Trasferta di lavoro molto particolare 1^parte
di
Ottobre Rosso 66
genere
dominazione
Al compimento della maggiore età, salii in me forte e prepotente la voglia di indipendenza, la voglia di affrancarmi dalla mia famiglia ed avere una mia vita indipendente. Fu cosi che grazie a mio padre e alle sue conoscenze, trovai subito un lavoro presso una piccola ma florida ditta meccanica. Passati con successo i primi sei mesi di prova, a contratto a tempo indeterminato ottenuto, mi fu proposto di fare lunghe trasferte, cosa che io accettai in quanto erano ben retribuite, ed essendo riuscito pure a comprarmi un'auto tutta mia, a me quei soldi in più in busta paga facevano molto comodo per pagare le rate.
Tutto andava bene fino a quando i miei capi un giorno mi imposero una nuova trasferta di 15giorni con il collega Mimmo, il più vecchio ed esperto dell’azienda. Quello su cui i miei titolari di lavoro facevano più affidamento, una sorta di capo in pectore la cui opinione veniva sempre presa in seria considerazione e la vita lavorativa di noi neoassunti dipendeva dalle sue valutazioni.
Mimmo era un omone sulla cinquantina, con una grossa pancia, pelato, di carattere autoritario, molto rozzo nei modi, dall'espressione quasi suina che sottolineava la fama che lo accompagnava, ossia quella di porco depravato della serie: basti che respira!
Quel giorno partimmo che non era ancora l'alba. Mi venne a prelevare lui a casa con il mezzo aziendale. Quando mi ci sedetti accanto, prima di partire, mi scrutò dalla testa ai piedi con un'espressione ironica. In quel periodo portavo i capelli lunghi castano chiaro, ero molto magro, alto 1.70 e non avevo un pelo in viso e nel corpo. Fu questo mio aspetto effeminato, pur essendo io un eterosessuale, ad attirare la sua attenzione nei miei confronti, da prima con la tipica ironia machista, poi, via via durante il viaggio, quella sessuale a conferma della sua fama.
Infatti, durante il viaggio, per rompere il ghiaccio, colloquiammo prima su cose attinenti il lavoro e poi prendendo a pretesto di avermi rivelato di essere vedovo da un po', Mimmo fece cadere l'argomento sulla mia vita privata. Senza preamboli, diretto, mi chiese se mi piacessero le donne e nel caso se avessi una ragazza. Questa sua curiosità così brutale, a quell'epoca che ero molto timido e remissivo, mi mise parecchio in imbarazzo. Comunque gli risposi di si, ma che una ragazza al momento non ce l'avevo. Quindi sempre senza alcun riguardo, da gran porco, mi chiese se per ovviare alla mancanza mi facessi le seghe e quante al giorno. Arrossì ancor di più e stavolta non risposi. Il mio imbarazzo lo fece scoppiare a ridere. Dopo di che mi rivelò che lui se ne faceva almeno due al giorno perchè la vedovanza è dura da sopportare.
Quando arrivammo sul posto, in tarda serata, Mimmo mi disse che aveva già prenotato una pensione che lui conosceva bene in quanto la utilizzava in tutte le volte che per lavoro o altro veniva in quella città. Si trovava in un quartiere non molto sicuro nei pressi della stazione e quando entrammo notai che era molto fatiscente. Alla reception c'era una donna grassa, circa della stessa età del mio collega, dal trucco e dai modi pesanti e volgari. Constatai come con Mimmo si conoscessero bene dalla battuta che gli fece come mi vide con lui squadrandomi dalla testa ai piedi: “Ah bene! Stasera si cambia genere! Stasera con il finocchietto a seguito. E bravo Mimmo, giusto! Ogni tanto bisogna trovare un diversivo alla figa (risero entrambi sguaiatamente). Comunque se il diversivo non ti convince e vuoi tornare al classico, al solito salgo io, basta che alzi il telefono tesoro!”
