Il mio Brasile - 2
di
Omniman
genere
gay
… mi girai verso Romero col viso imbrattato dal suo sperma e vidi che mi sorrideva felice. Ero felice anch’io e gli sorridevo ingenuo e incredulo, assolutamente inconsapevole di aver fatto sesso, parola che neanche conoscevo, ma altrettanto inebriato dalla bellezza di quel momento. Mi spalmai la sua crema sul viso e ne approfittai per assaggiarne ancora un po; gli dissi che era buona e lui mi rispose che me ne avrebbe data tanta, purchè fosse restato un nostro segreto. Istintivamente mi stesi su di lui ed avvicinai la mia bocca alla sua, come avevo visto fare dai miei, e con le labbra sfiorai le sue, solo per un attimo. Lui mi guardò intensamente coi suoi occhi scuri e prese la mia testa tra le mani, mi fissò ancora e sorrise, mentre sentivo di nuovo il suo pisello irrigidirsi e puntare sul mio culetto.
“Adesso dobbiamo andare, domani staremo ancora insieme” mi disse.
Tirai su i pantaloncini, salimmo sul trattore e tornammo a casa.
Salutai mia madre, sempre più bella, ed andai in bagno. Lavai via dal viso lo sperma di Romero, poi mi misi a cavalcioni sul wc ed insaponai il buchetto. Era un massaggio piacevole e senza pensarci troppo lasciai che un dito scivolasse dentro. Giocai col mio buchetto per qualche minuto, poi spinsi dentro anche un secondo dito. Continuai ancora per un po’ e più giocavo più mi rilassavo, gustandomi quei piccoli brividi. Certo non era molto comodo stare così, col braccio contorto, e pensai che forse potevo appoggiare il mio buchetto su qualcosa che avesse la forma di un dito e muovermi su e giù. Mi guardai intorno e vidi il manico dello scovolino del water, che mi sembrò perfetto per lo scopo, anche perché stava dritto sulla sua base e non c’era bisogno di tenerlo. Sempre più preso da quel nuovo gioco, lo insaponai e mi piegai come per sedermici sopra puntandolo direttamente sul buchetto. Il manico scivolò dentro con semplicità e naturalezza, e cominciai a fare su e giù muovendo il culetto, mentre con la mano destra menavo il mio cazzetto già durissimo. Schizzai e per un attimo le gambe mi cedettero; in quel momento sentii scivolare il manico più a fondo, toccando un punto che mi fece male; mi rialzai subito un po’ impaurito e mi accorsi che lo avevo imbrattato della mia cacca. Mi sbrigai a pulirlo e poi mi rimisi a cavalcioni sul water, presi il tubo che si usava per il lavaggio intimo e lo puntai sul buchetto per pulire bene tutto. Mi entrò dentro un po’ d’acqua che uscì subito insieme a un po’ della mia cacca.
Passai il resto della giornata col sorriso sulle labbra, senza pensare ad altro se non quello che era successo con Romero e quello che avevo combinato nel bagno. La notte dormii serenamente beato dopo l’ennesima sega.
La mattina a colazione, guardai le banane verdi sulla tavola, erano della varietà gold, delle dimensioni più piccole tra quelle coltivate da mio padre, ed immediatamente ne immaginai una infilata nel mio buchetto. Ero immerso in questo pensiero quando sentii Romero salutarmi dalla porta con il suo solito “Bon dia Andrea”.
Sentii un brivido salire dal buchetto al cervello, e gli sarei saltato addosso per ricoprirlo di baci se avessi potuto, ma davanti a mia madre non potevo e gli dissi solo “Eccomi, finisco la colazione e arrivo”.
Finii in un attimo e corsi fuori “Dove andiamo?” gli chiesi e lui “Oggi devo sistemare delle cose al capannone del campo del grano, andiamo” rispose strizzando l’occhio destro.
