Siciliani di merda

di
genere
gay

(questo pezzo parla di musica e bromance; suicidio e vasectomie. Non c’è sesso anche se si parla di pippe ed erezioni. Quindi, in caso, non leggetelo, così evitate di darmi 1)

Sono in macchina, con mio figlio e la sua ragazza, per portarlo dal dentista.
Sono giorni che Spotify mi propone una serie di pezzi drum’n’bass che continuo a salvare nella mia playlist, uno dopo l’altro, senza saltarne uno.
Robe piuttosto recenti, non la oldschool a cui sono più abituato. Ma comunque venate di groove classici, l’amen, il think.
Suoni croccanti che fanno capolino in mezzo a distorti bassi FM da Serum.

E mi viene in mente lui, che non sento da un sacco.

Mio figlio mi chiede di poter mettere un pezzo tecno.
Glielo concedo, gli lascio il cellulare, sceglie qualcosa da mettere in coda per quando finirà il mio.
Arriva la tecno.
Queste cazzo di casse dritte in 4, distorte, che pestano come rulli-compressori.
Come martelli pneumatici che scavano l’asfalto, come mazzette che devono abbattere muri.
Un colpo dopo l’altro.
L’unica concessione, sono sferzate di terzine di synth distorti, noise con il gate, mentre l’hihat va dritto in sedicesimi.

Ed improvvisamente mi sorge la sensazione di stare ascoltando marce militari.

Cazzo, sì: queste sono marce militari, al netto di fanfare e ottoni.
Mio figlio balla marce militari.

Che sarebbe pur accettabile se percepissi una qualche forma di ironia dietro quei suoni distorti: uno sberleffo, una pernacchia, una cosciente presa in giro del mondo bellico.
E invece manco per il cazzo: quelli ci godono di quell’andamento marziale.
E non ne sono coscienti, anzi, pensano di fare controcultura.
Zero sarcasmo.

E mi torna in mente lui.
Il siciliano emigrato in Spagna appena maggiorenne.
Otto anni fa.
E le infinite chat su Facebook con cui ci siamo fatti compagnia durante il covid.
E la sua enciclopedia della drum’n’bass che mi mandò via Whatsapp.
E la sua stanzetta di producer a Barcellona, con il materasso srotorabile nascosto sotto il tavolo, su cui dormire di notte e da ritirare di giorno.
E la sua fottuta misantropia, da cui ero misteriosamente escluso.
Ed il suo innamorarsi perdutamente della donna idealizzata, scelta con polemica perizia in mezzo ad un oceano di misoginia: una colombiana tossicodipendente nel passato, una compaesana cameriera siciliana negli ultimi mesi.
Indecisa sul proprio futuro. Studiare medicina. O cosa altrimenti?
Intanto lavoriamo in questo pub, ma a Barcellone non ci vengo.

Mi viene in mente lui. Perché lui odiava la tecno.
Che se la doveva sorbire nei rave che organizzava, con caparbia decisione e perizia aziendalista, in qualche capannone abbandonato.

La chiamava musica di merda. E odiava tutti quelli che ascoltavano la tecno.
Perché la tecno è una cazzo di marcia militare con la cassa in quattro.
Mentre quelli come noi hanno un’erezione per ritmi sbilenchi e ghost notes, breakbeats e caos ordinato.
A noi ci viene il cazzo duro per un rullante secco che cade quando non te l’aspetti.
E, ancora peggio, ci facciamo le pippe su quei passaggi in cui dal groove vengono sottratte battute troppo prevedibili.
La drum’n’bass arriva a sedurti con silenzi e colpi evitati.

Quella merda di tecno non perde un colpo, invece.
E li piazza tutti in battuta.
Come una fottuta fascista marcia militare.

Ma a chi posso dirle queste parole?
Che tu sei scomparso. E non mi rispondi più?
E neanche su IG riesco ad avere una reazione da chi lavorava con te?
Tanto che mi sto convincendo a tornare a Barcellona (non Pozzo di Gotto, quell’altra Barcellona) solo per citofonare a quel cazzo di loft pieno di cianfrusaglie, moto smontate e immondizia varia in cui malamente sopportavi di essere ospitato.

E se sei veramente andato a Santo Domingo a fare non so cosa, senza avvertirmi.
Se veramente scopro questo.
Be’, ti faccio il culo appena mi capiti sottomano.
Anche se è l’unico pensiero che mi salva dall’immaginare che tu abbia fatto una cazzata.
Quella cazzata che tante volte suggerivi.
No, non la vasectomia, stronzo.
Quella cazzata che la tua testa rigida di integerrimo misantropo troppo idealista continuava a nominare come soluzione finale per sottrarsi ad un mondo che odiavi.

Nonostante ci fossi io.
Nonostante ci fosse quella cameriera del tuo paese, e quella tossicomane colombiana.
Donne del cazzo che ti facevano soffrire.
Non come me.

Questo penso in macchina con mio figlio e la ragazza, che si preparano per l’ennesima nottata in qualche locale di Roma.
Aggredito dalla loro tecno di merda.
E mi viene quasi da piangere.

Perché mi mancava anche quell’altro stronzo siciliano.
E le sue tirate politiche su un sito di racconti erotici funestato da sgrammaticate fantasie di incesti.
E la musica di merda che ascolta pure lui (nel suo caso, fottute checche di chitarristi metal-prog).

Ma poi, al contrario del compare di trinacria dedito alla d’n’b, lui è ricomparso, invece.
Ed ha pubblicato un cazzo in ascii, imperlato di bestemmie, e di sacrosante tirate contro Salvini.
Convincendo il resto del pubblico di quel sito a seguirlo nella china, scatenando un’orda vandalica contro il Capitano.
Su un sito un cui malati fantasticano di donne che si fanno montare da cani.

Vaffanculo.
Che così mi hai rovinato il momento di pathos virile e un po’ frociarolo.
Siciliani di merda.


Roma, 10 Novembre 2024
scritto il
2024-12-04
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