Mimmo rise in tono di assenso e così salimmo in camera. Appena entrammo e l'uomo accese la luce, rimasi stupito. C’era solo un letto matrimoniale. Chiesi spiegazioni e lui, sempre con quell'atteggiamento ironico, mi disse che al momento della prenotazione non c’erano camere a letti singoli disponibili. Poi notando la mia ritrosia all'idea di dover condividere il letto con lui, si fece serio e con crudezza mi disse che non mi stava bene potevo sempre prendere il primo treno e tornarmene a casa, che avrebbe avvertito la ditta che a sua volta avrebbe assunto un altro al posto mio.
Rimasi spaventato dalle sue parole. Così senza fiatare ulteriormente iniziai a sistemare le mie cose nell’armadio. Presi solo gli accessori per fare la doccia e dopo, vista l'ora tarda, mi misi a letto. Nel frattempo Mimmo era sceso per i documenti e per prendere qualcosa da mangiare.
Essendo il mese di giugno faceva molto caldo, così mi coricai solo con le mutandine ed una canotta leggera. Intanto il collega rientrò in camera. Nonostante stessi per addormentarmi, stanco per il lungo viaggio, mi accorsi che si bloccò a guardarmi come se al posto mio avesse visto una bella ragazza seminuda distesa nel suo stesso letto. Chiusi gli occhi facendo finta di essermi davvero addormentato. Lui si sedette lentamente sul bordo del letto, come a non volermi svegliare, e iniziò ad accarezzarmi lentamente una gamba fin sulla coscia arrivando a sfiorarmi il cazzo dentro le mutandine. Fingo di essere stato svegliato e a quel punto Mimmo, tenendo sempre la mano accanto al mio cazzo e con un espressione arrapata, mi dice: “Togliti ste mutande! Voglio vedere come sei messo li sotto!”
Io, deglutendo terrorizzato, provai una timida opposizione: “No Mimmo, ti prego. Non voglio...”
“Quello che vuoi o non vuoi, non me frega 'ncazzo! Se vuoi mantenere questo posto, tu fai quello che voglio io! E io voglio che ti togli ste cazzo de mutande, muoviti o ti faccio licenziare!” mi rispose con gli occhi iniettati di sangue.
Così tremando obbedii. Non appena il mio cazzo fu nudo, il porco si mise prima ad accarezzarmelo, procurandomi un'erezione, poi si chinò ed iniziò, fra grugniti e sbavando, a leccarmelo, dicendomi che lo arrapavo perchè parevo e profumavo di femmina, poi me lo succhiò arrivando a farmi sborrare, per poi lasciarmi steso immobile sul letto, mentre veloce si andò a chiudere in bagno probabilmente a farsi una sega. Impietrito e sconvolto per quanto avevo subito, trovai comunque la forza per ripulirmi dalla sborra e, sebbene a fatica, mi addormentai.
La mattina quando mi svegliai, Mimmo era già vestito che mi guardava ai piedi del letto con la solita espressione ironica. Senza dire una parola, nemmeno buongiorno. Pensai per un attimo che quello che era successo la sera prima fosse stato solo un brutto sogno, invece, sempre dalla sua espressione compiaciuta e sfottente attirata dall'erezione mattutina che si intravedeva dalle mie mutande, realizzai che mi aveva abusato davvero.
Così mi alzai, mi lavai veloce e mi vestii di fretta. Scendemmo quindi fare colazione in sala, dove notai che oltre noi due c’erano solamente altri quattro uomini. Sembravano muratori rumeni. E lì mi venne più che un dubbio sulla nostra camera. Ebbi la forte impressione che Mimmo mi aveva mentito dicendomi che le stanze a letti singoli erano tutte occupate. In realtà quello era solo un espediente per avermi nel suo stesso letto.
Mentre realizzavo tutto questo, arrivò un cameriere di origine marocchina si chiamava Said , che in un italiano stentato salutò Mimmo. Mentre ci serviva la colazione scambiò con lui quattro battute a doppio senso sulla mia effeminatezza, ulteriore prova che in quella pensione il collega era di casa.
