Racconto a puntate pt. 4
di
Aletheria
genere
etero
"Allora... Per iniziare, voglio che tu mi traduca il pezzo che hai davanti, hai mezz'ora di tempo a partire da... adesso."
Non era un testo difficile: conoscevo tutti i vocaboli impiegati, dovevo solo ricostruirlo e dargli armonia in italiano.
Leonardo camminava avanti e indietro, alle mie spalle: la sua ombra passava a momenti regolari sullo schermo del pc, mettendone in risalto la luminosità.
Al di là della stranezza del luogo in cui mi trovavo - molto, molto al di là - e dei suoi modi particolari, mi sembrava che le cose stessero procedendo come dovevano.
"Ho finito..."
"Sei sicura? Non vuoi prenderti ancora qualche minuto?"
Si fermò al mio fianco e si chinò per leggere dallo schermo con uno scricchiolio di giunture.
"La vecchiaia..." disse ridacchiando.
Gli proposi di sedersi al mio posto, ma lui fece segno di no con il capo, poggiandomi per un attimo una mano s'un ginocchio come a dire "resta comoda".
Era concentrato a leggere, con lo sguardo serio.
Deglutii, pur essendo abbastanza sicura di quello che avevo scritto avevo paura: quando lui alzò lo sguardo su di me sorridendo, rilasciai finalmente il respiro.
"Va bene, bravissima! Ma io non avevo dubbi... Ora facciamo la prova orale invece... Seguimi, da questa parte."
Il sorriso che aveva sempre era tranquillizzante. Mi sembrava di essere con un bravo insegnante più che con un head hunter.
Ci avvicinammo a un armadio che conteneva quella che scoprii essere una postazione di traduzione simultanea: c'era uno stereo molto tecnologico da cui lui scollegò un paio di cuffie mettendole da parte.
"Non dovrei usarle?"
"No, voglio sentire bene e non perdere nemmeno un'inflessione della tua voce..."
Fece partire un dialogo in lingua difficilissimo: era impossibile stargli dietro, stavo iniziando ad avere caldo, avevo difficoltà a stare al passo e stavo iniziando ad agitarmi.
La prova precedente era stata semplicissima, al contrario questa sembrava fatta in modo da annientarti.
Forse il disastro che stavo combinando stava facendo alzare la temperatura in tutta la stanza, perché Leonardo si allontanò per togliersi giacca e cravatta di dosso.
Come un castello di carte inizia a cadere per una sola mossa sbagliata, cannando le cose più semplici stavo avendo solo un'idea del contesto e delle linee generali del dialogo.
L'uomo fermò la registrazione ed io lo guardai con il volto e le orecchie in fiamme, in evidente imbarazzo e anche abbastanza incazzata.
Si mise dietro di me e improvvisò un massaggio per sciogliermi le spalle.
"Va tutto bene, tranquilla... Facciamo che ora respiri profondamente, ti rilassi e tra poco ricominciamo da capo."
Avrei voluto che il pavimento si aprisse in una voragine e m'inghiottisse: non mi avrebbero mai presa, ormai era andato tutto a rotoli.
Eppure qualcosa dentro di me mi convinse ad andare avanti.
Fanculo, pensai, devo riprovarci e affidarmi di più all'ascolto.
Feci un respiro profondo.
Chiusi gli occhi qualche secondo e quando li riaprii lui era davanti a me: mi guardava senza più il sorriso sulle labbra.
Adesso mi dirà che il colloquio è finito e che "le faremo sapere", pensai.
Mi mise una mano s'una guancia.
Mi fece alzare leggermente il viso verso di lui - potevo sentirne il respiro ventilare sulla mia bocca - e mi tenne così, guardandomi negli occhi.
"Anch'io alla mia prima prova di simultanea per un colloquio andai in panico, ma mi spedirono fuori dopo due minuti.
Devi considerarti fortunata che non ti ho sbattuta fuori fino ad ora: voglio che t'impegni di più, signorina, chiaro?"
Sgomenta e un filino incazzata, mi ripromisi di fargliela vedere.
