La moglie perduta - parte 2: Il marchio

di
genere
dominazione

Isabella salì lentamente le scale del vecchio palazzo, il cuore che batteva forte, il respiro spezzato non solo dalla salita ma da qualcosa di più profondo e indefinibile. Ogni gradino sembrava più pesante, il sottile perizoma di pizzo che indossava—una striscia così invadente da segarle il sedere—le ricordava ad ogni movimento la sua presenza, provocando un disagio che era quasi fisico, ma stranamente intimo. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile: senza reggiseno sotto il maglione di lana e con quel pezzo di stoffa scandaloso addosso. Eppure, nonostante il contrasto con i suoi principi cristiani, qualcosa in lei sembrava giustificarlo.
La mente le tornò al giorno prima. Passeggiava senza meta, quando i suoi occhi si posarono sulla vetrina di un negozio di intimo. Lì, in bella mostra, c’era quel minuscolo triangolo rosso e nero che sembrava irradiarle un richiamo muto, irresistibile. In un attimo, era entrata nel negozio. Ogni fibra del suo essere le urlava contro, ricordandole quanto fosse inappropriato per una donna come lei. Ma le sue mani, quasi autonome, avevano raccolto quel perizoma, e la voce tremante aveva sussurrato alla commessa il numero della sua taglia. Ricordava l’imbarazzo bruciante mentre pagava e nascondeva il sacchetto nella borsa, ma ricordava anche una strana soddisfazione, un sollievo quasi elettrico.
Ora, mentre saliva, cercò di razionalizzare il perché avesse compiuto quel gesto. "Perché l’ho fatto?" si chiese. Ma ogni volta che provava a trovare una risposta, la sua mente sembrava sfuggirle. Pensare a Lorenzo, all’intensità del suo sguardo durante l’ultima seduta, la faceva sentire sciogliere, come se ogni dubbio svanisse in un liquido caldo che le riempiva il petto.
L’orlo del maglione sfiorò la sua pelle nuda mentre un brivido la percorreva, misto di imbarazzo e… eccitazione? Si morse il labbro. "Non sono io questa. Non posso essere io." Ma la sua mano, tremante, raggiunse la maniglia dello studio di Lorenzo. Il pensiero della sua voce, calda e sicura, le bastò per mettere a tacere ogni conflitto. Non importava cosa fosse giusto o sbagliato. Doveva essere lì. E tutto il resto sembrava sbiadire.
Isabella si fermò davanti alla porta, il cuore che le martellava nel petto. Sollevò la mano per bussare, ma esitando. Il legno consumato sembrava quasi vibrare sotto le sue dita tremanti. Infine, raccolse il coraggio e bussò due volte, piano, quasi con timore di disturbare.
La voce calda e profonda di Lorenzo arrivò dall’interno. "Avanti."
Con un respiro profondo, Isabella girò la maniglia ed entrò timidamente. "Buongiorno, dottor Ferretti," disse sottovoce, senza alzare lo sguardo.
Lorenzo era seduto dietro la scrivania, intento a digitare qualcosa al computer. Indossava un paio di occhiali sottili, ma quando la vide entrare li tolse con un gesto lento e calcolato, posandoli sul tavolo. Il sorriso che si disegnò sul suo volto era sornione, quasi predatorio.
"Isabella, benvenuta. Ma ti prego, chiamami Lorenzo," disse alzandosi con naturalezza. Si avvicinò a lei con passo sicuro, la sua figura alta e sicura che sembrava riempire la stanza. Prima che Isabella potesse rispondere, le sue braccia si aprirono in un gesto accogliente.
Lei rimase immobile, sorpresa, mentre lui la abbracciava. Non era un abbraccio casuale: le sue mani si appoggiarono ai fianchi di lei, scivolando lungo il tessuto del maglione. Isabella sentì un brivido che le percorreva la schiena. L'imbarazzo le colorò il viso, ma non disse nulla. Non sapeva perché, ma non riusciva a respingerlo. Rimase ferma, rigida, mentre Lorenzo si ritraeva, mantenendo quel sorriso che sembrava leggerle dentro.
"Accomodati pure," disse con tono gentile, indicando la poltrona imbottita al centro della stanza.
Isabella si sedette, sistemando nervosamente la gonna sulle ginocchia, mentre lui tornava brevemente alla scrivania per spegnere il computer. Poi si avvicinò e si sedette di fronte a lei, accavallando le gambe con un'aria rilassata ma attentamente studiata.
"Come è andata la settimana?" chiese, il tono casuale, ma gli occhi fissi su di lei, come se volesse decifrare ogni sfumatura del suo volto.
Isabella abbassò lo sguardo, le mani che giocherellavano nervosamente con l’orlo del maglione. "Strana," confessò. "Ho pensato molto alla scorsa sessione… anche se, sinceramente, non ricordo molto. Ma mi sentivo… diversa. Non saprei spiegare."
