La gatta e il lupo

di
genere
etero

LA GATTA E IL LUPO

Premessa:
"Ci sono persone che arrivano nella nostra vita per caso, che ci sembrano fatte solo per amare, in grado di sorprenderci e di regalarci parole che ci fanno star bene; ci sono persone che non avevamo scelto di incontrare, ma che ci sembra di aver sempre voluto, e che capitano proprio quando non credevamo più, quando non amavamo più, quando avevamo quasi deciso di vivere ad occhi chiusi; ci sono persone che forse entrano nella nostra vita solo per regalarci un po' di speranza, per renderci migliori, per ascoltarci e prendersi cura di noi, senza desiderare altro; ci sono persone che ci fanno sognare, che hanno l'energia della vita dei nostri giorni migliori, che amano starci accanto per sentirci respirare al loro stesso ritmo, senza chiedere nulla in cambio, nulla di materiale, di tangibile, di alienabile, di già visto o sentito dire; ci sono persone che solcano il nostro destino per il solo fatto di esserci entrate inaspettatamente, per aver scelto forse il momento meno adatto per noi, ma di sicuro irripetibile ai nostri occhi; ci sono persone che non potremo mai dimenticare, che ovunque andremo saranno sempre con noi, che cercheremo fin nelle piccole cose, nei profumi portati dal vento, all'alba in aperta campagna, laddove la natura risveglia i sensi e i ricordi si fanno più forti; ci sono persone dalle quali non occorre difenderci, perché facevano già parte di noi prima ancora che incrociassero i nostri passi, e che non dobbiamo mai smettere di cercare ancora, perché quelle persone fanno bene al cuore!

Dal web."




Attenzione: questo NON è un racconto di fantasia. Tutto quello che è successo è avvenuto realmente pochissimo tempo fa. Sto scrivendo tutto questo per inciderlo con profondi solchi nella mia memoria e nella mia anima prima di perderne anche solo una briciola, molto più che per condividerlo con chiunque altro. Se volete segarvi andate direttamente al Capitolo 4. Se, invece, volete realmente vivere la mia storia di un paio di giorni fa assaporandone ogni attimo, se volete capire come si seduce una donna, seguite molto attentamente tutto quanto. Dedicategli del tempo.
Buona lettura.

Capitolo 1

“Ci sono momenti in cui mi chiedo come sarebbe la mia vita se facessi veramente ciò che voglio, qualcosa di pazzo che mi renda davvero felice.” Questo è quello che da un po’ rimbomba nella mia testa. È un periodo molto strano: passo da momenti belli a momenti in cui vorrei sparire perché sento che questa vita non fa per me; vorrei per una volta fare qualcosa per me stessa, ma lavorare per la famiglia significa anche sacrificio e dedizione.
Lavoro con i miei genitori nel bar che hanno voluto comprarmi per iniziare la mia attività, non tenendo conto del fatto che non era quello che avrei voluto fare. Ma mi adeguo.

Immersa nei miei pensieri sento il cellulare squillare.
*Nuova richiesta di messaggio di Facebook*
Curiosa come non mai apro il messaggio.
“Ciao, hai messo mi piace ad un post che ho pubblicato su un gruppo, quindi sono venuto a fare un giro sul tuo profilo, e niente. Mi sono innamorato di te. Quando ci sposiamo?”
Incomincio a ridere come una scema, è la cosa più strana e bella che una persona potesse scrivermi. Presa dalla curiosità vado a fare anch'io un giro sul suo profilo, ma non accetto né la richiesta del messaggio, né l'amicizia.
Noto che è un bel ragazzo, terroncello, sì, ma un bel ragazzo.
“AURORA, I CAFFÈ!” sento le urla di mia madre dalla cucina.
“SÌ MA’, SUBITO!” poso il telefono sorridendo ancora pensando al messaggio che ho letto.

Passano 2 giorni e, sinceramente, mi accorgo di essermi quasi scordata del messaggio quando riaprendo la chat lo rivedo. Così decido, spinta da una curiosità irrefrenabile, di accettare.
“Ciao. Non saprei, tu che giorno sei libero?”
Rido pensando a quanto posso essere scema.
Risponde: “Domani sera?”
“No, domani gioca la Juve.”
Beep* “E deve perdere.”
“Neanche ci siamo sposati e già voglio il divorzio!”
Beep* “E io che volevo predisporre i documenti per farci seppellire vicini…”

Questo è matto, penso, completamente matto.

Iniziamo a messaggiare come due ragazzini e a ogni risposta sento il mio sorriso espandersi sempre più, mentre la lampadina che pensavo fosse spenta dentro di me inizia pian piano ad accendersi.
La mia curiosità non ha più freno, e penso che lui se ne sia accorto.
Mi sta corteggiando, sta provando ad entrare nella mia testa, e temo ci stia riuscendo.
Le uniche cose che so di lui sono che si chiama Ettore, che è un Barese che vive a Roma ma che attualmente si trova a Novi Ligure. Quando gli chiedo qualcosa in più sul suo conto mi risponde: “Eh, questa è una bella domanda. Dammi il tuo numero, così ti rispondo su Whatsapp!”

