Emofilia

di
genere
sadomaso

Marino aveva finito di lavorare tardi quella sera. Lasciò il camice nell’appendiabiti del laboratorio, prese la giacca di pelle e se ne uscì. A casa lo aspettava, come al solito, il suo fox terrier, Paloma. Appena lo sentiva arrivare, si piantava dietro la porta impaziente di rivederlo. La sua casa era una villetta con giardino ben curato, poco fuori Roma. Si catapultò sulla poltrona davanti alla tv e fece partire un nuovo episodio di True Blood. Era un uomo di 40 anni. La carnagione candida, quasi lattea, si scontrava bruscamente con il bruno dei capelli corti e della barba irsuta, un po’ come il conflitto cromatico tra il mar dello Skagerrak e il mar del Kattegat, tra Svezia e Danimarca. Ad armonizzare il tutto il bianco del piccolo gruppo di peli senili dispersi in tutta la massa mora. Il viso era piacevole sebbene poco espressivo, mantenuto costantemente in una espressione di riposo, tanto da risultargli difficoltoso acquisirne di diverse. Il naso era sottile, gli occhi vispi, nonostante l’espressione serafica. Portava degli occhiali da vista con le lenti tonde, un po’ da sfigato; una scelta stereotipata e coerente con la sua professione. Il fisico era magro, slanciato di costituzione. I pettorali appena accennati così come gli addominali. Era un uomo attraente anche se particolare. Era uno di quelli con il quale la natura è stata generosa ma che non fa nulla per esaltare i suoi punti di forza. Era trascurato, l’abbigliamento basico e monocromatico. Conduceva una vita riservata, quasi miserabile. Era un ragazzino quando scoprì la sua passione per le scienze e in particolare per il corpo umano. Era attratto dalla sua struttura, da come ciascuna unità formasse insiemi integrati funzionalmente, meccanismi complessi e interconnessi. Era stato stregato dall’anatomia e dalla fisiologia. Finito il liceo si iscrisse a Biologia e si specializzò poi nella branca clinica. Si occupava di analisi del sangue e allo stesso tempo raccoglieva dati per una ricerca. Si dilettava a cercare di scoprire le varie malattie del sangue dall’osservazione microscopica. Gli piaceva associare elementi e fatti, dare spiegazione di ogni cosa. Era una mente brillante e attiva.

Un’altra giornata di prelievi. Oggi quelli per l’HIV. La sala prelievi vedeva susseguirsi, uno dopo l’altro, una miriade di ragazzi e uomini più grandi, ma anche qualche ragazza. Lui assisteva l’infermiera e quando aveva un numero di campioni sufficienti, andava in laboratorio e li analizzava. L’ultimo paziente era un ragazzo di carnagione olivastra, muscoloso, terrorizzato dall’iniezione. La paura della puntura non sempre si supera in età adulto, sebbene sia principalmente fanciullesca. Marino guardò il ragazzo tutto agitato con interesse. Sulla sua faccia una smorfia che spezzava la monotonia della solita, era in qualche modo un sorriso, molto goffo ma comunque un sorriso. Si avvicinò e gli disse pacatamente:
“Dai su stai tranquillo, la mia collega è bravissima e rapida! Chiudi gli occhi, ora prendo delle matite e le appoggio su entrambe le braccia. Concentrati sulla pressione delle matite e non ti accorgerai di niente!”
Il ragazzo era ancora agitato, ma si volle fidare di quell’uomo e tentò il metodo stravagante. Chiuse gli occhi, il laccio emostatico e la siringa erano pronti. Avvertì il ragazzo che avrebbe aumentato la pressione delle punte sulla pelle. Lui le sentì, digrignò i denti e contrasse i muscoli delle braccia. Marino scambiò uno sguardo con la collega e fece un rapido accenno con la testa. Lei lo infilzò e il ragazzo se ne accorse appena, deconcentrato dall’azione dell’insieme di punte. L’infermiera e il ragazzo rimasero meravigliati: aveva funzionato. Il ragazzo lo ringraziò e gli sorrise. Marino ricambiò con un sorriso goffo dei suoi. Prese i campioni e la documentazione sanitaria dei pazienti e se ne andò in laboratorio, salutando con un cenno. Si mise ad analizzare campione dopo campione con una concentrazione e dedizione ammirevoli. Si lasciò per ultima la provetta del ragazzo con la fobia delle siringhe. Lesse il codice sulla provetta e poi cercò la corrispondenza sulla cartella. Edoardo Mancini. 27 anni. Rapporti omosessuali frequenti. Gruppo sanguigno 0, Rh-. L’interesse si accese sul suo volto. I test non erano anonimi, ma era obbligatoria la riservatezza. Si mise ad analizzare il suo sangue mediante il COMBO text. Era risultato sieronegativo.
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2016-08-30
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