Lorenzo annuì, il suo sguardo rimanendo caldo e rassicurante. "È del tutto normale. Questi sono solo i primi passi, Isabella. Il tuo subconscio sta cominciando a liberarsi, a lasciarsi andare. Siamo qui proprio per questo, per aiutarti a sbloccarti completamente. Fidati di me."
Le sue parole, accompagnate dal tono calmo e dalla sua presenza magnetica, sembravano sciogliere la tensione di Isabella. Annui con un piccolo sorriso, mentre lui le indicava di distendersi sulla poltrona.
"Rilassati," le disse con dolcezza, accendendo una candela profumata sul tavolino accanto. Isabella seguì il suo consiglio, sentendo il corpo abbandonarsi contro la morbida imbottitura. Il suono regolare del metronomo iniziò a scandire il ritmo della stanza, ma stavolta c’era qualcosa di nuovo: una strana frequenza, un suono che proveniva dagli altoparlanti nascosti nell’ambiente. Era un tono basso, continuo, quasi ipnotico.
"Chiudi gli occhi," disse Lorenzo, la sua voce che si abbassava di una tonalità, diventando più morbida, quasi un sussurro. "Ascolta il ritmo. Senti il profumo nell’aria. E adesso concentrati sul suono. È come un’onda che ti culla, che ti avvolge. Ogni respiro ti rilassa sempre di più."
Isabella si lasciò guidare, il suono profondo che sembrava penetrare nei suoi pensieri, cancellandoli uno a uno. Ogni preoccupazione, ogni dubbio, si dissolveva. Sentiva il corpo diventare leggero, mentre la mente scivolava in un luogo lontano, dove tutto era calmo, dove tutto era controllato dalla voce di Lorenzo.
"Siamo qui per il tuo bene, Isabella," sussurrò Lorenzo, con un sorriso appena accennato mentre si chinava verso di lei, la sua figura proiettata su di lei come un’ombra avvolgente. "Lasciati andare. Io ti guiderò."
Isabella era completamente distesa sulla poltrona, il respiro lento e regolare, gli occhi chiusi mentre il ritmo ipnotico del metronomo e la frequenza bassa degli altoparlanti continuavano a cullarla in quello stato di abbandono. Lorenzo la osservava, un sorriso maligno che gli sfiorava le labbra mentre si avvicinava silenziosamente. La sua figura torreggiava sopra di lei, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, la postura rilassata ma con un’inconfondibile aura predatoria.
"Ti senti tranquilla e rilassata, Isabella?" domandò, la voce bassa, quasi un sussurro.
"Sì…" mormorò lei con un sorriso lieve, ancora persa nell’abisso del suo subconscio.
Lorenzo inclinò la testa, studiandola con uno sguardo quasi scientifico. Fece un passo più vicino, abbassandosi fino a essere a pochi centimetri dal suo volto. "Sai cosa stavo guardando sul computer, poco prima che entrassi?" La sua voce era come miele velenoso.
Isabella scosse leggermente la testa, mantenendo gli occhi chiusi, il sorriso rilassato che non lasciava il suo volto. "No…" rispose piano, con un tono che sembrava cullarsi nel piacere del momento.
Lorenzo sorrise più ampiamente. "Stavo guardando quanto costava un pacco di GOLDONE."
La parola rimbalzò nella mente di Isabella come un colpo sordo, e i suoi occhi si spalancarono all’improvviso. La tranquillità si spezzò per un istante, ma il suo sguardo non era vigile: era vuoto, distante, come se qualcosa dentro di lei si fosse acceso per poi spegnersi, lasciando il cervello in un limbo confuso.
Lorenzo si avvicinò ancora di più, il respiro caldo vicino al suo viso, il sorriso che si allargava mentre continuava. "Sai, mi stavo chiedendo quale GOLDONE sarebbe stato meglio per te…"
Gli occhi di Isabella si dilatarono ulteriormente, come se le parole stessero scolpendo qualcosa di irreversibile dentro di lei. Le sue labbra si schiusero appena, un tremito impercettibile che correva lungo il suo corpo mentre il suono della frequenza si faceva quasi impercettibilmente più profondo.
"…ma poi mi sono ricordato," proseguì Lorenzo, il tono carico di una soddisfazione oscura, "che mi piace fottere le mie clienti senza GOLDONE. Non ti dispiace prenderlo così… 'Nature,' vero?"
A quelle ultime parole, il corpo di Isabella si rilassò di colpo, come un burattino a cui sono stati tagliati i fili. Le palpebre si abbassarono, il volto tornò a essere vuoto e sereno, la sua mente completamente scollegata dalla realtà. Quando parlò, la sua voce era un sussurro monotono, privo di emozioni.
"No, Padrone.”