Muoio. Muoio letteralmente dalla voglia di dargli il mio numero di telefono, di premiarlo per la sua sfacciataggine. Ma sento di voler giocare ancora un po’. Così rilancio: “Facciamo così. Tu mi scrivi il tuo, così se io sono interessata alla risposta ti scrivo.” In realtà adesso non so proprio che aspettarmi: se ora mi desse banalmente il suo numero, probabilmente ci resterei anche un po’ male. Il tipo dall’altra parte dello schermo sta creando delle aspettative piuttosto alte.

“Il bello di incontrare persone come te”, mi risponde, “è che si comportano sempre in maniera imprevedibile e stravagante, ma questo è un lavoro a tempo pieno.” Sta scrivendo… “Tu sei una bomba. E sappi che questo non è il classico complimento banale che ti fa il tipo che ti paga da bere per comprarti, magari mentre ti dice che hai degli occhi stupendi. Intendo dire che sei letteralmente una bomba, nel senso che in te ho visto la miccia attivare la detonazione finale. Sei gnocca, senza quello non saresti esplosa, ma se non sei anche interessante ai miei occhi ti spegni come un fiammifero. Per ora sembra che tu vada alla grande, vediamo quanti kilotoni hai. Ecco a te il mio numero.”

Non posso resistere.

“Ora voglio una spiegazione.” Invia.
*Beep* “Chi sei?” Lì per lì decido di non rispondergli, così mi riscrive lui. “Scema, guarda che stavo scherzando! Come potrei dimenticarmi di te?” Iniziamo così a messaggiare più intensamente e acquisisco un’informazione in più: è un finanziare.
Qui parte un suo monologo, seppur comico e divertente, su come secondo lui potrei comportarmi sapendo che fa parte delle forze dell'ordine, insinuando che il mio rapporto con lui ora potrebbe cambiare. Ma lo blocco all'istante.
“Senti, non me ne frega più di tanto se sei un finanziere, per me sei un semplice ragazzo con cui sto messaggiando… e mi sto anche divertendo parecchio, aggiungerei.”
Beep * “Perfetto”
Conversiamo intensamente per tutta la serata e lui sembra conoscere cose di me che so solo io; cose sul mio carattere, sul mio modo di essere. È bellissimo, però mi si chiudono gli occhi e non riesco a rimanere sveglia a lungo; ci salutiamo.

*Beep “Buongiorno!”
“Buongiorno a te, come stai?”
*Beep “Bene grazie.”
Ma quella che fin qua sembra essere una conversazione normalissima ci catapulta in un nanosecondo a ritrovarci marito e moglie, in un gioco di ruolo in cui ora io l’ho tradito con il mio istruttore di Tennis e lui ha tradito me con la mia migliore amica, ora aspettiamo un bambino e lui mi ama da impazzire… i messaggi più stupidi e belli che potessi scambiare con uno sconosciuto! Ma la cosa sconvolgente è che Ettore sembra tutto fuorché un estraneo: è come se ci conoscessimo da sempre, come se il destino stesso ci avesse voluti conoscere. Mi rendo conto che mi sta entrando nella mente e sospetto che non ne uscirà facilmente, anzi non so neanche se vorrò mai farlo uscire. Mi sta prendendo in tutto, ha acceso ogni cellula del mio corpo. Voglio sentirlo sempre. Voglio che continui a stuprarmi la mente.

Come nessuno ha mai saputo fare.

Inizio a pensare seriamente che questo ragazzo mi lascerà un segno.

Capitolo 2

Sono praticamente quasi 15 ore che messaggiamo ininterrottamente e a tratti ci spingiamo oltre i canoni di una normale ed educata conversazione tra conoscenti; le battute e i doppi sensi dilagano e io non vedo l'ora che mi risponda ogni volta che gli scrivo. Ma è l’ora del lavoro.

“Ettore inizio a lavorare, ci sentiamo quando stacco. Un bacio!”
“Aspetta, sta sera sei libera?”
“No, sono ad una laurea.”
“Ti consiglio di tornare a casa per mezzanotte. Voglio fare un gioco con te. Buon lavoro.”

Questo messaggio mi ha sconvolta. Non posso esserne sicura, ma il suo piano ha tutta l’aria di essere qualcosa di estremamente spinto, e questo mi ha eccitata… tanto che mi rendo conto di essere talmente bagnata che potrei riempire un lago.
Come può essere che il messaggio di uno sconosciuto mi abbia fatto questo effetto?
Dannazione! Vorrei tanto tornare a casa dopo la chiusura del bar... e fanculo la laurea!
Ma ci devo andare per forza. Che palle!



Quelle della festa sono le 3 ore più lunghe delle mia vita, ma con molta fortuna e altrettanta pazienza passano. Sono esattamente le undici e mezza: quando arriverò a casa sarà mezzanotte. A ripensare al gioco che mi aspetta al mio rientro mi si inturgidiscono i capezzoli.


