Circonciso
di
Anonima
genere
etero
Facevo l'infermiera in un ospedale del nord Italia, ed era da un po' di tempo che non frequentavo uomini, perchè in questo ospedale era pieno di lesbiche, allora ci prova una ci prova l'altra, e alla fine mi divertivo insieme a loro, ma quella volta ebbi un colpo di fulmine per quel bel ragazzo di nome Marco.
L'avevo conosciuto nel periodo in cui assisteva sua madre, una anziana di settant’anni, ricoverata nella clinica dove lavoro. Una sera le avevo appena praticato una iniezione quando sulla porta della stanza Marco si rivolse a me chiedendomi una informazione.
- C’è un ristorante qui vicino dove posso andare a cena?
- Se m’inviti te lo indico, altrimenti no.
- replicai scherzosamente.
Rimase sorpreso dalla mia risposta ed esitò prima di rispondere. Io invece mi ero sentita istintivamente attratta da lui e gli avevo sbiascicato la proposta senza pensarci troppo.
- Concludo il turno di lavoro alle dieci, se ti va potremmo andarci insieme.
- Mi stai prendendo per il culo?
- Non sto scherzando. - dissi.
- Nemmeno io.
- Non sei di Parma, vero?
- No, abito a Piacenza.
- Pensi di fermarti molto?
- Stanotte senz’altro.
- disse guardandomi fisso negli occhi.
Non andammo a cena quella sera, ma direttamente a casa mia. Restammo a digiuno fino alla mattina seguente, nutrendoci soltanto della carne dei nostri corpi. Marco si accomiatò alle prime luci dell’alba lasciandomi spoglia sotto le coperta della trapunta di piumino senza affaticarsi in nessuna promessa. Avevamo scambiato un po’ di letto senza l’amore, ma pieni di una forte attrazione sessuale, quella sì.
Non lo rividi per una intera settimana. La domenica successiva tornò a fare visita alla madre. Scorgendolo seduto accanto al letto dell’anziana donna lo salutai e lui contraccambiò il saluto ammiccando un sorriso, nient’altro. All’uscita dalla clinica me lo trovai al portone d’ingresso della clinica ad aspettarmi.
- Andiamo a casa tua? - disse.
- A me sta bene.
- Allora è sì?
- Sì.
Poco dopo eravamo nella stanza da letto di casa mia. Mi ritrovai ad accarezzare il suo giovane corpo anche se non sapevo niente di lui. Mi ero avventurata nella storia con Marco con spregiudicatezza, com’è nel mio carattere, ma non immaginavo che potesse coinvolgermi in maniera così intensa da costringendomi ad una dipendenza sessuale.
Quando sua madre fu dimessa dall’ospedale Marco volle sapere il mio numero di cellulare e glielo comunicai. Seguitammo a vederci regolarmente ogni fine settimana, alla domenica pomeriggio, quando entrambi eravamo liberi da altri impegni.
Di lui non sapevo niente, proprio niente. Immaginavo che avesse una famiglia, dei figli, oppure una fidanzata, ma non osavo chiederglielo per paura di non ritrovarmelo più vicino a me.
La nostra storia era sopravvissuta in ragione di una forte attrazione fisica e nient'altro. I momenti d’intimità che vivevamo erano ossigeno puro. Non avevo mai scopato con un uomo con il cazzo circonciso prima di conoscere Marco. È stata una piacevole scoperta, anche se preferisco fare scorrere con la mano il prepuzio sulla cappella dei miei amanti mentre li masturbo.
Fissavamo gli incontri attraverso il telefono cellulare. Mi dava appuntamento spedendomi la foto del suo cazzo con sovraimpressa l’ora dell’incontro, sempre la stessa: la domenica pomeriggio alle quattro, a casa mia.
Durante la sua frequentazione non ero andata a letto con nessun altro. Solo con lui. Trascorrevamo i pomeriggi impegnati a entrare, levare, e scambiarci emissione di liquidi organici di ogni sorta. Scopavamo e non avevamo niente da dirci, ma era solo apparenza la nostra.
Gli avevo concesso d’incularmi e non era cosa da poco, a pochi uomini avevo consentito di farlo. Aspettavo con ansia che arrivasse il fine settimana per incontrarlo. Ma le cose cambiarono quando cominciai a fargli delle domande. Volevo sapere molto di lui, più di quanto avevo imparato a conoscere in ogni centimetro quadrato del suo corpo e sbagliai.
- Hai un’altra?
- Eh?
- Ti ho chiesto se hai un’altra donna.
- E’ importante?
- No.
- E allora perché me lo hai chiesto?
- Ho sbagliato a chiedertelo?
- No.
Dopo quella volta diventò ancora più enigmatico. La nostra relazione esisteva solo perché eravamo ammalati di sesso ed entrambi lo sapevamo ed eravamo consapevoli che prima o poi saremmo guariti.