Il volto di Lorenzo assunse un sorriso sadico “Accertiamoci che tutto abbia funzionato… di chi sei Schiava, eh Troia?” Isabella sorprendentemente per un attimo sembrò riprendersi, “Io cos…” “GOLDONE” le urlò nelle orecchie Lorenzo. “Rispondi, di chi sei schiava?” All’ennesimo trigger le già devastate difese di Isabella cedettero. “Sono sua schiava Padrone” ripetè in una cantilena stentata.
Lorenzo che per un attimo aveva temuto il peggio si rincuorò. “Fortunatamente il mio condizionamento ha retto… ora vediamo se hai seguito le mie istruzioni…alzati in piedi!”.
La donna eseguì e si mise al centro del tappeto posto proprio ai piedi della poltrona.
Lorenzo pregustava già il lauto pasto che lo attendeva.

“Il maglione.. Toglilo,” la voce si sparse per la stanza; bassa, autoritaria, ma velata da un sottile accenno di divertimento. Si appoggiò sul bordo della scrivania, gli occhi fissi su Isabella, che stava rigida al centro della stanza.
Le mani della donna si mossero lentamente afferrando infine gli orli del suo maglione grigio. Lo sollevò, rivelando la morbida curva del suo addome, un accenno di pancetta che ammorbidiva il suo fisico altrimenti asciutto. La sua pelle era liscia, priva di imperfezioni, lo sguardo inquisitorio di Lorenzo ispezionarla fino a raggiunge i suoi seni nudi. Aveva una terza abbondante leggermente a pera e dai capezzoli ampi e succosi. “Ora la Gonna” ripeté autoritario il suo Padrone.
Anche stavolta la donna eseguì lasciandosi scivolare la verde gonna coprente sul pavimento e che si raccolse in una pozza di tessuto. Le sue gambe, lunghe e ben tornite, si rivelarono, la pelle candida e impeccabile. Rimase lì, il corpo esposto, tranne per il perizoma rosso che Lorenzo le aveva ordinato di indossare. Il contrasto con la sua pelle era netto, il colore vivido e audace, un simbolo del controllo che lui aveva su di lei.
“Togli anche quelle scarpe di merda!” fece Lorenzo coprendosi gli occhi ed indicando delle brutte ballerine beige, modello Mary Sue che sicuramente comprava in qualche squallido mercato rionale. Anche in quel momento la donna eseguì meccanicamente, rivelando una alla volta le sue caviglie sottili ed il suo piede lungo e ben proporzionato, molto morbido e privo di calli.
Gli occhi di Lorenzo si scurirono mentre osservava quella visione. Il suo sguardo indugiò sul seno di Isabella, pieno e morbido, con i capezzoli già tesi nonostante la frescura della stanza. “Ora Girati,” comandò con voce ferma.
Isabella obbedì, girandosi lentamente fino a mostrargli la schiena. Il suo sedere, rotondo e sodo, era in piena vista, il tessuto rosso del perizoma che copriva appena il necessario. In un attimo Lorenzo le fu addosso, il suo petto contro la sua schiena, e le mani che dopo averle toccato il culo iniziarono a salire sul ventre ed a giocare con i suoi capezzoli.
“Mmmm..ci avevo visto lungo anche l’altra volta… sei proprio un tesoro da scoprire…lurida Troia…” le sue mani come artigli che solcavano il corpo della donna ipnotizzata, che si sarebbe lasciata fare qualsiasi cosa dalle mani di colui che aveva con l’inganno ottenuto il controllo totale sulla sua mente e quindi sul suo corpo.
“Mmm…allora…” fece Lorenzo succhiandole il collo “Giovedì scorso abbiamo fatto un piccolo rodaggio perciò direi che Oggi possiamo illustrarti i tuoi compiti da Schiava.. sei d’accordo Troia?”
“Sì, Padrone” fu il verso monotona della schiava, i suoi occhi fissi nel vuoto.
Lorenzo iniziò a sbottonarsi la camicia rivelando un corpo maturo ma ancora prestante, si posizionò proprio davanti ad Isabella , le accarezzò il viso e la sua lingua le rubò un bacio. Le sue labbra si staccarono ed assunsero i contorni di parole ben precise “In ginocchio, Troia!”
Le ginocchia di Isabella colpirono il pavimento con un leggero tonfo, i suoi occhi non persero mai di vista quelli del suo Padrone. Gli ordini che la sua mente riceveva dal suo subconscio erano perentori: Obbedienza assoluta al Padrone, eseguire ogni comando senza esitare.
La mano di Lorenzo le coprì il mento, inclinandole la testa all'indietro in modo che lei potesse guardarlo.
"Ora sei tutta mia Isa, lurida cagna” disse, la sua voce piena di fame possessiva. “Da oggi mi prenderò io cura di te” le disse guardandola dritta nei suoi occhi annebbiati. “Diventerai una zoccola di prim’ordine e perciò voglio che tu faccia un bel po’ di pratica…slacciami i pantaloni, veloce!”
