Complicità di coppia (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
Marco si avvicinò e leccò le labbra e la lingua di Michelle che, dopo il gesto imperioso, prese ad accarezzare la testa del giocattolino sessuale, assaporandone la lingua che era tornata a cercare la figa attraverso il tessuto del ridotto indumento intimo.
“Sai che non avevo capito l'indole sottomessa di questa cagnetta?”
“Ci sono riuscito solo perché sono più maiale di te”.
“Voglio usare il frustino”.
“Togliti le mutandine”.
“Mi vuoi già scopare?”
“Una volta ogni tanto non potresti fare ciò che ti viene detto?”
Gli occhi trasmettevano intima complicità, tipica di chi conosce l’altra persona al punto da interpretarne i desideri ed i piaceri, sicuro che lo sforzo sarà reciproco, sempre alla ricerca dell’intesa che unisce, anche con piccoli gesti.
Marco tirò il guinzaglio indietro.
“Vieni!”.
Alle parole accompagnava sempre un comando col guinzaglio così che la schiava avrebbe imparato il linguaggio di quello strumento di controllo e, in futuro, sarebbero bastati piccoli gesti per darle ordini e farle capire la posizione desiderata.
Mise una mano sul capo alla ragazza ancora inginocchiata spingendo un poco verso il basso.
“Faccia a terra”.
Marco tese la mano verso Michelle, invitandola ad avvicinarsi dopo avere tolto le manette a Erica.
Si baciarono mentre il Padrone pose la scarpa sulla testa della schiava prostrata a terra.
La donna infilò la mano nei calzoni del compagno trovando un cazzo durissimo. Marco scostò le mutandine e trovò anch’egli una figa bagnatissima, non solo per la saliva della schiavetta.
Michelle si sedette sulla schiena della ragazza e prese in bocca il cazzo del compagno, accarezzandolo con la lingua mentre lo schiacciava sul palato. Sapeva come dargli piacere, conosceva il suo corpo e le sue reazioni dopo anni di complicità emotiva e sessuale, nel corso dei quali tanti erano stati gli strumenti umani che avevano allietato le loro avventure erotiche, sempre unendoli.
Mentre succhiava il cazzo, godendosi il piacere di stare seduta su un corpo di ragazza, insinuò la mano nei pantaloni ed accarezzò le palle dell’amato.
Ciascuno pensava al piacere dell’altra, sapendo di ricevere altrettanto alla ricerca dell’unione e della complicità sessuale.
Fu uno sforzo per Marco indietreggiare quel tanto da far uscire il cazzo dalla bocca della donna.
“Dai, togliti le mutandine”.
Michelle si alzò dalla schiava. Prima di spogliarsi di ciò che era divenuto inutile, pose una scarpa sulla testa ancora prostrata e la schiacciò con l’intento di procurare un po’ di dolore, utile per meglio delineare i contorni dei rispettivi ruoli, apprezzando la mano di Marco che le accarezzava i glutei sotto il vestito, entrando con il dito medio nella figa mentre, abbracciandola da dietro, le leccava il collo.
“Te le vuoi togliere queste cazzo di mutandine o te le devo strappare?”
Michelle si levò l’indumento guardando negli occhi il suo uomo, muovendo i fianchi più di quanto fosse necessario per accompagnare a terra il perizoma.
Prima di levarlo definitivamente, lo appoggiò sulla punta della scarpa e, alzando la gamba, consegnò le mutandine alla propria mano. La scarpa alzata fu posata sul divano. Il vestito era alzato e poteva esporre bene la figa.
Pensando alla schiava ancora prostrata, guardò Marco e sorrise, restando ferma.
L’uomo restituì con le labbra dimostrando di avere capito l’invito ed il suo sguardo si fece nuovamente complice.
Tirò il guinzaglio della schiava.
“Vieni!”.
La ragazza, incerta, cercò di alzarsi.
“Resta giù!”.
L’ordine fu accompagnato da uno schiaffo. La schiavetta doveva imparare anche l’esistenza delle punizioni, per far sì che gli ordini ed i desideri muovessero i suoi movimenti, con quel filo di tensione che accompagna chi resta in attesa di una possibile punizione prima di comprendere di aver agito bene.
Facendola camminare sulle ginocchia, la condusse verso la figa esposta di Michelle.
Guidava la schiava e guardava la donna. Marco sorrideva e Michelle comprese che c’era qualche fantasia erotica dietro a quell’espressione.
