La sua ruvida lingua. Un uomo adulto e una delicata giovane ragazza
di
Artemis
genere
dominazione
Mi chiamo Lucia, ho 19 anni. Ho sempre avuto un interesse spassionato per il sesso, ma anche un senso del pudore tremendamente opprimente. Anche il mio aspetto non lascia trasparire le mie voglie, sembro un ragazzina innocente, non sono molto alta, circa 1.60. Ho gli occhi grandi e azzurri e i capelli biondi. Un bacino prosperoso e ampio e delle cosce carnose, ma un ventre piatto, il seno non è molto grande. Arrossisco per ogni cosa, abbasso lo sguardo prima di parlare, mi stropiccio la gonna e le labbra quando sono interpellata.
La mia storia comincia un agosto, la prima volta che il mio ragazzo mi presentó la sua famiglia. Una famiglia deliziosa e molto unita. Suo padre un uomo di circa 50 anni, alto, brizzolato e con gli occhi azzurri fu molto cordiale con me. Notai subito il suo sorriso rassicurante, ma nonostante questo a causa il mio estremo rispetto rispondevo sempre con una risata un po' imbarazzata, anche se sempre educata.
Erano le 22 quando feci per uscire di casa, salutai e ringraziai per la cena. Quando arrivai alla fermata della metro mi resi conto che era passata l'ora di chiusura, allora chiamai il mio ragazzo, lui mi rispose che suo padre mi avrebbe riaccompagnato in macchina. Aspettai sul ciglio della strada, salii sulla macchina quando accostó. Dopo qualche istante di silenzio, in seguito alle mie scuse e ai miei ringraziamenti lui, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo esordì così : "spero che mio figlio ti abbia già scopata come si deve" io arrossii terribilmente, rimasi attonita in silenzio e strinsi le cosce fra di loro. Faceva caldo e sentivo il sudore che gocciolava dalle mie cosce fino sul sedile in pelle del BMW. "Perché io lo avrei già fatto signorina" riprese lui dopo poco sorridendo, poi accostò e mi resi conto di essere in una zona della città isolata. Si giró a guardarmi, uno sguardo famelico, mi squadró da testa a piedi e sentii il suo sguardo dentro di me, lo sentii scorrere sulle cosce, poi sul ventre, sul petto, sulle spalle e si inchiodó sulle mie labbra. Piantó i suoi occhiacci fissi sulle mie labbra, con la punta delle dita mi scostó i capelli. Sentii una scossa al suo tocco, il mio corpo già caldo diventó rovente, sentii un fiume di calore invadermi le cosce. Io non riuscivo parlare, solo a guardarlo con i miei occhioni azzurri spalancati. Il cuore rimbalzava nel petto. Mise in moto la macchina e parcheggió accanto ad un motel sull'autostrada. Mi portó in una stanza dal caldo soffocante. Mi sedetti sul letto e lui davanti a me passeggiava nervosamente avanti e indietro sulla moquette, come se stesse cercando di prendere un decisione. Io lo guardavo in silenzio. Quando si fermó mi prese con entrambe le mani le spalle, comprimendole. Mi guardó fissa negli occhi e mi bació, la sua lingua ruvida sapeva di Marlboro Rosse e mi riempiva la bocca. Mi tenne stretta per i capelli e tirandoli mi fece alzare, scagliandomi lontano dal letto. Mi strappó la camicetta sudata quando fui davanti a lui, mi fece inginocchiare. Per un attimo chiusi gli occhi e sentii il rumore metallico della cintura che si slacciava, della zip che si apriva. Senza avere il tempo di aprire gli occhi mi sbattè il suo cazzo in bocca, era grosso e duro e mi riempì la gola. Mi scopó la bocca spingendomi la testa con prepotenza, "devi succhiarlo tutto per bene, hai capito?". Lo sentivo godere quando il suo cazzo scivolava in fondo alla mia gola, sentii i suoi gemiti sordi, di soddisfazione. D'improvviso mi tiró per i capelli allontanandomi da lui, sbattendomi per terra. Mi facevano male le ginocchia e la bocca