Montecarlo - I

di
genere
etero

Le luci notturne di Montecarlo colpivano le iridi del mio sguardo, il quale era sempre stato abituato alle stelle del cosmo notturno, in aperta campagna. 
Mi confondevano, ma ero comunque eccitata e felice di poter assistere a quella meraviglia a me sconosciuta. 

Madison, la mia amica americana, aveva deciso di ospitarmi per una settimana nell’hotel di suo padre, che si affacciava diretto sul porto di quel magico posto. 
La mia stanza aveva una finestra che affasciava diretta sugli yacht più belli del mondo, e benché io ne fossi affascinata superficialmente a causa della mia totale ignoranza, potei comunque apprezzare la maestosità e l’impossibilità di poterli un giorno raggiungere. 
Una volta aperta la valigia e preso confidenza con quella enorme stanza riservata tutta per me, mi misi comoda e mi preparai un tè, in attesa dell’ora di cena presso uno dei ristoranti appartenenti sempre a Madison e alla sua famiglia.
E’ una ragazza piena di vita, probabilmente molto frivola ma è quanto di più opposto alla mia persona ci sia. 
Se lei sceglie il giallo io scelgo il verde, se lei vuole la cioccolata io voglio le fragole.
Opposte, ma funzioniamo incredibilmente bene assieme.


L’orologio iniziò a segnare le 19 e il mio cellulare s’illuminò: 

Maddy: “ Allora? Cosa indossi stasera?”


Io: “ Pensavo qualcosa di informale, no? Siamo in famiglia.” 


Maddy: “ Beh per la prima ora si, ma per la seconda…”


Io: “Cosa intendi, Madison?”


Maddy: “Beh, il dopocena non sarà a nanna, sicuramente.”


Io: “Questo passaggio non lo avevi accennato.”

Maddy: “Siamo a Montecarlo, baby. Non voglio sentire storie.”


Posai il cellulare sul tavolino, e mi rassegnai all’idea di dover passare una notte fuori casa, con tutta la stanchezza che mi trascinavo dietro.

Feci un bagno caldo, mi asciugai i capelli folti con il phon di servizio, mi truccai leggermente ed indossai un pantalone e una giacca, con camicia scollata bianca e tacchi annessi.
Semplice, ma elegante. 

Misi un filo di lucida labbra rosa, e il profumo “ Garcon Libre” che era totalmente maschile ma che all’amica pelle donava da dio.


Imbracciai la borsa bianca e scesi nella Hall dell’hotel, ove qui incontrai i familiari di Madison che mi abbracciarono con grande affetto.
I genitori e i suoi due fratelli più piccoli furono contenti di vedermi e sopratutto di ospitarmi nella loro “umile dimora”. 

Cenammo nel ristorante dell’hotel, che a me era completamente sconosciuto, e gustai un risotto al vino bianco e un pesce arrostito con verdure miste. Ero davvero in estasi perché amavo la cucina di mare. 

I genitori di Madison mi chiesero news sul mio lavoro, quello che svolgevo da remoto a causa del Covid, e risposi che tutto filava liscio, anche se non era l’aspirazione della mia vita. 
Tutti sapevano che avrei voluto fare la fioraia. 
Ma non avevo troppi soldi per potermi permettere un negozio tutto mio, e quindi la vita mi aveva destinata a un lavoro d’ufficio, che limitava la mia creatività. 

Arrivati al dolce, Madison annunciò tra un cucchiaio di tiramisù e l’altro, che aveva intenzione di trasferirsi a Monaco per sempre, per poter prendere le redini dell’azienda di famiglia e mettere a frutto la sua laurea in economia. 

I genitori furono sollevati e visibilmente felici, ragion per cui dopo il festeggiamento, ci indicarono uno dei posti più In della zona per poter brindare a questa splendida e lieta notizia. 

“Sono felice che tu abbia deciso di non abbandonare questo progetto nato anni fa da tuo padre.” Le dissi sincera.

“Era questa la sorpresa, volevo tu fossi qui in questo momento importante, e voglio anche tu riesca a rilassarti e a trovare magari qualche scapolo con cui fare fortuna.”

La guardai con fare un po’ alterato, sapeva che i soldi non avrebbero mai smosso i miei sentimenti, e lei continuò:

“Andiamo Ida, sto scherzando.”