Beep*
Ettore: “Sei a casa?”
Aurora: “Ora”
Ettore: “Appena sei nel letto scrivimi.”
Aurora: “Ci sono.”
Ettore: “AURORA. Questo è un gioco di fiducia. Da adesso tu non stacchi gli occhi dallo schermo a meno che io non ti dica di fare diversamente. Chiaro?”
Aurora: “Chiaro.”
Ettore: “Mi piace come hai risposto, questo è il modo corretto di rispondere. Da ora fai tutto quello che ti dico io. Le tue mani sono le mie mani, chiaro?”
Aurora: “Chiaro.”
Ettore: “Se io non ti scrivo, tu comunque tieni gli occhi incollati sullo schermo. Chiaro?”
Aurora: “Chiaro.”
Ettore: “Per ora ti stai comportando bene. Ultima domanda. Vieni meglio da dentro o da fuori?”
Aurora: “Fuori.”
Ettore: “Perfetto. Ti ricordo che adesso tu non hai più possesso delle tue mani, quelle sono mie. La posta in gioco è un tuo video fatto bene: se questo gioco ti piacerà abbastanza da ritenerlo opportuno ti impegnerai a ripagarmi. Sai esattamente di cosa parlo. Incominciamo.”

Sto letteralmente impazzendo dall’eccitazione.

Ettore mi manda questi messaggi uno alla volta, permettendomi di eseguire assaporando il ritmo di quanto mi scrive. Le pause, le attese. Non mi sono ancora toccata la figa, ma so perfettamente di essere bagnatissima.

“Io ora sono lì con te.

Sono nella porzione di letto che mi spetta.

E sto guardando quanto fottutamente bella tu sei.

In questo momento ho la mia bocca che sta sfiorando il tuo orecchio.

Quello che ti dico te lo sto sussurrando intimamente, in maniera così delicata che lo senti solo se sei concentrata e sensibile.

Il mio naso è a contatto con il tuo orecchio, e mentre ti parlo tu puoi sentire distintamente l'aria tiepida che ti colpisce la pelle come un pugno nello stomaco.

Il mio corpo è spalmato contro il tuo.

E mentre io mi gusto le tue rotondità, tu senti la mia prepotenza prendersi i suoi spazi conto di te.

Adesso le nocche della tua mano...

Della MIA mano…

Salgono fino alla tua guancia sinistra.

Ti accarezzano dolcemente dallo zigomo fino al mento, sfiorano la tua bocca, ma anche se vorresti baciarle loro non si fanno prendere…”

Cazzo, sento un rumore! Oddio, è la porta di ingresso!

Aurora: “Ti blocco, non posso più continuare è arrivata mia sorella a casa e dormiamo nella stessa stanza.”
Ettore: “Non c'è un modo per continuare? Vorrei davvero farti provare questa esperienza.”
Aurora: “Sappi che sono completamente bagnata e non so neanche come farò ad addormentarmi.”
Ettore: “Mi costringi a venire da te. Ho già capito che sta sera non si riesce a far niente. Buonanotte.”


Lui non è arrabbiato, le sue faccine mi hanno calmata. Ma io lo sono, come se fosse colpa mia se sto in camera con mia sorella.

Mi giro ancora eccitata e provo a dormire, ma mi ritrovo a pensare a lui nella porzione di letto che gli spetta, alla prepotenza del suo corpo spalmato contro il mio, alle nocche della sua mano che…

Capitolo 3

"AURORA È TARDI SVEGLIATI"

Cavolo, è già mattina! Tra il nervoso e il mal di stomaco, stanotte ho dormito malissimo; so già che sarà una giornata di merda.

Beep* “Buongiorno.”

Mi verrebbe da scrivergli: “Buongiorno un cazzo.”

Ma lascio correre.

“Buongiorno, sono al lavoro ci sentiamo dopo.”
“Buon lavoro, a dopo.”




“Sto male, oggi penso di morire” non so perché glielo mando, ma ho bisogno di lui.

“Cos'hai?”

“Mal di stomaco, è da stanotte che non sto bene. Sono al pronto soccorso.”

“O cazzo, cosa ti hanno detto? Ti hanno fatto le analisi? Ti hanno già visitata?”

Cavolo, sembra seriamente preoccupato.

“Sì, mi stanno visitando. Hanno detto che può essere un principio di gastrite… Ora sto prendendo dei medicinali, poi mi mandano a casa.”

“Credimi, se non fosse stato altamente impossibile avrei preso la macchina e sarei venuto a trovarti al pronto soccorso. Purtroppo non si può… Rimettiti, piccola, ti sono vicino. Fammi sapere quando sei a casa anche se sto dormendo.”


Questa volta, tornata a casa, subito dopo essermi spogliata e messa nel letto mi addormento velocemente.





“Aurora come ti senti? Riesci ad alzarti?”
“Si mamma, ora mi alzo”


Prendo il telefono in mano e ci sono 3 messaggi da parte di Ettore
“Volevo dirti che non riesco a dormire...

È un'ora e mezza che mi giro nel letto e penso a te.

E niente, dovevi saperlo, questo.”

Sono felice… Sto sorridendo come una bambina e sono felice.

Quando lo contatto e gli chiedo come sta, però, ottengo una risposta secca. Mi dice che si sente strano.

“In che senso strano?”
“Nel senso che dopo il lavoro vorrei tanto tornare e trovarti a rompermi i coglioni su quanto rompicoglioni siano stati i clienti al bar. Vorrei non dover incastrare l'agenda per poterti vedere. Vorrei essere il tuo vicino di casa per venire a suonare il tuo campanello, sbatterti al muro, prenderti a schiaffi sul culo e poi godermi le meritate coccole.
Voglio metterti il cazzo in bocca.
Questo mi fa sentire strano. E maledico la vita che faccio e che mi impedisce di incontrarci. Però poi mi rendo conto che se non avessi avuto questa vita, se non avessi avuto il tempo per stare totalmente solo in camera in un posto di merda come questo non mi sarei venuto a fare un giro sul tuo profilo e non ti avrei chiesto di sposarmi. Quindi va bene così. Se ci incontreremo mai in futuro non perderemo l’occasione per recuperare tutto questo, per ora saremo solo l’occasione che non abbiamo potuto cogliere, e ognuno di noi continuerà la sua vita normalmente, come facevamo prima di sapere l’uno dell’esistenza dell’altro.”

