L'esame universitario

di
genere
incesti

Quando invitai mia cugina Sara a studiare a casa mia, l’esame di fisica era alle porte e il mese di Giugno stava per volgere al termine; faceva abbastanza caldo: l’estate era ormai entrata in maniera prepotente nelle vite di ognuno di noi. Lei aveva 22 anni, mentre io uno in più.
Aveva bisogno di un ripasso generale perché non era del tutto preparata. Diceva che quella materia era la più difficile di tutte, non avendo una solida preparazione di base.
I miei genitori erano fuori per il weekend e, di conseguenza, avevo la casa tutta per me. Avremmo potuto ripassare in tranquillità tutto il programma, in vista dell’esame universitario che ci attendeva. Avevamo scelto la stessa facoltà e seguivamo i corsi insieme ormai da due anni. Lei era una ragazza bellissima: capelli biondi lisci, occhi verde smeraldo, labbra sottili, un bel seno, una seconda misura perfetta. Tra di noi c’era un solido e bel rapporto che durava dai tempi del liceo. Non eravamo semplicemente cugini, ma eravamo come fratelli: ci raccontavamo tutto e ci sostenevamo a vicenda in ogni situazione.
Decidemmo di vederci per le 15:00, quindi, le avrei svelato tutti i segreti di fisica II, l’esame che dava il tormento a tutti gli studenti di ingegneria della nostra facoltà.
Molte, troppe volte, mi ero masturbato pensando al suo corpo, alle sue gambe, ai suoi seni. Mi eccitava in un modo incredibile ma non l’avrei mai confessato a nessuno, nemmeno sotto tortura. Spesso mi masturbavo per lei immaginando i suoi piedi, che erano bellissimi, il suo seno. Mi eccitava tutto di lei.

Sara si presentò in perfetto orario indossando un leggings bianco molto aderente, una canotta dei nirvana (il suo gruppo preferito) e ai piedi portava delle infradito. Un abbigliamento leggero vista la calura di quella giornata.
Quando la accolsi in casa la osservai in tutta la sua bellezza, come un raggio di sole che entrava nella mia stanza; deglutii a fatica e mi destai da quella bellissima visione quando lei mi disse: “beh, non mi fai entrare?”
“Certo, certo! Accomodati pure”, replicai.
Ci sistemammo nella stanza dove di solito studiavo, con al centro una scrivania e due sedie che avevo preparato per l’occasione. Purtroppo il condizionatore era fuori uso e ci toccava metterci al lavoro accontentandoci di qualche alito di vento proveniente dal corridoio, un piccolo sollievo che ci avrebbe dato la possibilità di affrontare quelle lunghe ore di studio.
Ci applicammo intensamente e dopo due ore il caldo sembrava non volesse darci tregua. Decidemmo di concederci una pausa e rinfrescarci con una limonata che avevo preparato per l’occasione, cogliendo i limoni del mio giardino sul retro. Bevemmo seduti uno di fronte all’altro; lei accavallo le gambe e non potei fare a meno di notarle. Mi accorsi quasi subito che non indossava il reggiseno, complice il calore di quella giornata, così come il nostro legame. Ogni volta che potevo cercavo di guardare all’interno della scollatura della canotta e, in più di un’occasione, riuscii a vedere completamente i suoi seni nudi.
Come sempre, era bellissima in tutta la sua semplicità.
Quelle vaghe occhiate avevano fatto salire la mia eccitazione sopra il livello di guardia; avevo bisogno di calmarmi altrimenti non sarei mai più riuscito a riprendere lo studio, altro che fisica! In quel momento avevo in mente solo il suo corpo.
“Ti dispiace se vado un attimo in bagno?” dissi alzandomi dalla sedia, approfittando della pausa.
“Certo, figurati” disse lei aprendo distrattamente il libro di fisica come a dire: vai pure, io intanto continuo a ripetere.