Le mani della Donna raggiunsero la cintura dei suoi pantaloni, le sue dita tremavano mentre slacciava il bottone e la cerniera. Il cazzo di Lorenzo balzò libero, già duro e pulsante: aveva una forma regolare e decisamente lunga. La cappella molto grande e color amaranto pulsava lentamente dischiudendosi mentre la pelle si ritirava innondando il naso della Schiava di un’odore pungente di maschio.
"Ecco fatto, Isabella. Ora Prendimi in bocca," ordinò, la sua voce roca di desiderio.
Isabella esitò solo per un momento prima di chinarsi in avanti, le sue labbra si schiusero mentre lo prendeva in bocca. Lorenzo gemette, le sue mani si aggrovigliarono nei suoi capelli mentre guidava i suoi movimenti. Era inesperta, e detestava la fellatio ma la sua mente razionale non era attiva, un solo ordine le rimbombava totalitario nella testa “Devo succhiarlo, devo dare godimento al mio Padrone”, la sua lingua roteava intorno a lui mentre succhiava.
Isabella succhiava meccanicamente, lo stava facendo bene ma in maniera ripetitiva. Lorenzo la osservava con un misto di soddisfazione e noia. La sua schiava, inginocchiata davanti a lui, era poco più di una bambola di carne: immobile, silenziosa, senza un cenno di piacere, totalmente abbandonata alla trance. Lorenzo sospirò, infastidito. "Non è così che mi piace," mormorò, fermandosi per un istante.
Tolse il suo cazzo dalla bocca della donna e si chinò verso il suo volto, il respiro caldo che le sfiorava la pelle, e con un tono deciso le sussurrò: "GOLDONE."
Gli occhi di Isabella si spalancarono, dilatandosi leggermente, mentre il suo corpo tremò appena sotto di lui. Il cervello sembrava reagire come un meccanismo che si riattivava sotto il comando. Lorenzo la fissò con un sorriso sornione. "Da ora in poi, quando saremo insieme, non voglio più scoparti come un automa. Simulerai la tua normale personalità, ma in chiave servizievole. Mi obbedirai volontariamente, con entusiasmo. Mi chiamerai Padrone… o Padron Lorenzo. Hai capito?"
"…Sì, Padrone," mormorò Isabella, la voce che si fece più calda, più umana, come se la sua stessa essenza fosse stata piegata a quel comando.
Lorenzo si rialzò leggermente per osservare il cambiamento. Isabella si mosse con grazia, avvolgendo le sue braccia attorno al al sedere di lui, gli occhi quasi da cerbiatta che ora brillavano di un’espressione quasi adorante. “Desidera che continui a succhiarle il pene, Padron Lorenzo?" sussurrò, un sorriso timido ma complice che si dipinse sulle sue labbra.
Il cambiamento era palpabile, come se l’intera atmosfera fosse mutata. Lorenzo rise piano, compiaciuto. "Brava," disse, accarezzandole il volto. “Ma si dice cazzo” la ammonì divertito. Isabella si corresse immediatamente ed dopo il suo cenno iniziò a ingoiare il bastone dell’uomo con partecipazione ed entusiasmo. Di volta in volta, mentre leccava l’asta o riprendeva fiato segandolo leggermente Isabella cercava il suo sguardo di approvazione. “Vado bene così, Padrone?” Lorenzo mugolava compiaciuto e divertito. “Sì, mmm…ci stai prendendo la mano, si vede però che non ti applichi molto…non lo succhi a tuo marito?” Staccando un attimo la bocca dal membro che aveva ingoiato quasi per intero Isabella rispose stentorea “No Padrone, io e mio marito abbiamo una sfera sessuale molto basilare, ho sempre trovato il rapporto orale sporco e peccaminoso..”.
Il dottor Ferretti rise di gusto “Sporco e peccaminoso? Ahahah” le afferrò i capelli per far in modo che i loro volti si incrociassero. “Ed dopo aver assaggiato il mio Cazzo pensi ancora sia sporco e peccaminoso, Troia?”
Il volto di isabella, anche se con lo sguardo annebbiato, arrossì leggermente e si vergognò. “Mi perdoni Padrone, sono stata una sciocca, nulla che lei mi faccia fare può essere sporco, è la mia educazione”.
“Una pessima educazione, Troietta… devi capire che i tuoi genitori e quel coglione di marito che ti ritrovi ti hanno davvero danneggiata… le Troie come te hanno bisogno di tanto uccello ed è per questo che sei venuta qui.. perché io corregga la tua educazione, chiaro?”
Con gli occhi vitrei e la voce bassa e contrita Isabella rispose al suo signore: “Mi perdoni Padrone, la ringrazio per farmi da insegnante”
“Ora voglio che me lo succhi tutto fino alle palle, Schiava!” Disse schiacciando la faccia di Isabella contro il suo inguine. “Devi farmi un soffocone da zoccola di mestiere, quando avrò finito con te dovrai essere in grado di lucidare i pomelli delle porte con soltanto una slinguazzata, ed ora ingoia!”