Non ci credo… Sta andando tutto in fumo… Mi sento persa! Ettore sta davvero scivolando via dalle mie mani e temo proprio che non riuscirò ad afferrarlo in tempo. Ora ho voglia di vederlo, voglio sentire il suo profumo, voglio sentirlo sopra e dentro di me, lo voglio, lo desidero, bramo la sua pelle.

“Io vorrei vederti,” gli rispondo, “ma non credo di poter gestire la cosa… Sarebbe più facile se il mio cellulare squillasse e tu mi dicessi che sei qui a La Spezia…”

Beep* “Senti, Aurora, così non può funzionare. Non fa niente, davvero. Non ce l’ho con te. Stasera alle otto ci sentiamo e cerchiamo quantomeno di finire il gioco che abbiamo incominciato l’altra sera. Non prendere altri impegni. Stasera sei mia. E poi forse le nostre strade si rincontreranno.”
“Va bene. Alle 20 sono tua.”





Io sono qui ad aspettare un suo messaggio. Non so cosa davvero succederà: non riesco a decifrare l’ultima cosa che mi ha scritto, non capisco se fosse un segnale per dirmi che stasera mi farà una sorpresa o se davvero ha gettato la spugna…

Ore 19:00.
Beep* “Tra un’ora sono da te. Preparati.”

Oddio, sta succedendo davvero. Sto perdendo ogni contatto con la realtà, mi ritrovo in un universo parallelo, probabilmente sto vivendo la vita di un’altra persona. Ti voglio, Ettore. Non resisto più.

Sento il telefono squillare.
È lui: ormai dovrebbe essere arrivato, scendo di casa velocemente.


Sono in ansia, in panico. E allo stesso tempo ho un’eccitazione dentro tale che penso di aver rovinato le mutandine in pizzo che ho indossato per l’occasione.

Beep* “200 metri e sono da te.”

Ecco, ora realizzo. Sono veramente spaventata: non so cosa può capitarmi, ho accettato di uscire con uno sconosciuto… uno sconosciuto che, santo dio, mi conosce meglio di quanto io stessa conosca le mie tasche; uno sconosciuto che dai primi messaggi mi ha accesso quella lampadina che tenevo spenta da anni.
Eccolo davanti a me con il suo macchinone nero.
Mi fa cenno di salire; sorride, come se non avesse il benché minimo dubbio che io davvero farò questa enorme pazzia. Cazzo, certo che salgo, senza pensarci!

Ma che cazzo mi dice la testa? Sto salendo in macchina con uno sconosciuto! AURORA, ma cosa fai? Non riesco neanche a concretizzare realmente questo pensiero: il mio corpo è già in macchina, sono seduta con la cintura allacciata.

"Tu sei completamente Matto." Ecco come esordisco. Bene, Aurora, un ciao non ti piaceva? Ma questa è l'unica cosa sensata che potessi dire, in questa situazione.
“Ciao.” Sorride. Sorride mentre mi guarda e mi spoglia con gli occhi. Sorride mentre poggia con sicurezza la sua mano sulla mia coscia.

“Non provare a baciarmi,” mi dice.
“Ma chi ti vuole baciare?!”
“Tieni,” ordina dandomi il suo cellulare, “indicami la strada. Alle 20.30 dobbiamo essere in hotel.”
Questa autorità… Senza chiedere nulla, lui pretende. Questo mi fa allagare ulteriormente le mutandine, mentre il suo sorriso mi tranquillizza e riesce a domare le mie paure.
Senza obiettare prendo il telefono.
“Gira a destra, ora diritto.” Tra un' indicazione e l’altra lo guardo intensamente, ma di nascosto. Se i nostri occhi si incrociano non riesco a non distogliere lo sguardo. So che sembra sciocco, ma lo trovo sexy, molto sexy. Ed elegante. Indossa un cappotto beige e, al di sotto di questo, una giacca blu con chiusura lampo e una camicia azzurra. Il gioco di contrasto che i suoi pantaloni color panna e il cappotto creano con il blu della giacca e delle scarpe scamosciate evidenzia i lineamenti duri ma sereni del suo volto: occhi marroni, capelli e barba neri, curati, carnagione rosata e sguardo deciso.
È fottutamente bello.

Parcheggiamo e nella strada fino all’albergo mi prende la testa fra le mani, mi fissa e avvicina il suo volto al mio. Posso sentire il suo alito fondersi con il mio, schiudo le labbra pronta ad accoglierlo, chiudo gli occhi. Ma lui si tira indietro ridendo e mi prende in giro: “Ehi, calma! Non così di fretta,” mi rimprovera. La tensione è alle stelle, al punto che rischio di inciampare due volte nell’atrio dell’hotel. Muoio di imbarazzo, ma lui sembra piacevolmente divertito. Mi cinge le spalle con un braccio e mi scompiglia i capelli: “Stasera tornerai a casa totalmente scomposta e disordinata,” mi sussurra in un orecchio.

