La schiava nel letto
di
Kugher
genere
sadomaso
Sin da giovane, ormai mille, troppi anni addietro, sapeva che se avesse scopato la sera, al mattino si sarebbe svegliato col cazzo duro.
La “tradizione” non aveva accennato a diminuire…ecco, “diminuire”, appunto. Infatti era stato il cazzo a svegliarlo, tanto era duro e gli faceva male.
Allungando la mano incontrò la pelle nuda di Monica…o Chiara, come cazzo si chiamava quella tipa.
La cosa divertente era che da giovane le donne preferivano i coetanei e lui, col suo corpo allenato, i capelli lunghi e la parlantina facile, non aveva mai fatto fatica a rimorchiare.
Adesso le ragazze preferivano quelli più anziani (sapeva che tra i giovani lui veniva definito “vecchio”). Il corpo ancora lo assisteva perché mai aveva smesso l’esercizio fisico. I capelli invece lo avevano tradito, ma pareva che questo non interessasse un granchè alle giovani gnocche, più attratte dall’età, da quella che loro chiamavano “esperienza” e lui, invece, chiamava “porcaggine”.
La mano accarezzò la schiena della tipa. Incontrò le braccia tenute legate ai polsi dalle manette dietro la schiena.
Avrà dormito poco e niente Chiara…o Monica, non importava.
Questa cosa lo eccitava maggiormente, alimentando la durezza mattutina con il pensiero e la fantasia del dominio.
Probabilmente, anzi, sicuramente, sarà piaciuto anche a lei.
Quando stavano al bar glielo aveva detto che l’avrebbe fatta dormire nuda e ammanettata, e non gli era sfuggito lo sguardo di eccitazione dovuta all’idea della sottomissione.
La guardò un poco nel letto, pregustandosi ciò che stava per accadere pensando a ciò che era accaduto la sera prima.
“Prendilo in bocca”.
L’aveva spinta quel tanto per rendersi conto che fosse sveglia e potesse udire l’ordine.
Con un gesto del braccio allontanò il lenzuolo che in quella quasi estate era stato più che sufficiente durante la notte.
I lunghi capelli biondi, spettinati, lo eccitarono maggiormente, soprattutto quando vide le sue difficoltà nel cercare di toglierli dagli occhi senza l’uso delle mani, ancora legate.
Se ne guardò bene dall’aiutarla. Gli piaceva vedere le difficoltà della schiava di turno.
“Muoviti, schiava”.
La prese per i capelli per spingerla sul cazzo che reclamava le dovute attenzioni.
Dopo che Monica…o Chiara lo aveva preso in bocca, mollò la presa alla sua testa per gustarsi il piacere che gli si diffondeva in tutto il corpo.
Chiuse gli occhi e incrociò le braccia dietro la testa, ancora steso, per sollevarla quel tanto dal cuscino che gli consentisse, aprendo gli occhi ogni tanto, di ammirare quel giovane corpo intento a succhiargilelo.
Cazzo se lo eccitava quella tipa. Sembrava essere una tosta nella vita, decisa, sicura, spavalda. Per lei la sottomissione doveva essere solo un gioco, un'esperienza forte da vivere e, più era forte la dominazione, più probabilmente lei si eccitava.
Quando era entrato nella sua figa, la sera prima, l’aveva trovata bagnata nonostante i colpi di cinghia sulla schiena e sul ventre. Anzi, probabilmente erano stati quelli a bagnarla, o forse no. Tutto sommato non gli fregava un cazzo di cosa l’avesse eccitata.
Per lui, lei era solo un corpo e, ne era sicuro, lui per lei era solo un cazzo che la scopava.
Aprì gli occhi e le guardò la schiena mentre era stesa su un fianco col capo appoggiato al suo ventre e glielo teneva in bocca.
Le accarezzò la natica soda. Evidentemente era una che faceva sport.
Diede una sculacciata che trasmise al suo cazzo una bella scossa. Replicò l’operazione con maggior forza. Ancora qualche colpo accolto con movimenti dalla schiava che non aveva mollato la presa sul cazzo.
Con la mano, mentre ammirava la natica che si stava arrossando, accarezzò delicatamente quella schiena tornata intonsa dopo le cinghiate della sera precedente.
Chiuse gli occhi e ripensò al momento in cui la sera prima, a quattro zampe, l’aveva presa nel culo come una cagna, tenendole bene stretti i fianchi.
Prima di godere era uscito da lei e si era seduto, pesantemente, sulla sua schiena, sulla quale fece colare la cera della candela tenuta lì vicino, accesa, sui segni delle cinghiate.
Cazzo, i suoi contorcimenti mentre cercava di non farlo cadere gli accelerarono il battito e gli fecero sentire l’urgenza di metterglielo ancora nel culo fino a godere.
Aprì gli occhi e, nella luce mattutina, la guardò al lavoro. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando glielo aveva preso in bocca al risveglio.
Gli sembravano ore, forse minuti o secondi. Il pompino aveva il potere di fermagli il tempo.
“Vai in cucina, ventre sul tavolo!”.
