Pornografia del Quotidiano (Chicken Edition): Materia oscura

di
genere
sentimentali

(TM Jan Zarik, tutti i diritti in capo al titolare del marchio registrato)

Sua moglie era a dormire a letto già da un po’ e lui si sentiva in colpa per averla lasciata sola.
Ma la differenza di fuso orario lo obbligava a restare al computer fino a quell’ora.
E quella conversazione non poteva essere rimandata oltre.

“Tu hai visto i risultati delle interazioni, li abbiamo visti tutti. Per quello abbiamo speso tutti questi anni appresso a quell’esperimento.”
L’avatar della donna lo fissava con il solito sguardo acuto, la pessima connessione che li obbligava a scriversi solamente.
Lui non riusciva a togliere gli occhi dalla sua immagine.
“Certo, li abbiamo visti tutti i risultati.” Rispose lei “Abbiamo passato settimane a rileggere i rapporti.”
Lui la incalzò : “Io capisco perfettamente quello che mi dici, era inevitabile che succedesse. La ricerca non poteva andare avanti per sempre coi costi che ha. Ma interromperla proprio ora, proprio così…”
“Sai che non dipende da me…”
“Dopo la quantità di dati che abbiamo raccolto, esperimenti fatti, mi sembra inaccettabile che manchi proprio l’ultima risposta.”

I due avevano ben presente quello che la loro collaborazione aveva prodotto in tanto tempo.
A partire dalle prime collisioni di fasci di protoni nell’acceleratore di particelle dell'LHC, anni prima.
Interazioni con cui avevano scandagliato gli aspetti più affascinanti e misteriosi della materia.
Corpi e dinamiche invisibili agli occhi: impatti, scontri, relazioni, particelle che si uniscono, si accoppiano, ed esplodono generando nuove particelle.
Il desiderio di scoprire universi invisibili nascosti nei gomitoli di stringhe, enti che solo la brama del loro desiderio di conoscenza riuscivano ad immaginare.
Danze di entità misteriose che solcano lo spazio e il tempo, arrotolandosi in spirali, curve e cambi di direzione repentini, imprevedibili, sempre sorprendenti.

C’era chi aveva paragonato quel mondo invisibile alla sensuale e mortale danza di Shiva.

Il tempo passato assieme, seppur a distanza, era stato innervato del comune stupore per quel mondo invisibile.
E, quando gli esperimenti nei 27km del LHC si erano schiantati contro il limite della conoscenza, straziando il suo cuore, lui si era deciso di spingersi oltre, convincendo anche lei.
Nonostante la tentazione di sentirsi ingannato dalla cosmogonia di corpi invisibili, avevano deciso di lanciarsi in qualcosa di ancor più ambizioso.

Così era nato il progetto SHIP: per cercare di dare un nome, un volto ed una voce a quella materia oscura che, dall’impalpabile sostanza delle particelle elementari, sembrava regolare il respiro delle galassie e dell’universo stesso.

“Abbiamo speso le nostre giornate e le nostre notti…le nostre vite a rileggere i risultati degli esperimenti” le scrisse lui
“E io so che, come me, trovavi quasi insostenibile l’affinità del nostro pensare.” Rispose lei.
“Tranne quella domanda. L’ultima a cui ancora non ho avuto risposta.”
“Tu ce l’hai la mia risposta”
“Tu lo sai che, su questo punto, non mi hai mai convinto” una nota dolente nello scrivere dell’uomo.
“La mia risposta te l’ho data tante volte”
“Mi spiace, ma i tempi di decadimento di quella particella non corrispondono con nessuno dei nostri esperimenti, non giustificano nessuna delle interazioni registrate.”
“La mia risposta te l’ho data tante volte, non cambia” ripetè lei, ostinata.
Lui insistette: “La vita della particella che descrivi è troppo breve, il decadimento troppo rapido, per poter generare quello sciame di sottoprodotti”

Più d’una volta erano rimasti inebriati dalla lettura dei risultati, così ricchi, così sorprendenti, così vari, quasi sensuali nella loro prolificità.