“Lo sai che i soldi non mi interessano.”

“Lo so, ti chiedo scusa per la battuta inopportuna. Vorrei solo tu fossi felice.”

“Lo sarò quando troverò l’amore, non di certo i soldi.” 

“Certo…ma nel frattempo…”

Disse, aprendo le porte del locale verso cui eravamo dirette.

“Nel frattempo, puoi divertiti.” 

Dinnanzi a me lo scenario di tutti i ragazzi della movida monegasca si fece subito chiaro, e mi sentii più fuori luogo di qualsiasi altro posto al mondo. 

Andai a sedermi ad un tavolo libero, e chiesi al cameriere un succo alla pesca, mentre Madison salutava gente a caso. 

Una volta arrivato il succo, iniziai a sorseggiarlo fissando il mio cellulare, non avevo nessuna intenzione di entrare in contatto con le persone, perché sapevo di non essere all’altezza. 
Madison si diresse verso di me con fare alquanto aggressivo, e disse:

“In questo modo non troverai mai qualcosa di divertente.”

“E’ questo mondo che non mi diverte, Madison.”

“Andiamo! Sono tutti interessantissimi! Qualcuno di simpatico ci sarà!”

Mentre mi comunicava questo suo pensiero, un gruppo di ragazzi aitanti e scattanti, prese posto presso il nostro tavolo. 

“Madison, non ci presenti la tua amica!?” Disse il biondo dagli occhi smeraldo.

“Ma certo, Louis, lei è Ida, dall’Italia.”

“Oh Ida - disse con accento tedesco- molto piacere di conoscere te.”

“Piacere mio” - dissi allungando la mano e sorridendo per cortesia.

“Loro sono Francois Calise, Michel Totel e Denis Diderot.” 

I tre ragazzi si presentarono a me con tutte le buone intenzioni, e strinsi la mano in segno di cortesia. 

Scambiai piacevoli chiacchiere con tutti e tre, parlando del più e del meno e della loro vacanza presso Montecarlo; Madison ci abbandonò più volte durante la conversazione, ma riuscii ad instaurare un rapporto più o meno con tutti, un po’ meno con Denis che non mi degnava molto essendo distratto dal suo cellulare. 

Francois, Michel e Louis se ne accorsero, e mi chiesero scusa per quell’atteggiamento un po’ fuori dal normale.

“Denis è un po’ timido…” disse Louis ironizzando.

“No, è cieco.” Disse Michel.

“Tu dici? - affermò Francois- io penso sia piuttosto preso da quell’oca che continua a dargli buca.” 

“Ah, ha una ragazza?” Dissi io, sorridendo

E loro risposero tra un Margarita e l’altro, che in realtà la storia era finita da tempo, ma lei continuava a infastidirlo perché particolarmente ricco e socialmente accettabile.

“L’amore è cieco.” dissi

“Chiamalo amore…” 

Mi congedai per raggiungere il bagno e nell’atrio che diramava le due direzioni uomo/donna, riuscii a sentire la voce di questo Denis che dava di matto. 

“La devi smettere di torturarmi. Ormai è finita. Mi hai reso un cervo! Mi hai tradito con tutta la squadra, anche con la scuderia, ti sei portata a letto chiunque, io di te non ne voglio sapere più nulla…”

Le urla erano assestate molto bene, e io decisi di procedere verso la mia esigenza fisiologica anziché spiare un povero sconosciuto evidentemente disperato. 

Mi feci strada verso l’ultima porta, benché l’operazione slalom fu parecchio difficile su quel pavimento bagnatissimo.

Dopo pochi minuti mi diressi a lavare le mani, e poi verso il soffione per asciugarle.
Non so voi, ma per me quei cosi non funzionano da nessuna parte, neanche a Monaco. 

Stanca di quella finta aerazione, uscii dal bagno un po’ impacciata, e mentre mi accorsi che Denis era lì fuori dirigendosi verso la porta, presi uno scivolone stratosferico, ritrovandomi a terra con la testa battuta. 

“Ahi.” Dissi, di colpo. Il mio osso sacro era ormai addormentato.

Mi sentii per un attimo confusa, e la vista mi si appannò per qualche secondo. 
Mi accorsi solo di Denis che si accovacciò di corsa verso di me, tenendomi il viso.

