La figlia del socio (parte 8)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Andiamo alla gogna”.
Mattia aveva comperato quello strmento di tortura e di piacere da qualche anno. Lo aveva collocato in camera da letto.
Si era anche divertito nell’immaginare l'espressione della donna delle pulizie la prima volta che lo vide. Quella bacchettona vecchia di testa in un corpo ancora da quarantenne che non era mai riuscito a stimolargli nessun desiderio erotico.
Tolsero i piedi dalla catenella.
Si alzarono osservando eccitati la schiava a quattro zampe.
Mattia mise nuovamente il guinzaglio al collare e la tirò, senza ordine vocale, invitandola a farsi seguire.
Si era aspettato di doverla frustare, immaginando che la ragazza avrebbe cercato di alzarsi in piedi per seguirlo.
Ne rimase quasi deluso quando la vide seguirlo in posizione da cagna.
Ormai aveva in bocca il sapore della frustata e non se ne privò, anche se, vista l’ubbidienza, fu motivata solo dal piacere di darla.
La colpì sulla schiena, fino ad allora risparmiata dalla presenza del tavolino.
“Muoviti animale”.
Simone ricordò la visione di poco prima e prese la ciotolina con le arachidi che gettò a terra, lungo il percorso verso lo strumento di tortura.
“Mangia, animale”.
Micaela si chinò per prendere con la bocca dal pavimento quella arachide che era vicinissima al piede del Padrone. Simone non seppe se l’ordine fu necessario o se la schiava si sarebbe chinata comunque, ormai presa dal suo ruolo di carne da piacere.
Nessuno dei tre ebbe idea di quanto lungo o breve fu il tempo impiegato per il tragitto che
parve lungo mentre lo percorsero, e breve una volta arrivati.
I segni sulla schiena della cagna testimoniarono che non fu proprio brevissimo e che i metri percorsi ebbero lo scopo di alimentare l'eccitazione dei cazzi che da tempo, ormai, erano duri e necessitavano di uno sfogo.
“Alzati puttana”
La ragazza venne posizionata nella gogna.
Le braccia nei buchi posti al lato della testa, ebbero la funzione di contribuire, unitamente ai muscoli della schiena, a reggere la posizione, altrimenti tutto il peso del corpo sarebbe stato sul collo. Doveva tenere la testa alta, aveva bisogno di altri punti di appoggio.
Simone le entrò in bocca, trovando ciò che si aspettava, avendo conosciuto l’umidità e le lingua quando aveva dentro il piede.
Si muoveva piano, eccitato dalla visione di Mattia che l’aveva penetrata nella figa.
“E’ bagnata da paura questa cagna da monta”.
Si vedeva che non aveva trovato alcuna resistenza nella penetrazione. Il compagno si muoveva bene nel sesso, tenendo la schiava per i fianchi che stringeva tra le mani.
Simone si muoveva in bocca, a volte scopandola, in altri momenti stando fermo per assaporare la lingua che si prendeva cura della sua eccitazione.
Benché non fosse necessario, teneva i capelli biondi ben stretti in una mano, tirando indietro la testa della ragazza.
Nell’altra mano Simone aveva il frustino, la cui paletta scorreva delicatamente sulla pelle arrossata della schiena della ragazza, promettendo dolore e piacere, forse ad entrambi, sicuramente a lui e a Mattia.
Quest’ultimo le uscì dalla figa per cercare il culo.
“Minchia, è bagnato pure questo buco”.
Sicuramente la tensione ed il sudore avevano lubrificato l’ingresso di quel pertugio a lui sempre tanto caro.
Simone vide lo sguardo divertito e con un sorriso indecifrabile nello sguardo di Mattia, quando questi uscì per andare a prendere il telefono e, con calma, ritornare e penetrarla nella figa.
“Ma chi cazzo devi chiamare adesso?”.
Mattia non rispose e cercò il numero nella rubrica.