La bocca di Isabella si spalancò come se fosse stata aperta con un telecomando e Carlo ci infilò il suo turgido membro tutto d’un colpo, fino a far sbattere le palle contro il mento di Isa. La donna iniziò ad annaspare ed a strabuzzare, quasi soffocava mentre Lorenzo spingeva fino il fondo mugolando. Le guance e la pelle intorno al collo stavano assumendo un colorito violaceo.
Il dottore uscì dalla bocca della donna per farle riprendere fiato, poi la riprese ed iniziò a scoparle la bocca. Si capiva che quell’esperienza stava mettendo alla prova la scarsa preparazione della donna ma questo a Lorenzo non interessava, la voleva pronta. Continuando ritmicamente la ammoniva di vorticare la lingua sul suo cazzo mentre lui le stantuffava la gola. Poi sentendosi sufficientemente appagato, si staccò da lei, che ricadde sul tappeto dello studio quasi esanime.
“Me lo hai lucidato abbastanza, Troietta, alzati e stenditi sul bracciolo del divanetto!” La ragazza eseguì prontamente e con il suo corpo nudo, asciutto ma trascurato, si distese come il suo padrone le aveva ordinato. Soltanto il rosso perizoma di pizzo le copriva la parte che Lorenzo bramava più di tutte. Lorenzo con fare affamato si mise sopra di lei e con un dito scostò il sottile filo e si mise a stimolare la donna. Isabella fu colta da un sussulto “Padrone…” ma subito Lorenzo la zittì, ad un passo dal suo volto: “Ti piace quando ti stimolo la fichetta, eh Troia? Come l’ultima volta…ma” e Lorenzo si leccò le labbra, “stavolta ci infilerò qualcosa di più di un semplice dito”.
Il Dottore si schiacciò contro la sua schiava, il suo petto incastonato come una pietra tra le gambe di quella dolce chierichetta da sverginare sul serio. “Padrone…” le labbra della donna supplicarono mentre il cazzo dell’uomo si adagiò duro e teso sulla passerina della sua schiava come se fosse il più morbido dei materassi. La cappella gonfia già pulsando cercava l’ingresso delle grazie che gli erano state promesse. “Padrone…” sospirò ancora la donna, prigioniera del più crudele degli incantesimi. Lorenzo con un eccitazione che non provava da tempo sussurrò all’orecchio della sua schiava: “Voglio che me lo dici tu…implorami di spaccarti in due…implorami di rendere cornuto tuo marito…di renderti una zoccola..”. Le labbra della donna, mordicchiandosi, ricevettero il comando dal suo subconscio “La prego padrone, mi spacchi in due, si serva di me, mi renda una lurida zoccola traditrice”. Non se lo fece ripetere due volte.
Con un poderoso gesto deciso, Lorenzo lo infilò tutto dentro schiacciando il suo ventre contro il bacino di Isabella. Nonostante l’ipnosi, la donna lanciò un sincero urlo strozzato, tanto l’uomo l’aveva trafitta a fondo. Lorenzo si leccò le labbra guardandola negli occhi che ha sua volta annebbiati lo stavano ricambiando, occhi che sentivano di dovere una venerazione “cieca” e una fedeltà totale.
“Cazzo, Troia, quanto sei stretta," gemette lui, le mani che le afferravano i fianchi più forte mentre spingeva dentro di lei, ogni movimento profondo e deliberato. “me lo stai stritolando.…quanto sei perfetta”. Iniziò ritmicamente a pomparle il cazzo mentre il suo giocattolo sessuale veniva investito in pieno da un turbinio di sensazioni. La donna si aggrappò alla sua schiena con le sue delicate mani,“Oh padrone, oh padrone” sospirava sempre più velocemente.
“Mmmm..zitta Troia” le fece Lorenzo per poi infilarle la lingua in bocca. Si scambiarono lunghi ed intensi baci, al punto che per la stanza gli unici rumori che restarono fu il cigolio della poltrona ed i loro intensi respiri.
“Godi come se non l’avessi fatto mai, Troia” commentò Lorenzo godendo delle espressioni sconvolte della donna “Quel cornuto non ti scopa a dovere?”
“Mio Marito, padrooo…nnn..Lorenzooo…mmm…lo facciamo rarameeeentee” la donna gridava rimbombando nello studio, “io non volevo …la castità… il sesso è solo per procreaAHHHHH” le parole le si strozzarono in gola sostituite da un suono animalesco che emise dai polmoni appena Lorenzo aumentò il ritmo. “Stronzate, Troia” le disse l’uomo stringendole la bocca “Il sesso è fatto per godere, le Zoccole come te devono darla via giorno e notte, mi hai capito?” “Oh si Padrone, la darò via a chiunque” “No, troia, la darai sempre e solo a me e a chi ti dirò di darla, voglio che ti imprimi questa regola nella tua mente GOLDONE!”. Mentre ansimava gli occhi di Isabella si dilatarono follemente per l’ennesima volta “Oh si padrone, solo Lei!”