grondava di saliva densa, gli occhi mi lacrimavano per lo sforzo. "Svelta mettiti sul letto, a pecorina", eseguii in silenzio. Alzó la gonna, abbassó le mutandine bianche. "Sporgiti più che puoi, fammela vedere bene, devi espormi la tua fighetta bagnata" il sul linguaggio mi imbarazzava e allo stesso tempo mi eccitava più di qualunque cosa mi avessero mai detto. Prima eseguii timidamente. "No. Voglio la tua figa in mostra, devi aprirla più che puoi con le dita", lo feci, mi sforzai di aprirla il più possibile, ma sono giovane e stretta. Quando fu soddisfatto di vedere il mio sesso grondare, colare e pulsare per la voglia del suo cazzo me lo piantó dentro. Con i suoi modi rudi, senza avvisare, senza darmi nessun segno prima, semplicemente me lo piantó dentro come un bastone nella nuda terra. Spinse fino in fondo e io gemei di dolore e piacere. Cominciò a fottermi come una cagnetta in calore, con impeto, con veemenza. Non riuscivo a trattenere i gemiti e più gemevo e più lui mi scopava forte. Persi la forza alle braccia e affondai la faccia nel cuscino per gridare senza far rumore. "Ti piace farti fottere troietta, ma sentiti stai gridando come una vera puttanella" disse affaticato, senza pensare le uniche parole che uscirono dalla mia bocca furono "la prego, me ne dia ancora".
Misi una mano sul mio ventre, sentivo il suo grosso membro che premeva dentro di me come se volesse uscire, che spingeva contro la parete del mio basso addome. Era tutto dentro di me. Mi riempiva completamente. Mi venne dentro con un gemito di soddisfazione maschile, quei gemiti che solo gli uomini possono fare, fu miele per le mie orecchie. Gli era piaciuto scoparmi più di quanto gli piacesse scopare sua moglie. Lo tolse con la stessa prepotenza con cui me lo aveva infilato. Rimase a guardare mentre il suo seme sgorgava dalla mia figa calda e pulsante. Si rivestí e io feci di conseguenza. Mi riportò a casa, senza dirmi nulla, pensieroso e senza nemmeno guardarmi . Quella notte mi toccai furiosamente continuando a pensare alle sue parole sfacciate e pianificando quando avrei potuto incontrarlo ancora.
La mia storia comincia un agosto, la prima volta che il mio ragazzo mi presentó la sua famiglia. Una famiglia deliziosa e molto unita. Suo padre un uomo di circa 50 anni, alto, brizzolato e con gli occhi azzurri fu molto cordiale con me. Notai subito il suo sorriso rassicurante, ma nonostante questo a causa il mio estremo rispetto rispondevo sempre con una risata un po' imbarazzata, anche se sempre educata.
Erano le 22 quando feci per uscire di casa, salutai e ringraziai per la cena. Quando arrivai alla fermata della metro mi resi conto che era passata l'ora di chiusura, allora chiamai il mio ragazzo, lui mi rispose che suo padre mi avrebbe riaccompagnato in macchina. Aspettai sul ciglio della strada, salii sulla macchina quando accostó. Dopo qualche istante di silenzio, in seguito alle mie scuse e ai miei ringraziamenti lui, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo esordì così : "spero che mio figlio ti abbia già scopata come si deve" io arrossii terribilmente, rimasi attonita in silenzio e strinsi le cosce fra di loro. Faceva caldo e sentivo il sudore che gocciolava dalle mie cosce fino sul sedile in pelle del BMW. "Perché io lo avrei già fatto signorina" riprese lui dopo poco sorridendo, poi accostò e mi resi conto di essere in una zona della città isolata. Si giró a guardarmi, uno sguardo famelico, mi squadró da testa a piedi e sentii il suo sguardo dentro di me, lo sentii scorrere sulle cosce, poi sul ventre, sul petto, sulle spalle e si inchiodó sulle mie labbra. Piantó i suoi occhiacci fissi sulle mie labbra, con la punta delle