Umiliazioni Covid
di
Ludovico7719
genere
feticismo
La stronza mi aveva lasciato.
Non riusciva più a vedermi come l’uomo della sua vita da quando le avevo confessato la mia passione per il femdom e per i piedi femminili.
Inizialmente, nelle rare occasioni in cui ero riuscito a coinvolgerla nelle mie passioni, si era anche divertita a trattarmi come schiavo zerbino, ma ben presto aveva assunto un atteggiamento freddo e distaccato, fino al punto di interrompere la nostra relazione.
Amavo Valentina, adoravo i suoi spendenti capelli biondi, il suo sorriso magnetico e i suoi morbidi piedi affusolati, sempre curati e con le unghia smaltate di rosso.
Vivevamo insieme nel suo appartamento da quasi due anni e adoravo convivere con lei e accontentare ogni suo capriccio.
Quando mi comunicò che tra noi era finita, rimasi profondamente addolorato, ma la stronza si mostrò determinata e mi disse che la sua decisione era irreversibile e che dovevo lasciare al più presto il suo appartamento e trovarmi subito un nuovo alloggio.
Era il 9 marzo del 2020.
Rincasai nel tardo pomeriggio e Valentina cominciò a tempestarmi di domande: “Allora, cosa hai concluso oggi? hai trovato un affitto? Ti sei dato da fare? Ho bisogno che tu te ne vada”.
“Ho visto due appartamenti” - risposi infastidito - “domani ho appuntamento per visitarne altri due”
“Ti devi sbrigare, non vorrei essere costretta a cacciarti a pedate”.
“Ti chiedo solo un po’ di pazienza, entro il mese andrò sicuramente via”.
“Entro e non oltre” - mi corresse la stronza.
“Va bene, entro e non oltre, lo giuro”.
“Visto che rimarrai ancora in questa casa per qualche giorno, vedi almeno di renderti utile e prepara la cena”.
“La preparo ogni sera” - risposi piccato - “non vedo quale sia la novità”
“Beh, è l’unica cosa che fai in casa, peraltro sporcando decine di stoviglie. Ma da oggi la musica cambia. Dovrai anche sparecchiare la tavola e lavare i piatti”.
“Va bene padrona” - risposi in tono sarcastico.
“Ti piacerebbe”- replicò Valentina mentre scompariva in camera da letto.
Ero furioso. Dopo tutto quello che avevo fatto per lei, non mi meritavo un simile trattamento.
Avrei dovuto gridarle tutto il mio risentimento e lasciare subito quel cazzo di casa.
Quella notte avrei potuto dormire in un B&B e salvare così la mia onorabilità, ma decisi di rimanere con lei e ubbidire ai suoi umilianti ordini. In fondo, adoravo servirla e viziarla e la mia indole sottomessa prevalse ancora una volta sulla mia dignità. Preparai la cena, la servii a tavola, sparecchiai e rigovernai la cucina.
“Sei proprio bravo come cuoco e sguattero” - fu l’unica frase pronunciata da Valentina durante il pasto.
Dopo aver completato le mie incombenze, mi gettai sul divano, accessi la TV e mi imbattei nel messaggio a reti unificate del Presidente del Consiglio, che preannunciava l’inizio del “lock down” per il contenimento della pandemia da Sars-CoV-2.
Mi precipitai frastornato in camera da letto e trovai Valentina profondamente scossa, preoccupata e confusa per la notizia appena trasmessa. “Oddio, chiudono tutto fino al 18 maggio! Capisci? Scuole, università, negozi, bar, ristoranti. Hanno detto che sono stati vietati gli spostamenti non necessari, che le persone sono invitate a rimanere a casa e che le attività lavorative non essenziali sono state sospese. Oddio! La diffusione del virus e la sua pericolosità sono maggiori di quanto ci abbiano fatto credere finora. Rischiamo di fare una brutta fine. Cosa ne sarà di noi?”.
“Vale, calmati per favore. Non preoccupiamoci più del dovuto” - risposti per tranquillizzarla.
“Ecco, sei il solito stupido superficiale. Ma non capisci la gravità della situazione”.
“La capisco, ma non c’è bisogno di insultarmi. Anzi, sai che ti dico? Io non rimango qua fino al 18 maggio. Me ne vado stasera stessa”.
“No ti prego. Non lasciarmi sola in questa situazione. Ho paura. Ti scongiuro resta qui con me” - disse Valentina in lacrime.