Finimmo la colazione e andammo alla filiale presso il quale dovevamo svolgere il nostro al lavoro. Mimmo, che ormai aveva sgamato la mia remissività, per tutta quella giornata mi dominò senza pietà, rimproverandomi al mio minimo errore, ma soprattutto quando mi bloccavo perchè nella mia mente rivedevo il film dell'abuso subito la sera prima.
Tra ordini e rimproveri la giornata passò veloce. Rientrati alla pensione ci lavammo e poi scendemmo per cenare. A servirci a tavola stavolta fu la donna grassa, che poi capii essere la proprietaria della pensione, che, tra una portata e l'altra, alla solita maniera triviale e volgare si mise a scherzare con Mimmo che non era da meno, allungandole le mani sul culo e sulle tette. Io fortemente imbarazzato, dovevo pure subire le allusioni scurrili della donna che continuava a darmi del finocchio.
Finito di cenare risalimmo in camera. Feci la doccia per primo, per poi mettermi a letto a guardare un po di tv, mentre al bagno c'era lui. Dopo un po’ Mimmo uscì in accappatoio, venne a letto, se lo sfilò davanti a me senza alcuna forma di pudore. Io rimasi shoccato. Era nudo, peloso con peli mezzi bianchi e sotto al pancione aveva due palle enormi penzoloni con un cazzo che da moscio aveva una circonferenza di una banana con la cappella sporgente che sembrava un fungo. Feci finta di non guardare girandomi dall'altra parte, ma con la coda dell'occhio vidi che lui invece mi guardava arrapato e per questo iniziò a masturbarsi. Dopo pochi secondi gli divenne dritto e duro da sembrarmi ancora più enorme! Capii subito che si stava preparando ad abusarmi ancora.
Infatti, mentre stava coricato a gambe divaricate e accarezzandosi il cazzo teso, non disse una parola, mentre i minuti passavano. Poi improvvisamente girò lo sguardo verso di me, mi tolse di forza il telecomando dalle mani, spense la tv e mi disse sprezzante: “Invece di tenere in mano il telecomando, prendi il mio cazzo, brigati!”
Alla mia titubanza a toccarlo, mi afferrò lui la mano di forza e me la mise sul cazzo, ordinandomi: “Ti ho detto prendimi il cazzo e segami! Ubbidisci!”
Avevo così il suo cazzo stretto nella mano. Era durissimo. Ma tentavo ancora di resistergli non segandolo come pretendeva. Così si arrabbiò, mi prese per i capelli e mi costrinse a venire verso di lui. Una vota sopra la sua pancia grassa e pelosa, mi immobilizzò e iniziò strattonarmi come fossi una bambola, facendomi male.
A quel punto lo supplicai di lasciarmi andare che mi stava facendo male, Gli chiesi che intenzioni avesse con me, che non volevo fare sesso con lui. Ma per tutta risposta mi arrivarono due ceffoni violenti. Mi strattonò nuovamente facendomi ancora male. Io mi resi conto di essere sopraffatto dalla sua forza, di non avere scampo, smisi di ribellarmi e accettai il mio destino.
Lui, notando soddisfatto la mia resa, mi guardò e scoppiò a ridere. Poi, sempre tenendomi per i capelli, mi disse: “Vedemo mpò se Teresa (la donna grassa di prima) ha ragione a dire che sei un finocchietto! E comunque anche se non lo sei so' arrapato e ho voglia de sfogarme er cazzo...e anche se non vuoi, me lo sfogo con te! Anche perchè meriti de essè punito in quanto hai cercato di ribellarti a me!”
Cercai di obiettare, ma mi arrivò un altro ceffone e una minaccia chiara: “ Ah allora non se semo capiti! Ascolta frocetto, ti ho già detto ieri sera che se ti vuoi tenè il lavoro, da adesso tu farai tutto quello che voglio io, oppure prendo e chiamo il capo e ti faccio licenziare subito, chiaro!?”
