Operazione Mincemeat ep 5. - Doppio Gioco

di
genere
tradimenti

Di Tilde & Chicken

Con la gentile partecipazione del vincitore del concorso a premi dell’Episodio 4, che individuò la citazione da Star Wars (e chi è curioso e non l’avesse notata, può scrivere al sottoscritto)
1 luglio 43

A Siviglia passarono due giorni, sfruttando appieno la stanza nascosta sui tetti di calle Sant'Anna. Blasfemi quel tanto che basta da fare schiodare un Cristo dalla sua croce appesa in refettorio.

Il messaggio, con le istruzioni e il luogo dell'agguato, fu consegnato dalla madre superiore ad un mercante di tessuti ricamati molto amico di Manuel e del tutto sconosciuto a Sante, il quale portò a termine l'incarico agevolmente.

Sapevano che stavano giocando una partita sul filo del rasoio, interessi che si incrociavano pericolosamente, loro tre al centro di una macchinazione che, fosse stata smascherata, sarebbe costata loro la vita.

Colpire Sikorski avrebbe assicurato il supporto di Mosca contro i franchisti. Ma quell’uomo era al tempo stesso caro agli alleati. Come poter soddisfare tutte le parti senza compromettere la sconfitta dei tedeschi?
Ne avevano discusso a lungo, in quei giorni di passione. Il complicato piano era stato elaborato da Laura ed i suoi due amanti nelle pause tra i loro amplessi, loro che si perdevano in lunghe discussioni tattiche ancora nudi ed intrecciati sulla brandina, i corpi a riprendersi dal sesso, ma le menti acute che vagliavano tutte le alternative.
Tra un gazpacho e un huevo con tortilla, o una tapas di rabo de toro, spesso imboccandosi l’un l’altro, erano giunti ad una conclusione.

Una squadra degli uomini di Manuel, in armi e mezzi nazisti, avrebbe finto un tentativo di assalto via terra a Gibilterra dopo il sabotaggio di Muñoz del giorno prima, come da primo ordine di Manuel, e gli attacchi continui della XMas dalla parte opposta della baia, tentativo che – pubblicamente – sarebbe stato sventato da Manuel stesso, così da rinforzarne la reputazione tra gli anglo-americani.
Ma, al tempo stesso, due suoi guastatori si sarebbero dovuti infiltrare tra i tecnici dell'aeroporto, attendendo il momento propizio per entrare in azione ed manomettere il velivolo della raf, che proprio quel giorno sarebbe atterrato con a bordo il capo polacco, tanto inviso a Stalin.

Partirono col favore delle tenebre due giorni prima di quello stabilito.
Camminarono guardinghi, rifugiandosi spesso in androni e cortili splendidamente rivestiti di azulejos, per passare da una calle all'altra furtivi. Lo spagnolo non era molto pratico del posto e in più di un'occasione sbagliò la svolta tornando al punto di partenza. Sante decise di fare lui la strada e dette prova di ottimo orientamento, riuscendo ad uscire dal dedalo del Barrio di Santa Cruz dove si erano persi, senza incrociare gendarmi di pattuglia per il coprifuoco.
Raggiunsero il parco Maria Luisa e da lì, nascondendosi fra gli alberi e le inferriate divelte, raggiunsero il compare che li aspettava in una “finca” poco fuori città con i cavalli.

"¡Hola hombres!"
"¡Juan! Mi amigo ¿todo bien?"
"Manuel, cierto, el camino está libre hasta Villamartin..."
"Juan -intervenne Sante- sento un accento laziale…"
"Già, sono di Cerveteri"
"Ostia!"
"Tu, de Ostia?"
"No, per dire boja che caso... Io so' de Roma"
"Daje! Nun me di', allora ce 'o dico atte: quanno state ar paesello, ma te dico mezzo chilometro avanti, buttateve ner bosco a destra, poi annate avanti 'na cinquata de centi metri..."
"Mezzo chilometro..."
"Eh! E che te stavo a di', trovate 'na casa smozzicata e pijate a mancina, dugento metri e ve trovate a 'n fosso: 'unnè ffondo; annate avanti fino ad un capanno da caccia, ce trovate 'n paio de Twin Triumph e 'na nostra Trialce..."
"E se ce fermano li tedeschi?"
"'un ce stanno, fino ad Estepona..."
"Manco c'annammo là..."
"Appunto, 'n culo alla balena a' roma'!"
"Se' n'amico"
“Oh! ‘a Guzzi è ‘a mia, vedi de trattalla mejo che tua!”
“E le Twin?” chiese Laura
“L‘amo rubbate a du damerini inglesi, signori’ …ammazza! Fatte vede’ pe’bbene… m’anvedi! li mortacci…”
“Ooh, oh! Che stai a tocca’?”
“E n’ te la sguarcisco… stavo a vede s’era vera!”
“Dai, Sante, sono mica di ricotta, che mi lascia le ditate sopra!”
“Gagliarda l’amica tua!”
“Sei simpatico, potresti venire con noi” disse civettuola