Avevo intenzione di masturbarmi velocemente e di venire al più presto possibile per cercare di liberarmi da quella libidine che il suo corpo mi aveva conferito in poco tempo.
Percorsi il corridoio, entrai in bagno e richiusi la porta alle mie spalle; mi sistemai in piedi di fronte al water; poggiai una mano sulle mattonelle fredde e con l’altra mano mi tirai fuori il pene che stava quasi per esplodere. Era in erezione, e avrei dovuto masturbarmi se volevo che tutto finisse, nonostante sapessi, dentro di me, che quella era una cosa sbagliata; insomma, masturbarsi per la propria cugina, nonostante fosse una ragazza bellissima, non pensavo fosse giusto.
Iniziai a muovere veloce il pene, chiudendo la mano a pugno sull’asta dura e, sapere che lei era nella stanza accanto, mi procurava ancora maggior piacere ma, nonostante ciò, dopo alcuni minuti mi sentivo bloccato e non riuscivo a venire anche se avevo voglia di scaricare tutto il mio piacere sotto forma di caldo seme dedicato a lei.
Mentre stavo muovendo il pene in piedi di fronte al water, sentii dei passi provenire dal corridoio.
Era lei che si avvicinava alla porta del bagno.
Dopo poco bussò : “ehi, va tutto bene?”, disse.
Io risposi con noncuranza “ehm…sì certo..tutto ok…ora esco”.
Tirai lo sciacquone e uscii non avendo concluso nulla, ma ritrovandomi ancora più eccitato di prima, con il pene duro nei pantaloni. Tornai in camera e la trovai china sul libro di fisica intenta a sottolineare con attenzione alcuni passaggi. Riuscivo a vedere bene il suo decolté e la forma sinuosa ed eccitante del suo seno.
Alzò la testa da quello che stava contemplando. “Ehi! Mi stavo preoccupando”, disse.
“Tutto bene, non è niente”, dissi cercando di simulare una sorta di indigestione passeggera toccandomi la pancia. Lei rise al mio gesto, forse perché aveva capito che si era trattato di un attacco di diarrea. L’avevo scampata per un pelo.
Ma il mio problema era di tutt’altra natura: lo tenevo duro nei pantaloni della tuta, e non riuscivo, per quanto ci provassi, a nasconderne il gonfiore. Riprendemmo a studiare e cercai di darmi un contegno, ma per quanto ci provassi non ci riuscivo; mi tremavano le mani e sottolineare le frasi con l’evidenziatore era diventato difficile.
Mentre eravamo curvi sui libri lei disse: “potevi almeno aspettare che andavo via”. Subito dopo fece un risolino inclinando le labbra, per poi nascondersi dietro il quaderno degli appunti.
Rimasi pietrificato, non sapevo cosa risponderle; cercai di balbettare qualcosa ma non riuscivo a dire una parola. Poi presi un bel respiro e dissi: “cosa dici?”
“Ti ho visto dal buco della serratura…” disse con un tono di vergogna a bassa voce, cercando di distogliere lo sguardo.
Avevo il capo chino e aspettavo che quel momento passasse il più velocemente possibile; ero consapevole d’aver fatto una figuraccia. Lei mi eccitava, certo, ma era comunque mia cugina e non volevo perderla o, peggio ancora, ferire i suoi sentimenti. Avrei potuto rovinare tutto a causa della mia mancata capacità di controllarmi e di controllare i miei istinti.
“beh… direi che hai un bell’attrezzo…” disse continuando a guardare il libro.
Io deglutii non sapendo cosa risponderle, ma il solo pensare che si stava riferendo al mio pene, e che mi aveva spiato poco prima, mi fece eccitare ancora di più. Allora le confessai tutto, a cominciare dalla mia passione per lei, per il suo corpo e i suoi piedi, fino a confessarle le masturbazioni che le dedicavo, che erano state tante.