“Ida, hey, mi vedi? “

“Si.” mormorai un po’ confusa per il dolore.

“Cazzo.” Fu quello che riuscii a sentire

. Svenni, in un buio mai visto prima.














A seguito di accertamenti e una bella nottata monegasca in ospedale, fui dimessa con una prognosi di bombolone alla crema sulla testa. 
Tutto in regola, e io avevo cominciato col botto.

Uscii dall’ospedale con i tacchi in una mano e la borsa in un altra, Madison e i ragazzi erano lì fuori che mi attendevano.

Furono tutti sollevati di rivedermi alle luci dell’alba, con l’andatura di uno zombie, e io fui felice di non aver perso la mia vacanza, benché l’indomani mi sarei svegliata praticamente sotto a un treno.

“Grazie Denis. Senza di te sarei rimasta lì.” 

“Nessun problema. E’ stato un piacere salvarti la vita.” Sorrise, mostrando i denti, che illuminavano i suoi occhi azzurri e i suoi capelli neri ricadenti sul volto.

Non sapevo nulla di lui, eppure mi aveva salvato letteralmente da una brutta caduta.

“ Se permettete, tornerei a casa.” Dissi, guardando Madison. 

Lei mi disse qualcosa nell’orecchio che aveva a che fare con una colazione importante, e io annuii seguendo Denis che voleva a tutti i costi farmi compagnia. 

Accettai il suo passaggio verso l’hotel e quando arrivammo all’atrio, mi disse: 

“Posso chiederti qualcosa di insolito?” Disse, guardandomi serio.

“Oh dio Denis, che sarà mai successo?”

“No, è che…Io non vorrei tu restassi sola. Cioè, hai avuto un brutto colpo, vorrei sorvegliarti se me lo permetti. Starò nell’altra stanza della tua room, però fammi esserci.” 

“Andiamo Denis, non è nulla. Ho bisogno di una dormita.”

“Per favore.” Mi disse, con gli occhi quasi supplicanti. 

Ero troppo stanca per poter porre resistenza, erano le cinque del mattino e io avevo assoluto bisogno di dormire. 

Entrati nella mia camera, io lanciai tutti i miei averi sul divano, e mi chiusi in bagno affondando nella schiuma calda della vasca. 

Passai quindici minuti in iper relax e quando uscii con l’accappatoio, trovai Denis seduto sul divano intento a guardare la tv, mentre poggiava la giacca sul retro della sedia. 

“Allora io vado a dormire.” Dissi, guardandolo.

Lui mi squadrò da testa a piedi, osservando le mie forme non troppo longilinee ma pur sempre morbide. 

L’accappatoio mi fasciava fino al ginocchio e la scollatura dava risalto al mio abbondante seno che sapevo ben nascondere sotto i vestiti.

Il suo sguardo divenne quasi perso in tutte le mie grazie e riprese tossendo: 

“Certo, ehm, Ida. Va benissimo. Qualsiasi cosa sono qui.”


Annuii sorridendo e mi diressi verso il letto. 
Diedi un ultimo sguardo a quella Monaco che non avevo ancora avuto modo di godere. 
A parte l’infortunio, mi augurai di stare per trascorrere la migliore settimana della mia vita.


“Buonanotte, disastro.” Disse Denis dall’altro capo del muro.

“Buonanotte angioletto.” Risposi io con fare ironico.

Il suo risolino mi accompagnò nel sonno profondo che tanto meritavo. 
Non c’era stato nessun trauma cranico, nessuna botta forte. 

Ero solo svenuta per la paura.











Il raggio di luce più caldo dell’una del giorno mi trafisse un occhio durante il risveglio.
Mi ricordai solo dopo poco che in quella camera non ero sola. 

Mi tirai su dalle lenzuola e dopo aver stropicciato la mia faccia e aver lanciato qualche lamento per i dolori, mi ricordai di Denis. 

Mi alzai di scatto, e andai a cercarlo. Ma di lui non vi era alcuna traccia. 

Dopotutto, pensai, per quale motivo sarebbe dovuto rimanere a guardia. 
Avrà passato qualche ora, giusto così. Per scrupolo.