Capitolo 4

E poi succede: in ascensore mi bacia; un bacio fottutamente bello, il bacio che ho sempre desiderato ricevere, un bacio prepotente, un bacio di desiderio e cupidigia, un bacio che significa: sei mia, ora, e non ti lascerò andar via facilmente.
Si aprono le porte dell'ascensore ed entriamo nell’hotel. Pur essendo io della città non avevo mai visto un hotel così bello. Entriamo in camera; studio il mini corridoio e mi rassegno al fatto che l’unica via d’uscita è alle mie spalle. Con sollievo realizzo che quella è una strada fuori discussione.
Penso subito a come deve essere comodo il letto; il bagno bello e grazioso, la televisione con lo sfondo delle cinque terre, il gioco di luci che si crea nella penombra di una abat-jour… sembra tutto troppo bello per esser vero.
È un istante. Ettore mi sbatte contro il muro, occhi negli occhi, e affonda nuovamente la sua morbida lingua dentro la mia bocca.
Voglio che mi baci così tutta la notte, le sensazioni del mio corpo mi fanno un po’ paura, sento le gambe cedere ad ogni suo piccolo tocco.
Ci togliamo i giubbotti e lui mi lancia violentemente ma con cura sul letto: ora sono a pancia in giù mentre lui è sulla mia schiena e sento tutto il suo peso sul mio corpo. Mi sussurra che dovrò togliere gli orecchini, altrimenti non potrà mordermi l’orecchio.
Mi gira, mi toglie la maglia e rimango in reggiseno e in jeans.

Provo a parlargli e lui me lo concede. È come se io gli chiedessi il permesso anche per respirare, non tanto per vedere soddisfatte le mie richieste, quanto per godere della sua padronanza, del suo dominio, della sua facoltà di scegliere cosa posso e cosa non posso fare solo sulla base del suo volere.
Il suo sguardo lascia intendere che mi desidera, che vuole farmi sua. E io voglio essere sua.

Voglio che si sbrighi, ma allo stesso tempo mi sto godendo ogni ticchettio di attesa scandito dall’orologio che mi cinge il polso e che vorrei si fermasse.
Ora vuole giocare con me.

Mi toglie il reggiseno con un tocco solo, un colpo da maestro; sembra uno di quei giochi di prestigio che mi lasciavano a bocca aperta da bambina. Mi ritrovo a chiedermi quanti reggiseni abbia slacciato prima del mio e mi accorgo che non è una domanda spaventosa: non mi interessa quante donne abbiano giaciuto con lui fino ad ora. Ciò che mi interessa davvero è che qui e ora io sia il fulcro della leva dei suoi desideri, il centro gravitazionale delle sue attenzioni.
Mi sfila i jeans e io gli sbottono lentamente la camicia, levandogliela con cura e riponendola nell’armadio, appesa e ordinata.
“Sai,” gli confesso, “io ho sempre amato le camicie da uomo.” Sento il suo sguardo sulla mia schiena mentre mi allontano dal letto.
“Fai bene a tenerci a quella camicia,” ribatte con malizia.
Mi rimetto a letto, mi sdraio a pancia in su e lui mi sussurra: “Ora tu tieni la bocca aperta e non ti muovi finché non te lo dico io.” Annuisco mentre la sua mano destra preme sulla mia gola, quasi interrompendo il mio respiro. Mi sta torturando, e questo gioco di dominatore e sottomessa mi eccita.
Adesso sento la sua mano andare su e giù sul mio ventre mentre Ettore mi passa la punta della lingua sulle labbra, assaporandola come se fosse la mia vagina. La sua mano si posa sul mio ventre e pian piano scende, ma non arriva a toccarmi il clitoride: ogni volta che gli si avvicina, proprio mentre io spero che ci sia anche solo un contatto fugace tra la sua pelle e il mio piacere, immediatamente cambia direzione e si allontana, ora sfiorando le labbra della mia vagina con i polpastrelli, ora massaggiando il mio monte di venere. Cazzo, vuole farmi impazzire.
Istintivamente lo bacio, e proprio mentre lo faccio so che non avrei dovuto. Mi dà uno schiaffo, come disapprovazione per il comportamento irrispettoso che ho tenuto.
“Ti ho forse detto di baciarmi?”
“No.”
“Ecco, allora ferma.”

Obbedisco.

Sento nuovamente la sua mano ma, proprio mentre inizio a rassegnarmi alla tortura e alla pazienza, le sue dita entrano in me. Sento che non reggerò molto prima di venire. Com’è possibile che uno sconosciuto conosca talmente bene dei punti così sensibili per me?
Cinque minuti fa sentivo freddo, ora il mio corpo è bollente.
Lo voglio, riesco solo a pensare a questo.
Riesco solo a pensare quanto io voglia il suo cazzo dentro di me.
Voglio sentirmi sua.
Gli tolgo i pantaloni e finalmente ci ritroviamo nudi. Mi bacia il seno evitando accuratamente i capezzoli e penso che sta facendo esattamente tutto ciò che mi manda fuori di testa.

Non penso di aver mai provato sensazioni simili.
I nostri corpi si scontrano, si uniscono per la prima volta e capisco con certezza che ho finalmente fatto qualcosa per me, che finalmente sono felice.

