Complicità di coppia (parte 5)

di
genere
sadomaso

Marco attese ancora a portare la schiava da Michelle. Voleva tenere quest’ultima sulla graticola, in preda all’eccitazione di chi si attende a secondi un evento che tarda ad arrivare.
Prima di entrare nello studio della compagna, Marco fece spogliare la ragazza e, inginocchiata, le mise al collo un collare nero, oggetto che per tutto il tempo avrebbe rappresentato dal sua totale perdita di potere su sé stessa, per divenire strumento di piacere proprio ed altrui.
Michelle era eccitata ma il fiato le si fermò un attimo, unitamente al battito, quando, senza preavviso, la porta si aprì e vide Marco entrare tenendo in mano il guinzaglio che lo dichiarava proprietario di quel corpo completamente nudo, fatta eccezione per le scarpe decollete nere, caratterizzate da un tacco che non poteva essere inferiore ai 12 centimetri.
La ragazza camminava in quella posizione eretta che le sarebbe appartenuta ancora per poco.
La schiava aveva i polsi uniti dietro alla schiena. Solo poco dopo avrebbe scoperto che tale posizione era assicurata da un paio di manette chiuse strette.
Il frustino nero, tenuto in bocca nella sua parte centrale, spiccava a contrasto con i capelli biondi fino alle spalle, resi eccitanti perché spettinati.
La sicurezza nell’incedere verso di lei, tipica di chi sa mantenere una elegante postura sui tacchi, contrastava con l’insicurezza di quello sguardo tenuto abbassato, che ogni tanto si alzava giusto per vedere colei alla quale veniva ceduta.
Gli occhi di Michelle narravano della sua eccitazione e del suo desiderio di prendere in mano il frustino.
Il silenzio nella stanza enfatizzava ogni movimento, lasciando alla fantasia dei Padroni ed ai timori della schiava, di prendere sempre più concretezza nel delineare ciò che sarebbe accaduto nei prossimi momenti.
Michelle non vide la neoassunta Erica. Davanti a lei c’era solo un corpo che sarebbe stato strumento per il piacere complice dei compagni di vita.
Fu colpita dalla presenza di quella ragazza della quale aveva parlato, un paio di volte, con Marco. Gli aveva detto che le sarebbe piaciuto farsela leccare da quella giovane lingua, immaginando il mento e la bocca della ragazza bagnati dai suoi umori. Si erano eccitati al pensiero di Erica e avevano scopato.
Tuttavia, pur immaginando la sorpresa che la sera precedente Marco le aveva preannunciato, mai avrebbe immaginato di trovarsi a disposizione quello splendore.
La timida incertezza denunciava, a chi è esperto, il fatto che per Erica quella fosse la prima esperienza di sottomissione. L’assenza di spavalderia negli occhi della schiava, portava a ritenere che con buone probabilità da tempo avesse esigenze di sottomissione non riconosciuti.
Marco portò la ragazza davanti a Michelle che, nel frattempo, si era alzata dalla scrivania per mettersi, in piedi, davanti ad essa con il culo appoggiato al ripiano.
Più la schiava si avvicinava, più allargava le cosce dopo avere alzato il vestito, con un movimento lento e proporzionato all’incedere dello strumento di piacere.
Gli occhi passavano alternativamente da Marco alla schiava e viceversa, per concentrarsi, nell’ultimo tratto, unicamente su Erica.
“In ginocchio”.
L’ordine di Marco fu accompagnato da un leggero strattone verso il basso col guinzaglio, così da far capire all’animaletto il linguaggio di quello strumento che, in futuro, le avrebbe trasmesso i desideri muti dei Padroni.
Le cosce di Michelle erano allargate abbastanza da ricevere la schiava a terra davanti a lei.
Solo quando prese il frustino, Erica capì che, senza accorgersi, glielo aveva offerto, in quella situazione in cui si sentiva frastornata ed in preda agli eventi che sentiva le stavano strappando ogni controllo di sé.
“Parti dalle scarpe e, con la lingua, percorri tutte le autoreggenti sino a raggiungere la pelle. Prima una e poi l’altra”.
Erica scoprì quanto potesse essere erotizzante l’umiliazione di quel gesto che la strappava ulteriormente da sé stessa per cederla ad altri, in un turbinio di pensieri e di emozioni che non interessavano ai Padroni, più attenti a prendersi il piacere che pretendevano da lei, come atto dovuto.
Dovette percorrere quel sentiero di seta due volte.
“Leccami la figa”
Non si era tolta il perizoma, trovando eccitante quella promessa di piacere al momento filtrata dalla seta dell’indumento, con la lingua che accarezzava la pelle non protetta dallo spessore ridottissimo della mutandina.
La paletta del frustino accarezzava la schiena provocando tensione nella schiava che mostrava la paura con tremolii del corpo.
Piccoli colpi, anticipatori di altri che sarebbero arrivati, giusto per cominciare a far conoscere alla ragazza il potere del dolore.
La schiava cercò di spostare con la lingua il tessuto per entrare nella figa, il cui profumo aveva già iniziato ad entrarle sottopelle.
Michelle la prese per i capelli e la allontanò di pochi centimetri facendole alzare la testa verso i suoi occhi.
“Lecchi la figa quando voglio io. Devi solo ubbidire”.
Scambiò uno sguardo complice con Marco. La troietta doveva capire bene che era poco più di un vibratore.
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2025-02-21
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