Manuel non aveva capito granché e guardò Laura con occhi sorpresi, lei gli sorrise e gli sibilò di partire mentre saliva in groppa ad un baio andaluso dalla criniera folta e nera, lasciando agli altri due leardi lusitani.

“A’ Manuel ¿puedo ir contigo?”
“no se puede, amigo, no esta vez”
“jajaja ¡Mucha mierda!”

Partirono quasi di galoppo.
Niente luna a rischiarare il cammino, solo la bussola umana di Sante ad evitare che si perdessero tra campi e boscaglia. Il seccume estivo non aveva ancora preso il sopravvento sull'erba verde permettendo un passo più silenzioso e veloce ai cavalli. In breve furono fuori dalla portata dei gendarmi di ronda e poterono godere, rallentando, del cielo stellato sopra di loro.

L'italiana infilò il suo destriero fra i due; il portamento elegante del baio risvegliò l'indole dei due portoghesi grigi che, alzata la testa in posa da concorso, passarono dal piccolo trotto al passo spagnolo, rallentando l'andatura così di colpo che né Sante né Miguel furono in grado di restare in sella, ma finirono aggrappati ai loro colli. Laura rise di gusto.
Sante stava quasi cadendo e zompettava con un piede a terra, ma l'andaluso lo spinse col muso da sotto il culo aiutandolo a tornare in sella. Manuel invece rotolò sull’erba rialzandosi prontamente ed il cavallo si fermò all'istante, accanto, si voltò di lato e gli dette una linguata sul viso; poi scosse il capo ed il rumore dei finimenti sembrò quasi un riso beffardo.

Ripresero l’andatura, Manuel e Laura leggermente indietro a Sante che stava dando sfoggio delle due conoscenze astronomiche indicando: Vega nella costellazione della Lira, Altair, Antares, declamava Cassiopea e la sua Shedir; i due condivano con parole di meraviglia fra un bacio ed una toccatina, maliziosamente rifiutata e ricercata.

Raggiunsero il capanno che iniziava ad albeggiare, nel chiarore dell'aurora aprirono i portoni e la debole luce penetrò nella stamberga luccicando sulle cromature delle moto inglesi. I tre si guardarono, Laura si tirò fuori: “io, quei cosi non li mando” , Sante ridacchiò, fece un passo ed accarezzò il fanale della Trialce come fosse una mammella di Laura “se deve cadere in battaglia – disse - che non sia italiana”; un colpo al pedale ed avviò la Twin, il rombo seguì una fumata che saturò il piccolo spazio, uscì e fece salire Laura.

Manuel esclamò: “Esta bien, amigo ¡mierda inglés yo también!”

I due capirono che non amasse i sudditi d’oltremanica.
Con le moto fu molto più veloce ed agevole scalare la sierra e, sebbene la zona pullulasse di gendarmi e soldati spagnoli, non furono fermati. Di nazisti, nessuna traccia.

Il ritrovo era fissato a monte di Manilva in una valletta arborata che dava un minimo di riparo, ad aspettarli c’erano quattro personaggi dall’aspetto duro e serio. Tre guerriglieri che non parlavano una sillaba in italiano, Manuel si limitò alle presentazioni: El Lobo, El asturiano, Fucellas, ma disse ai due italiani che meno sapevano meglio era per loro stessi.

In silenzio ed in disparte restò un giovane che si limitò ad ascoltare ed osservare Laura,di tanto in tanto, ma scappando con gli occhi dal suo sguardo.

Sante riuscì a capire qualcosa di più della missione, nonostante il gallego stretto parlato dai tre lo mettesse in difficoltà.

Manuel si rivolse infine all’altro che, dall’aspetto, si intuiva aver tutt’altra origine. Sante era stato inizialmente molto sospettoso nel vederlo, ed aveva le sue ragioni.

