L'equilibrio
di
Egois
genere
tradimenti
Venerdì, 20.30 lungomare di Bari Santo Spirito. Parcheggio e scendo sugli scogli. Il mare silenzioso non rende giustizia al tumulto che ho dentro. È il senso di responsabilità che sta combattendo contro l’impeto della passione? O sono solo due livelli diversi di amore, fra loro incompatibili ma entrambi irrinunciabili? Irrinunciabili perché? Continuo così senza avere risposta, con colpa, rimorsi e rimpianti che si fanno largo nelle viscere. E so che non avrò risposte. Io sono così. Vivo così. E mi serve il tumulto per sentirmi vivo
Mando un sms : “stronza”
Ricevo un sms: “magari lo fossi… o se solo ragionassi”
Ricevo ancora: “ti scrissi:“ragionassi un po' capirei che il tuo posto è solo stare lì con lei.”
Pazzo. Risalgo in macchina e imbocco l’autostrada
[…]
01.00 Roma, via Pio IV, Hotel Jolly. Salgo la rampetta, oltrepasso la reception e scendo direttamente nel garage. Parcheggio. Citofono internamente. “Buonasera dottore, non l’aspettavamo. Ha prenotato?”. “Sia gentile, apra e risolviamo quando salgo”
Ascensore, piano 0. “Buonasera. Mi dia una camera per favore. No, non c’è convegno è personale. No non usi la convenzione, mi dia solo una camera”
E ora? Bravo imbecille. Non hai pianificato una mazza. Che sei venuto a fare in albergo? Che fai la chiami e la fai venire qui? Non ci avevi pensato eh?
La chiamo. Cellulare spento. Ovviamente.
Vabbè, tanto ormai, non è la testa che ti sta facendo agire. A quest’ora nemmeno il cuore. Ti sei mosso a cazzo e ragioni col cazzo. Va avanti.
Riprendo la macchina. Ore 02.00 Via Camozzi. Citofono? Citofono. Insisto. “chi è?”
Una frazione di secondo e sono fuori di me come fatto di mille droghe. Non capisco, non sento, non penso. Voglio soltanto.
“Scendi”
Silenzio.
Urlo :”scendi!”
“Sali”
Click. Faccio le scale di corsa ed entro. Sei li. Pantaloncini e magliettina. Volto stravolto. Non dici nulla. Aspetti. Mi avvicino. Piangi. Fermi la mia mano che corre a cercarti. Me la prendi fra le tue e mi tiri nella tua stanza da letto. Non hai ancora detto una parola. Continui solo a piangere. Ti sdrai. Prendo aria per parlare ma mi zittisci con un bacio appena accennato. Scosti i pantaloncini e gli slip, mi apri i pantaloni e mi tiri su di te.
Non ti sei fatta far male come al solito. Non me lo hai chiesto come fai tu. Non hai offerto i tuoi seni ai miei denti. Mi hai impedito di muovere le mani tenendomi abbracciato. Potevo solo guardarti negli occhi mentre mi muovevo dentro te. Non sei mai riuscita a smettere di piangere. Nemmeno quando sei venuta. Mi hai trattenuto così fino all’ultimo ed anche oltre.
Mi liberi dall’abbraccio. Riprovo a parlare ma ancora mi zittisci. Corri in bagno. Quando esci vai in cucina lasciando accesa la luce del bagno. Lo uso io. Ne esco ricomposto e ti raggiungo in cucina. Non piangi più. Mi passi una mano fra i capelli e mi dici: “vattene”.
Non posso replicare: non c’è spazio, non c’è modo.
Torno in albergo e lascio la chiave.
08.30 sabato. Bari. Ufficio. Ricevo sms “Grazie per la sorpresa. Ma era giusto che tu passassi il w.e con chi ha il diritto di averti. Ciao”
Mando un sms : “stronza”
Ricevo un sms: “magari lo fossi… o se solo ragionassi”
Ricevo ancora: “ti scrissi:“ragionassi un po' capirei che il tuo posto è solo stare lì con lei.”
Pazzo. Risalgo in macchina e imbocco l’autostrada
[…]
01.00 Roma, via Pio IV, Hotel Jolly. Salgo la rampetta, oltrepasso la reception e scendo direttamente nel garage. Parcheggio. Citofono internamente. “Buonasera dottore, non l’aspettavamo. Ha prenotato?”. “Sia gentile, apra e risolviamo quando salgo”
Ascensore, piano 0. “Buonasera. Mi dia una camera per favore. No, non c’è convegno è personale. No non usi la convenzione, mi dia solo una camera”
E ora? Bravo imbecille. Non hai pianificato una mazza. Che sei venuto a fare in albergo? Che fai la chiami e la fai venire qui? Non ci avevi pensato eh?
La chiamo. Cellulare spento. Ovviamente.
Vabbè, tanto ormai, non è la testa che ti sta facendo agire. A quest’ora nemmeno il cuore. Ti sei mosso a cazzo e ragioni col cazzo. Va avanti.
Riprendo la macchina. Ore 02.00 Via Camozzi. Citofono? Citofono. Insisto. “chi è?”
Una frazione di secondo e sono fuori di me come fatto di mille droghe. Non capisco, non sento, non penso. Voglio soltanto.
“Scendi”
Silenzio.
Urlo :”scendi!”
“Sali”
Click. Faccio le scale di corsa ed entro. Sei li. Pantaloncini e magliettina. Volto stravolto. Non dici nulla. Aspetti. Mi avvicino. Piangi. Fermi la mia mano che corre a cercarti. Me la prendi fra le tue e mi tiri nella tua stanza da letto. Non hai ancora detto una parola. Continui solo a piangere. Ti sdrai. Prendo aria per parlare ma mi zittisci con un bacio appena accennato. Scosti i pantaloncini e gli slip, mi apri i pantaloni e mi tiri su di te.
Non ti sei fatta far male come al solito. Non me lo hai chiesto come fai tu. Non hai offerto i tuoi seni ai miei denti. Mi hai impedito di muovere le mani tenendomi abbracciato. Potevo solo guardarti negli occhi mentre mi muovevo dentro te. Non sei mai riuscita a smettere di piangere. Nemmeno quando sei venuta. Mi hai trattenuto così fino all’ultimo ed anche oltre.
Mi liberi dall’abbraccio. Riprovo a parlare ma ancora mi zittisci. Corri in bagno. Quando esci vai in cucina lasciando accesa la luce del bagno. Lo uso io. Ne esco ricomposto e ti raggiungo in cucina. Non piangi più. Mi passi una mano fra i capelli e mi dici: “vattene”.
Non posso replicare: non c’è spazio, non c’è modo.
Torno in albergo e lascio la chiave.
08.30 sabato. Bari. Ufficio. Ricevo sms “Grazie per la sorpresa. Ma era giusto che tu passassi il w.e con chi ha il diritto di averti. Ciao”
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