Lorenzo mentre la castigava continuava a stuzzicarla “Immagino che ha il cazzetto il coglione…quanti cm?” “13 credo, padrone” le rispose.
“Ahahah, ci credo che non godi… E Da quanto non lo fai col coglione?”
“Ahhh..Sette mesi” rispose nuovamente lei
Lorenzo si mise a strizzarle i seni “Ed ora sei felice di prenderlo così forte da me? Rispondi Troia!” “Sì…Paaadrone” le rispose per la terza volta lei con gli occhi tremanti.
Isabella sgocciolava sempre di più, un’espressione sempre più vacua e celestiale. La combinazione letale di ordini ipnotici e piacere sessuale la stavano facendo orgasmare come mai le era capitato nella sua castigata vita. Lorenzo divenne per così dire il suo Nirvana.
Lorenzo la girò ed iniziò ad sbatterla a pecora. Le palle tornarono a cigolare tanto a fondo cercava di arrivare nel corpo di quella sgualdrina donatale dal caso o forse più da un marito pirla.
“Che voglia di castigarti Troia!” E con un colpo piazzato della mano sinistra calò come una pala sulla corrispondente chiappa della donna che ebbe un sussulto. “Dimmi che vuoi che ti faccia il culo rosso, Troia!” Gli urlò Lorenzo. Senza farselo ripetere la Isabella dimostrò la sua più totale e condizionata devozione “Siii Padrone, punisca la sua schiava, disponga del mio sedere come più vuole”. Il dottor ferretti, gaudente non se lo fece ripetere: iniziò ogni due colpi di cazzo ad una forte sculacciata, fino a far arrossare il fondoschiena della sua schiava.
Il volto di Isabella nonostante la Trance era diventato un carnevale di maschere, ogni sferzata della mano del padrone sul suo culo ed ogni colpo che riceveva dentro la sua stretta fica le faceva cambiare espressione. “Grazie padron Lorenzo, grazie..la prego sbatta questa sua lurida Troia, la prego!”
Il dottor Ferretti continuò a trombare la sua schiava prendendola in altre due posizioni ardite finché non la fece venire copiosamente mentre la stava sbattendo prona sulla sua scrivania. Poi, un po’ perché si erano fatte quasi le sei di sera e stavano scopando da quasi mezz’ora, un po’ perché era effettivamente arrivato anche per lui il momento di venire, si decise a malincuore a togliere il suo cazzo, che era diventato infuocato tanto era rosso e turgido, dalla fica gocciolante di umori di Isabella.
“Girati Troia, svelta” Lorenzo la prese forte per i capelli e le trascinò indietro il volto fino al suo inguine. “Apri” le intimò ed appena lei lo fece infilò il durissimo cazzo dentro la sua gola quasi soffocandola “Ingoia fino all’ultima goccia Schiava, l’unica cosa che devi desiderare ora è avere il seme del tuo padrone dentro di Te, sarà il marchio che ti renderà mia, corpo e mente, niente sarà in grado di annullare questo ordine, incidilo per sempre nel tuo subconscio, GOLDONEE!”.
Come gli occhi di Isabella si dilatarono nuovamente, Lorenzo esplose con cinque poderosi fiotti che scivolarono densi lungo la sua gola. La donna tossì leggermente ma si costrinse ad ingoiare tutto il caldo seme mentre Lorenzo sospirava mugolante dal piacere. Il suo subconscio registrò quest’ultimo ordine ancora più a fondo di tutti gli altri. Il suo ruolo di moglie Fedele e Pudica di Carlo fu compromesso per sempre come lo sperma entrò nello stomaco della donna, legata ormai a quell’uomo che una settimana prima le aveva hackerata il cervello con l’inganno, rendendola sua succube. Le sue labbra si mossero senza suono come tentasse di ringraziare il suo padrone pur senza fiato, tanto stravolta era da quella scopata che mai in vita sua aveva provato, e si accasciò di nuovo sulla poltrona.
La sua espressione di godimento quindi si spense e ritornò ad assumere un volto quasi robotico ed ipnotizzato, in quanto l’ordine di partecipare attivamente che aveva ricevuto si era esautorato nell’istante stesso in cui aveva soddisfatto a pieno il suo Padrone.
Lorenzo dopo essersi pulito e rivestito si ridiede un certo tono, osservando Isabella ancora distesa sulla poltrona. Il suo volto era rilassato, la mente era tornata completamente immersa nello stato di trance iniziale. Con un tono morbido ma autoritario, le ordinò: "Isabella, ora è il momento di rivestirti. Rialzati e indossa i tuoi abiti."
Isabella obbedì senza esitazione. Si alzò con movimenti fluidi, quasi automatici, prendendo il maglione e la gonna dalla poltrona accanto. Mentre si rivestiva, Lorenzo le si avvicinò, i suoi occhi che sembravano perforare la sua mente. Quando si trovò a pochi centimetri da lei, inclinò la testa e, con un tono profondo, pronunciò: "Guardami, Isabella."