Non dissi più nulla. Ero impietrito dalla paura. Sentivo ormai che ero di sua proprietà. Poteva farmi quello che voleva e infatti mi disse, al solito, senza troppi giri di parole: “Da questo momento in poi, quanno non lavoramo,me devi chiamà padrone! Tu adesso sei il mio schiavo...anzi la mia schiavetta! E tutto quello che ti faccio deve restare un segreto da portare nella tomba o altrimenti sò cazzi amari per te che questo bel contratto nuovo da definitivo, ci potrai fare la carta igienica, hai capito!?”
Annuii terrorizzato, non solo per la sua forza fisica, ma perchè avrei rischiato il lavoro se mi fossi ribellato ancora. Che sarebbe significato non poter onorare il debito dell’auto ed in più il disonore con mio padre che aveva fatto tanto per farmi entrare in questa ditta, per cui non c'erano altre strade che assecondarlo.
Così dopo l’ennesimo strattone di capelli gli dissi: “Si padrone, sarò la sua schiavetta!”
A quel punto Mimmo mi fece un sorrisetto maligno di soddisfazione, con l’altra mano mi abbassò le mutandine e mi prese il cazzo in mano. Quindi scoppiò nella sua solita grassa risata da porco e mi disse: “Ma cosa ce vuoi fà de sto cosino qua? Non ti vergogni? Finocchietto e sei anche minidotato!”
Così mi prese pure i coglioni e mi strizzò il tutto con forza facendomi un male cane, ma le mie urla nella stanza furono coperte dalla sua risata volgare da gran porco.
Quindi smise di ridere mi guardò con un ghigno perverso e mi disse: “Adesso te faccio assaggià un cazzo vero!”
Così tenendomi ancora per i capelli mi abbassò la testa fino al suo cazzo in erezione, violaceo pieno di vene molto grosse, che svettava in mezzo a quei peli grigioneri, con la cappella enorme sgusciata. Mi ci spinse la faccia sopra strusciandomelo sul viso. Con due dita mi prese per le narici costringendomi ad aprire la bocca e me lo spinse dentro con fatica per quanto era grosso. Quindi iniziò a scoparmi la bocca lentamente insultandomi: “Prendimelo frocetto! Così si! Finocchietto del mio cazzo! Si si, così...tutto in bocca, in bocca bastardo! Ecco vai così puttanella di una schiavetta, fai godere il tuo padrone!”
Mimmo continuava quel movimento lento e inesorabile, spingendo il suo cazzone sempre più in fondo, fino alla gola arrivando al punto di procurarmi conati di vomito. Ma non aveva pietà, anzi continuava senza preoccuparsene. Dopo un po mollò la presa dal naso, consentendomi di respirare meglio visto che avevo la bocca totalmente ostruita dal suo cazzo, ma con la mano era sceso sul mio culo accarezzandolo, dicendo: “Che culetto liscio da troia che hai! Uhmmm...che voglia di sfondartelo! Cazzo! Mi stai facendo diventare più porco di quello che sono!”
Così aumentando il ritmo della scopata, premendomi la testa come un pallone da basket, lo sentii grugnire da suino mentre mi teneva bloccato con il suo cazzo in gola. Fino a che iniziai a sentire in bocca arrivare gli schizzi violenti, ma continui, del suo sperma caldo bollente in una quantità enorme che mi fuoriusciva dalla bocca e non riuscivo ad ingoiare tutto.
Soddisfatto, si lasciò andare trionfante alla solita ristata triviale. Aspettò che il suo cazzo si afflosciasse nella mia bocca, lo uscì lentamente e poi mi ordinò di ripulirlo per bene con la lingua dallo sperma che non ero riuscito ad ingoiare. Obbedì senza fiatare anche se quel sapore acre mi disgustava, ma non avevo scelta.
Finito, sempre come fossi un pupazzo con cui ci si stanca a giocare, mi scaraventò sulla mia parte di letto e mi disse: “Brava la mia schiavetta, come inizio non c’è male ma vedrai che imparerai presto a soddisfarmi come si deve! Che ne dici eh!?”