Il cursore sul suo schermo rimase immobile per secondi che sembrarono eterni.
Sua moglie dormiva al piano di sotto, ignara.

Una volta gli aveva chiesto: “Mi stai tradendo?”
E lui, senza mentire, le aveva risposto: “Tradirti? Come potrei? Chi ne ha il tempo? E con chi, che non lascio mai questa casa, sempre chiuso nel mio studio ad analizzare i dati che mi arrivano dal laboratorio?”
Sua moglie non poteva che dargli ragione.

Ma forse quelle notti spese con quella donna che lo fissava attraverso gli occhi dell’avatar di Teams, a scandagliare oscure teorie della materia, erano comunque una forma di tradimento.
Che il piacere intellettuale che dava loro quell’esercizio andava spesso oltre il fugace rapimento di un orgasmo.

Il cursore era ancora immobile, lui si chiedeva se lei fosse ancora lì.

“Ci sei?”
“Certo, mica ti ghosto così!”
“Spero bene”
“in ogni caso, ci hanno tagliato i fondi: il programma viene terminato.”
“Te l’ho detto, sapevo che sarebbe successo, non è quella la cosa più dolorosa.”
“Mi spiace, sai quanto sia stato importante per me lavorare assieme su questa ricerca, quasi più di ogni altra cosa…”
“Sapevo-che-sarebbe-successo… te lo scrissi pochi mesi fa. Ma quello che brucia è restare senza una risposta: io ti ho messo a disposizione tutti i miei dati, che non suffragano la tua conclusione.”
Temeva a fare per l’ennesima volta quella domanda, ma non poteva non farla.
“Mi confermi il tempo di decadimento?”
“Vorrei dirti che è un brutto scherzo, ma ci hanno tagliato i fondi! Se vuoi possiamo continuare a scambiarci le idee a livello professionale, ma non posso più collaborare come è stato finora. Ho la morte nel cuore nel dirtelo.”

Stavolta fu lui a non rispondere.
Provò a scrivere qualche frase, prima arguta, poi di circostanza, poi comprensiva, poi arrabbiata.
Ma ogni volta la cancellava e non trovava quella giusta.

Restò a fissare il messaggio sullo schermo, indeciso.
Poi, finalmente, si alzò dal tavolo ed uscì sul terrazzo, di notte, ad osservare il cielo.
Rollò una sigaretta e si versò il rum, la fugace fiamma dell’accendino l’unica luce in quella notte dolorosa.

E guardò il cielo stellato.
Cassiopea adagiata oscenamente come sempre sopra la sua testa.

Nonostante non avesse risposta a quella domanda, l’universo andava avanti, indifferente.
Stelle che nascevano, stelle che morivano.
Buchi neri che danzavano una danza macabra fino ad unirsi in un osceno amplesso le cui onde si riversavano nelle vastità dello spazio cosmico.
Stelle di neutroni rotanti che gridavano la loro eccitazione, captate da lontani radiotelescopi.
E placide galassie che proseguivano la loro deriva silenziosa.

Un decadimento troppo rapido a fronte dell’evidenza sperimentale, ne era convinto.
Ma aveva poca importanza.
Che su tutto, forse, si stendeva la coltre di un oscuro lenzuolo di materia, particelle nascoste, a dettare il ritmo di questo balletto di corpi lascivi nella notte.
Indifferente alle sue teorie.

Spense la sigaretta, con un ultimo sbuffo di fumo.
Sì sarebbe andato a lavare i denti, che odiava quel sapore di bruciato in bocca, nonostante il rum.
Si sarebbe spogliato e sarebbe scivolato sotto le lenzuola.
Avrebbero incrociato le gambe con sua moglie.
Adorava il fatto che dopo tanti anni lo facessero ancora.
E avrebbe pregato di addormentarsi presto.
Per non dover più osservare la materia oscura nel vuoto del suo cuore.


pollini_viaggi@virgilio.it
scritto il
2024-10-09
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