Lei sollevò lo sguardo verso di lui, gli occhi vuoti, persi nei suoi, come una marionetta in attesa di comandi.
"GOLDONE." La parola riecheggiò nella stanza, e Isabella tremò leggermente, come se un impulso le attraversasse il cervello.
"Da oggi, Isabella, ricorderai questo: il mio cazzo è l'unica cosa che ti darà soddisfazione. Ogni sera, quando vorrai inginocchiarti per pregare, sentirai un impulso irresistibile di andare in bagno e masturbarti pensando a me. Ripeti."
Con voce monotona e priva di emozioni, Isabella rispose: "Il tuo cazzo è l'unica cosa che mi darà soddisfazione. Ogni sera, mi masturberò pensando a te."
"Brava," mormorò Lorenzo, il sorriso soddisfatto che si allargava. Poi si avvicinò di un altro passo, continuando: "Ora ascolta attentamente. Quando uscirai da qui, correrai a iscriverti in palestra. Ci andrai ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Sentirai dentro di te un desiderio intenso, profondo, di migliorare il tuo corpo per me. Ripeti."
"Sì… mi iscriverò in palestra. Andrà ogni lunedì, mercoledì e venerdì per migliorare il mio corpo per te," ripeté Isabella, il tono ipnotico che le sgorgava dalle labbra.
"GOLDONE," sussurrò Lorenzo, mentre i suoi occhi scavavano ancora più a fondo nella mente della donna. "Domani, tornerai al negozio dove hai comprato questo perizoma e acquisterai sette nuovi completi intimi, i più trasgressivi che trovi. Voglio anche che cominci ad indossare delle autoreggenti sotto quella gonna. Butterai via ogni altro indumento intimo che possiedi e da domani in poi indosserai solo quelli sotto i tuoi vestiti pudici. Ripeti."
"Comprerò sette nuovi completi trasgressivi, butterò via tutto il resto e indosserò solo quelli," disse Isabella con la stessa voce monotona, senza il minimo segno di esitazione.
"Perfetto," mormorò Lorenzo, la sua voce che si abbassava di nuovo in un tono quasi intimo. "E dalla prossima settimana, verrai da me due volte: il martedì e il giovedì. Sarai qui per me, perché desidererai solo me. Solo il mio cazzo ti darà piacere, un piacere che bramerai costantemente. Ma questa sera, tornerai a casa e farai l'amore con tuo marito. Non proverai alcun piacere, ma lo farai per dargli l'illusione che la terapia stia funzionando. Ripeti tutto."
"Verrò da te il martedì e il giovedì per provare piacere con te. Questa sera farò l’amore con mio marito senza provare piacere per dargli l'illusione della terapia."
Lorenzo si chinò verso di lei, sussurrandole l'ultimo comando con una gravità inquietante: "Infine, Isabella, da questo momento io avrò un ascendente massimo su di te. Anche quando non sarai in trance, sentirai il bisogno naturale di compiacermi e obbedirmi. Sarà parte di te. Ripeti."
"Avrai un ascendente massimo su di me. Ti obbedirò e ti compiacerò sempre."
Soddisfatto, Lorenzo fece un passo indietro. "Ora, Isabella, radica ogni ordine che ti ho dato dentro di te. Diventeranno parte di ciò che sei." Attese un istante, osservandola con uno sguardo quasi ammirato. Poi alzò la voce, scandendo le parole: "Risvegliati."
Isabella chiuse gli occhi per un istante, poi li riaprì lentamente, confusa. Guardò Lorenzo, e appena i suoi occhi incontrarono i suoi, si sciolse in un sorriso. "Mi sento… benissimo," disse con una dolcezza che sembrava spontanea.
Lorenzo sorrise con compiacimento, tornando alla scrivania per appuntare qualcosa. Mentre scriveva, Isabella, condizionata dal suo subconscio, si sporse leggermente verso di lui. "Posso fissare un nuovo appuntamento?" chiese, con una voce che tradiva una strana urgenza.
Lorenzo la guardò con calma. "Certo. Giovedì alle 17:00 come sempre?"
Isabella esitò un attimo, poi un lieve rossore le colorò le guance. "Possiamo aggiungere anche il Martedì? Mi sto trovando molto bene."
Lorenzo rimase immobile per un istante, poi sorrise sornione, gli occhi che scintillavano. "Martedì e giovedì allora," confermò, annotando gli appuntamenti sul suo taccuino.
Isabella si alzò, lisciandosi nervosamente la gonna. "Allora… a martedì, Lorenzo," disse dolcemente, l’ombra di un sorriso sul viso mentre si voltava per uscire.
Lorenzo la seguì con lo sguardo, il sorriso che si allargava mentre la osservava scomparire oltre la porta.
