Non voglio soluzioni, voglio lamentarmi

di
genere
confessioni

“Il tuo problema è che, come tanti, non fai che lamentarti, ma poi non è che fai nulla per cambiare le cose!”

La sua voce assertiva era tremendamente sexy.
E non faceva che aggiungere piacere al piacere per la sega che mi stava donando.

"Ti lamenti che nessuno di nuovo si affacci a leggere i tuoi racconti, a parte quelli coraggiosi e con lo stomaco di ferro che già ti conoscono, ma poi ripeti sempre gli stessi tuoi cliché, tutte le volte!"

In piedi in salotto, i pantaloni slacciati e parzialmente calati, la giacca buttata su una sedia appena eravamo entrati in casa, lei in ginocchio, il viso all’altezza del mio membro, mentre con mano sicura si dedicava a quella mia masturbazione. Una maglietta aderente a seguirne le forme, la gonna finita chissà dove.
Il movimento oscillante era accompagnato dal dolce dondolio dei suoi seni, che mi distraevano mentre cercavo di mantenere l’eye-contact con lei che, nel frattempo, mi guardava con il suo misto di desiderio ed acume.

“Cioè, per esempio, ci fosse una volta che riesci a scrivere una storia dall’inizio alla fine…”
Mi sentii toccato nell’amor proprio! Ma come, a me che piaceva giocare con strutture complesse ed imprevedibili.

“Uno comincia a leggere e già non capisce se manca un pezzo al racconto o se magari s’è perso una prima puntata che hai scritto chissà quando…”

Dalla mia posizione riesco a lasciar correre lo sguardo lungo tutta la sua schiena, i lunghi capelli raccolti in una crocchia che le lascia il collo scoperto, giù fino a quei fianchi morbidi come le volute di uno strumento musicale.

“Ma non ce la fai proprio a scrivere una cosa che abbia un inizio, uno svolgimento, una scopata ad un certo punto, e una conclusione degna di questo nome?”

Si interrompe solo per prendermi il glande tra le labbra mentre la sua mano elegante prosegue con gesti più lenti ed ampi, dal fondo fino a massaggiare il prepuzio per poi tornare indietro.
Mica lo so quanto potrò resistere, così…
E’ una piccola tortura quando ai suoi mugolii di piacere, si sostituisce il suono di quelle parole.

“…conclusione poi… da quanto è che non scrivi di una benedetta eiaculazione con tutti i crismi? Una sborrata! Ma cosa ti costa? Possibile che non riesci a raccontare una singola schizzata? Che magari una avrebbe pure piacere ad usare le tue suggestioni per richiamare qualche esperienza fatta, qualche ricordo… che ne so, guardarsi allo specchio e godere della vista del proprio viso coperto di sperma ..."

In effetti, in quel momento, una goccia imperla la punta del mio glande, filamenti del mio seme cominciano ad impreziosire le sue mani.
Lei non si nega quella piccola perla salmastra, da cui è sembrata misteriosamente ipnotizzata in quei secondi in cui s’è fermata ad osservarlo, a goderne con la mente, con l'onda delle sue pulsioni più intime, prima che con la bocca e con il corpo.
La sua bocca che si impossessa del mio cazzo per succhiare quella prima traccia di sperma, lasciandomi sfuggire un sospiro.
Le mie mani che si poggiano sulla sua testa schiacciandole il viso sul mio inguine per impossessarmi della sua gola.
Versi senza controllo, un piccolo conato, la sua saliva che si riversa attorno al mio cazzo, finchè la lascio andare e lei può tornare a respirare.

“oohh... vedi? Ci voleva tanto? Non l'hai capito che mi piace? Perché fare tanto il prezioso? Mica vorrai ancora insistere con questa storia del bravo ragazzo, che quello che finisce per rimetterci sei tu, dovresti saperlo ormai no? Poi ti lagni che nessuna ti scriva che s'è fatta un ditale leggendoti, che cazzo ti aspetti?!”