L'agnellino si era tolto il travestimento per rivelarsi un lupo.
Non era un testo difficile: conoscevo tutti i vocaboli impiegati, dovevo solo ricostruirlo e dargli armonia in italiano.
Leonardo camminava avanti e indietro, alle mie spalle: la sua ombra passava a momenti regolari sullo schermo del pc, mettendone in risalto la luminosità.
Al di là della stranezza del luogo in cui mi trovavo - molto, molto al di là - e dei suoi modi particolari, mi sembrava che le cose stessero procedendo come dovevano.
"Ho finito..."
"Sei sicura? Non vuoi prenderti ancora qualche minuto?"
Si fermò al mio fianco e si chinò per leggere dallo schermo con uno scricchiolio di giunture.
"La vecchiaia..." disse ridacchiando.
Gli proposi di sedersi al mio posto, ma lui fece segno di no con il capo, poggiandomi per un attimo una mano s'un ginocchio come a dire "resta comoda".
Era concentrato a leggere, con lo sguardo serio.
Deglutii, pur essendo abbastanza sicura di quello che avevo scritto avevo paura: quando lui alzò lo sguardo su di me sorridendo, rilasciai finalmente il respiro.
"Va bene, bravissima! Ma io non avevo dubbi... Ora facciamo la prova orale invece... Seguimi, da questa parte."
Il sorriso che aveva sempre era tranquillizzante. Mi sembrava di essere con un bravo insegnante più che con un head hunter.
Ci avvicinammo a un armadio che conteneva quella che scoprii essere una postazione di traduzione simultanea: c'era uno stereo molto tecnologico da cui lui scollegò un paio di cuffie mettendole da parte.
"Non dovrei usarle?"
"No, voglio sentire bene e non perdere nemmeno un'inflessione della tua voce..."
Fece partire un dialogo in lingua difficilissimo: era impossibile stargli dietro, stavo iniziando ad avere caldo, avevo difficoltà a stare al passo e stavo iniziando ad agitarmi.
La prova precedente era stata semplicissima, al contrario questa sembrava fatta in modo da annientarti.
Forse il disastro che stavo combinando stava facendo alzare la temperatura in tutta la stanza, perché Leonardo si allontanò per togliersi giacca e cravatta di dosso.
Come un castello di carte inizia a cadere per una sola mossa sbagliata, cannando le cose più semplici stavo avendo solo un'idea del contesto e delle linee generali del dialogo.
L'uomo fermò la registrazione ed io lo guardai con il volto e le orecchie in fiamme, in evidente imbarazzo e anche abbastanza incazzata.
Si mise dietro di me e improvvisò un massaggio per sciogliermi le spalle.
"Va tutto bene, tranquilla... Facciamo che ora respiri profondamente, ti rilassi e tra poco ricominciamo da capo."
Avrei voluto che il pavimento si aprisse in una voragine e m'inghiottisse: non mi avrebbero mai presa, ormai era andato tutto a rotoli.
Eppure qualcosa dentro di me mi convinse ad andare avanti.
Fanculo, pensai, devo riprovarci e affidarmi di più all'ascolto.
Feci un respiro profondo.
Chiusi gli occhi qualche secondo e quando li riaprii lui era davanti a me: mi guardava senza più il sorriso sulle labbra.
Adesso mi dirà che il colloquio è finito e che "le faremo sapere", pensai.
Mi mise una mano s'una guancia.
Mi fece alzare leggermente il viso verso di lui - potevo sentirne il respiro ventilare sulla mia bocca - e mi tenne così, guardandomi negli occhi.
"Anch'io alla mia prima prova di simultanea per un colloquio andai in panico, ma mi spedirono fuori dopo due minuti.
Devi considerarti fortunata che non ti ho sbattuta fuori fino ad ora: voglio che t'impegni di più, signorina, chiaro?"
Sgomenta e un filino incazzata, mi ripromisi di fargliela vedere.
L'agnellino si era tolto il travestimento per rivelarsi un lupo.
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