Per l’occasione avevo indossato solo i pantaloncini senza le mutandine e quando mi aiutò a salire sul trattore spingendomi come al solito dal culetto, Romero se ne accorse e lasciò scivolare dentro la mano, accarezzandomi. Appena fummo fuori dalla fattoria si slacciò i pantaloni mentre guidava e tirò fuori il suo enorme pisello. Poi mi chiese di sedermi ancora su di lui come il giorno prima, ma questa volta con i pantaloncini abbassati. Fece scivolare il suo cazzo tra le mie cosce e mi disse di prenderlo tra le mani. Liberi e naturali arrivammo al capannone, attraverso una strada bianca che potevamo percorrere solo noi e dove nessuno poteva vederci. Per tutto il tragitto avevo accarezzato il suo pisello mentre con le natiche nude premevo sul suo addome leggermente umido di sudore.
Entrammo nel capannone e si mise a sedere su una balla con la camicia sbottonata ed il cazzo completamente fuori, poi volle che mi mettessi a cavalcioni su di lui, con le ginocchia sulla balla. Mi tolse la maglietta e restai completamente nudo. Così mi abbracciò e mi strinse completamente a sé. In quella posizione i nostri piselli strusciavano l’uno contro l’altro e lui mi teneva saldamente con le mani sulle natiche. Era bellissimo quel contatto, pelle contro pelle, cazzo contro cazzo e il culo totalmente preda delle sue mani e delle dita che premevano sul buchetto. Avvicinai ancora le mie labbra alle sue e questa volta fu lui a premere a lungo e con infinita dolcezza. Poi sentii le sue labbra dischiudersi e la sua lingua che lentamente si faceva strada tra le mie. Io non sapevo che fare ma era piacevole e dolce e mi gustai a fondo questa ulteriore novità. Quel contatto, quella lingua umida che esplorava la mia bocca, era semplicemente meraviglioso e provai ad imitarlo, per donargli la stessa sensazione che stavo provando io. Le nostre lingue si incrociavano e succhiava e mordicchiava dolcemente la mia: ero in estasi, la mente era libera e non capivo niente di quello che stava accadendo.
Poi dolcemente si sollevò tenendomi tra le braccia mentre io mi tenevo alle sue spalle possenti, e mi mise supino sulla balla. Scese lentamente con la lingua fino al mio pisellino, lo prese con la bocca dandomi un piacere immenso, poi scese ancora e prese a leccarmi il buchino, spingendo con la punta della lingua. Ero completamente stordito dal piacere, sentivo brividi ovunque, ed era tutto così nuovo per me. Poi Romero si fermò e mi chiese se mi piaceva la sua lingua. Gli risposi di si e che mi sarebbe piaciuto fare lo stesso a lui. Quindi si distese e cominciai a leccarlo cercando ancora di imitarlo. Poi quando arrivai sul suo pisello, mi chiese di leccargli bene la punta e quella che chiamò cappella, nella sua lingua. “Bravo, mi stai leccando benissimo” mi disse “adesso apri completamente la bocca e fai entrare la cappella dentro, continuando a leccare” ma la mia bocca era troppo piccola per quella cappella e non riuscivo a farla entrare, però la dilatai al massimo, ci poggiai le labbra carnose e continuai a leccare meglio che potevo, mentre con le mani menavo istintivamente il suo cazzo su e giù.
Continuai così senza interruzioni, perché lui mi diceva che ero bravissimo e non dovevo fermarmi; diceva che tra poco mi avrebbe dato ancora quello sperma che tanto mi era piaciuto, ed io sempre più felice mugolavo con la bocca piena un “siii… tanto tanto”. Subito il suo pisello diventò ancora più duro e grande, Romero mi mise una mano sulla testa e disse “siii… ora succhia tutto e ingoia” e schizzò tutto il suo latte caldo nella mia bocca mentre succhiavo e ingoiavo goloso. Continuai a succhiarlo vorace come fosse infinito ma lui me lo tolse dalla bocca e mi chiese di aspettare un po’. Appoggiai la testa sulla sua coscia e pieno d’ammirazione guardai il suo pisello sgonfiarsi lentamente; poi lui lo prese con una mano e lo strinse un po’, facendo uscire altro latte. “Adesso che è più piccolo puoi provare a tenerlo un po’ in bocca se vuoi”, e riuscii finalmente a far entrare quella cappella succosa leccando e succhiando lentamente, come per accarezzarla. Lui mi lasciò fare, per molti e molti minuti, mentre con una mano mi accarezzava la testa e sorrideva. Poi mi