Sara divenne rossa in viso, ma l’argomento non sembrava preoccuparla più di tanto. Ne parlava serenamente, un po' come di tutti gli argomenti che insieme snocciolavamo. Sapeva di essere una bella ragazza e mi confessò a sua volta, con non poca vergogna, che in qualche modo essere oggetto del mio desiderio la inorgogliva. Per lei ero come un fratello più che un cugino e sapeva che alla mia età avevo le mie esigenze; dopotutto anche io ero un uomo come gli altri e una semplice fantasia non era poi un dramma.
Lo riteneva un complimento che io mi masturbassi pensando a lei e non pensava ci fosse nulla di male, alla faccia di tutti i bigotti del mondo. Lei era così, schietta e sincera. Anche per questo le volevo un mondo di bene. Quando mi disse tutto questo esplose in una risata, cosa che mi fece piacere e mi tranquillizzò; risi anche io e quel momento di imbarazzo sembrava essere passato.
Dopo essermi liberato di quel peso mi sentii meglio e le proposi di riprendere la nostra giornata di studio, quando lei all’improvviso disse:
“E…non intendi finire?” mi disse guardandomi con i suoi bellissimi occhi che ricordavano quelli di una ragazza giapponese, una di quelle protagoniste dei manga che collezionavo da quando avevo dieci anni.
“Finire… cosa?”
“Beh.. dài, hai capito…” disse timidamente “…so che per voi maschietti trattenervi può essere pericoloso in alcuni casi…”
“Sara dai… meglio continuare…”
“Vuoi che ti aiuti?”, disse bloccando le mie parole; subito dopo si morse il labbro inferiore e mi sorrise. A quel gesto e a quelle sue parole il mio pene reagì all’istante sbattendo contro il boxer che cercava di contenerlo senza riuscirci.
“Di… di cosa stai parlando?” risposi, …mi sentivo come se avessi la febbre a 40.
“Beh..se dici che io sono l’oggetto preferito per le tue… ehm… insomma, i tuoi momenti solitari, ora sono qui, potresti approfittarne.”
Mi parlava in modo serio e non sembrava minimamente turbata per quella giornata di studio che si era trasformata in un pomeriggio di dichiarazioni sessuali tra cugini.
Forse era molto più libertina di quanto avevo immaginato e molto più aperta mentalmente. Non sapevo cosa pensare.
“Dai..forza…poi riprenderemo a studiare in modo totalmente più calmo… specialmente tu”
“Stai scherzando Sara?”
“No! Sono serissima. Questo esame per me è molto importante e se tu non ti concentri non riuscirò mai a passarlo.” Si alzò dalla sedia e mi invitò a sedermi sul divano.
Lo feci. Lei si mise al centro della stanza e tolse le infradito rimanendo a piedi nudi. Era bellissima. Anche se ero nell’imbarazzo più totale, il mio pene continuava a reagire, era arrivato al massimo dell’erezione e sobbalzava ad ogni suo movimento.
“Su, forza…” disse intimandomi di prepararmi. Ero completamente nel pallone! Avevo la febbre, era l’unica spiegazione, e quello era tutto un sogno. Abbassai la tuta e il boxer e tirai fuori il mio pene duro. La cappella era lucida e umida, bagnata dai miei umori. Le guardavo le gambe avvolte nel leggings aderente ed ero come ipnotizzato. Nonostante la sua sfrontatezza potevo leggere sul suo viso i segni di un leggero imbarazzo.
Era ancora più dolce. Diede uno sguardo veloce al mio pene duro, poi sembrò quasi distogliere lo sguardo per la vergogna.
“Cosa vuoi che faccia?” mi disse rompendo quel silenzio imbarazzante.
Non risposi. Non che non volessi, ma non ci riuscivo. Mi guardò. Ero tremendamente eccitato per tutta quella situazione.