Io come in trans risposi: “Sì padrone farò del mio meglio, come vuole”
Poi, appena mi accorsi che Mimmo rilassato stava per prendere sonno, corsi in bagno per una doccia purificatrice. Tornai al letto rassegnato al mio nuovo ed inaspettato ruolo di schiavo sessuale di un porco, che osservai lì steso a letto, nudo e grasso, che sembrava un tricheco spiaggiato, che intanto si era definitivamente addormentato.
Fine 1^parte (sottomesso1966@gmail.com)
Tutto andava bene fino a quando i miei capi un giorno mi imposero una nuova trasferta di 15giorni con il collega Mimmo, il più vecchio ed esperto dell’azienda. Quello su cui i miei titolari di lavoro facevano più affidamento, una sorta di capo in pectore la cui opinione veniva sempre presa in seria considerazione e la vita lavorativa di noi neoassunti dipendeva dalle sue valutazioni.
Mimmo era un omone sulla cinquantina, con una grossa pancia, pelato, di carattere autoritario, molto rozzo nei modi, dall'espressione quasi suina che sottolineava la fama che lo accompagnava, ossia quella di porco depravato della serie: basti che respira!
Quel giorno partimmo che non era ancora l'alba. Mi venne a prelevare lui a casa con il mezzo aziendale. Quando mi ci sedetti accanto, prima di partire, mi scrutò dalla testa ai piedi con un'espressione ironica. In quel periodo portavo i capelli lunghi castano chiaro, ero molto magro, alto 1.70 e non avevo un pelo in viso e nel corpo. Fu questo mio aspetto effeminato, pur essendo io un eterosessuale, ad attirare la sua attenzione nei miei confronti, da prima con la tipica ironia machista, poi, via via durante il viaggio, quella sessuale a conferma della sua fama.
Infatti, durante il viaggio, per rompere il ghiaccio, colloquiammo prima su cose attinenti il lavoro e poi prendendo a pretesto di avermi rivelato di essere vedovo da un po', Mimmo fece cadere l'argomento sulla mia vita privata. Senza preamboli, diretto, mi chiese se mi piacessero le donne e nel caso se avessi una ragazza. Questa sua curiosità così brutale, a quell'epoca che ero molto timido e remissivo, mi mise parecchio in imbarazzo. Comunque gli risposi di si, ma che una ragazza al momento non ce l'avevo. Quindi sempre senza alcun riguardo, da gran porco, mi chiese se per ovviare alla mancanza mi facessi le seghe e quante al giorno. Arrossì ancor di più e stavolta non risposi. Il mio imbarazzo lo fece scoppiare a ridere. Dopo di che mi rivelò che lui se ne faceva almeno due al giorno perchè la vedovanza è dura da sopportare.
Quando arrivammo sul posto, in tarda serata, Mimmo mi disse che aveva già prenotato una pensione che lui conosceva bene in quanto la utilizzava in tutte le volte che per lavoro o altro veniva in quella città. Si trovava in un quartiere non molto sicuro nei pressi della stazione e quando entrammo notai che era molto fatiscente. Alla reception c'era una donna grassa, circa della stessa età del mio collega, dal trucco e dai modi pesanti e volgari. Constatai come con Mimmo si conoscessero bene dalla battuta che gli fece come mi vide con lui squadrandomi dalla testa ai piedi: “Ah bene! Stasera si cambia genere! Stasera con il finocchietto a seguito. E bravo Mimmo, giusto! Ogni tanto bisogna trovare un diversivo alla figa (risero entrambi sguaiatamente). Comunque se il diversivo non ti convince e vuoi tornare al classico, al solito salgo io, basta che alzi il telefono tesoro!”
Mimmo rise in tono di assenso e così salimmo in camera. Appena entrammo e l'uomo accese la luce, rimasi stupito. C’era solo un letto matrimoniale. Chiesi spiegazioni e lui, sempre con quell'atteggiamento ironico, mi disse che al momento della prenotazione non c’erano camere a letti singoli disponibili. Poi notando la mia ritrosia all'idea di dover condividere il letto con lui, si fece serio e con crudezza mi disse che non mi stava bene potevo sempre prendere il primo treno e tornarmene a casa, che avrebbe avvertito la ditta che a sua volta avrebbe assunto un altro al posto mio.