La cena era semplice, come sempre: un piatto di pasta, quella sera broccoli e salsiccia, e un’insalata, consumati in un silenzio che sembrava ormai radicato nella loro routine. Carlo spezzò il pane con una distrazione assente mentre il telegiornale parlava, ma alzò lo sguardo quando Isabella posò con cura la forchetta sul piatto.
"Carlo," iniziò lei con una voce tranquilla ma decisa, “Ho deciso di iscrivermi in palestra. Da lunedì ci andrò tre volte a settimana: lunedì, mercoledì e venerdì."
Lui rimase interdetto, appoggiando il bicchiere sul tavolo. "In palestra? Tu?" domandò, incredulo. "Non pensavo che una cosa così… mondana ti interessasse."
Isabella sorrise appena, abbassando lo sguardo sul piatto vuoto come per nascondere l'imbarazzo. "Penso che mi farà bene. Mi aiuterà a rafforzare il corpo e la mente. E poi, anche la Bibbia dice che dobbiamo prenderci cura del nostro corpo. È il tempio dello Spirito Santo."
Carlo corrugò la fronte, stupito dalla risposta. Lei aggiunse con calma, quasi a volerlo convincere: "Prima lettera ai Corinzi, 6:19-20. 'Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo.'"
Carlo non seppe cosa rispondere. Annuì, quasi perplesso, accettando quella giustificazione come se fosse stata scritta su pietra. "Se pensi che ti faccia bene, allora fallo," disse infine, tornando a sorseggiare il vino.
Dopo aver sparecchiato e lavato i piatti insieme, Isabella si asciugò le mani sul grembiule, poi si voltò verso Carlo con un’espressione insolita, quasi ammiccante. "Carlo," mormorò, "vieni in camera da letto."
Carlo rimase immobile per un istante, quasi incapace di credere alle sue orecchie. "Cosa? Seriamente?" chiese, incredulo.
Isabella annuì senza aggiungere altro, sfilandosi lentamente il grembiule e avviandosi verso la camera. Carlo non se lo fece ripetere due volte: lasciò i piatti nel lavandino e la seguì, il cuore che batteva forte.
Quando si trovarono finalmente soli, Isabella si stese sul letto con un gesto delicato, mentre Carlo si avvicinava nervosamente. Non facevano l’amore da così tanto tempo che sembrava quasi irreale. Il rapporto fu breve e goffo, Carlo che ansimava sopra di lei con movimenti meccanici e incerti. Quando finì, si sdraiò accanto a lei con un sorriso soddisfatto, mentre cercava di regolare il respiro.
Ma Isabella rimase impassibile, lo sguardo fisso sul soffitto. Dentro di sé, non aveva provato nulla. Non un brivido, non un’emozione. L’ordine di Lorenzo e la mediocrità di Carlo avevano reso quell’atto un mero obbligo.
Dopo qualche minuto, si alzò dal letto senza dire una parola. S’inginocchiò accanto al letto, un gesto automatico che faceva ogni sera. Ma non appena iniziò a pronunciare le prime parole della preghiera, un calore improvviso le invase il corpo, quasi un’ondata di lava che la spinse a rialzarsi di scatto. "Devo andare in bagno," disse, la voce sbrigativa.
Carlo, ancora disteso e col fiato corto, la guardò confuso. "In bagno? A quest’ora? Dove vai?"
"Sento il bisogno di andare," rispose rapidamente, svanendo dietro la porta. Carlo rimase a fissare il soffitto, un misto di sorpresa e compiacimento. Dietro la porta chiusa, Isabella si appoggiò al lavandino, il respiro spezzato. Non riusciva a capire cosa le stesse accadendo, ma il calore dentro di lei cresceva sempre di più. La mano scese automaticamente tra le sue gambe, e mentre iniziava a toccarsi, la mente si riempì di immagini nitide di Lorenzo. Il suo volto, la sua voce, il suo corpo. Era come se lo conoscesse centimetro per centimetro, ogni dettaglio vivido e ardente nella sua mente. "Lorenzo…" ansimò, quasi senza volerlo, il suo nome che le sfuggiva tra le labbra.
Le immagini si fecero sempre più intense, fino a culminare in un piacere che la lasciò esausta, appoggiata contro la parete del bagno. Quando si riprese, si lavò rapidamente le mani e tornò in camera, dove Carlo si era già girato di lato, mezzo addormentato.
"Sei stata tanto," borbottò lui, ma Isabella non rispose. Si infilò nel letto senza indossare la sua consueta camicia da notte, rimanendo con addosso solo le mutandine. Si addormentò quasi subito, il corpo ancora esausto, mentre Carlo, voltandosi verso di lei, notò quel dettaglio con stupore.
“Sta cambiando davvero," pensò tra sé."Questo dottore è davvero fenomenale," mormorò tra sé sorridendo, convinto che la terapia stesse funzionando.
scritto il
2025-01-26
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