La ragazza appariva profondamente atterrita e angosciata per cui non me la sentii di lasciarla sola. “Va bene, rimango, ma appena possibile toglierò il disturbo”.
“Grazie caro” - disse Valentina dopo avermi abbracciato - “e perdonami se in questi giorni sono stata così odiosa”.
“Non ti preoccupare” - risposi freddamente.
“No, mi dispiace davvero. Tu sei sempre stato affettuoso e gentile e non ti meritavi di essere trattato in questo modo. Se rimani con me in questi giorni, ti prometto che mi saprò fare perdonare”.
“Va bene. Ma ti ripeto che appena possibile me ne andrò”.
Quella sera ci coricammo insieme e assistemmo fino a tarda notte a tutti i talk show, telegiornali, approfondimenti giornalistici sulla pandemia, finché Valentina si addormentò.
Io, invece, non riuscivo a prendere sonno. Pensavo e ripensavo all’assurda situazione che stavamo vivendo, al paradosso di dover trascorrere settimane, forse mesi, a casa di Valentina nonostante non fosse più la mia ragazza, alle parole che Vale aveva pronunciato quella sera. Cosa intendeva quando aveva promesso che si sarebbe fatta perdonare? Che sarebbe cambiato il suo atteggiamento nei miei confronti o che avrebbe fatto per me qualcosa di concreto? Magari mi avrebbe concesso i suoi piedi, oppure una bella scopata? Ero ancora innamorato di lei e questi pensieri occuparono la mia mente per tutta la notte.
L’indomani, Valentina sembrava di buon umore. Dopo la colazione, mi disse che aveva un gioco da propormi.
“Ho pensato che in questi giorni di convivenza forzata possiamo unire l’utile al dilettevole”.
“In che senso?” - chiesi stupito.
“Hai sempre desiderato che ti trattassi da schiavo e ti concedessi i miei piedi. Bene, eccomi qua pronta ad essere la tua padrona e assecondare i tuoi desideri”.
All’udire quelle parole il mio cuore prese a palpitare dall’emozione. Ero al tempo stesso confuso, sorpreso, eccitato. Biascicai dei suoi incomprensibili ma fui subito interrotto dalla mia ormai ex fidanzata.
“Non c’è nulla di male. Anzi, può essere divertente. Da oggi, obbedirai a tutti i miei ordini e, in cambio, ti concederò i miei fantastici piedi. So che li adori e, se fari il bravo, saranno il meritato premio per i tuoi servigi. Allora, accetti?”.
“Accetto” - risposi ancora in preda ad una fortissima emozione.
“Bene schiavo. Per prima cosa dovrai ordinare la spesa on line, perché non voglio che tu vada al supermercato. È troppo alto il rischio di infezione. Poi dovrai spolverare la casa, pulire i bagni e passare lo straccio su tutti i pavimenti. Nel frattempo, io farò un po’ di ginnastica e, a seguire un bel bagno. Quando avrai finito, presentati in camera da letto perché dovrai massaggiarmi i piedi.
“Va bene padrona”.
“Bravo. Procedi”.
Vale scomparve nella camera da letto mentre io cominciai ad eseguire con cura tutte le mie mansioni.
Quando ebbi finito, mi presentai al suo cospetto e la trovai sdraiata sul letto, ipnotizzata davanti al T.G.
“Cosa vuoi che faccia?” - le chiesi per attirare la sua attenzione.
“Prendi la crema corpo che c’è in bagno e massaggiami i piedi”.
“Subito padrona”.
Mi inginocchiai al capezzale del letto e cominciai a massaggiare con cura e devozione le sue meravigliose, morbide e profumate estremità, mentre lei, incurante di me, continuava ad ascoltare le notizie sulla pandemia.
Dopo circa mezz’ora, si ritenne soddisfatta.
“Bravo schiavo, Hai fatto un ottimo lavoro. Finalmente hai meritato la tua ricompensa. Leccami i piedi”.
All’udire il suo ordine il mio cuore prese nuovamente a palpitare. Leccai estasiato le dita dei suoi piedi, le piante, i talloni, poi nuovamente le dita, quindi presi a succhiarle l’alluce, poi ancora le piante.
“Ti piacciono i miei piedi?”
