mentre la passera brucia a tal punto da essere quasi insensibile ai colpi.
Al decimo colpo, finalmente si ferma quando ormai, sentivo solo più il rumore ma nessuna sensazione, se non quella di propagato e continuo bruciore.
Lo vedo poi spostarsi dietro la mia testa e lo sento slegare la corda che passava tra le gambe della scrivania.
Non mi slega però le mani ma bensì, mi spinge in avanti, fino a quando il culo non sporge dal fondo della scrivania. A quel punto si ferma e passato dalla parte opposta, sorride e poi si cala i boxer.
Passa il cazzo più e più volte sulla mia passera infuocata.
Lo passa tra le labbra, ma non entra mai.
Infine sento quel maledetto affare nel culo che si muove.
Con una mano, il mio aguzzino prende il fallo dalla base e senza remore, lo sfila dal mio culo.
Il movimento improvviso, misto alla sensazione di vuoto che crea dentro di me, mi fa urlare ancora.
Ma non ho il tempo di riflettere, di ragionare ed il culo viene nuovamente riempito.
Sta volta però il cazzo è vero ed inizia nuovamente a fottermi con vigore.
Sbavo, mi lamento, ed eccitata, prego l’uomo di scoparmi la figa.
Ma niente da fare, continua imperterrito a ficcarmelo dietro con arroganza ed arrossandolo sempre di più.
Va avanti a fottermi per un tempo interminabile, mentre le mie tette con le mollette sui capezzoli sembrano due antennine che si muovono a ritmo anche loro.
Ma non passa tanto tempo che, anche loro, vengono finalmente rimosse tra i miei lamenti di dolore.
Subito dopo averle rimosse poi, con pollice e indice, torna a strizzare i capezzoli già abbastanza martoriati.
Le scariche che arrivano al mio cervello però sono disturbate, dolore, piacere, dolore, piacere. Un mix che non so descrivere, mentre quel cazzo continua a fottermi il culo senza sosta.
Poi si stacca anche dai capezzoli e dopo un’ultima e feroce strizzata al clitoride, si aggrappa alle mie spalle per dettare una cavalcata ancora più profonda e violenta.
Mi fotte ancora a lungo, entrambi sudati e stremati emettiamo continui gemiti ormai di puro godimento.
La mia passerina è un lago e il suo cazzo ormai è sul punto di venire.
Lo sento che si irrigidisce, lo sento che inizia a essere più frenetico, più violento ed in un impeto, stringe gli occhi, i denti e urlando mi fotte con una violenza inaudita.
Anche io urlo, lo sento rivoltarmi con quel cazzo che mi trapana il culo.
Lo sento sempre di più e sempre di più il mio culo inizia a bruciare.
Lo sento ancora una volta urlare.
– Cagnaaa!!! Ti lascio il regalino per casaaa!!!! – urla finalmente fermandosi e scaricandosi nel mio intestino
Con il fiato corto ed ormai stremato, si stacca da me e raggiunto rapidamente un sacchetto, torna tra le mie gambe estraendone un fallo di piccole dimensioni.
– Ancoraaa??? – mi lamento ancora.
– Mica vorrai perdere sborra per tutta la tua bella macchina? – domanda mentre mi ficca quel piccolo fallo nel culo.
Quasi non lo sento entrare e mi domando quanto diavolo sarò diventata larga.
Conclusa anche quest’operazione, finalmente mi slega, lasciandomi alzare mentre lui si pulisce il cazzo con un fazzoletto.
Faccio quindi per rimettermi il corpetto e quello che resta delle calze, ma mi ferma.
– Prenditi il vestito dentro quel sacchetto e da terra, raccogli solo le scarpe. Il resto lo tengo per ricordo – mi ordina indicandomi un sacchetto poco distante, dove dentro trovo il mio vestito tolto ancora quando eravamo nella cantina del suo palazzo.
Mentre torniamo verso casa, quasi fatico a star seduta per colpa del mio culo martoriato e di quell’affare all’interno.
Mi stupisco a sentirmi nuda, quando ho quel tubino, anche se striminzito ma che comunque mi copre lo stretto indispensabile.
Finalmente davanti a casa sua, mi riconsegna la macchina, lasciandomi tornare nuovamente alla guida.
– Visto il desiderio da te espresso questa sera, presto avremo modo di discutere per quando sarà il momento di diventare la mia puttana personale. –
Senza lasciarmi modo di replicare, chiude la porta e si dirige a passo svelto verso casa.
Guido con calma e quasi distrattamente cercando sempre di non poggiare troppo il culo sul sedile.
Solo nella doccia di casa, torno ancora una volta a riflettere sul mio culo e quando finalmente tolgo quel piccolo fallo, sento tutta la sborra colare tra le mie gambe.
L’eccitazione non mi è ancora calata, così decido che finalmente è il momento di darmi sfogo anche se da sola.
Due dita vanno tra le labbra della mia patata, provo a stimolarla ma brucia da matti.
Provo quindi a toccare il clitoride, ma la situazione è ancora peggio.
Provo quindi a mettere un dito dentro, ma il bruciore continua a darmi problemi.
– Vaffanculo! Manco posso venire! – strillo nervosamente piena di voglia e senza possibilità di darmi pace.
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