Mi ero un po’ illusa dopo il suo sguardo di ieri sera, pensavo di averlo catturato.
Evidentemente la tizia al telefono doveva essere ancora fondamentale nella sua vita. 

Stupida Ida, che crede ai colpi di fulmine. 



Presi un succo dal frigo bar e mi lanciai dinnanzi alla tv.
Non avevo fame, avrei continuato il sonno interrotto poco prima, quando ad un tratto la mia attenzione si fermò sullo schermo fisso sulla Formula 1 , che ricordai tenersi sotto le strade della mia finestra. 

Era la settimana del Gran Premio, ecco perché tutta quella folla in quei giorni. 
Stupita e divertita di vedere in tv gli stessi scenari che mi si proponevano sotto la finestra, iniziai a guardare tutto con estrema curiosità, fino a quando il nome di Denis Diderot non si palesò nella lista dei piloti.

Impossibile, mi dissi, sarà un omonimo.

Convinta della mia considerazione, venni spodestata dal trono delle mie convinzioni quando il suo volto, dai capelli neri ribelli che facevano da contorno ai suoi occhi brillanti, non uscì sull’immenso televisore al plasma.



“Ed ecco l’intervista al campione della scorsa stagione, Denis, come stai vivendo queste ore prima della gara, hai paura che ti venga rubato il titolo?” 

Strabuzzai gli occhi, sorpresa.

“Nessuna paura, mio caro Golias, vinto un trofeo li vinci tutti, bisogna essere campioni anche nella vita. E io spero di esserlo soprattutto per le persone che amo.”



Disse, fissando la telecamera.

In quel momento sentii una forte fitta nel basso ventre, doveva essere splendido far parte della sua schiera più intima. 



“In bocca al lupo, allora, Campione.”



Misi subito la modalità muto alla tv. Chiamai Madison.


“Un pilota di formula uno, stiamo scherzando?”


“Non lo avevi capito?” Disse Madison tranquilla.


“Cristo, no. Ha dormito qui.”


“Oddio, avete scopato?”


“Ti prego Madison, spiegami come cazzo fai a conoscere questa gente.”


“Tesoro, sono Madison Alley.” 


“Santo dio. Una star mondiale dello sport che dorme con me tutta la notte perché gli svengo tra le braccia, e tu non mi dici nulla.”


“Beh che dire, hai perso l’occasione per fartelo”


“Madison, penserai ma qualcosa al di fuori del sesso?”


“Perché dovrei?” Disse, ridendo.


“Vaffanculo Maddy.”


“Ti voglio bene anche io, felice di sentirti in salute. Comunque io sono sugli spalti. Se vuoi aggiungerti hai ancora mezz’ora.” E mi chiuse il telefono. 


Mezz’ora per prepararmi e raggiungere la tribuna.
Oh cielo.


Feci una doccia velocissima, aggiustai i capelli ancora incomprensibili, misi una camicia e un jeans, con le prime converse che uscirono fuori dalla valigia.

Ero un disastro, ma almeno potevo assistere a questa cosa assurda. 

Mi catapultai sul posto, e raggiunsi la mia amica che non perdeva occasione per civettare con tutti gli uomini che le capitavano al tiro. 

“Passato una bella nottata?” Mi disse, ridendo.

La ignorai dandole una gomitata, mentre i campioni attendevano il semaforo verde per sfrecciare.

Una morsa mi prese forte lo stomaco, iniziai ad avere paura per lui.

Divorai un’intera busta di pop corn per tutta la gara, fino a quando alle mie orecchie non giunse la notizia che anche per stavolta era divenuto campione. 
E io avevo dormito nella sua stessa camera la sera prima, senza neanche conoscerlo. 




Ci facemmo strada verso la premiazione, noi vedevamo lui ma lui non vedeva noi. 
Si alzò sul podio con la bottiglia di Champagne e iniziò a spruzzarla ad oltranza una volta annunciato il suo nome.
Lo guardai divertita, sorridente era ancora più bello.
Con uno scatto della mano avvicinò a lui una signorina figurante e le schioccò un bacio sulle labbra a stampo.
Il reflusso dei pop corn mi risalì alla gola, e mi chiesi come diavolo ci fossi finita in quella situazione di disagio.

Guardai Madison entusiasta della situazione, la salutai e ritornai nella mia camera d’hotel.