Si morse il labbro inferiore. “Ok. Faccio da sola. Tu comincia pure”, disse. “Inizia ad accarezzarti”
Iniziai a muovere il mio pene duro con la mano, scoprendo e ricoprendo il glande ritmicamente. Lei di fronte a me, al centro di quella stanza dove tante volte mi ero masturbato pensando al suo corpo, stava per spogliarsi.
Afferrò l’elastico del leggings e lo tirò giù lungo le gambe. Indossava delle semplici mutandine rosa in cotone che disegnavano un triangolo perfetto al centro delle sue gambe. Niente ricami in pizzo, nessun perizoma da super donna. Una semplice mutandina rosa che, indossata da lei, era la cosa più eccitante che avessi mai visto.
Quando ebbe sfilato completamente il leggings lo ripiegò e girò su sé stessa per poggiarlo sulla sedia. Quando lo fece potei vedere le mutandine, che pur non essendo un modello a “perizoma”, erano incastrate tra le sue natiche sode e perfette; un’eccitazione assurda invase il mio cervello e, per un attimo, sentii quasi le lacrime scendere dai miei occhi. Non potevo credere a quello che stava accadendo: l’oggetto delle mie tante masturbazioni era di fronte a me e mi stava “aiutando”. Era una cosa dolcissima ed estremamente eccitante.
Venne il turno della canotta dei Nirvana; quando la tolse i suoi seni piccoli, sodi e bellissimi, vennero fuori in tutto il loro splendore. Aveva le areole minuscole e rosa e i capezzoli puntavano all’insù.
“Dai forza…fai pure” disse con un filo di voce. Nonostante fosse mezza nuda di fronte a me, e perfettamente a suo agio, cercava di coprirsi il seno, e sul suo viso potevo leggere quel misto di vergogna ed eccitazione che in un attimo fecero di lei la donna più bella che avessi mai visto in vita mia. Avevo gli occhi sbarrati, afferrai nuovamente il mio pene che pulsava. Avevo la mano completamente bagnata dei tanti umori che il mio glande stava producendo alla vista del suo corpo.
Quando ripresi la mia “opera”, lentamente afferrò i lembi delle mutandine e iniziò a calarle giù per le gambe non distogliendo per un attimo lo sguardo dal mio pene, come se fosse la cosa più bella del mondo; mentre calava le mutandine potevo notare la sua vagina con pochi peli che formava una V perfetta tra le sue cosce. Quando le arrivarono ai piedi con un colpo le mise da parte e rimase totalmente nuda di fronte a me.
“Almeno poi dopo riprenderemo a studiare” mi disse di nuovo ridendo vedendomi eccitato in quel modo.
Quella frase mi rimbombava nella testa. Mi sentivo come in un dopo sbronza micidiale. Continuavo a masturbarmi guardando la sua vagina perfetta. Mi guardava rossa in viso mentre mi concedevo piacere da solo. Prese a carezzarsi la pancia piatta, un po’ stupida al centro della stanza, aspettando solo la mia eiaculazione per poter riprendere a studiare quell’esame universitario che tanto ci stava facendo penare.
“Ci sei quasi?” mi disse. Io ero al limite dell’orgasmo anche se volevo prolungare quel momento più a lungo possibile, e riuscii solo a proferire una parola, un piccolo “Sì…qua…quasi…”; Muovevo ritmicamente la mano sulla mia asta dura, ma cercavo di resistere il più possibile, stando ben attento a non eiaculare e interrompere così quel momento super eccitante.
Si accomodò accanto a me sul divano mentre continuavo a masturbarmi; mancava davvero poco alla mia esplosione. Il divano sobbalzava ad ogni mio movimento e vedevo il suo seno fare altrettanto sotto i colpi che mi stavo dando.
Era seduta accanto a me e aveva raccolto le gambe sotto il sedere. Da quella posizione potevo guardare benissimo l’apertura della sua vagina che forse mai sarebbe stata mia. L’interno delle labbra era rosa pallido. A pensarci bene tutto quello che stavo vivendo mi sembrava una specie di castigo da girone infernale. Una cosa così bella che non avrei mai avuto.