“Si padrona, sono sublimi. Io sono il tuo devoto schiavo leccapiedi. Umiliami, punisci, trattami come il tuo zerbino, mia divina padrona”. Venerai quelle superbe estremità ancora per qualche attimo, finché Vale decise di usare il mio viso come poggiapiedi.
Mi ritrovai così le piante dei suoi piedi spalmate sulla faccia e rimasi beato in quella posizione per parecchi minuti. D’un tratto squillò il suo telefono. Valentina prese a conversare con un misterioso interlocutore mentre seguitava ad usare il mio viso come poggiapiedi. Ben presto mi resi conto che stava conversando con un uomo con cui aveva molta confidenza, forse il suo amante.
Così fui accecato dalla rabbia, mi alzai di scatto e le sbraitai contro minacciando che sarei andato via se avesse continuato quella conversazione anche per un solo secondo.
Valentina mise in pausa la chiamata e replicò con pacata determinazione alle mie invettive.
“Tu sei il mio schiavo. Non hai il diritto di dirmi con chi posso o non posso parlare, chi posso o non posso frequentare, con chi posso o non posso scopare. Devi solo stare qui e servire. Adesso rimettiti inginocchio”.
Ancora una volta, di fronte a quelle parole, avrei dovuto lasciare quella casa, ma la mia indole sottomessa prevalse ancora una volta sulla mia dignità.
Mi inginocchiai nuovamente dinnanzi al capezzale del letto e mi ritrovai nuovamente i piedi di Valentina spalmati sulla faccia, mentre lei continuava a conversare beatamente con il suo misterioso interlocutore.
Quando si concluse la telefonata, Valentina fu compiaciuta del mio comportamento remissivo, mi infilò un piede dentro la bocca e mi disse che avevo il permesso di toccarmi.
Presi a strofinarmi sul bordo del letto mentre succhiavo avidamente il suo divino piede affusolato, finché non esplosi in una sborrata colossale.
“Bravo schiavo” – disse la padrona visibilmente soddisfatta – “adesso vai a preparare il pranzo”.
“Si padrona. Grazie. Scusami se mi sono ribellato ai tuoi ordini. Da ora in poi sarò un fedele e ubbidiente zerbino”.
Valentina premette nuovamente il piede sulla mia faccia e si beò all’idea che sarebbe stata servita e curata con amore e devozione per tutta la durata del lock down.
Non riusciva più a vedermi come l’uomo della sua vita da quando le avevo confessato la mia passione per il femdom e per i piedi femminili.
Inizialmente, nelle rare occasioni in cui ero riuscito a coinvolgerla nelle mie passioni, si era anche divertita a trattarmi come schiavo zerbino, ma ben presto aveva assunto un atteggiamento freddo e distaccato, fino al punto di interrompere la nostra relazione.
Amavo Valentina, adoravo i suoi spendenti capelli biondi, il suo sorriso magnetico e i suoi morbidi piedi affusolati, sempre curati e con le unghia smaltate di rosso.
Vivevamo insieme nel suo appartamento da quasi due anni e adoravo convivere con lei e accontentare ogni suo capriccio.
Quando mi comunicò che tra noi era finita, rimasi profondamente addolorato, ma la stronza si mostrò determinata e mi disse che la sua decisione era irreversibile e che dovevo lasciare al più presto il suo appartamento e trovarmi subito un nuovo alloggio.
Era il 9 marzo del 2020.
Rincasai nel tardo pomeriggio e Valentina cominciò a tempestarmi di domande: “Allora, cosa hai concluso oggi? hai trovato un affitto? Ti sei dato da fare? Ho bisogno che tu te ne vada”.
“Ho visto due appartamenti” - risposi infastidito - “domani ho appuntamento per visitarne altri due”
“Ti devi sbrigare, non vorrei essere costretta a cacciarti a pedate”.
“Ti chiedo solo un po’ di pazienza, entro il mese andrò sicuramente via”.
“Entro e non oltre” - mi corresse la stronza.
“Va bene, entro e non oltre, lo giuro”.
“Visto che rimarrai ancora in questa casa per qualche giorno, vedi almeno di renderti utile e prepara la cena”.
“La preparo ogni sera” - risposi piccato - “non vedo quale sia la novità”
“Beh, è l’unica cosa che fai in casa, peraltro sporcando decine di stoviglie. Ma da oggi la musica cambia. Dovrai anche sparecchiare la tavola e lavare i piatti”.
“Va bene padrona” - risposi in tono sarcastico.