Dopotutto, non lo conoscevo. Era solo stato gentile. Non avevo motivo di provare quella tristezza.



Ordinai il pranzo in camera, e lo lasciai al tavolo sulla finestra. Mi incantai a guardare le increspature del mare e riflettei sulla questione che mi basta sempre poco per credere di interessare a qualcuno, e alla fine non è mai così. 

Mi addormentai dolcemente sul manico del divano, il pranzo si raffreddò e io mi risvegliai alle cinque del pomeriggio a causa di insistenti colpi alla mia porta. 

Mi alzai confusa, e mi diressi verso l’uscita. 


Denis era sotto la porta con la sua divisa sbottonata e umida di champagne, un’aria stanca ma felice, e nella mano due calici di vetro.

Lo guardai dapprima sconvolta, poi gli chiesi: 

“Denis, che ci fai qui?”


“Sono venuto a vedere come stai. Va tutto bene?”

“
Beh sei in ritardo. Sono venuta prima io a vederti oggi. Sto bene grazie.” Dissi, aggiustandomi la maglia che mi induceva a una scollatura un po’ troppo audace. 


“Davvero? Hai assistito alla gara?” Disse, sorpreso.

“Sì, sai com’è, l’ho scoperto mezzo’ora prima del via che eri uno dei piloti.”

Lui sorrise di gusto. 

“Lo so, non amo dirlo appena mi presento.”

“Posso immaginare.” Risposi, facendogli posto sul divanetto spostando le mie mutandine di pizzo.

Il suo sguardò subito le captò e sorrise leggero agli angoli della bocca.

“Sono venuto per festeggiare, comunque. Volevo confessarti la mia identità ma tu hai fatto prima.” Disse, dirigendosi verso il frigo bar.

“Ascoltami Denis, perché mai vorresti festeggiare con me? Neanche ci conosciamo.” Dissi, un po’ infastidita d questo suo voler fare a prescindere. 

“Mi piace stare con te, stanotte è stato bello.”

“Ma se hai dormito dall’alto lato.”

“Beh ho mentito. Mi sono steso accanto a te appena ti sei addormentata, è bello vederti dormire.”

Arrossii subito, non me l’aspettavo.

“Avevi giurato…”

“Si, lo so. Non mantengo mai le promesse.” Disse, porgendomi un calice. 

“A me che sono un campione, a te che inciampi nei miei pensieri.” 

Ingoiò lo champagne in un solo istante e poi sorrise.

“Ti dispiace se faccio la doccia?” Disse.

“No certo. Ma cosa vuol dire inciampare nei pensieri…”

Denis tirò giù la lampo della tutta dalla quale sbocciavano addominali ben scolpiti.

“Non ho fatto…altro - disse, pesando le parole con fatica- che pensare a te per tutta la gara. Mi hai dato un’energia stanotte che non so spiegarmi. L’ho vissuta così bene che probabilmente la vincita è dedicata a te.”

Lo guardai stupita.

“Io e te neanche ci conosciamo.” Dissi, un po’ infastidita da quella presa per il culo.

“Lo so. E’ per questo che ti ho pensata. Perché vorrei conoscerti in tutti i modi…possibili.” 

Ah benissimo, mi dissi, mai un tipo aveva fatto tutta sta sceneggiata per scoparmi. 
Ma se proprio dovevo, il soggetto non mi dispiaceva.

“Fai pure la doccia.” Dissi, un po’ spazientita.

“Vieni con me?”

“Andiamo, Denis.” 

“Mh.” Disse lui, viziato spocchiosetto che ansimava ogni volta che si muoveva. 

Mi si avvicinò lentamente circuendomi al muro, e poggiò le sue labbra sul mio orecchio sinistro.

“Ida, hai un profumo pazzesco. Stanotte mi ha fatto letteralmente impazzire mettere il naso sulla tua pelle."

“Mi hai annusata?”

“Sì, ed è stato meraviglioso. Mi ha inebriato il cervello per tutto il giorno.”

“Denis…questo è surreale…e anche un po’ inquietante.”
Dissi, cercando di allontanarlo.

“Ida, tu sei surreale. Che mi hai fatto? Mi hai stregato? Non capisco quanto ti voglio…”

“Non sono la tua valletta che puoi scoparti post vittoria…”

“Chi?”