Ogni suo tocco, ogni suo movimento mi fa sentire Donna con la D maiuscola.

Continua a farmi godere come non avevo mai goduto, è inarrestabile. E non siamo neanche a metà della serata, lo sento.

Ad un certo punto lo fermo e gli chiedo se possiamo fare la mia posizione preferita.

Mi afferra per i fianchi, mi mette a pecora e lo sento, sento il suo membro avvicinarsi a me. La sua cappella apre la strada a tutta l’asta, entra dolcemente, ma quando è solo a metà Ettore dà un poderoso colpo di bacino e mi riempie istantaneamente la figa.
Gemo e non me ne frega niente se nell’altra stanza mi sentono.
Lui esce completamente e, mentre soffro per l’attesa della sua prossima sferzata di virilità, lui dà sollievo alle mie pene, spingendo di nuovo il cazzo fino alla fine del mio utero. Sento le sue palle sbattere sul mio clitoride. Lo rifà. Ancora. E ancora. Le sue mani mi stringono i fianchi con decisione tirandomi a sé, mentre le mie stringono le lenzuola, innocenti testimoni dell’abuso che solo adesso capisco di aver sempre sognato di subire.

Voglio venire a pecora, voglio godere mentre lui mi scopa forte.

"PORCO DIO, CHE CULO!" È questo, il grido della sua battaglia, lo sfogo che libera assestandomi uno schiaffo sul culo. Qualsiasi altra ragazza si sarebbe offesa alla bestemmia. A me invece ha eccitato ancora di più, d’altronde in questo momento è lui il mio dio. Ed è senz’altro un porco.
Mi afferra le mani, le porta dietro la mia schiena e le tiene bloccate con la sua sinistra, mentre la destra mi afferra con un’unghiata i capelli e mi schiaccia il volto sul materasso.
Voglio sentirlo godere, voglio sentire che gode per merito del mio corpo. La velocità e l’intensità dei suoi colpi si fanno più serrate, so che sono vicina all’orgasmo e penso l'abbia capito anche lui. Chiudo gli occhi.

“Toccati,” mi ordina liberandomi le mani e dandomi altri due schiaffi sul culo, ed io, da brava sottomessa, porto le dita sul mio bottoncino di carne toccandomi mentre mi scopa a pecora. Ad ogni affondo le mie unghie toccano le sue palle. Io godo ancora di più e so che questo non è tanto dovuto al fatto che sto provando piacere sia internamente che esternamente, quanto al fatto che lui è arrapato dalla mia arrendevolezza ai suoi ordini.
Senza chiedere nulla mi infila un dito nel culo. Gli avevo tassativamente detto che non doveva neanche guardarlo, quel buco, ora invece mi chiedo perché non l’abbia penetrato prima. È un tripudio di sensazioni. Sto godendo da dentro, da fuori e dal culo. Ecco, ci sono. È un orgasmo come mai ne ho provati prima di stasera; questo orgasmo è il più forte e sconquassante della mia vita. Sento la mia epidermide bruciare, un fiume di lava espandersi su tutto il mio corpo.
Gli chiedo di uscire, di fermarsi, di darmi un momento di tregua, ma capisco che questa non è una richiesta che sarà soddisfatta.

“Godi, troia,” erutta dal suo petto mentre mi schiaffeggia ancora il culo. Il respiro mi si spezza, non riesco a ragionare.
“Tu sei una troia,” schiaffo sul culo. “Anzi,” e qui si avvicina al mio orecchio tirandomi per i capelli la testa all’indietro, “tu sei la mia troia.”
Lasciandomi trasportare da tutto quello che sta succedendo gli do conferma su quanto cazzo ha ragione: “Sì, sono la tua troia.”
Forse non se lo aspettava, come d’altro canto neanche io mi sarei mai aspettata di dire una cosa del genere.
“Cosa sei tu?”
“Sono la tua troia.”
“Dillo ancora!”
“Sono la tua troia!”

Aumenta ancora il ritmo; eccomi, di nuovo. È un orgasmo, se possibile, ancora più intenso del precedente.

“Dimmi la verità,” mi chiede lui, “da quanto tempo non ti scopavano così?”
Resto in silenzio, dando sfogo solo ai miei gemiti.
“Rispondimi,” insiste lui, “da quanto tempo?”
Riesco a singhiozzare una sola parola. “Mai!”

Ed è vero. Eppure ho fatto sesso con molti uomini, prima d’ora. Tutti mi avevano sempre trattato come se fossi una bambolina che poteva rompersi, Ettore no. Ettore mi sta portando ad un nuovo livello di consapevolezza dei miei limiti e delle mie capacità.

Lui mi conosce: non so come, ma è come se fosse sempre stato con me e sapesse tutti i miei punti deboli. La cosa che più mi sconvolge è che non mi fa paura sapere che conosce le mie debolezze, gli ho regalato la mia vulnerabilità e sento che è in buone mani. So che ne farà buon uso.

Mi rendo conto di non riuscire ad andare avanti. Lo supplico di fermarsi, mi serve un po’ di pausa.
Evidentemente capisce che sono davvero stremata: questa volta esce, mi bacia e mi lecca il buco del culo e si stende vicino a me.
Sdraiati nel letto lo guardo negli occhi e le parole escono da sole.
"Io penso seriamente di essere innamorata di te,” gli confesso, “e questo è sconvolgente… ti conosco da quattro giorni, ma nessuno mi aveva mai scopata come stai facendo tu."
"Lo so," risponde sorridendomi compiaciuto. Che stronzo. Ma quanto cazzo è bello.