Come cazzo avrà fatto a passare la notte con i polsi ammanettati e le scarpe tacco 12 ai piedi.
Non si poneva il problema per quella situazione che, al solo pensiero che fosse stata semisveglia mentre lui dormiva, lo eccitò di testa ancor di più.
La sera prima, mentre dalla sala l’aveva portata al guinzaglio in camera per la notte, quella stronza gli aveva fatto notare che in casa sua non aveva visto fotografie di una vita passata, come se l’assenza di ricordi sparsi per casa fosse spersonalizzante.
Cazzo gliene fregava a lei della sua vita. Quella intromissione nella sua vita privata gli aveva dato fastidio. Cercava giovani cagnette apposta per non avere rapporti umani oltre a quelli dell’orgasmo.
La schiava si era alzata a fatica dal letto dopo avere interrotto il pompino mattutino. La seguì in cucina perchè quel culo giovane lo faceva impazzire. Per lui, le tipe sotto i 30 anni erano tutte giovani.
La vide abbassarsi e posare il ventre sul tavolo e quel culo esposto a sua disposizione gli parve una calamita elettromagnetica.
Nel momento in cui entrò nella figa bagnata di quella cagnetta in cerca di emozioni forti, gli venne in mente per una frazione di secondo la raccomandazione di lei a non usare il preservativo che le avrebbe solo tolto il piacere di sentire il cazzo caldo dentro.
Si era portato dalla camera il guinzaglio che attaccò al collare che non le aveva mai tolto da quando era salita in ascensore, la sera precedente.
Lo tenne tirato mentre l’altra mano si appoggiava su quelle natiche dalle quali non riusciva a staccare gli occhi.
Non seppe quanto tempo gli fosse occorso per godere dentro quella cagnetta…Chiara o Monica che fosse.
Le restò dentro un poco dopo avere goduto, giusto il tempo di riprendersi.
“Giù a cuccia”.
Dopo essere uscito ed essersi fatto pulire il cazzo dalla bocca della ragazza, la prese per i capelli e la accompagnò a terra sul fresco marmo.
Si preparò il caffé e lo bevve guardando quella ragazza ai suoi piedi.
La scena non aveva più nulla di erotico, ormai. Una scopata prima di addormentarsi ed una al risveglio gli avevano tolto le energie.
Quella posizione di dominio gli dava solo la scusa di non dover intrattenere un finto discorso prima che lei se ne andasse, dopo che lui aveva bevuto tutto il caffè.
Tutto sommato, quell’aria sicura e indipendente, quasi sfrontata, gli era piaciuta.
Agli ultimi sorsi le appoggiò un piede sulla testa e cancellò l’idea di chiederle il numero di telefono.
La “tradizione” non aveva accennato a diminuire…ecco, “diminuire”, appunto. Infatti era stato il cazzo a svegliarlo, tanto era duro e gli faceva male.
Allungando la mano incontrò la pelle nuda di Monica…o Chiara, come cazzo si chiamava quella tipa.
La cosa divertente era che da giovane le donne preferivano i coetanei e lui, col suo corpo allenato, i capelli lunghi e la parlantina facile, non aveva mai fatto fatica a rimorchiare.
Adesso le ragazze preferivano quelli più anziani (sapeva che tra i giovani lui veniva definito “vecchio”). Il corpo ancora lo assisteva perché mai aveva smesso l’esercizio fisico. I capelli invece lo avevano tradito, ma pareva che questo non interessasse un granchè alle giovani gnocche, più attratte dall’età, da quella che loro chiamavano “esperienza” e lui, invece, chiamava “porcaggine”.
La mano accarezzò la schiena della tipa. Incontrò le braccia tenute legate ai polsi dalle manette dietro la schiena.
Avrà dormito poco e niente Chiara…o Monica, non importava.
Questa cosa lo eccitava maggiormente, alimentando la durezza mattutina con il pensiero e la fantasia del dominio.
Probabilmente, anzi, sicuramente, sarà piaciuto anche a lei.
Quando stavano al bar glielo aveva detto che l’avrebbe fatta dormire nuda e ammanettata, e non gli era sfuggito lo sguardo di eccitazione dovuta all’idea della sottomissione.
La guardò un poco nel letto, pregustandosi ciò che stava per accadere pensando a ciò che era accaduto la sera prima.
“Prendilo in bocca”.
L’aveva spinta quel tanto per rendersi conto che fosse sveglia e potesse udire l’ordine.
Con un gesto del braccio allontanò il lenzuolo che in quella quasi estate era stato più che sufficiente durante la notte.
I lunghi capelli biondi, spettinati, lo eccitarono maggiormente, soprattutto quando vide le sue difficoltà nel cercare di toglierli dagli occhi senza l’uso delle mani, ancora legate.
Se ne guardò bene dall’aiutarla. Gli piaceva vedere le difficoltà della schiava di turno.
“Muoviti, schiava”.
La prese per i capelli per spingerla sul cazzo che reclamava le dovute attenzioni.
Dopo che Monica…o Chiara lo aveva preso in bocca, mollò la presa alla sua testa per gustarsi il piacere che gli si diffondeva in tutto il corpo.