disse che voleva giocare un po’ col mio culetto bianco e mi fece mettere in ginocchio con le braccia a terra e le natiche bene aperte. Tirò fuori dalla sua borsa una bottiglietta, la aprì e si spalmò sulle dita l’olio che conteneva. Avvicinò le mani al mio culetto e cominciò ad accarezzarlo, prima sulle natiche, poi con le dita nel solco, quindi sul buchetto. Spinse ed entrò facilmente con il dito del giorno prima, che da solo era grande come tre dei miei, e cominciai subito a godere del piacere che ormai conoscevo; sentivo distintamente entrare e uscire quel dito che ruotava e spingeva, sempre più velocemente e mi piaceva da morire; poi si fermò e sentii che la pressione sul buco aumentava; sentivo un po’ di dolore e subito dopo lo sentii spingere di più ed il dolore fu fortissimo. Gridai e strinsi forte le natiche, ma non gli chiesi di fermarsi, anche perché lui mi rassicurava che presto il dolore sarebbe passato, ed io mi fidavo; da lui avevo ricevuto solo cose buone e dolcezza. Senza uscire dal mio culetto mi fece girare e stendere supino sulla balla, e quando potei guardare mi accorsi che le dita che avevo dentro erano due e capii perché avevo sentito tanto dolore. Lui mi sorrise e mentre roteava le dita nel buchetto prese a menarmi il pisello con la mano sinistra. Ben presto cominciai a sentire solo piacere e nel giro di pochi minuti schizzai fuori tutto il mio latte, contraendo il buco che strizzava le dita di Romero. Poi lui tolse le dita ed appoggiò la punta del suo pisello un po’ sgonfio al mio buchetto; lo sentii premere un po’ ma ignorando allora che cosa fosse un’inculata pensai solo che fosse un altro modo di giocare col mio buchetto. Vidi che metteva altro olio sulla cappella e sentii che spingeva ancora, ma il pisello era morbido e si piegava. Il contatto tra quella cappelle liscia e calda ed il mio buchetto era bellissimo, ed ero io a spingere per cercarla.
Improvvisamente sentimmo il rumore di un’auto che si avvicinava e ci rivestimmo in fretta uscendo fuori. Arrivò una vecchia Toyota ma fu subito chiaro che avevano semplicemente sbagliato strada.
Comunque ormai era ora x me di tornare a casa e per Romero di andare alla piantagione, quindi mi riaccompagnò con la promessa che il giorno dopo avremmo giocato ancora insieme.
Arrivai a casa e mi misi a tavola felice, polverizzando tutto quello che mia madre mi aveva preparato. Finito il pranzo mi avvicinai al cesto della frutta e presi una banana “Questa la mangio dopo!” dissi a mia madre, ed andai in camera mia.
Continua….
“Adesso dobbiamo andare, domani staremo ancora insieme” mi disse.
Tirai su i pantaloncini, salimmo sul trattore e tornammo a casa.
Salutai mia madre, sempre più bella, ed andai in bagno. Lavai via dal viso lo sperma di Romero, poi mi misi a cavalcioni sul wc ed insaponai il buchetto. Era un massaggio piacevole e senza pensarci troppo lasciai che un dito scivolasse dentro. Giocai col mio buchetto per qualche minuto, poi spinsi dentro anche un secondo dito. Continuai ancora per un po’ e più giocavo più mi rilassavo, gustandomi quei piccoli brividi. Certo non era molto comodo stare così, col braccio contorto, e pensai che forse potevo appoggiare il mio buchetto su qualcosa che avesse la forma di un dito e muovermi su e giù. Mi guardai intorno e vidi il manico dello scovolino del water, che mi sembrò perfetto per lo scopo, anche perché stava dritto sulla sua base e non c’era bisogno di tenerlo. Sempre più preso da quel nuovo gioco, lo insaponai e mi piegai come per sedermici sopra puntandolo direttamente sul buchetto. Il manico scivolò dentro con semplicità e naturalezza, e cominciai a fare su e giù muovendo il culetto, mentre con la mano destra menavo il mio cazzetto già durissimo. Schizzai e per un attimo le gambe mi cedettero; in quel momento sentii scivolare il manico più a fondo, toccando un punto che mi fece male; mi rialzai subito un po’ impaurito e mi accorsi che lo avevo imbrattato della mia cacca. Mi sbrigai a pulirlo e poi mi rimisi a cavalcioni sul water, presi il tubo che si usava per il lavaggio intimo e lo puntai sul buchetto per pulire bene tutto. Mi entrò dentro un po’ d’acqua che uscì subito insieme a un po’ della mia cacca.