“Ti piacerebbe”- replicò Valentina mentre scompariva in camera da letto.
Ero furioso. Dopo tutto quello che avevo fatto per lei, non mi meritavo un simile trattamento.
Avrei dovuto gridarle tutto il mio risentimento e lasciare subito quel cazzo di casa.
Quella notte avrei potuto dormire in un B&B e salvare così la mia onorabilità, ma decisi di rimanere con lei e ubbidire ai suoi umilianti ordini. In fondo, adoravo servirla e viziarla e la mia indole sottomessa prevalse ancora una volta sulla mia dignità. Preparai la cena, la servii a tavola, sparecchiai e rigovernai la cucina.
“Sei proprio bravo come cuoco e sguattero” - fu l’unica frase pronunciata da Valentina durante il pasto.
Dopo aver completato le mie incombenze, mi gettai sul divano, accessi la TV e mi imbattei nel messaggio a reti unificate del Presidente del Consiglio, che preannunciava l’inizio del “lock down” per il contenimento della pandemia da Sars-CoV-2.
Mi precipitai frastornato in camera da letto e trovai Valentina profondamente scossa, preoccupata e confusa per la notizia appena trasmessa. “Oddio, chiudono tutto fino al 18 maggio! Capisci? Scuole, università, negozi, bar, ristoranti. Hanno detto che sono stati vietati gli spostamenti non necessari, che le persone sono invitate a rimanere a casa e che le attività lavorative non essenziali sono state sospese. Oddio! La diffusione del virus e la sua pericolosità sono maggiori di quanto ci abbiano fatto credere finora. Rischiamo di fare una brutta fine. Cosa ne sarà di noi?”.
“Vale, calmati per favore. Non preoccupiamoci più del dovuto” - risposti per tranquillizzarla.
“Ecco, sei il solito stupido superficiale. Ma non capisci la gravità della situazione”.
“La capisco, ma non c’è bisogno di insultarmi. Anzi, sai che ti dico? Io non rimango qua fino al 18 maggio. Me ne vado stasera stessa”.
“No ti prego. Non lasciarmi sola in questa situazione. Ho paura. Ti scongiuro resta qui con me” - disse Valentina in lacrime.
La ragazza appariva profondamente atterrita e angosciata per cui non me la sentii di lasciarla sola. “Va bene, rimango, ma appena possibile toglierò il disturbo”.
“Grazie caro” - disse Valentina dopo avermi abbracciato - “e perdonami se in questi giorni sono stata così odiosa”.
“Non ti preoccupare” - risposi freddamente.
“No, mi dispiace davvero. Tu sei sempre stato affettuoso e gentile e non ti meritavi di essere trattato in questo modo. Se rimani con me in questi giorni, ti prometto che mi saprò fare perdonare”.
“Va bene. Ma ti ripeto che appena possibile me ne andrò”.
Quella sera ci coricammo insieme e assistemmo fino a tarda notte a tutti i talk show, telegiornali, approfondimenti giornalistici sulla pandemia, finché Valentina si addormentò.
Io, invece, non riuscivo a prendere sonno. Pensavo e ripensavo all’assurda situazione che stavamo vivendo, al paradosso di dover trascorrere settimane, forse mesi, a casa di Valentina nonostante non fosse più la mia ragazza, alle parole che Vale aveva pronunciato quella sera. Cosa intendeva quando aveva promesso che si sarebbe fatta perdonare? Che sarebbe cambiato il suo atteggiamento nei miei confronti o che avrebbe fatto per me qualcosa di concreto? Magari mi avrebbe concesso i suoi piedi, oppure una bella scopata? Ero ancora innamorato di lei e questi pensieri occuparono la mia mente per tutta la notte.
L’indomani, Valentina sembrava di buon umore. Dopo la colazione, mi disse che aveva un gioco da propormi.
“Ho pensato che in questi giorni di convivenza forzata possiamo unire l’utile al dilettevole”.
“In che senso?” - chiesi stupito.
“Hai sempre desiderato che ti trattassi da schiavo e ti concedessi i miei piedi. Bene, eccomi qua pronta ad essere la tua padrona e assecondare i tuoi desideri”.
All’udire quelle parole il mio cuore prese a palpitare dall’emozione. Ero al tempo stesso confuso, sorpreso, eccitato. Biascicai dei suoi incomprensibili ma fui subito interrotto dalla mia ormai ex fidanzata.