Werner Janzarik, il suo nome, era un tedesco che non credeva più nella fede nazional socialista e, forte della sua posizione nell’abwehr, si rivelò cruciale nella riuscita dell’inganno di Huelva. La presenza sua e di un manipolo di disertori, a lui fedeli, avrebbe dato credibilità alla squadra di spagnoli travestiti da tedeschi per il finto assaltato alla rocca di Gibilterra.
La sua abilità nell’interpretare più ruoli sarebbe stata una risorsa preziosa per il doppio-gioco che stavano conducendo.

Anche se quella volta era difficile capire da che parte si stesse giocando.

Si diceva che del sangue siciliano scorresse nelle sue vene, forse più l’eredità normanna comune ad entrambi, ma ciò contribuiva all’immagine sempre sfuggente del personaggio.

Intuendo la ritrosia di Sante, Laura si avvicinò a Werner, baciandolo su una guancia, parlandogli in tono confidenziale:
“Ihre Entscheidung ist ehrenhaft… solo un uomo dall’animo retto è capace di certe scelte, ha tutto il mio rispetto!”

Un occhio attento avrebbe notato una certa rigidezza sotto la patta dei pantaloni del tedesco, preso alla sprovvista dal dolce gesto della donna, ma gli altri uomini erano troppo impegnati a coordinare i prossimi passi per accorgersene. A Laura, invece, il particolare non sfuggì; e regalò un ultimo sorriso a Werner, che la fissava un po’ stordito, prima di volgersi agli altri.

Durante il giorno fu un posizionarsi, il manipolo comandato dal tedesco, disceso da Marbella, si fermò a sud di Estepona, il gruppo dei finti tedeschi guidati da El Lobo prese stanza a Manilva, con le spie britanniche che li avrebbero di certo individuati; alla Duquesa le forze di Andrade “Fucellas” pronte a calare come un maglio su eventuali veri incursori nazisti.
Manuel e l’Asturiano si stabilirono con le loro bande a Torreguadiaro dove l’indomani all'alba sarebbe avvenuto lo scontro a salve e la resa dei tedeschi.
Sante e Laura a Marbella per capire le intenzioni dei nazisti.

Tutto andò come nei piani con le truppe naziste che se ne rimasero a Marbella, anche grazie all’elegante signorina che ammaliò il maresciallo, carpendone la fiducia davanti dell'ottima sangria al Tablao Flamenco. Dall'uomo, Laura, seppe che l'indomani avrebbero mosso verso sud, forse incaricati dall’abwehr della ricerca di due fuggiaschi: un madrileno che conosceva poco e la sua donna, che non sapeva chi fosse. La dolcezza e la seduzione che lei stava mettendo in atto, irritò Sante molto defilato nel locale. In lui crebbe la voglia di spaccare un tavolo su quel grugno nazista, quando questi allungò le mani sul seno di Laura e si protese per baciarne le labbra; lei notò la rabbia e lanciò un’occhiata di disappunto, dopodiché lasciò che l’ufficiale le penetrasse in bocca con la lingua.

Lei indugiò sui calzoni militari di ruvido panno ed il tedesco s’irrigidì, sorpreso da tanta intraprendenza, ma poi cercò anch’egli le cosce della ragazza. Ad interrompere le ardite avances, intervenne l’orchestra, la cui musica sembrò prendere possesso dei loro corpi.
I primi goffi movimenti fecero sorridere Laura che si staccò da lui, guadagnando la pista da ballo, la luce dell’occhio di bue puntato sulla sua elegante figura, esaltandone le forme morbide; lei vide Sante mormorare ed immaginò di udirne parole d’amore.


Le ballerine lasciarono il piccolo palco ed il nazista, tronfio della prova di conquistatore, la raggiunse, osservandola rapito, battendo i tacchi quasi a tempo; le prese una mano e le afferrò un fianco con l'altra, azzardando un tango; chiese la “Cumparsita”, ma i chitarristi si scambiarono un occhio d’intesa e variarono il tempo nel ¾ del “Fandanguillo”.
Lui la fissò negli occhi cingendola più forte, lei gli posò una mano sulla spalla; l’altra sempre lì, in aria, palmo a palmo con quella dall'ufficiale; due note in rapida sequenza e la strinse, uno slancio e la fece piroettare allontanandola per poi, come un elastico, riavvicinarla a sé.
Sguardo fisso dentro le pupille della donna, quasi ne sfiorò le labbra con le sue.
La scena stava diventando incandescente e Sante iniziò ad innervosirsi: ad ogni strusciar di pelvi, sarebbe voluto scattare ad interrompere l’osceno inganno, sebbene lo devastasse il dubbio che in realtà Laura provasse piacere nel torturarlo. Solo il di lei sguardo lo tenne a freno più d’una volta.