Senza dire nulla le accarezzai la coscia sinistra. Lei mi sorrise e si morse di nuovo il labbro inferiore, consapevole di come aveva scombussolato i miei ormoni. Notavo che anche sul suo viso si stava palesando una evidente eccitazione.
“Però una cosa devo chiedertela”
“Dimmi pure. Tutto quello che vuoi”
“Quando ti masturbi per me… beh, insomma… a quale parte del mio corpo pensi?”
Nonostante fossi di fronte a lei con il pene duro, quella domanda mi imbarazzò. “Devo proprio dirtelo?”
“Beh, mi sembra il minimo direi… dopo l’aiuto che ti sto dando”, rispose lei ridendo di gusto. Anche a me scappò una risata, forse nervosa.
“Mi piace molto il tuo seno, e poi… se te lo dico non riderai?”
“Certo che no”
“Mhhh, mi eccitano molto i tuoi piedi, ed ho sempre immaginato come potrebbe essere… beh… il tuo odore”
Lei mi guardò come se non avesse capito bene di cosa stessi parlando, poi rispose dicendo: “I miei piedi? Non so cosa possano avere di tanto eccitante. Comunque, eccoli qua”, si divincolò dalla posizione in cui si era seduta, togliendo i piedi da sotto il sedere. Aveva uno smalto rosa sulle unghie ed erano perfetti. Quando li vidi feci un sospiro e sentivo che il mio pene stava per esplodere. “Ah… poi… per l’odore possiamo rimediare”, disse. Si alzò dal divano e raccolse le mutandine che giacevano a terra piegandosi a novanta gradi con le gambe strette, mostrandomi la fenditura della sua vagina. Raccolse le mutandine e venne a sedersi di nuovo accanto a me sul divano. Le dispiegò. Nella parte in cui erano a contatto con la sua vagina c’era una striscia umida che sicuramente era stata causata dai suoi umori. Mi porse le mutandine dispiegate.
“Puoi odorarle se ti aiuta”. A quel gesto e quelle parole il mio pene sobbalzò e dalla cappella iniziarono a colarmi degli umori appiccicaticci e trasparenti. Non mi era mai capitata una cosa del genere durante le mie tante masturbazioni. Portò le mutandine sotto il mio naso e diedi una profonda sniffata; sentii l’intenso aroma della sua vagina invadermi il cervello, un odore misto di pipì e umori vaginali che scombussolò ancora di più i miei ormoni impazziti. Nel frattempo continuavo a masturbarmi il pene che adesso mi faceva male sul serio.
“Sara, sto venendo”, fu l’unica cosa che riuscii a dire. Parlavo come un ubriaco e le parole uscirono dalla mia bocca biascicate. “Vieni pure” disse lei, mentre continuava a tenere ferme le sue mutandine sotto il mio naso. Fu in quel momento che eiaculai con tutta la forza che avevo nei testicoli producendo un getto di sperma che m’inondò la pancia e il petto. Sara mi guardò godere e fece un leggero sorriso, sgranando gli occhi, incredula, per l’enorme orgasmo che avevo provato. La soddisfazione era disegnata sul suo viso bellissimo.
Quando mi calmai tolse le mutandine dal mio viso soddisfatto. “E’ stata la sega più bella della mia vita” le dissi. “Mi fa piacere”, disse lei mentre con un movimento lento cercava di rimettersi le mutandine, contorcendosi sul divano. Avevo la pancia inondata dal mio seme.
Si alzò e iniziò a rivestirsi. “Dai, riprendiamo a studiare?”
Feci “sì” con la testa. “Anche se avrei bisogno di lavarmi.”
Lei si sedette alla scrivania. “Fai con comodo” mi disse con un sorriso.
scritto il
2023-08-29
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