Rimasi spaventato dalle sue parole. Così senza fiatare ulteriormente iniziai a sistemare le mie cose nell’armadio. Presi solo gli accessori per fare la doccia e dopo, vista l'ora tarda, mi misi a letto. Nel frattempo Mimmo era sceso per i documenti e per prendere qualcosa da mangiare.
Essendo il mese di giugno faceva molto caldo, così mi coricai solo con le mutandine ed una canotta leggera. Intanto il collega rientrò in camera. Nonostante stessi per addormentarmi, stanco per il lungo viaggio, mi accorsi che si bloccò a guardarmi come se al posto mio avesse visto una bella ragazza seminuda distesa nel suo stesso letto. Chiusi gli occhi facendo finta di essermi davvero addormentato. Lui si sedette lentamente sul bordo del letto, come a non volermi svegliare, e iniziò ad accarezzarmi lentamente una gamba fin sulla coscia arrivando a sfiorarmi il cazzo dentro le mutandine. Fingo di essere stato svegliato e a quel punto Mimmo, tenendo sempre la mano accanto al mio cazzo e con un espressione arrapata, mi dice: “Togliti ste mutande! Voglio vedere come sei messo li sotto!”
Io, deglutendo terrorizzato, provai una timida opposizione: “No Mimmo, ti prego. Non voglio...”
“Quello che vuoi o non vuoi, non me frega 'ncazzo! Se vuoi mantenere questo posto, tu fai quello che voglio io! E io voglio che ti togli ste cazzo de mutande, muoviti o ti faccio licenziare!” mi rispose con gli occhi iniettati di sangue.
Così tremando obbedii. Non appena il mio cazzo fu nudo, il porco si mise prima ad accarezzarmelo, procurandomi un'erezione, poi si chinò ed iniziò, fra grugniti e sbavando, a leccarmelo, dicendomi che lo arrapavo perchè parevo e profumavo di femmina, poi me lo succhiò arrivando a farmi sborrare, per poi lasciarmi steso immobile sul letto, mentre veloce si andò a chiudere in bagno probabilmente a farsi una sega. Impietrito e sconvolto per quanto avevo subito, trovai comunque la forza per ripulirmi dalla sborra e, sebbene a fatica, mi addormentai.
La mattina quando mi svegliai, Mimmo era già vestito che mi guardava ai piedi del letto con la solita espressione ironica. Senza dire una parola, nemmeno buongiorno. Pensai per un attimo che quello che era successo la sera prima fosse stato solo un brutto sogno, invece, sempre dalla sua espressione compiaciuta e sfottente attirata dall'erezione mattutina che si intravedeva dalle mie mutande, realizzai che mi aveva abusato davvero.
Così mi alzai, mi lavai veloce e mi vestii di fretta. Scendemmo quindi fare colazione in sala, dove notai che oltre noi due c’erano solamente altri quattro uomini. Sembravano muratori rumeni. E lì mi venne più che un dubbio sulla nostra camera. Ebbi la forte impressione che Mimmo mi aveva mentito dicendomi che le stanze a letti singoli erano tutte occupate. In realtà quello era solo un espediente per avermi nel suo stesso letto.
Mentre realizzavo tutto questo, arrivò un cameriere di origine marocchina si chiamava Said , che in un italiano stentato salutò Mimmo. Mentre ci serviva la colazione scambiò con lui quattro battute a doppio senso sulla mia effeminatezza, ulteriore prova che in quella pensione il collega era di casa.
Finimmo la colazione e andammo alla filiale presso il quale dovevamo svolgere il nostro al lavoro. Mimmo, che ormai aveva sgamato la mia remissività, per tutta quella giornata mi dominò senza pietà, rimproverandomi al mio minimo errore, ma soprattutto quando mi bloccavo perchè nella mia mente rivedevo il film dell'abuso subito la sera prima.