Non mi era concesso sapere altro, anche se avrei desiderato sapere tutto di lui. Quando smise di videotelefonarmi non lo cercai, anche se avrei desiderato farlo. Nella memoria del cellulare non ho mai cancellato le immagini del suo cazzo circonciso.
L'avevo conosciuto nel periodo in cui assisteva sua madre, una anziana di settant’anni, ricoverata nella clinica dove lavoro. Una sera le avevo appena praticato una iniezione quando sulla porta della stanza Marco si rivolse a me chiedendomi una informazione.
- C’è un ristorante qui vicino dove posso andare a cena?
- Se m’inviti te lo indico, altrimenti no.
- replicai scherzosamente.
Rimase sorpreso dalla mia risposta ed esitò prima di rispondere. Io invece mi ero sentita istintivamente attratta da lui e gli avevo sbiascicato la proposta senza pensarci troppo.
- Concludo il turno di lavoro alle dieci, se ti va potremmo andarci insieme.
- Mi stai prendendo per il culo?
- Non sto scherzando. - dissi.
- Nemmeno io.
- Non sei di Parma, vero?
- No, abito a Piacenza.
- Pensi di fermarti molto?
- Stanotte senz’altro.
- disse guardandomi fisso negli occhi.
Non andammo a cena quella sera, ma direttamente a casa mia. Restammo a digiuno fino alla mattina seguente, nutrendoci soltanto della carne dei nostri corpi. Marco si accomiatò alle prime luci dell’alba lasciandomi spoglia sotto le coperta della trapunta di piumino senza affaticarsi in nessuna promessa. Avevamo scambiato un po’ di letto senza l’amore, ma pieni di una forte attrazione sessuale, quella sì.
Non lo rividi per una intera settimana. La domenica successiva tornò a fare visita alla madre. Scorgendolo seduto accanto al letto dell’anziana donna lo salutai e lui contraccambiò il saluto ammiccando un sorriso, nient’altro. All’uscita dalla clinica me lo trovai al portone d’ingresso della clinica ad aspettarmi.
- Andiamo a casa tua? - disse.
- A me sta bene.
- Allora è sì?
- Sì.
Poco dopo eravamo nella stanza da letto di casa mia. Mi ritrovai ad accarezzare il suo giovane corpo anche se non sapevo niente di lui. Mi ero avventurata nella storia con Marco con spregiudicatezza, com’è nel mio carattere, ma non immaginavo che potesse coinvolgermi in maniera così intensa da costringendomi ad una dipendenza sessuale.
Quando sua madre fu dimessa dall’ospedale Marco volle sapere il mio numero di cellulare e glielo comunicai. Seguitammo a vederci regolarmente ogni fine settimana, alla domenica pomeriggio, quando entrambi eravamo liberi da altri impegni.
Di lui non sapevo niente, proprio niente. Immaginavo che avesse una famiglia, dei figli, oppure una fidanzata, ma non osavo chiederglielo per paura di non ritrovarmelo più vicino a me.
La nostra storia era sopravvissuta in ragione di una forte attrazione fisica e nient'altro. I momenti d’intimità che vivevamo erano ossigeno puro. Non avevo mai scopato con un uomo con il cazzo circonciso prima di conoscere Marco. È stata una piacevole scoperta, anche se preferisco fare scorrere con la mano il prepuzio sulla cappella dei miei amanti mentre li masturbo.
Fissavamo gli incontri attraverso il telefono cellulare. Mi dava appuntamento spedendomi la foto del suo cazzo con sovraimpressa l’ora dell’incontro, sempre la stessa: la domenica pomeriggio alle quattro, a casa mia.
Durante la sua frequentazione non ero andata a letto con nessun altro. Solo con lui. Trascorrevamo i pomeriggi impegnati a entrare, levare, e scambiarci emissione di liquidi organici di ogni sorta. Scopavamo e non avevamo niente da dirci, ma era solo apparenza la nostra.
Gli avevo concesso d’incularmi e non era cosa da poco, a pochi uomini avevo consentito di farlo. Aspettavo con ansia che arrivasse il fine settimana per incontrarlo. Ma le cose cambiarono quando cominciai a fargli delle domande. Volevo sapere molto di lui, più di quanto avevo imparato a conoscere in ogni centimetro quadrato del suo corpo e sbagliai.
- Hai un’altra?
- Eh?
- Ti ho chiesto se hai un’altra donna.
- E’ importante?
- No.
- E allora perché me lo hai chiesto?
- Ho sbagliato a chiedertelo?
- No.
Dopo quella volta diventò ancora più enigmatico. La nostra relazione esisteva solo perché eravamo ammalati di sesso ed entrambi lo sapevamo ed eravamo consapevoli che prima o poi saremmo guariti.
Non mi era concesso sapere altro, anche se avrei desiderato sapere tutto di lui. Quando smise di videotelefonarmi non lo cercai, anche se avrei desiderato farlo. Nella memoria del cellulare non ho mai cancellato le immagini del suo cazzo circonciso.
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