Ma, all’ennesimo incrociarsi di cosce, non riuscendo più a trattenersi, un’improvvisa idea si impossessò di lui.
Tra il corpo di ballo di quella sera aveva immediatamente notato una slanciata danzatrice, distinta dalle altre per una rossa chioma raccolta in elegante crocchia che le lasciava scoperto il collo; oggetto, forse, di non pochi baci di amanti.

Fra essi, si narrava, il tedesco ora tra le braccia dell’italiana.

Il bruciante senso d’urgenza che premeva nei suoi lombi alla vista di Laura che ballava con quel figlio di Germania, gli donò l’ardire di farsi avanti ed invitare Isabel (questo il nome della donna) a ballare assieme a lui: la rossa non riuscì a resistere allo sguardo deciso dell’italiano, sebbene con un certo timore dovuto alla presenza del nazista a pochi metri da lei.

Un nervoso brusio si sparse nella sala, alla vista della seconda coppia che guadagnava il centro della pista. Il maresciallo, inizialmente confuso dall’improvviso basso vociare, convinto che fosse dovuto alle seducenti coreografie in cui lo trascinava Laura, si accorse presto della nuova coppia, Sante che fugacemente abbandonava il viso nella chioma della ballerina per carpirne il profumo, in quei passaggi in cui poteva scivolarle alle spalle.

Laura era incredula ed il suo compagno di ballo sorpreso e dubbioso: conosceva Pedrosillos e quell'uomo barbuto che stava ballando con la sua donna lo ricordava tremendamente, anche se, spavaldo, lo provocava in italiano.

Ma lo spettacolo offerto dalle due coppie era inebriante: nei momenti più concitati, il pubblico non riusciva a trattenere un improvviso grido di sorpresa, fiati che scappavano all’unisono dalle gole degli astanti, e applausi che venivano strappati dalle mani.

Più d’una mano femminile strinse le ampie gonne dove queste celavano le intimità, mentre gli uomini erano costretti ad accavallare le gambe per non dar a vedere l’effetto di tanta sensualità, unita all’incedere terzinato del ritmo.

E quando l’orchestra, al termine di un crescendo sempre più nervoso e concitato, sferzò l’aria con l’ultima nota, le due coppie si trovarono immobili, come una composizione architettonica, solo i petti delle donne che si alzavano ed abbassavano nell’affanno del respiro, le cosce degli uomini infilati tra le loro gambe, a conquistarne l’intimità.

C’era una strana tensione tra i quattro, un insieme di sentimenti diversi, curiosità, sfida e desiderio, rancore e brama.

E non sembrò strano a nessuno che il giorno dopo quella danza, un osceno chiacchiericcio si fosse diffuso nella città in merito ad una notte di fuoco che vedeva coinvolto un ufficiale nazista, la sua favorita al Tablao Flamenco ed una oscura coppia di clienti di cui nessuno sapeva dire il nome. Un pettegolezzo che venne dimenticato solo quando si diffuse la notizia dell'attentato di cui era stato vittima un misterioso Polacco da tempo presente sul suolo spagnolo.

AVETE ASCOLTATO:

OPERAZIONE MINCEMEAT, STORIA DI UN INGANNO
Episodio 5: DOPPIO GIOCO

Con la gentile partecipazione di Jan Zarik

Degli stessi autori:
- Mal d'Africa: Laura e Said
- Il collasso della funzione donna
- Una notte a Madrid: matematica
- Operazione Mincemeat ep.1 : Sconosciuti
- Operazione Mincemeat ep.2 : Il sapore dello sconosciuto
- Operazione Mincemeat ep.3 : Corpi nella notte
- Operazione MIncemeat ep. 4 : Suor Laura e i suoi due amanti
- Margherita: la Madama e la Leonessa

Per arretrati e ristampe scrivere a:
pollini_viaggi@virgilio.it
scritto il
2024-10-07
5 1 6
visite
1
voti
valutazione
10
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.