“Non c’è nulla di male. Anzi, può essere divertente. Da oggi, obbedirai a tutti i miei ordini e, in cambio, ti concederò i miei fantastici piedi. So che li adori e, se fari il bravo, saranno il meritato premio per i tuoi servigi. Allora, accetti?”.
“Accetto” - risposi ancora in preda ad una fortissima emozione.
“Bene schiavo. Per prima cosa dovrai ordinare la spesa on line, perché non voglio che tu vada al supermercato. È troppo alto il rischio di infezione. Poi dovrai spolverare la casa, pulire i bagni e passare lo straccio su tutti i pavimenti. Nel frattempo, io farò un po’ di ginnastica e, a seguire un bel bagno. Quando avrai finito, presentati in camera da letto perché dovrai massaggiarmi i piedi.
“Va bene padrona”.
“Bravo. Procedi”.
Vale scomparve nella camera da letto mentre io cominciai ad eseguire con cura tutte le mie mansioni.
Quando ebbi finito, mi presentai al suo cospetto e la trovai sdraiata sul letto, ipnotizzata davanti al T.G.
“Cosa vuoi che faccia?” - le chiesi per attirare la sua attenzione.
“Prendi la crema corpo che c’è in bagno e massaggiami i piedi”.
“Subito padrona”.
Mi inginocchiai al capezzale del letto e cominciai a massaggiare con cura e devozione le sue meravigliose, morbide e profumate estremità, mentre lei, incurante di me, continuava ad ascoltare le notizie sulla pandemia.
Dopo circa mezz’ora, si ritenne soddisfatta.
“Bravo schiavo, Hai fatto un ottimo lavoro. Finalmente hai meritato la tua ricompensa. Leccami i piedi”.
All’udire il suo ordine il mio cuore prese nuovamente a palpitare. Leccai estasiato le dita dei suoi piedi, le piante, i talloni, poi nuovamente le dita, quindi presi a succhiarle l’alluce, poi ancora le piante.
“Ti piacciono i miei piedi?”
“Si padrona, sono sublimi. Io sono il tuo devoto schiavo leccapiedi. Umiliami, punisci, trattami come il tuo zerbino, mia divina padrona”. Venerai quelle superbe estremità ancora per qualche attimo, finché Vale decise di usare il mio viso come poggiapiedi.
Mi ritrovai così le piante dei suoi piedi spalmate sulla faccia e rimasi beato in quella posizione per parecchi minuti. D’un tratto squillò il suo telefono. Valentina prese a conversare con un misterioso interlocutore mentre seguitava ad usare il mio viso come poggiapiedi. Ben presto mi resi conto che stava conversando con un uomo con cui aveva molta confidenza, forse il suo amante.
Così fui accecato dalla rabbia, mi alzai di scatto e le sbraitai contro minacciando che sarei andato via se avesse continuato quella conversazione anche per un solo secondo.
Valentina mise in pausa la chiamata e replicò con pacata determinazione alle mie invettive.
“Tu sei il mio schiavo. Non hai il diritto di dirmi con chi posso o non posso parlare, chi posso o non posso frequentare, con chi posso o non posso scopare. Devi solo stare qui e servire. Adesso rimettiti inginocchio”.
Ancora una volta, di fronte a quelle parole, avrei dovuto lasciare quella casa, ma la mia indole sottomessa prevalse ancora una volta sulla mia dignità.
Mi inginocchiai nuovamente dinnanzi al capezzale del letto e mi ritrovai nuovamente i piedi di Valentina spalmati sulla faccia, mentre lei continuava a conversare beatamente con il suo misterioso interlocutore.
Quando si concluse la telefonata, Valentina fu compiaciuta del mio comportamento remissivo, mi infilò un piede dentro la bocca e mi disse che avevo il permesso di toccarmi.
Presi a strofinarmi sul bordo del letto mentre succhiavo avidamente il suo divino piede affusolato, finché non esplosi in una sborrata colossale.
“Bravo schiavo” – disse la padrona visibilmente soddisfatta – “adesso vai a preparare il pranzo”.
“Si padrona. Grazie. Scusami se mi sono ribellato ai tuoi ordini. Da ora in poi sarò un fedele e ubbidiente zerbino”.
Valentina premette nuovamente il piede sulla mia faccia e si beò all’idea che sarebbe stata servita e curata con amore e devozione per tutta la durata del lock down.
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