Chiuse gli occhi e incrociò le braccia dietro la testa, ancora steso, per sollevarla quel tanto dal cuscino che gli consentisse, aprendo gli occhi ogni tanto, di ammirare quel giovane corpo intento a succhiargilelo.
Cazzo se lo eccitava quella tipa. Sembrava essere una tosta nella vita, decisa, sicura, spavalda. Per lei la sottomissione doveva essere solo un gioco, un'esperienza forte da vivere e, più era forte la dominazione, più probabilmente lei si eccitava.
Quando era entrato nella sua figa, la sera prima, l’aveva trovata bagnata nonostante i colpi di cinghia sulla schiena e sul ventre. Anzi, probabilmente erano stati quelli a bagnarla, o forse no. Tutto sommato non gli fregava un cazzo di cosa l’avesse eccitata.
Per lui, lei era solo un corpo e, ne era sicuro, lui per lei era solo un cazzo che la scopava.
Aprì gli occhi e le guardò la schiena mentre era stesa su un fianco col capo appoggiato al suo ventre e glielo teneva in bocca.
Le accarezzò la natica soda. Evidentemente era una che faceva sport.
Diede una sculacciata che trasmise al suo cazzo una bella scossa. Replicò l’operazione con maggior forza. Ancora qualche colpo accolto con movimenti dalla schiava che non aveva mollato la presa sul cazzo.
Con la mano, mentre ammirava la natica che si stava arrossando, accarezzò delicatamente quella schiena tornata intonsa dopo le cinghiate della sera precedente.
Chiuse gli occhi e ripensò al momento in cui la sera prima, a quattro zampe, l’aveva presa nel culo come una cagna, tenendole bene stretti i fianchi.
Prima di godere era uscito da lei e si era seduto, pesantemente, sulla sua schiena, sulla quale fece colare la cera della candela tenuta lì vicino, accesa, sui segni delle cinghiate.
Cazzo, i suoi contorcimenti mentre cercava di non farlo cadere gli accelerarono il battito e gli fecero sentire l’urgenza di metterglielo ancora nel culo fino a godere.
Aprì gli occhi e, nella luce mattutina, la guardò al lavoro. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando glielo aveva preso in bocca al risveglio.
Gli sembravano ore, forse minuti o secondi. Il pompino aveva il potere di fermagli il tempo.
“Vai in cucina, ventre sul tavolo!”.
Come cazzo avrà fatto a passare la notte con i polsi ammanettati e le scarpe tacco 12 ai piedi.
Non si poneva il problema per quella situazione che, al solo pensiero che fosse stata semisveglia mentre lui dormiva, lo eccitò di testa ancor di più.
La sera prima, mentre dalla sala l’aveva portata al guinzaglio in camera per la notte, quella stronza gli aveva fatto notare che in casa sua non aveva visto fotografie di una vita passata, come se l’assenza di ricordi sparsi per casa fosse spersonalizzante.
Cazzo gliene fregava a lei della sua vita. Quella intromissione nella sua vita privata gli aveva dato fastidio. Cercava giovani cagnette apposta per non avere rapporti umani oltre a quelli dell’orgasmo.
La schiava si era alzata a fatica dal letto dopo avere interrotto il pompino mattutino. La seguì in cucina perchè quel culo giovane lo faceva impazzire. Per lui, le tipe sotto i 30 anni erano tutte giovani.
La vide abbassarsi e posare il ventre sul tavolo e quel culo esposto a sua disposizione gli parve una calamita elettromagnetica.
Nel momento in cui entrò nella figa bagnata di quella cagnetta in cerca di emozioni forti, gli venne in mente per una frazione di secondo la raccomandazione di lei a non usare il preservativo che le avrebbe solo tolto il piacere di sentire il cazzo caldo dentro.
Si era portato dalla camera il guinzaglio che attaccò al collare che non le aveva mai tolto da quando era salita in ascensore, la sera precedente.
Lo tenne tirato mentre l’altra mano si appoggiava su quelle natiche dalle quali non riusciva a staccare gli occhi.
Non seppe quanto tempo gli fosse occorso per godere dentro quella cagnetta…Chiara o Monica che fosse.
Le restò dentro un poco dopo avere goduto, giusto il tempo di riprendersi.
“Giù a cuccia”.
Dopo essere uscito ed essersi fatto pulire il cazzo dalla bocca della ragazza, la prese per i capelli e la accompagnò a terra sul fresco marmo.
Si preparò il caffé e lo bevve guardando quella ragazza ai suoi piedi.
La scena non aveva più nulla di erotico, ormai. Una scopata prima di addormentarsi ed una al risveglio gli avevano tolto le energie.
Quella posizione di dominio gli dava solo la scusa di non dover intrattenere un finto discorso prima che lei se ne andasse, dopo che lui aveva bevuto tutto il caffè.
Tutto sommato, quell’aria sicura e indipendente, quasi sfrontata, gli era piaciuta.
Agli ultimi sorsi le appoggiò un piede sulla testa e cancellò l’idea di chiederle il numero di telefono.
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