Incontri casuali (parte 2)

di
genere
sadomaso

E’ possibile parlare comunicando altro, rispetto al significato primo delle parole. Frasi gettate per capire le intenzioni e le esigenze tra due persone che ignorano la terza. Gesti e parole che cercano conferme di ciò che le sensazioni hanno trasmesso, fino a trovarle.
I minuti successivi, non contati da nessuno dei due, servirono a Franco per avere conferma della natura del rapporto e a Michelle per capire che Franco conosceva perfettamente le regole di quel gioco sessuale rimasto al centro della loro conversazione, via via sempre più precisa e dettagliata negli intenti e nei desideri.
I dialoghi tra Franco e Michelle erano comunque diretti a comprendere anche la schiava pur nel suo ruolo passivo e, così, a renderla parte nell’ambito dei ruoli tra lei e la Padrona.
Vi è un momento in cui la direzione delle reciproci desideri diviene definita, pur se circoscritta al corpo ed alle esigenze sessuali in quel particolare rapporto di dominio in cui, casualmente, si è avvicinata una terza persona alla quale viene data la possibilità di inserirsi a condizione che sia in grado di comprendere i suoi limiti che la vede in qualcosa di esistente e già costruito.
“Vai a prendere l’auto”.
L’ordine della Padrona a colei che sino a quel momento era rimasta ai margini benché al centro dei dialoghi, confermò il passaggio del Rubicone.
La schiavetta fece il suo dovere e si pose al servizio di colei che la possedeva. Corse a prendere l’auto parcheggiata distante per far salire, davanti al bar, la sua Padrona e Franco, rievocando l’immagine di un tempo in cui l’esistenza della servitù era cosa normale ed il servo si cura di portare la carrozza a disposizione di chi comanda.
Gli intendimenti univoci delle persone portano a far sì che piccoli spazi divengano mura sicure che chiudono fuori il resto del mondo, quello reale, per costruire uno spazio emotivo in cui le esigenze speculari trovino respiro.
Nel viaggio in auto verso la casa di Michelle, i rispettivi ruoli ripresero forma, creando una intimità nuova attesa la partecipazione di una terza persona.
Appena saliti in auto Franco assistette ad un momento di intimità della coppia che lo aveva accolto per quella giornata. Michelle, poco prima di partire, sporgendosi dal sedile posteriore e trovando accesso al vestito della ragazza, appose ai suoi capezzoli due mollette.
“Li indossa sempre mentre guida”.
Michelle provava evidente piacere nel raccontare questo loro rito, ricordando così a sé stessa il piacere provato in ogni suo rinnovo.
Immessa l’auto nel traffico, l’uso delle mani di Franco sul corpo di Michelle senza che i passanti potessero essere spettatori, fu la concreta conseguenza di quel Rubicone passato.
L’intimità raggiunta delle cosce rivelò la presenza delle autoreggenti e scoprì l’assenza delle mutandine, fino a raggiunere il sesso privo di peli.
Il piacere promesso da quei primi atti fu rinforzato dalla coscienza del piccolo e costante dolore che la schiava stava provando, in una situazione totalmente opposta alla loro, così da rimarcare le opposte posizioni.
Senza conoscenza personale l’attrazione è tra corpi, sensi, istinti, momenti in cui la priorità viene lasciata alle esigenze sessuali, amplificate da una evidente situazione particolare, in cui una terza persona si insinua in un rapporto forte e particolare, quale quello della schiavitù volontaria. Dall’altra parte, le detentrici di quello stesso rapporto forte, consentono l’ingresso ad un estraneo per dare maggior forza a ciò che hanno costruito e che vogliono vivere in modalità diverse, pur confermando la sostanza.
Il collo di una donna è parte delicata e profumata. Le labbra di Franco arrivarono a incontrare le altre labbra portando su esse il sapore del profumo femminile spruzzato in quella parte di collo appena sotto le orecchie.
Mentre la bocca di Franco scendeva per prendere confidenza coi seni, Michelle cercò nella sua piccola borsetta.
“Tieni”.
La donna gli passò un piccolo telecomando.
Franco lo prese in mano e, avendo Michelle le mani libere, mentre l’uomo studiava l’oggetto pose la sua mano sinistra sull’erezione evidente, strofinando i pantaloni in corrispondenza, fino ad aprire la cerniera e la cintura per infilare la mano.
“A cosa serve?”
“Tu schiaccia”.
Il sorriso della donna era una promessa. Schiacciato il pulsante Franco notò un piccolo sussulto nella schiava, già sotto tensione per il costante dolore ai capezzoli.
Michelle strinse la mano sul cazzo duro.
“Nel culo ha un piccolo vibratore che hai appena azionato”.
La bocca di Franco tornò sul collo della donna la quale notò un irrigidimento del cazzo che doveva avere apprezzato l’idea del vibratore.
La schiava fu spettatrice del venire in essere di qualcosa che l’avrebbe vista coinvolta nel ruolo passivo di colei che sarà destinata, col suo corpo, a dare piaceri ai Padroni e, come in uno specchio, a lei stessa.
Il traffico cittadino regalò loro ulteriori momenti di quel tipico piacere che l’attesa sa creare.
Franco, appoggiato allo schienale, mantenne la mano tra le cosce di Michelle, in quella parte di pelle tra il confine delle autoreggenti ed il sesso.
La donna, anch’essa aderente allo schienale, intratteneva la confidenza col cazzo dell’uomo, stretto nella mano e nascosto dall’abbigliamento che lo costringeva.
I Padroni iniziarono una diversa forma di comunicazione. Quando le dita di Franco si avvicinavano alle grandi labbra, accarezzandole, Michelle rispondeva stringendo un poco il cazzo e muovendo appena la mano.
Quando, invece, era la donna a prendere l’iniziativa muovendo la mano sul membro, era Franco ad accarezzare sia le grandi labbra sia il seno.
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2025-01-28
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