Sono una stronza (Ingrid 3)

di
genere
tradimenti

Mi chiamo Ingrid Lindström e sono la madre di Lizzy. Ho scoperto questo sito grazie a lei, che a quanto pare ha un'ottima fantasia. Leggendo alcune storie, ho pensato che, essendo in pensione, potrei raccontare un po' delle esperienze che ho vissuto dopo il divorzio. Così eccomi qui, pronta a immergermi nei ricordi, sperando di trovare qualcosa di interessante.
Prima di tutto, so che è importante descrivermi fisicamente, anche se le storie che racconterò spazieranno su un arco di 20 anni, durante i quali il mio corpo è cambiato continuamente. Sicuramente non sono più bella come un tempo, né tanto affascinante quanto mia figlia, sulla quale vi siete concentrati ultimamente. Nonostante ciò, non mi reputo ancora da buttare, e penso che la mia eleganza compensi la bellezza persa. Il mio viso è segnato dall'esperienza, e le rughe lo rendono seducente. I miei capelli biondi, con un po' di aiuto, riflettono ancora la luce del giorno. Gli occhi azzurri, a quanto pare penetranti, non trasmettono certo dolcezza. Nonostante l'età, cerco di mantenere la forma, con delle curve generose e un seno rigoglioso. Non so cos'altro dire, ma fornirò ulteriori dettagli nelle mie storie

Dove eravamo rimasti? Ah sì, ero appena tornata dalla Giamaica, avevo iniziato a vivere con la mia cognata. Ormai è passato un annetto, giorno più, giorno meno, e le cose sono cambiate. La nostra avventura passionale è terminata dopo due mesi, come giusto che sia. Ma sai cosa? Lei ha trovato un bravo ragazzo e mi ha scaricato come fossi un mucchio di spazzatura nella mia nuova casa in provincia di Milano.
Voglio raccontarvi qualcosa che pochi sanno e pochi sospettano: sono una stronza vendicativa.
Per spiegarvi meglio quello che è accaduto durante una festa di compleanno, forse dovrei fare un po' di preamboli. Sicuramente darete ragione alla donna coinvolta, ma non mi importa.
Tutto iniziò un sabato sera. Uscii per una serata tranquilla, una bevuta, un ballo e magari qualche avventura. Anche io sono una donna, cazzo, cosa vi aspettate? Fu quel giorno che incontrai Adamo, un bel figliolo di trent'anni, ovviamente non voglio dare nomi veri quindi lui lo chiamerò come il primo uomo sulla terra e lei come la sua consorte Eva. Alto, muscoloso, e ci parlammo un po'. Ad essere sincera, ci andai pesante, arrivai anche a baciarlo e giunsi ad accarezzagli il pene, ma qui arrivò il bello: era sposato e lo scoprii solo quando sua moglie mi diede uno schiaffo. Sì, perché quella fatidica serata c'era anche Eva, era andata a ballare con un'amica e aveva perso le tracce di suo marito. E questa fu la prima volta che li incontrai.
Pensate che fosse finita lì? Ebbene no. Dopo due mesi, rividi la moglie in una libreria. Non successe nulla di particolare, semplicemente mi passò accanto, mi diede una spinta e mi chiamò puttana. Non c'è due senza tre, vero? E questa volta non ci fu nemmeno un incontro vero e proprio. Semplicemente persi un lavoro perché la signora parlò alle mie spalle con un cliente, il quale mi scrisse che non aveva più intenzione di rinnovare la nostra collaborazione a causa della mia discutibile condotta morale. Secondo me era solo stanco che non uscissi con lui e si era ingelosito perché avevo flirtato con uno sconosciuto.
Bene è arrivato il momento che tutti aspettavate, il momento della vendetta.