Col dito sulle labbra gli fece cenno di tacere, provocando anche il silenzio del frustino che smise di colpire la schiena, donando tregua alla pelle arrossata.
Nel silenzio interrotto solo dal rumore della figa penetrata e dalla lingua al lavoro, Simone contò sette squilli prima di sentire la voce dall’altra parte del telefono.
Con una espressione prima incredula, poi divertita ed infine eccitata, guardò Mattia che iniziò a parlare.
Anche la schiava ebbe un irrigidimento, subito corretto dalla tirata ai capelli da parte di Simone che non aveva mai mollato la presa.
“Ciao Gerardo, sono con Simone e stavamo parlando della questione con la banca”.
Simone rimase colpito dall'apparente freddezza con la quale stava dialogando con il padre della schiava in quel momento legata e scopata.
Più Mattia parlava seriamente e serenamente con Gerardo, maggiore era l’eccitazione che Simone si sentiva salire, al punto che iniziò a muovere più velocemente il cazzo nella bocca, spingendolo fino alla gola e godendo della difficoltà della schiava nel respiro.
I lamenti della ragazza vennero disincentivati dalla stretta ai capelli.
Pareva lunghissima quella telefonata, al punto che Simone, non resistendo oltre, dopo un tempo che gli era parso infinito, godette in bocca alla figlia dell'interlocutore.
Mattia doveva essere arrivato ad un punto in cui il controllo veniva sempre meno.
Chiuse la telefonata come se l’argomento fosse stato sviscerato perfettamente.
Aumentò la scopata che dalla figa si era spostata al culo della cagnetta.
“Dammi il frustino”.
I colpi sulla schiena della schiava lo portarono all’orgasmo, svuotando i coglioni nell'intestino della ragazza.
Rimase fermo un poco per riprendere fiato, assai provato dalla cavalcata sessuale.
Mancava la ciliegina.
Uscì dal culo e si portò davanti alla bocca della schiava.
Vinse la poca resistenza della ragazza e le entrò in bocca col cazzo ancora duro.
“Pulisci, cagnetta”.
Mattia aveva comperato quello strmento di tortura e di piacere da qualche anno. Lo aveva collocato in camera da letto.
Si era anche divertito nell’immaginare l'espressione della donna delle pulizie la prima volta che lo vide. Quella bacchettona vecchia di testa in un corpo ancora da quarantenne che non era mai riuscito a stimolargli nessun desiderio erotico.
Tolsero i piedi dalla catenella.
Si alzarono osservando eccitati la schiava a quattro zampe.
Mattia mise nuovamente il guinzaglio al collare e la tirò, senza ordine vocale, invitandola a farsi seguire.
Si era aspettato di doverla frustare, immaginando che la ragazza avrebbe cercato di alzarsi in piedi per seguirlo.
Ne rimase quasi deluso quando la vide seguirlo in posizione da cagna.
Ormai aveva in bocca il sapore della frustata e non se ne privò, anche se, vista l’ubbidienza, fu motivata solo dal piacere di darla.
La colpì sulla schiena, fino ad allora risparmiata dalla presenza del tavolino.
“Muoviti animale”.
Simone ricordò la visione di poco prima e prese la ciotolina con le arachidi che gettò a terra, lungo il percorso verso lo strumento di tortura.
“Mangia, animale”.
Micaela si chinò per prendere con la bocca dal pavimento quella arachide che era vicinissima al piede del Padrone. Simone non seppe se l’ordine fu necessario o se la schiava si sarebbe chinata comunque, ormai presa dal suo ruolo di carne da piacere.
Nessuno dei tre ebbe idea di quanto lungo o breve fu il tempo impiegato per il tragitto che
parve lungo mentre lo percorsero, e breve una volta arrivati.
I segni sulla schiena della cagna testimoniarono che non fu proprio brevissimo e che i metri percorsi ebbero lo scopo di alimentare l'eccitazione dei cazzi che da tempo, ormai, erano duri e necessitavano di uno sfogo.
