La moglie del Presidente golpista (parte 4)

di
genere
sadomaso

La promessa di non tornare più, formulata a sé stessa appena dopo l’orgasmo procurato dalle proprie dita e dal pensiero di quanto accaduto, venne dimenticata già la sera stessa.
Si sentiva sola. Il marito, già assente prima del golpe, adesso era praticamente irraggiungibile. Aveva sempre saputo che l’aveva sposata solo per la sua posizione.
Era arrivata ad odiarlo perché si sentiva usata, lo odiava tanto perché tanto lo aveva amato.
Da quando era la moglie del Presidente le sembrava di avere perso anche le amiche, tutte interessate alla sua nuova posizione, desiderose di essere invitate agli eventi di Stato o anche solo a quelli privati nella residenza.
Nelle segrete aveva provato euforia, eccitazione, quella egoistica tesa solo a sé stessa e nella quale le condizioni degli altri non le interessavano se non per alimentare il suo piacere.
Era sempre più attratta da quel luogo e dal desiderio di vivere nuovamente le sensazioni forti provate.
Capì che ciò che la riempiva di piacere e le faceva battere il sangue in testa non erano solo le suppliche, ma il fatto che chi le formulava era in vero stato di bisogno ed un suo gesto magnanimo rappresentava tanto.
Sentiva di avere in pugno quelle persone prima tanto potenti da fare paura a tutti.
Aveva odiato quella donna che la ignorava, così come la figlia, tanto altezzosa quanto bella, che nemmeno la guardava, al pari di quella stronza della madre, quando con la scorta passava davanti al suo palazzo e lei, inutilmente, cercava di salutarla, imitando le sue amiche, anch’esse ignorate.
Adesso quelle persone tanto odiate erano sotto di lei, in cantina e a sua disposizione. Le sarebbe bastato scendere con qualche brioche.
Provò piacere, nel suo letto servita dalla cameriera, nell’addentare una brioche e avanzarla, sapendo che sarebbe stata buttata via mentre laggiù c’erano due donne pronte a strisciare ai suoi piedi pur di mangiarla.
Gettò la brioche a terra, scese dal letto e la calpestò provando l’anticipo del piacere. Lo fece con altre due che mise poi in un sacchetto.
Aveva abbandonato ogni remora perché ansiosa di vivere nuovamente quell’eccitazione fortissima provata nell’umiliazione altrui.
Si chiese se fosse sempre stata così o se quel lato del suo carattere le fosse uscite a seguito dell’attuale solitudine.
Si giustificò ritenendo di dover compensare il disinteresse del marito. Nemmeno si accorse che si stava comportando come suo marito, usando le persone per il proprio fine disinteressandosi delle loro condizioni.
Certo, su scala diversa, ma il principio era identico.
Appena entrata in cella, tutta la famiglia destituita si alzò in piedi, con fare deferente.
“Sai cosa devi fare se vuoi che ti getti a terra questo avanzo di brioche”.
Mostrava eccitata la brioche calpestata dai suoi piedi nudi quella mattina.
“Anche tu lo devi fare”.
Si era rivolta prima a Lewa e poi a sua madre, Nasha.
Questa volta dedicò attenzioni anche all’uomo, l’ex Presidente, il despota, che aveva ignorato durante le sue visite precedenti.
Le due donne che strisciarono ai suoi piedi sortirono l’effetto sperato, eccitandola moltissimo.
Ordinò all’uomo di stendersi sul bordo del letto. Si alzò la gonna ampia e si sedette sulla faccia del despota che aveva fatto appena in tempo a girare la testa per esporre la guancia.
Aveva ormai perso ogni freno inibitore.
Le piaceva sentire la barba dell’uomo che le solleticava le natiche.
Era senza mutandine e sentiva il fiato caldo dell’uomo sulla figa.
Fece strisciare le due donne ai suoi piedi.
Non ancora paga, mentre Nasha le leccava il piede, Lewa dovette muoversi a quattro zampe, raggiungendo con la bocca i pezzi di cibo che lei lanciava a terra in posti sempre distanti tra loro, per godersi lo spettacolo di quella bella ragazza che si muoveva come una cagna e mangiava come una cagna.
Si sentiva, forte, potente, inebriata di eccitazione.
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2025-01-23
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