Poco prima che arrivasse alla figa della Padrona, mentre già aveva fuori la lingua, diede uno strattone al guinzaglio tirando la schiava verso di sé.
“Prima succhia un po’ il mio cazzo”.
“Sai che non avevo capito l'indole sottomessa di questa cagnetta?”
“Ci sono riuscito solo perché sono più maiale di te”.
“Voglio usare il frustino”.
“Togliti le mutandine”.
“Mi vuoi già scopare?”
“Una volta ogni tanto non potresti fare ciò che ti viene detto?”
Gli occhi trasmettevano intima complicità, tipica di chi conosce l’altra persona al punto da interpretarne i desideri ed i piaceri, sicuro che lo sforzo sarà reciproco, sempre alla ricerca dell’intesa che unisce, anche con piccoli gesti.
Marco tirò il guinzaglio indietro.
“Vieni!”.
Alle parole accompagnava sempre un comando col guinzaglio così che la schiava avrebbe imparato il linguaggio di quello strumento di controllo e, in futuro, sarebbero bastati piccoli gesti per darle ordini e farle capire la posizione desiderata.
Mise una mano sul capo alla ragazza ancora inginocchiata spingendo un poco verso il basso.
“Faccia a terra”.
Marco tese la mano verso Michelle, invitandola ad avvicinarsi dopo avere tolto le manette a Erica.
Si baciarono mentre il Padrone pose la scarpa sulla testa della schiava prostrata a terra.
La donna infilò la mano nei calzoni del compagno trovando un cazzo durissimo. Marco scostò le mutandine e trovò anch’egli una figa bagnatissima, non solo per la saliva della schiavetta.
Michelle si sedette sulla schiena della ragazza e prese in bocca il cazzo del compagno, accarezzandolo con la lingua mentre lo schiacciava sul palato. Sapeva come dargli piacere, conosceva il suo corpo e le sue reazioni dopo anni di complicità emotiva e sessuale, nel corso dei quali tanti erano stati gli strumenti umani che avevano allietato le loro avventure erotiche, sempre unendoli.
Mentre succhiava il cazzo, godendosi il piacere di stare seduta su un corpo di ragazza, insinuò la mano nei pantaloni ed accarezzò le palle dell’amato.
Ciascuno pensava al piacere dell’altra, sapendo di ricevere altrettanto alla ricerca dell’unione e della complicità sessuale.
Fu uno sforzo per Marco indietreggiare quel tanto da far uscire il cazzo dalla bocca della donna.
“Dai, togliti le mutandine”.
Michelle si alzò dalla schiava. Prima di spogliarsi di ciò che era divenuto inutile, pose una scarpa sulla testa ancora prostrata e la schiacciò con l’intento di procurare un po’ di dolore, utile per meglio delineare i contorni dei rispettivi ruoli, apprezzando la mano di Marco che le accarezzava i glutei sotto il vestito, entrando con il dito medio nella figa mentre, abbracciandola da dietro, le leccava il collo.
“Te le vuoi togliere queste cazzo di mutandine o te le devo strappare?”
Michelle si levò l’indumento guardando negli occhi il suo uomo, muovendo i fianchi più di quanto fosse necessario per accompagnare a terra il perizoma.
Prima di levarlo definitivamente, lo appoggiò sulla punta della scarpa e, alzando la gamba, consegnò le mutandine alla propria mano. La scarpa alzata fu posata sul divano. Il vestito era alzato e poteva esporre bene la figa.
Pensando alla schiava ancora prostrata, guardò Marco e sorrise, restando ferma.
L’uomo restituì con le labbra dimostrando di avere capito l’invito ed il suo sguardo si fece nuovamente complice.
Tirò il guinzaglio della schiava.
“Vieni!”.
La ragazza, incerta, cercò di alzarsi.
“Resta giù!”.
L’ordine fu accompagnato da uno schiaffo. La schiavetta doveva imparare anche l’esistenza delle punizioni, per far sì che gli ordini ed i desideri muovessero i suoi movimenti, con quel filo di tensione che accompagna chi resta in attesa di una possibile punizione prima di comprendere di aver agito bene.
Facendola camminare sulle ginocchia, la condusse verso la figa esposta di Michelle.
Guidava la schiava e guardava la donna. Marco sorrideva e Michelle comprese che c’era qualche fantasia erotica dietro a quell’espressione.
Poco prima che arrivasse alla figa della Padrona, mentre già aveva fuori la lingua, diede uno strattone al guinzaglio tirando la schiava verso di sé.
“Prima succhia un po’ il mio cazzo”.
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