È incredibile quanto quest’uomo sia capace di essere dolce durante le coccole: mi parla, mi accarezza i capelli, mi pizzica. Ma questo non è un momento che dura a lungo. Dopo un quarto d’ora capisco che stiamo per riprendere la maratona di sesso interrotta.
"È l’ora di imparare a fare i Pompini," mi dice quando ne ha abbastanza.
Mi prende la testa e me la porta vicina al suo cazzo. Mi afferra i capelli da dietro la nuca con una mano mentre l’altra mi accarezza le labbra. Sento l’odore del suo cazzo inebriarmi; istintivamente schiudo le labbra e cospargo un po’ di saliva sulla sua cappella con la mia lingua. Lo sento lasciarsi andare, ora è il suo respiro che si fa più ritmato. Apro di più la bocca e vi accolgo il suo membro.
“Giocaci con la lingua,” mi dice, ma capisco che, per la prima volta da quando l’ho incontrato, lui sta lasciando la guida a me. Non posso sprecare quest’occasione, anche perché sono certa che durerà molto poco. Lecco tutto il suo cazzo, dalla cappella all’asta, ora baciandolo, ora succhiandolo. Lo sento pulsare.

Devo essermi presa troppe libertà, evidentemente, perché lui mi afferra la testa con più forza e mi spinge il cazzo fino alla gola. Mi sta scopando la bocca e io sento di soffocare.
Decido di riprendere l’iniziativa, così salgo su di lui e inizio a cavalcarlo. Mi fa impazzire quando inizia a muoversi simultaneamente a me, sincronizzando i colpi in una danza sessuale sconosciuta. A quel punto scivolo totalmente su di lui e quando inizia a mordermi il lobo e a ficcarmi la lingua nell’orecchio capisco che sto per venire di nuovo. Cazzo, è destabilizzante sapere che il ragazzo con cui sto condividendo tutto questo è uno che forse non rivedrò mai più, ma non mi interessa. Ora voglio godere, godere come solo la sua brava troia sa fare.

A questo ultimo orgasmo capisco di essere arrivata alla fine.
"Vieni,” lo supplico, “vieni anche tu."
È come se non aspettasse altro che sentirsi pregare. Dopo le due ore passate da quando abbiamo incominciato, sono sicura che ne avrebbe aspettate altre due, se necessario. Ma so che lui sapeva che sarebbe arrivato questo momento.

Mi sposta e si alza dal letto; mi mette in ginocchio sul pavimento come se fossi la sua cagna.
Porta la mia testa con la bocca in direzione delle sue palle e con il cazzo in mano mi dice: "Ora ti metti gli occhiali. Tieni la testa dritta, perché non va sprecata neanche una goccia. Il primo schizzo lo lasci arrivare sulle lenti, al secondo ti prendi il mio cazzo in bocca e ingoi tutto. Poi lecchi gli occhiali, chiaro?"
Annuisco mentre continuo a leccargli le palle e a guardarlo negli occhi. Lui si sega mentre mi fissa, non batte le palpebre neanche mezzo secondo e inizia a contorcere il suo volto in smorfie di piacere. È la cosa più bella che mi potesse capitare. Sento dal ritmo del suo respiro accelerato che sta per venire. Sono pronta.

Accompagnato da un suo grugnito selvaggio, il suo primo fiotto di sborra calda va a schiantarsi contro la mia lente; una parte supera la montatura dei miei occhiali e finisce tra i miei capelli. Immediatamente dopo, nel breve lasso di tempo che li separa, mi ficca il cazzo in bocca, inondandomela. Non mi faccio trovare impreparata e mi gusto tutto il suo nettare caldo continuando a guardarlo negli occhi, orgogliosa di essere stata la causa del suo piacere. Mentre ingoio il suo seme, ancora inginocchiata, lui mi accarezza la gola e, con la voce tremante, mi sussurra: “Brava, sei proprio brava. Così…”

Sembra che la belva assetata di sesso abbia ceduto il posto ad un uomo posato, sereno. Continuo a succhiare il suo cazzo, come sperando che ci sia ancora un po’ di seme caldo da mandare giù. Poi lui me lo toglie e sospira compiaciuto.

Ancora in ginocchio gli chiedo: “Posso saltare la parte in cui lecco gli occhiali?”
Lui mi guarda e sogghigna. “Va bene, vai in bagno.”

Invece mi alzo e gli dico: “Io non ti deludo così,” e, reggendo il suo sguardo con un’aria di sfida che nelle ultime ore non credevo di poter avere, lecco con lussuria il frutto del suo piacere dai miei occhiali. Mi avvicino a lui, lo abbraccio e gli bacio impercettibilmente le labbra mentre una sua mano scivola amorevolmente sul mio sedere, accarezzandolo e palpandolo con dolcezza.