“Alzati puttana”
La ragazza venne posizionata nella gogna.
Le braccia nei buchi posti al lato della testa, ebbero la funzione di contribuire, unitamente ai muscoli della schiena, a reggere la posizione, altrimenti tutto il peso del corpo sarebbe stato sul collo. Doveva tenere la testa alta, aveva bisogno di altri punti di appoggio.
Simone le entrò in bocca, trovando ciò che si aspettava, avendo conosciuto l’umidità e le lingua quando aveva dentro il piede.
Si muoveva piano, eccitato dalla visione di Mattia che l’aveva penetrata nella figa.
“E’ bagnata da paura questa cagna da monta”.
Si vedeva che non aveva trovato alcuna resistenza nella penetrazione. Il compagno si muoveva bene nel sesso, tenendo la schiava per i fianchi che stringeva tra le mani.
Simone si muoveva in bocca, a volte scopandola, in altri momenti stando fermo per assaporare la lingua che si prendeva cura della sua eccitazione.
Benché non fosse necessario, teneva i capelli biondi ben stretti in una mano, tirando indietro la testa della ragazza.
Nell’altra mano Simone aveva il frustino, la cui paletta scorreva delicatamente sulla pelle arrossata della schiena della ragazza, promettendo dolore e piacere, forse ad entrambi, sicuramente a lui e a Mattia.
Quest’ultimo le uscì dalla figa per cercare il culo.
“Minchia, è bagnato pure questo buco”.
Sicuramente la tensione ed il sudore avevano lubrificato l’ingresso di quel pertugio a lui sempre tanto caro.
Simone vide lo sguardo divertito e con un sorriso indecifrabile nello sguardo di Mattia, quando questi uscì per andare a prendere il telefono e, con calma, ritornare e penetrarla nella figa.
“Ma chi cazzo devi chiamare adesso?”.
Mattia non rispose e cercò il numero nella rubrica.
Col dito sulle labbra gli fece cenno di tacere, provocando anche il silenzio del frustino che smise di colpire la schiena, donando tregua alla pelle arrossata.
Nel silenzio interrotto solo dal rumore della figa penetrata e dalla lingua al lavoro, Simone contò sette squilli prima di sentire la voce dall’altra parte del telefono.
Con una espressione prima incredula, poi divertita ed infine eccitata, guardò Mattia che iniziò a parlare.
Anche la schiava ebbe un irrigidimento, subito corretto dalla tirata ai capelli da parte di Simone che non aveva mai mollato la presa.
“Ciao Gerardo, sono con Simone e stavamo parlando della questione con la banca”.
Simone rimase colpito dall'apparente freddezza con la quale stava dialogando con il padre della schiava in quel momento legata e scopata.
Più Mattia parlava seriamente e serenamente con Gerardo, maggiore era l’eccitazione che Simone si sentiva salire, al punto che iniziò a muovere più velocemente il cazzo nella bocca, spingendolo fino alla gola e godendo della difficoltà della schiava nel respiro.
I lamenti della ragazza vennero disincentivati dalla stretta ai capelli.
Pareva lunghissima quella telefonata, al punto che Simone, non resistendo oltre, dopo un tempo che gli era parso infinito, godette in bocca alla figlia dell'interlocutore.
Mattia doveva essere arrivato ad un punto in cui il controllo veniva sempre meno.
Chiuse la telefonata come se l’argomento fosse stato sviscerato perfettamente.
Aumentò la scopata che dalla figa si era spostata al culo della cagnetta.
“Dammi il frustino”.
I colpi sulla schiena della schiava lo portarono all’orgasmo, svuotando i coglioni nell'intestino della ragazza.
Rimase fermo un poco per riprendere fiato, assai provato dalla cavalcata sessuale.
Mancava la ciliegina.
Uscì dal culo e si portò davanti alla bocca della schiava.
Vinse la poca resistenza della ragazza e le entrò in bocca col cazzo ancora duro.
“Pulisci, cagnetta”.
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