Tra ordini e rimproveri la giornata passò veloce. Rientrati alla pensione ci lavammo e poi scendemmo per cenare. A servirci a tavola stavolta fu la donna grassa, che poi capii essere la proprietaria della pensione, che, tra una portata e l'altra, alla solita maniera triviale e volgare si mise a scherzare con Mimmo che non era da meno, allungandole le mani sul culo e sulle tette. Io fortemente imbarazzato, dovevo pure subire le allusioni scurrili della donna che continuava a darmi del finocchio.
Finito di cenare risalimmo in camera. Feci la doccia per primo, per poi mettermi a letto a guardare un po di tv, mentre al bagno c'era lui. Dopo un po’ Mimmo uscì in accappatoio, venne a letto, se lo sfilò davanti a me senza alcuna forma di pudore. Io rimasi shoccato. Era nudo, peloso con peli mezzi bianchi e sotto al pancione aveva due palle enormi penzoloni con un cazzo che da moscio aveva una circonferenza di una banana con la cappella sporgente che sembrava un fungo. Feci finta di non guardare girandomi dall'altra parte, ma con la coda dell'occhio vidi che lui invece mi guardava arrapato e per questo iniziò a masturbarsi. Dopo pochi secondi gli divenne dritto e duro da sembrarmi ancora più enorme! Capii subito che si stava preparando ad abusarmi ancora.
Infatti, mentre stava coricato a gambe divaricate e accarezzandosi il cazzo teso, non disse una parola, mentre i minuti passavano. Poi improvvisamente girò lo sguardo verso di me, mi tolse di forza il telecomando dalle mani, spense la tv e mi disse sprezzante: “Invece di tenere in mano il telecomando, prendi il mio cazzo, brigati!”
Alla mia titubanza a toccarlo, mi afferrò lui la mano di forza e me la mise sul cazzo, ordinandomi: “Ti ho detto prendimi il cazzo e segami! Ubbidisci!”
Avevo così il suo cazzo stretto nella mano. Era durissimo. Ma tentavo ancora di resistergli non segandolo come pretendeva. Così si arrabbiò, mi prese per i capelli e mi costrinse a venire verso di lui. Una vota sopra la sua pancia grassa e pelosa, mi immobilizzò e iniziò strattonarmi come fossi una bambola, facendomi male.
A quel punto lo supplicai di lasciarmi andare che mi stava facendo male, Gli chiesi che intenzioni avesse con me, che non volevo fare sesso con lui. Ma per tutta risposta mi arrivarono due ceffoni violenti. Mi strattonò nuovamente facendomi ancora male. Io mi resi conto di essere sopraffatto dalla sua forza, di non avere scampo, smisi di ribellarmi e accettai il mio destino.
Lui, notando soddisfatto la mia resa, mi guardò e scoppiò a ridere. Poi, sempre tenendomi per i capelli, mi disse: “Vedemo mpò se Teresa (la donna grassa di prima) ha ragione a dire che sei un finocchietto! E comunque anche se non lo sei so' arrapato e ho voglia de sfogarme er cazzo...e anche se non vuoi, me lo sfogo con te! Anche perchè meriti de essè punito in quanto hai cercato di ribellarti a me!”
Cercai di obiettare, ma mi arrivò un altro ceffone e una minaccia chiara: “ Ah allora non se semo capiti! Ascolta frocetto, ti ho già detto ieri sera che se ti vuoi tenè il lavoro, da adesso tu farai tutto quello che voglio io, oppure prendo e chiamo il capo e ti faccio licenziare subito, chiaro!?”
Non dissi più nulla. Ero impietrito dalla paura. Sentivo ormai che ero di sua proprietà. Poteva farmi quello che voleva e infatti mi disse, al solito, senza troppi giri di parole: “Da questo momento in poi, quanno non lavoramo,me devi chiamà padrone! Tu adesso sei il mio schiavo...anzi la mia schiavetta! E tutto quello che ti faccio deve restare un segreto da portare nella tomba o altrimenti sò cazzi amari per te che questo bel contratto nuovo da definitivo, ci potrai fare la carta igienica, hai capito!?”