Mi stacco e vado in bagno; quando lui mi raggiunge per lavarsi le mani si mette davanti a me ed io istintivamente lo abbraccio. Ad essere sincera è questo il momento più bello della serata. Ora so che mi piace abbracciarlo.
Torniamo nel letto. Io, molto dolciosa, gli chiedo le coccole: non mi sono mai piaciute, ma ora le voglio.
Dopo un paio di minuti mi guarda e mi dice “Tu sei una gatta con i fiocchi. Sei una felina eccezionale… Sei ruffiana, mi fai le fusa e mi hai lasciato un graffio sul collo che credo rimarrà per giorni.” Sorride. Quanto è bello il suo sorriso.
Io non so come cazzo abbia fatto ad entrarmi nella testa, ma c’è riuscito: ho sempre pensato a me come ad un gatto. Ruffiano e che fa le fusa, ma che al momento giusto sa tirare fuori gli artigli. Vorrei dirglielo, ma credo che questo lo terrò per me.
“Quel graffio sarà la mia firma d’autrice su di te,” gli dico un attimo prima di baciarlo. “Così almeno per qualche giorno si saprà che anche una gatta può ferire un lupo.” Lo dico senza pensarci. È come se io avessi sempre saputo che lui è un lupo e che solo ora me ne fossi ricordata.

“Come mi hai chiamato?” mi chiede incredulo.
“Lupo… Tu sei un lupo. Non lo sapevi?”
“Tu mi hai chiamato lupo. È la cosa più bella che potessi dirmi…”

Sento la sua eccitazione riaccendersi. Torna a baciarmi veementemente, sento di nuovo la sua lingua vogliosa stuprarmi la bocca. Mi spinge nuovamente nel letto.
Riprende a toccarmi, questa volta niente attese. Sa quello che vuole, ed è bellissimo lasciarmi andare nelle sue mani esperte. Mi penetra con le dita, scava la mia figa toccandomi in un modo nuovo. È inarrestabile, la sua mano mi sembra un martello pneumatico e mi chiedo come cazzo faccia a continuare per così tanto.
Questa volta vorrei fermare il tempo, perché non mi aspettavo questa ulteriore battaglia nel letto fra noi due, animali selvatici. Mi mordo le labbra, cerco di resistere, ma è impossibile. Mi fa venire. Spero che si fermi, adesso. Sono stremata.

Lui continua.
“Fer… ma… ti…”
Ma non vuole sentire ragioni. “Ti… prego…”
Mi bacia mentre continua a torturarmi la figa. Quando si stacca cerco di parlare ancora; lui mi ferma. “Shhh! Stai zitta e godi.”
Vengo. E ancora. E ancora.
Io non so come cazzo fa, ma ho perso il conto di quante volte mi ha fatto venire.

Sono indolenzita, ma lo rivoglio, lo rivoglio dentro.
Sale su di me, ma ora con più dolcezza; le sue labbra sul mio collo, le mie unghie nelle sua schiena.

Prima era sesso, ora so che è qualcosa di più: almeno so che lo è per me, ma non mi importa. Sto bene, non mi serve nient’altro.

Quando sfinita dall’ultimo orgasmo gli chiedo di venire, lui si sdraia e mi spinge la testa a leccargli ancora le palle.
È qualcosa che non avevo mai fatto: sono lì sotto a leccare il buco del culo di un maschio alpha.
Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovata in un letto a fare tutto ciò che ho fatto questa sera.
Viene per la seconda volta e dopo aver ingoiato ancora la sua sborra mi rimetto al suo fianco. Gli do un bacio, mi giro e gli chiedo di metterci a "cucchiaio", credo che sia la cosa più dolce che possiamo fare adesso.

Rischio di addormentarmi ma so che non posso: a mezza notte devo essere a casa.
Dopo altri infiniti baci e risate e miliardi di complimenti da parte sua ci vestiamo, ma prima mi dice che ha un regalo per me: è la sua camicia impregnata, del suo profumo. È il regalo più bello che potesse farmi…

Andiamo verso la macchina anche se non vorrei: avrei voluto stare tutta la notte con lui.

Quando arriviamo sotto casa mi dà un altro bacio e una lettera.
“Scendi,” mi dice, come se non volesse che aprissi la lettera in sua presenza.

Entro in casa.
Mi sento scema perché sto sorridendo come una bambina quando le regalano il suo giocattolo preferito.

Sento il suo profumo, la sua essenza impregnata sulla mia pelle. Non voglio farlo andar via, questa notte. Voglio che resti ancora con me fino a domattina.

Apro la lettera...

Scusate, ma questa è una lettera che terrò per me, che non condividerò qui perché è qualcosa di mio, che voglio che rimanga solo mia.
Ma è stata la lettera più bella che potesse mai scrivermi. La MIA lettera, scritta appositamente per ME.

Non so ancora con certezza se rivedrò il Mio Lupo Barese che vive a Roma ma che attualmente si trova a Novi Ligure. Fra due giorni andrà via e forse le nostre strade non si incontreranno mai più.

Ma so che per una notte, anzi, per sole quattro ore è stato Mio; non c'è cosa più bella, perché nessuno mi stuprerà mai più la mente in questo modo.

E perché prima di due giorni fa nessuno mi ha mai scopata come lui.
Anzi… Ora che so cosa davvero vuol dire, credo proprio che prima di due giorni fa nessuno mi abbia mai realmente scopata.

E sono felice. Perché per una volta ho fatto ciò che mi ha reso veramente felice.




Grazie.
Per sempre, la tua Gattatroia.”

di
scritto il
2017-02-28
3 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.