Non resisto, mi chino per baciarla, forse inconsciamente per farla tacere, prendendole il viso tra le mani, e sento il mio sapore sulle sue labbra, sulla mia lingua.
Una mano mi scivola sul seno, ne afferro un capezzolo sotto la maglietta, mentre continuiamo a baciarci affamati.
Decide di mettersi in piedi, forse seguendo la trazione su quel capezzolo, mi si stringe addosso, preme il suo ventre ancora nascosto dalle mutandine contro il mio sesso duro.

"E poi da un po' t'è presa sta fissa di scrivere le scene di sesso per istantanee, tutte 'ste frasi spezzettate, un mosaico di espressioni incomplete..."

So a cosa fa riferimento, ho i miei motivi, una scelta stilistica ben precisa, ma ora la mano mi scivola in mezzo alle sue cosce, e la sensazione di umido sul tessuto in mezzo alle sue gambe, dalla punta delle dita, mi arriva dritta al cervello, il piacere mentale di massaggiare la sua intimità fradicia attraverso il cotone delle mutandine qualcosa che è difficile da rendere a parole, per il misto di sensazioni e pensieri.

"Per una volta era divertente" prosegue lei "ma ora non ci si capisce nulla! Scrivi in maniera frettolosa e concitata. Mica è chiaro che succede prima... che succede dopo... chi fa cosa a chi... chi è che parla..."

Per interrompere nuovamente quella che mi sembra una ingiusta critica che non tiene conto della peculiare importanza che do al "contesto" e alla trama, rispetto alle mere scene di sesso - che quindi preferisco rendere in maniera sintetica - le do un altro bacio a cui lei non si sottrae.
Poi la giro per farla chinare con la faccia sul tavolo lì vicino che ha tutta la sua irresistibile attrazione.
Lei, gambe divaricate, con le mani si scosta le mutandine e si allarga i glutei per mettere in mostra la propria intimità. Stavolta sono io ad inginocchiarmi all'altare del suo sedere.

“Ecco, poi… tutti sti uomini problematici… Ma possibile che racconti solo di uomini problematici? Incastrati, con mille paranoie…con questa fissa per le mutandine…cioè… Mabaaaasta co’ ste mutandine. Li vuoi far scopare un po’ sti tuoi uomini?”

La mia lingua si avventura a leccarle il buco del culo che lei mi sta offrendo con tanta oscena generosità, le mie dita che nel frattempo percorrono le pieghe della sua intimità, facendomi beare degli umori che stillano dal profondo della sua vagina, i miei gesti accompagnati da suoni di sciacquettio che fanno sconcio pendant con la sensazione della punta della mia lingua che le penetra l'indicibile, umettandole e allargandone l'orifizio. Ora scappa a lei un sospiro, prima di riprendere.

“Per esempio, sai ora che ci starebbe proprio bene? Che per una volta fai il maschio, mi tiri su per le chiappe, mi piazzi su questo tavolo e mi scopi con un po’ di irruenza.
Guarda, non c’è neanche più bisogno che mi lecchi la fica, tanto sono già fradicia, lo sai.
Facciamo che mi sbatti sul tavolo, mi scosti le mutandine e mi scopi così per l’urgenza.
Da parte mia, per un po’ farò quella che è partita di testa, ti guarderò con un sorrisetto stupido tra il sornione e la demente.
E tu ce la metti tutta per sbatacchiarmi senza ritegno, ok?
Facciamo che d’ora in poi, fai un po’ quello sicuro di sé, va bene?
Deal?
Motoreeeeee… Azione!”