“La tipa che hai baciato sul podio. Perché non vai da lei?”

“Perché lei non è niente. É scena. Lei non sei tu.”

“Non sai neanche chi sono.”

“So che sei quello di cui ho bisogno.” Disse, poggiandomi le labbra sul collo. 

Una fortissima scossa mi arrivò fino ai piedi, fino a quando la sua lingua non si aprì totalmente sul mio collo, e iniziò a leccare dal retro del lobo fino alla spalla. 

“Denis…fermati…”

“Chiedimelo meglio…”

“Mhh…dovresti…fermarti…” continuavo, ansimando.

“Devo o dovrei?”

“Dovresti..ehm…dio.” Mi rimangiai le parole. 

Cn uno scatto felino mi prese il viso con due mani e mi baciò profondamente, facendo girare la sua lingua dentro la mia bocca e rubando ogni mio sospiro di esasperazione e goduria. 

Continuò a girare con la sua lingua, e a far scendere le mani sui miei fianchi, mi incastrò al muro e si lanciò col volto tra i miei seni prorompenti.

“Cristo, che tette hai…” disse, affondando la faccia all'interno della mia quinta. 

La maglia che tanto avevo avuto premuta di sistemare pochi minuti prima, era già in preda alle sue dita, e mordendo leggermente le dune dei miei seni, la strappò in un solo gesto, lasciandomi solo in reggiseno di pizzo nero. 

Qualcosa in me mi diceva di doverlo fermare, ma la parte irrazionale del mio corpo aveva voglia di assaggiare tutta la pelle di quel campione.

Non credevo neanche ad una delle sue parole, ma mi dissi che per una volta potevo lasciarmi andare senza alcun sentimento. Meritavo anche io una scopata occasionale. 
Ero stata troppo una brava ragazza. E la cosa non aveva affatto ripagato. 

Continuò a succhiarmi i seni, calando lentamente il pizzo verso il basso, fino ad arrivare ai miei capezzoli. Cominciò a succhiarli dolcemente, girando di tanto in tanto la lingua, e battendoli maliziosamente. 
Tenevo i suoi capelli tra le mie mani, e lo accoglievo nel calore del mio seno turgido. 

Portò il suo viso al mio, infilandomi di nuovo la lingua nella bocca, e ansimava passionalmente cercando di alzarmi la gonna. Cercai di muovermi per poterlo toccare di più, ma lui non voleva saperne di smettere di fare tutto quel che voleva. 

Il mio seno era stretto al suo petto seminudo, la sua bocca sulla mia e le sue mani sulle mie cosce sotto la gonna, che accarezzavano la mia pelle morbida. 
Con un ginocchio mi blocco una gamba al muro, e con una mano scese sui miei slip, accorgendosi della piena umidità.

“Sei già così bagnata?” Mi disse, supplicante.

“Sì, colpa tua.” Risposi.

Lui ansimò ancor di più, e scostando il tessuto leggero, col dito medio accarezzò le labbra pregne di umori, fino ad arrivare delicatamente al clitoride pulsante. 

Sentivo la sua erezione sul mio fianco, mentre una mia gamba era ancora bloccata, e ansimavo forte perché sapeva davvero dove mettere le mani. 

Si postò con le labbra sul mio collo, e nel momento in cui affondò i denti nella mia pelle, il suo dito medio scivolò diritto nel mio fiore, provocandomi una sensazione di piacere tale da lanciare un grido voglioso. 


Mi guardò ansimante e sorrise, gli piaceva vedere il frutto del suo lavoro. 

“E’ così che ti ho pensata tutto il giorno, la mia vittoria.” Disse, inginocchiandosi. 

Non riuscivo a parlare, le parole si fermavano sul petto perché la sensazione di goduria era troppo forte. 

Mi aprì le gambe e iniziò a succhiare via tutti gli umori, ingoiandoli come il più assetato degli uomini. 
La lingua scivolava sulle mie labbra e con le dita penetrava a fondo, scopandomi deliziosamente. 

Ansimando, riuscii a strisciare qualche lettera: 

“Denis…ti prego, ti voglio.”

“Piccola…” disse lui, leccando veloce il clitoride.

Si alzò di scatto succhiandosi le dita ricoperte del mio profumo, con l’altra mano si calò il resto della tuta, mostrando la sua splendida erezione. 