La notte del 23 febbraio 2004 è un'istantanea indelebile nella memoria, una delle scopate più incisive della mia vita, non tanto per l'atto in sé, ma per le conseguenze devastanti che ne sono seguite.
Fui invitata alla festa di compleanno di una delle mie amiche più strette, che festeggiava il tragico traguardo dei 40 anni. Desideravo esserci, ignara della bomba che sarebbe esplosa. Trascorsi almeno un'ora a decidere il mio look, consapevole che Sonia, la mia amica, apprezzava la mia bellezza, anche se non avevamo intenzioni lesbiche. Optai per un look provocante: una camicia bianca aderente, una gonna vintage ampia con bretelle, intimo nero di pizzo e scarpe nere con un tacco vertiginoso da 12 cm. Mi guardai allo specchio e sentii un vuoto. Sembravo una segretaria. Aggiunsi degli occhiali da porca e mi feci una coda ai capelli, all'epoca lunghi e biondi.
Arrivai quasi per ultima alla festa, colma di rammarico per il ritardo, ma quel giorno dovevo lavorare. Appena in tempo per scambiare un bacio con la festeggiata e notai Eva, la stronza, la cornuta. Anche lei mi vide, tradita dall'irrigidirsi delle spalle e dall'espressione ostile sul volto. Avrei voluto avvicinarmi, chiederle conto del suo comportamento con il mio cliente, ma era la festa di Sonia, quindi tracannai il mio rancore con un sorso di alcol.
La serata procedeva tranquilla, fino a quando non la vidi indicarmi e ridere con una sconosciuta. La mia pazienza era esaurita.
Mi avvicinai con passo deciso, i miei tacchi risuonavano con fermezza sul pavimento di legno. Afferrai una delle sue spalle - “Posso sapere perché ridete?”
“Non sono affari tuoi” - ridacchiò con sprezzo, aggiungendo - “Troia” - e la sua complice rispose con un ghigno compiaciuto.
“Come osi? E tu, chi ti credi di essere? Non sei nemmeno capace di tenere a freno tuo marito!” - sbottai, lasciando trasparire tutta la mia rabbia.
Fu in quel momento che ricevetti la seconda e ultima sberla della sua vita.
“Ora vattene, non vorrai fare una scemata davanti alla tua amica” - mi indicò Sonia con un gesto sprezzante.
Purtroppo, benché avesse ragione, un pensiero malsano mi attraversò la mente. Sapevo che il marito stava bevendo qualcosa con altri uomini e presi la mia decisione.
Lo trovai con una birra in mano accanto al bagno. Presi la sua mano - “Io e te abbiamo un discorso in sospeso” - lo trascinai verso l'esterno, ignorando la pioggia che cadeva con violenza.
“Dove credi di andare... mia moglie..” - tentò di protestare. Lo interruppi con fermezza. Lo spinsi contro la parete dello spogliatoio e lo baciai. I miei capelli erano zuppi, la mia camicetta iniziava a diventare trasparente, mostrando il reggiseno sexy. Come previsto, lui ricambiò il bacio con ardore e il suo pene si irrigidì sotto i pantaloni.
“Ora io e te scopiamo alla faccia di tua moglie” - non disse nulla, ma posò la sua mano rude sul mio seno. Mi strappò la camicia e mi afferrò il seno con determinazione. Lo baciai con veemenza, lui era veramente attraente.
Vi ricordate la prima volta che lo conobbi, gli avevo accarezzato il pene. Bene, lo feci di nuovo. Gli sbottonai i pantaloni e tirai fuori quel membro eretto. Con le mie mani esperte lo accarezzai vigorosamente. Era davvero enorme, capii perché Eva ne era gelosa. Mentre lo baciavo, agitavo con ferocia il suo membro. Ogni tanto gli massaggiavo anche i testicoli, con una soddisfazione maliziosa.
Sentii il suo ardore mentre mi inginocchiai. Nonostante la pioggia battente, il momento era di una tensione palpabile. Afferrai i suoi testicoli con maestria, introducendo la sua enorme cappella nella mia bocca. Scostai il prepuzio e intrufolai la punta della lingua nel suo meato, facendolo gemere.
“Oh Dio, mia moglie!” - mi girai preoccupata, ma la pioggia e l'oscurità del salotto ci avvolgevano, rendendoci invisibili.
Sprofondai fino alle tonsille, avvertendo un rigurgito. Lui mi tirò i capelli, quasi strappandomeli.
Mi rialzai, appoggiandomi al muro dello spogliatoio, protetta dalla tettoia dalla pioggia. Spalancai le gambe, pronta per l'amplesso - “Datti da fare, maiale”.
Reagì come un uomo sposato e sano avrebbe fatto. Alzò la mia gonna, abbassò leggermente le mutandine e mi penetrò con vigore, facendomi sentire la durezza del marmo contro la mia carne. Ero fradicia in tutti i sensi. Il suo cazzo mi spingeva contro il legno, ma io ero in controllo.
“Fottimi, bastardo, fottimi come non hai mai fatto con tua moglie” - lo incitai, mentre sentivo il suo membro penetrarmi con audacia, alla ricerca del fondo del mio essere. Gli presi le mani e le posai sul mio seno - “Stringimi, traditore di merda, fammi male”.
I miei capezzoli cedettero sotto la sua pressione. Ammetto che ero eccitatissima; non mi importava venire, la vendetta era la cosa più importante.
Chiudendo le gambe, lo trattenni dentro di me. Sentivo che stava per venire, ma all'improvviso mi venne un'idea. “Non osare venire dentro di me, non voglio un figlio da un coglione simile” - sussurrai, conscia che la mia età rendeva difficile rimanere incinta, ma partorire il suo figlio sarebbe stata una vendetta perfetta, visto che loro non ne avevano ancora.
“Vieni, stronzo” - lo incitai. Non ci volle molto perché esplodesse, scagliando il suo seme contro il mio culo e le mie gambe.
Mi voltai, gli diedi una sberla al cazzo ancora eretto - “Bravo, coglione, hai fatto il tuo dovere. Ora rivestiti”. Obbedì, allacciò i pantaloni e cercò di baciarmi, ma lo respinsi. Se ne andò come un cane bastonato.
Era ora di completare la vendetta. Cercai le mie mutandine con la mano destra, le esaminai. Perfetto, c'era il suo sperma sopra di esse, non molto, ma sufficiente per il mio scopo. Le sfilai.
Tornata in casa, notai Eva arrabbiata con suo marito, che le chiedeva spiegazioni sul perché fosse così bagnato.
Mi avvicinai a loro. Baciai prima lui, davanti a tutti, poi diedi un piccolo bacio anche alla donna e con un gesto teatrale le diedi le mie mutandine piene di sperma - “Ci vediamo, cornuta”.
Quella fu la mia uscita trionfale.
Pochi mesi dopo divorziarono, chissà per quale motivo. Lui mi cercò, ma il mio interesse svanì quella stessa sera.
Piccola appendice: quella notte tornai a casa e mi scopai selvaggiamente con il mio dildo preferito, con l'immagine di lei impressa nella mente. Ora capite quanto posso essere stronza.
scritto il
2024-05-14
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