Io non so perché lei fosse convinta che la stessi ancora ascoltando.
Ammetto mi preoccupai del rumore che fece il tavolo quando, senza troppi complimenti, ce la sbattei sopra.
Andò istintivamente indietro con le spalle, allargando le gambe in mio favore.
Ecco, qualcosa a cui proprio non potei resistere, fu lasciar scivolare due dita nella sua fica una volta scostate le mutandine.
Cazzo se volevo farle capire il desiderio che avevo di violarla. I miei occhi piantati nei suoi mentre aggiungo un terzo dito a dilatarle quelle carni già cedevoli.
Rapidi movimenti dentro-fuori che le strappano un suono strozzato dalla gola, che nascondono quello di cavità che si riempiono.
Tirar fuori le dita impiastricciate di lei per passarle la mano nella sua bocca e poi nella mia…
E poi afferrarmi il cazzo e puntarlo sulle sue labbra dolenti laggiù, indugiare un attimo fuori, carezzarle il clitoride con la punta umida del mio glande.
E poi affondare in lei, afferrandole i fianchi.

Lei si lascia scappare un “Sìcccazzo….fottimi….” che sono le ultime parole con una parvenza di senso che pronuncia prima di lasciarsi andare a versi che non saprei ben descrivere.
Io so solo che il piacere di sbatterla con il suono delle nostre carni che schioccano e l’umidità della sua eccitazione attorno al mio sesso viene superato solo dalla vista delle sue espressioni che hanno perso ogni forma di pudore e ritegno.
Le sue dita che si avventurano furiose sul proprio clitoride mentre io non perdo il ritmo, i miei occhi che viaggiano tra i suoi seni che si agitano scomposti, i capelli che si fanno arruffati e lo sguardo che non ha più la parvenza di lucidità, quanto invece una luce di persa lussuria.

“Come fai la puttana tu…” le dico con voce calma e tono sarcastico, che contrasta con la scena disordinata dei nostri corpi che lottano.

Uno schiaffo sul culo per ricordarle che un po’ mi ha fatto incazzare e comincio a sentire le prima contrazioni affacciarsi dallo scroto.
Mi frega poco che lei abbia il suo orgasmo, stavolta.
Ho una cazzo di voglia di venirle dentro, vederla andar a cercare il mio sperma con le dita dentro di sé.
Poi può farci quel che vuole.
La afferro più forte ai fianchi, che mi piace la sensazione della punta del mio glande che si affaccia alle porte del suo utero, su cui indugio, su cui insisto.
E quindi esco di colpo, continuando a menarmelo alla ricerca del mio piacere.

“Vienimi addosso, maiale… ce la fai a sporcarmi di sperma stavolta, o hai intenzione di regalarmi il solito orgasmo mancato?”

Punto nell’orgoglio la mia testa si fa un tutt’uno con le mie palle: e da lì, sento risalire il seme, che attraversa tutta l’asta del mio sesso, che trattengo un poco stringendo con la mano il canale, così da aumentare la pressione.
Resistere un poco ancora, ancora un poco posso resistere...
E finalmente le schizzo sulla pancia, il mio seme odoroso e viscoso, 3-4 volte, che lei rapida raccoglie con le dita per portarselo alle labbra.
L'orgasmo che sale a ondate dal profondo del mio perineo con ogni getto di sperma che rilascio su di lei.
Ansimo, riprendendo fiato, guardandola lì distesa, ancora con quel suo sorrisino sulle labbra sporche di me.
Mi piego sul tavolo per baciarla, le nostre lingue finalmente che si incontrano nel gusto del mio piacere.

“Brava la mia puttanella!”

I nostri petti affaticati nell’eco del nostro amplesso.
Il tavolo sembra aver retto, ma la mia mente non riesce ad evitar di pensare che una controllata gliela darò.
E mentre mi stacco da lei, continuando a guardarla, la mia mano ancora sul mio cazzo impiastricciato, lei non riesce a trattenere un ultimo commento.

“… e poi i titoli… ma non riesci proprio ad inventare un cazzo di titolo che abbia un senso? Se pure i titoli sono incomprensibili, poi non lamentarti se i lettori ti evitano come la peste!"

Mi guarda esausta ed esasperata:
"Un titolo degno di questo nome, cristosanto!”

Come darle torto?
scritto il
2025-02-16
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