Mi girò di spalle, poggiandomi al muro e mi sculacciò forte per farmi inarcare la schiena. 
Le dita che dapprima erano nella sua bocca, ora erano nella mia.

“Senti, senti quanto sei buona.” Disse, infilandole. 

E mentre scendevano giù per la mia gola, il suo pene entrava lento dentro di me. 

Sentirlo mi fece totalmente impazzire, e quando con un colpo di fianchi si ritrovò in fondo, ci liberammo entrambi in due grida di passione. 

Mi bloccò le mani al muro e iniziò a scoparmi senza sosta, dapprima lento e poi veloce. 
Mi tirava i capelli e mi ansimava nell’orecchio.

“Non ho mai goduto così, cristo.” Mi disse, tenendomi le mani strette.

“Ancora, ti prego, non fermarti.” Ansimai.

“Non mi fermo per niente al mondo, piccola.” E continuò a scoparmi velocemente. 

Le sue mani scesero sui miei seni, mentre la destra scese ancor di più sul clitoride. 
Me lo stimolava con l’indice continuando a penetrarmi costantemente.

Ero in preda a uno degli orgasmi più potenti mai provati prima, e quando le sue labbra si posero sul mio lobo, dicendo:

“Ora vieni per me…” 

Esplosi violentemente, squirtando sulla sua erezione, mentre urlavo di piacere. 

“Oh si, i tuoi umori sul mio cazzo, oh dio, si…” continuò a scoparmi senza sosta. 

“Vengo, piccola…vengo.” 

Mi bloccò ancor di più al muro e ansimando violentemente esplose in un orgasmo pieno, tutto dentro di me. 

Restammo bloccati al muro per qualche secondo, mentre lui continuava a muoversi lentissimamente. 

I nostri respiri affannati erano potenti, e con un gesto si accovacciò per terra portandomi a se. 
Ero letteralmente seduta sul suo pene e nel suo grembo. 

“E’ stato meraviglioso…dio.” Mi disse, scostandomi i capelli dalla spalla.

“Oh…si. Davvero…sorprendente.” Dissi, osservando gli stemmi sulla sua tuta dinnanzi a me ormai riversa per terra.

“Mi sei venuto…insomma…dentro.” Dissi, un po scioccata. 

“Tanto prendi la pillola, no?” disse.

“Come fai a saperlo, scusa?” Dissi, girandomi verso di lui.

“Ieri sera hai lanciato le tue cianfrusaglie a caso sul divano, ho visto la scatola uscita dalla borsa.” 

Sorpresa, lo guardai: “ E se ne avessi saltata una?” 

“Ah beh, mi prendo ogni responsabilità.” Disse, sorridendo. 

“Sei davvero un cretino.” Gli dissi. “ Comunque la prendo regolarmente.” 

“Buono a sapersi…sai, per le prossime…” sorrise.

“Ah credi ci sarà una prossima?” Dissi io, alzandomi. 

“Lo spero vivamente.” Disse lui, seguendomi. 

“Vuoi fare la doccia?” Mi chiese, dirigendosi verso il bagno,

“Solo se la vasca è piena di schiuma…” dissi.

“Ogni tuo desiderio, piccola…” sorrise, aprendo il rubinetto a tutta velocità.

Nell’attesa che si riempisse, mi si avvicinò baciandomi delicatamente.

Io lo strinsi di riflesso, e mi rassicurai di aver fatto qualcosa di diverso ma non di sbagliato. 

Il contatto con la sua pelle mi fece eccitare nel giro di pochi istanti, di nuovo.
E la cosa sembrò essere reciproca. 

Stavolta però, non avrei lasciato il comando al campione. 

Mi inginocchiai lentamente baciandogli tutto il petto, fino ad arrivare alla sua erezione.

Nel momento in cui le mie labbra sfiorarono la sua cappella, le sue mani cercarono appoggio dietro di se sul bordo della vasca.

E il suo sguardo si tirò all’indietro, ansimando: 

“Non lo so che cazzo mi fai…non lo so…ma ti prego, non smettere mai.”
























Ciao lettori! Fatemi sapere se questa storia vi interessa, ho un po’ di idee per il continuo. 
A presto!
scritto il
2022-05-31
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