Nonno Mario il mio primo cazzo - 2-

di
genere
gay

Mario rimase ancora un po’ in silenzio, con la testa riversa sullo schienale del divano e gli occhi chiusi. Il suo cazzo si sgonfiava lentamente e così barzotto era ancora più eccitante. Lo lasciai delicatamente sull’inguine e gli appoggiai sopra una guancia, in totale adorazione. Continuavo a dargli baci delicati e lui rispondeva con piccole scosse che attraverso le mie labbra arrivavano direttamente al mio cervello. Tante volte avevo immaginato quel momento, ma mai con l’emozione che stavo provando nella realtà. Mario passò ancora la sua mano benevola tra i miei riccioli biondi, capii che si era ripreso e mi voltai, incontrando ancora il suo disarmante sorriso. Mi venne istintivo di accavallarmi su di lui e avvicinare le mie labbra alle sue. Fu il mio primo bacio, un lungo, bagnato e profondo bacio. Avevo il cazzetto duro e l’ano che vibrava. Sfilai pantaloni e mutande e tornai ad accavallarmi e a baciarlo, questa volta strofinando il culetto su quel cazzo meraviglioso, ed impazzivo dalla voglia di prenderlo dentro, ma ad una certa età, lo capii un po’ di tempo dopo, i tempi di recupero sono molto più lunghi. Però era bello anche così. Per tutto il tempo Mario, così loquace in precedenza, restò in un silenzio compiaciuto, fino a quando, guardando l’orologio si accorse che si era fatta l’una. “Ehi tesoro, mi sa che è ora di tornare a casa, giusto?” “Putroppo si” gli risposi. Mi rivestii in fretta, presi la mia tracolla e gli diedi un ultimo bacio sulla porta. “Stai dimenticando le riviste” di disse sorridendo “Non importa, se per te va bene torno a prenderle domani pomeriggio verso le quattro” “Certo angioletto mio, vieni quando vuoi” mi rispose sempre più compiaciuto.
Arrivai a casa dopo una mezzora di tram col sorriso stampato sulle labbra e lo sguardo in quell’altrove di felicità: avevo finalmente stretto un cazzo in mano e tutto era andato meravigliosamente bene. Soprattutto pensavo al giorno dopo, a quel palo di carne nel mio culetto, allo sperma che mi avrebbe schizzato dentro. Cercai di placare il morso dell’attesa con una banana nel culo e segandomi come un disperato. Ripensai alle sue parole “angioletto mio” e ripassai la mia immagine allo specchio. Effettivamente così, completamente nudo, con la pelle liscia e bianca, la mia figura era certamente quella di un ragazzino acerbo e delicato, molto aggraziato, senza un filo di grasso e il culetto tondo, alto e prominente. “Probabilmente ho preso da mia madre” pensai “lei è davvero un metro e sessanta di grazia, e sicuramente abbiamo anche le stesse misure”. Mi avvicinai allo specchio e guardai con più attenzione la mia bocca, bagnai con la lingua le labbra carnose e rosa e pensai al piacere che avevano regalato al mio Mario, aderenti a quel palo di carne, e con quanta voglia avevo succhiato ogni goccia di latte da quell’enorme biberon. Ero soddisfatto di me, sarei stato per lui la sua femminuccia graziosa e disponibile, non avrebbe avuto bisogno di altro.
Con questa convinzione suonai al suo campanello il giorno dopo, puntualissimo alle quattro, con l’amo morbido e caldo, già pronto e pulsante, dopo il clistere che avevo fatto, come ogni volta, con il tubo della doccia. Lo trovai con il solo accappatoio addosso, aperto sul davanti. Alla vista di pancia e petto coperti di pelo brizzolato, e quel coso enorme che pendeva, mi arrivò una fitta alla rosellina anale e la sentii chiaramente aprirsi. Mi spogliai al volo a l’abbraccio fu immediato; mi ritrovai con il suo cazzo sull’addome, la lingua in bocca, e le mani grandi e calde che palpavano il mio culetto. Subito mi chiese di mettermi a pecorina sul divano con le mani appoggiate sullo schienale, si mise in ginocchio ed affondò la faccia sul mio culo, leccando il buco per almeno cinque minuti come se volesse scoparmi con la lingua. Estasiato cominciai a spingere sulla sua lingua e la feci entrare, poi si staccò e mi infilò un dito roteandolo all’interno e spingendo sulle pareti della rosellina per allargarla abbastanza da infilare un secondo dito. “Come entrano bene” mi disse “Si Mario me lo sfondo quasi tutti i giorni con una banana, ma adesso di banana voglio la tua, ti prego, sfondami il culo e riempilo di sperma, voglio essere la tua troietta devota”. A queste parole il suo cazzo ebbe una impennata violenta, si alzò appoggiò la cappella e affondò il colpo senza pietà, e senza curarsi del mio grido di dolore cominciò a stantuffare senza freno, mentre io schizzavo sperma senza neanche essermi toccato e lui si esaltava “Ti piace troietta? Ti piace come ti sfondo?” “Si amore mio, mi piace, mi fai soffrire e godere allo stesso tempo, sto tremando non mi senti?” Andò avanti così almeno per un quarto d’ora, mentre sentivo il mio buco sempre più scivoloso e sensibile. Godevo di quella dilatazione imposta, che non potevo controllare come facevo con le banane, godevo nell’essere suo e continuavo a gocciolare sperma. Poi si fermò e lo tirò fuori “Fermo così e dammi una mano” mi disse prendendomi la mano ed avvicinandola al mio buco “Lo senti com’è?”. Le mie dita entravano con facilità nel buco e capii che era rimasto aperto, dilatato di almeno quattro o cinque centimetri; ero sconvolto e felice, ma proprio felice. Con gioia mi feci portare in camera da letto e gli chiesi di stendersi a pancia in su “Ora ti sistemo io” gli dissi sorridendo. Gli insalivai il cazzo e mi ci misi a cavallo, prima piano, poi sempre più veloce. Era eccitantissimo sentire il suo pelo sotto le mie mani, la pancia rotonda e il petto. Presi a segarmi quando sentii che lui stava arrivando e mi disse “Amore sto per riempirti il culo di sborra” “Si Amore, dammene tanta tanta, dammela tutta” mi piegai sul suo pelo e venni, mentre lui mi riempiva il culo col suo latte caldo e io gli infilavo la lingua in bocca ingoiando anche il suo rantolo di piacere.

- continua -
scritto il
2019-11-05
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