Passai il resto della giornata col sorriso sulle labbra, senza pensare ad altro se non quello che era successo con Romero e quello che avevo combinato nel bagno. La notte dormii serenamente beato dopo l’ennesima sega.
La mattina a colazione, guardai le banane verdi sulla tavola, erano della varietà gold, delle dimensioni più piccole tra quelle coltivate da mio padre, ed immediatamente ne immaginai una infilata nel mio buchetto. Ero immerso in questo pensiero quando sentii Romero salutarmi dalla porta con il suo solito “Bon dia Andrea”.
Sentii un brivido salire dal buchetto al cervello, e gli sarei saltato addosso per ricoprirlo di baci se avessi potuto, ma davanti a mia madre non potevo e gli dissi solo “Eccomi, finisco la colazione e arrivo”.
Finii in un attimo e corsi fuori “Dove andiamo?” gli chiesi e lui “Oggi devo sistemare delle cose al capannone del campo del grano, andiamo” rispose strizzando l’occhio destro.
Per l’occasione avevo indossato solo i pantaloncini senza le mutandine e quando mi aiutò a salire sul trattore spingendomi come al solito dal culetto, Romero se ne accorse e lasciò scivolare dentro la mano, accarezzandomi. Appena fummo fuori dalla fattoria si slacciò i pantaloni mentre guidava e tirò fuori il suo enorme pisello. Poi mi chiese di sedermi ancora su di lui come il giorno prima, ma questa volta con i pantaloncini abbassati. Fece scivolare il suo cazzo tra le mie cosce e mi disse di prenderlo tra le mani. Liberi e naturali arrivammo al capannone, attraverso una strada bianca che potevamo percorrere solo noi e dove nessuno poteva vederci. Per tutto il tragitto avevo accarezzato il suo pisello mentre con le natiche nude premevo sul suo addome leggermente umido di sudore.
Entrammo nel capannone e si mise a sedere su una balla con la camicia sbottonata ed il cazzo completamente fuori, poi volle che mi mettessi a cavalcioni su di lui, con le ginocchia sulla balla. Mi tolse la maglietta e restai completamente nudo. Così mi abbracciò e mi strinse completamente a sé. In quella posizione i nostri piselli strusciavano l’uno contro l’altro e lui mi teneva saldamente con le mani sulle natiche. Era bellissimo quel contatto, pelle contro pelle, cazzo contro cazzo e il culo totalmente preda delle sue mani e delle dita che premevano sul buchetto. Avvicinai ancora le mie labbra alle sue e questa volta fu lui a premere a lungo e con infinita dolcezza. Poi sentii le sue labbra dischiudersi e la sua lingua che lentamente si faceva strada tra le mie. Io non sapevo che fare ma era piacevole e dolce e mi gustai a fondo questa ulteriore novità. Quel contatto, quella lingua umida che esplorava la mia bocca, era semplicemente meraviglioso e provai ad imitarlo, per donargli la stessa sensazione che stavo provando io. Le nostre lingue si incrociavano e succhiava e mordicchiava dolcemente la mia: ero in estasi, la mente era libera e non capivo niente di quello che stava accadendo.
Poi dolcemente si sollevò tenendomi tra le braccia mentre io mi tenevo alle sue spalle possenti, e mi mise supino sulla balla. Scese lentamente con la lingua fino al mio pisellino, lo prese con la bocca dandomi un piacere immenso, poi scese ancora e prese a leccarmi il buchino, spingendo con la punta della lingua. Ero completamente stordito dal piacere, sentivo brividi ovunque, ed era tutto così nuovo per me. Poi Romero si fermò e mi chiese se mi piaceva la sua lingua. Gli risposi di si e che mi sarebbe piaciuto fare lo stesso a lui. Quindi si distese e cominciai a leccarlo cercando ancora di imitarlo. Poi quando arrivai sul suo pisello, mi chiese di leccargli bene la punta e quella che chiamò cappella, nella sua lingua. “Bravo, mi stai leccando benissimo” mi disse “adesso apri completamente la bocca e fai entrare la cappella dentro, continuando a leccare” ma la mia bocca era troppo piccola per quella cappella e non riuscivo a farla entrare, però la dilatai al massimo, ci poggiai le labbra carnose e continuai a leccare meglio che potevo, mentre con le mani menavo istintivamente il suo cazzo su e giù.