Annuii terrorizzato, non solo per la sua forza fisica, ma perchè avrei rischiato il lavoro se mi fossi ribellato ancora. Che sarebbe significato non poter onorare il debito dell’auto ed in più il disonore con mio padre che aveva fatto tanto per farmi entrare in questa ditta, per cui non c'erano altre strade che assecondarlo.
Così dopo l’ennesimo strattone di capelli gli dissi: “Si padrone, sarò la sua schiavetta!”
A quel punto Mimmo mi fece un sorrisetto maligno di soddisfazione, con l’altra mano mi abbassò le mutandine e mi prese il cazzo in mano. Quindi scoppiò nella sua solita grassa risata da porco e mi disse: “Ma cosa ce vuoi fà de sto cosino qua? Non ti vergogni? Finocchietto e sei anche minidotato!”
Così mi prese pure i coglioni e mi strizzò il tutto con forza facendomi un male cane, ma le mie urla nella stanza furono coperte dalla sua risata volgare da gran porco.
Quindi smise di ridere mi guardò con un ghigno perverso e mi disse: “Adesso te faccio assaggià un cazzo vero!”
Così tenendomi ancora per i capelli mi abbassò la testa fino al suo cazzo in erezione, violaceo pieno di vene molto grosse, che svettava in mezzo a quei peli grigioneri, con la cappella enorme sgusciata. Mi ci spinse la faccia sopra strusciandomelo sul viso. Con due dita mi prese per le narici costringendomi ad aprire la bocca e me lo spinse dentro con fatica per quanto era grosso. Quindi iniziò a scoparmi la bocca lentamente insultandomi: “Prendimelo frocetto! Così si! Finocchietto del mio cazzo! Si si, così...tutto in bocca, in bocca bastardo! Ecco vai così puttanella di una schiavetta, fai godere il tuo padrone!”
Mimmo continuava quel movimento lento e inesorabile, spingendo il suo cazzone sempre più in fondo, fino alla gola arrivando al punto di procurarmi conati di vomito. Ma non aveva pietà, anzi continuava senza preoccuparsene. Dopo un po mollò la presa dal naso, consentendomi di respirare meglio visto che avevo la bocca totalmente ostruita dal suo cazzo, ma con la mano era sceso sul mio culo accarezzandolo, dicendo: “Che culetto liscio da troia che hai! Uhmmm...che voglia di sfondartelo! Cazzo! Mi stai facendo diventare più porco di quello che sono!”
Così aumentando il ritmo della scopata, premendomi la testa come un pallone da basket, lo sentii grugnire da suino mentre mi teneva bloccato con il suo cazzo in gola. Fino a che iniziai a sentire in bocca arrivare gli schizzi violenti, ma continui, del suo sperma caldo bollente in una quantità enorme che mi fuoriusciva dalla bocca e non riuscivo ad ingoiare tutto.
Soddisfatto, si lasciò andare trionfante alla solita ristata triviale. Aspettò che il suo cazzo si afflosciasse nella mia bocca, lo uscì lentamente e poi mi ordinò di ripulirlo per bene con la lingua dallo sperma che non ero riuscito ad ingoiare. Obbedì senza fiatare anche se quel sapore acre mi disgustava, ma non avevo scelta.
Finito, sempre come fossi un pupazzo con cui ci si stanca a giocare, mi scaraventò sulla mia parte di letto e mi disse: “Brava la mia schiavetta, come inizio non c’è male ma vedrai che imparerai presto a soddisfarmi come si deve! Che ne dici eh!?”
Io come in trans risposi: “Sì padrone farò del mio meglio, come vuole”
Poi, appena mi accorsi che Mimmo rilassato stava per prendere sonno, corsi in bagno per una doccia purificatrice. Tornai al letto rassegnato al mio nuovo ed inaspettato ruolo di schiavo sessuale di un porco, che osservai lì steso a letto, nudo e grasso, che sembrava un tricheco spiaggiato, che intanto si era definitivamente addormentato.
Fine 1^parte (sottomesso1966@gmail.com)
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Il giovane "selvo" italiano 2^parteracconto sucessivo
Trasferta di lavoro molto particolare 2^parte
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