dita mi scostó i capelli. Sentii una scossa al suo tocco, il mio corpo già caldo diventó rovente, sentii un fiume di calore invadermi le cosce. Io non riuscivo parlare, solo a guardarlo con i miei occhioni azzurri spalancati. Il cuore rimbalzava nel petto. Mise in moto la macchina e parcheggió accanto ad un motel sull'autostrada. Mi portó in una stanza dal caldo soffocante. Mi sedetti sul letto e lui davanti a me passeggiava nervosamente avanti e indietro sulla moquette, come se stesse cercando di prendere un decisione. Io lo guardavo in silenzio. Quando si fermó mi prese con entrambe le mani le spalle, comprimendole. Mi guardó fissa negli occhi e mi bació, la sua lingua ruvida sapeva di Marlboro Rosse e mi riempiva la bocca. Mi tenne stretta per i capelli e tirandoli mi fece alzare, scagliandomi lontano dal letto. Mi strappó la camicetta sudata quando fui davanti a lui, mi fece inginocchiare. Per un attimo chiusi gli occhi e sentii il rumore metallico della cintura che si slacciava, della zip che si apriva. Senza avere il tempo di aprire gli occhi mi sbattè il suo cazzo in bocca, era grosso e duro e mi riempì la gola. Mi scopó la bocca spingendomi la testa con prepotenza, "devi succhiarlo tutto per bene, hai capito?". Lo sentivo godere quando il suo cazzo scivolava in fondo alla mia gola, sentii i suoi gemiti sordi, di soddisfazione. D'improvviso mi tiró per i capelli allontanandomi da lui, sbattendomi per terra. Mi facevano male le ginocchia e la bocca grondava di saliva densa, gli occhi mi lacrimavano per lo sforzo. "Svelta mettiti sul letto, a pecorina", eseguii in silenzio. Alzó la gonna, abbassó le mutandine bianche. "Sporgiti più che puoi, fammela vedere bene, devi espormi la tua fighetta bagnata" il sul linguaggio mi imbarazzava e allo stesso tempo mi eccitava più di qualunque cosa mi avessero mai detto. Prima eseguii timidamente. "No. Voglio la tua figa in mostra, devi aprirla più che puoi con le dita", lo feci, mi sforzai di aprirla il più possibile, ma sono giovane e stretta. Quando fu soddisfatto di vedere il mio sesso grondare, colare e pulsare per la voglia del suo cazzo me lo piantó dentro. Con i suoi modi rudi, senza avvisare, senza darmi nessun segno prima, semplicemente me lo piantó dentro come un bastone nella nuda terra. Spinse fino in fondo e io gemei di dolore e piacere. Cominciò a fottermi come una cagnetta in calore, con impeto, con veemenza. Non riuscivo a trattenere i gemiti e più gemevo e più lui mi scopava forte. Persi la forza alle braccia e affondai la faccia nel cuscino per gridare senza far rumore. "Ti piace farti fottere troietta, ma sentiti stai gridando come una vera puttanella" disse affaticato, senza pensare le uniche parole che uscirono dalla mia bocca furono "la prego, me ne dia ancora".
Misi una mano sul mio ventre, sentivo il suo grosso membro che premeva dentro di me come se volesse uscire, che spingeva contro la parete del mio basso addome. Era tutto dentro di me. Mi riempiva completamente. Mi venne dentro con un gemito di soddisfazione maschile, quei gemiti che solo gli uomini possono fare, fu miele per le mie orecchie. Gli era piaciuto scoparmi più di quanto gli piacesse scopare sua moglie. Lo tolse con la stessa prepotenza con cui me lo aveva infilato. Rimase a guardare mentre il suo seme sgorgava dalla mia figa calda e pulsante. Si rivestí e io feci di conseguenza. Mi riportò a casa, senza dirmi nulla, pensieroso e senza nemmeno guardarmi . Quella notte mi toccai furiosamente continuando a pensare alle sue parole sfacciate e pianificando quando avrei potuto incontrarlo ancora.
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Commenti dei lettori al racconto erotico