Continuai così senza interruzioni, perché lui mi diceva che ero bravissimo e non dovevo fermarmi; diceva che tra poco mi avrebbe dato ancora quello sperma che tanto mi era piaciuto, ed io sempre più felice mugolavo con la bocca piena un “siii… tanto tanto”. Subito il suo pisello diventò ancora più duro e grande, Romero mi mise una mano sulla testa e disse “siii… ora succhia tutto e ingoia” e schizzò tutto il suo latte caldo nella mia bocca mentre succhiavo e ingoiavo goloso. Continuai a succhiarlo vorace come fosse infinito ma lui me lo tolse dalla bocca e mi chiese di aspettare un po’. Appoggiai la testa sulla sua coscia e pieno d’ammirazione guardai il suo pisello sgonfiarsi lentamente; poi lui lo prese con una mano e lo strinse un po’, facendo uscire altro latte. “Adesso che è più piccolo puoi provare a tenerlo un po’ in bocca se vuoi”, e riuscii finalmente a far entrare quella cappella succosa leccando e succhiando lentamente, come per accarezzarla. Lui mi lasciò fare, per molti e molti minuti, mentre con una mano mi accarezzava la testa e sorrideva. Poi mi disse che voleva giocare un po’ col mio culetto bianco e mi fece mettere in ginocchio con le braccia a terra e le natiche bene aperte. Tirò fuori dalla sua borsa una bottiglietta, la aprì e si spalmò sulle dita l’olio che conteneva. Avvicinò le mani al mio culetto e cominciò ad accarezzarlo, prima sulle natiche, poi con le dita nel solco, quindi sul buchetto. Spinse ed entrò facilmente con il dito del giorno prima, che da solo era grande come tre dei miei, e cominciai subito a godere del piacere che ormai conoscevo; sentivo distintamente entrare e uscire quel dito che ruotava e spingeva, sempre più velocemente e mi piaceva da morire; poi si fermò e sentii che la pressione sul buco aumentava; sentivo un po’ di dolore e subito dopo lo sentii spingere di più ed il dolore fu fortissimo. Gridai e strinsi forte le natiche, ma non gli chiesi di fermarsi, anche perché lui mi rassicurava che presto il dolore sarebbe passato, ed io mi fidavo; da lui avevo ricevuto solo cose buone e dolcezza. Senza uscire dal mio culetto mi fece girare e stendere supino sulla balla, e quando potei guardare mi accorsi che le dita che avevo dentro erano due e capii perché avevo sentito tanto dolore. Lui mi sorrise e mentre roteava le dita nel buchetto prese a menarmi il pisello con la mano sinistra. Ben presto cominciai a sentire solo piacere e nel giro di pochi minuti schizzai fuori tutto il mio latte, contraendo il buco che strizzava le dita di Romero. Poi lui tolse le dita ed appoggiò la punta del suo pisello un po’ sgonfio al mio buchetto; lo sentii premere un po’ ma ignorando allora che cosa fosse un’inculata pensai solo che fosse un altro modo di giocare col mio buchetto. Vidi che metteva altro olio sulla cappella e sentii che spingeva ancora, ma il pisello era morbido e si piegava. Il contatto tra quella cappelle liscia e calda ed il mio buchetto era bellissimo, ed ero io a spingere per cercarla.
Improvvisamente sentimmo il rumore di un’auto che si avvicinava e ci rivestimmo in fretta uscendo fuori. Arrivò una vecchia Toyota ma fu subito chiaro che avevano semplicemente sbagliato strada.
Comunque ormai era ora x me di tornare a casa e per Romero di andare alla piantagione, quindi mi riaccompagnò con la promessa che il giorno dopo avremmo giocato ancora insieme.
Arrivai a casa e mi misi a tavola felice, polverizzando tutto quello che mia madre mi aveva preparato. Finito il pranzo mi avvicinai al cesto della frutta e presi una banana “Questa la mangio dopo!” dissi a mia madre, ed andai in camera mia.
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