Operazione Mincemeat ep 3. - Corpi nella notte
di
Chicken1973
genere
etero
Di Tilde & Chicken
La bocca del fucile del nazista puntava dritta al capo di Laura, immobile, gelida, intrecciata sulla sabbia con il corpo del suo amante ancora ansimante per l'orgasmo.
“Mah… noi…” balbettò lei
“Tu” a Sante ”levati dal cazzo, ti faccio vedere io come farla godere”
Poi, al compagno “tienilo sotto tiro, dopo te la sbatti pure te”
“Ti faccio…” tentò una difesa Sante
“Forza, avanti, dammi un motivo per sparare!”
“Ti farò pentire di essere nato” minacciò ancora
“Uuuh… che paura! Un'altra parola, cazzetto, e ti faccio secco”
Laura, sfruttando la sorpresa, si avventò contro l'armato afferrandolo per una caviglia e strattonandolo, quello cadde all'indietro mollando il fucile; Sante non riuscì a prenderlo, ma sferrò un calcio in pieno volto all’altro, tramortendolo prima che riuscisse a mettere le mani sull’arma.
Il tedesco si riversò sull’arenile e Sante afferrò una mano di Laura trascinandola via, reggendosi i pantaloni con l’altra.
“Vieni, corri!” gridò. La ragazza lo seguì.
Raggiunsero il chiosco.
Laura, nonostante la fretta, non dimenticò di afferrare il capello di paglia bianca che aveva lasciato lì e chiese correndo: “Dove mi porti?”, lui rispose: “La mia moto…. Qui fuori….ti spiego dopo….”
Sulla strada era parcheggiata la malandata Zundapp di Sante, la vecchia carrozzeria che non sembrava molto affidabile, soprattutto in confronto al sidecar BMW dei tedeschi fermo lì vicino.
Con un guizzo, Sante, si lanciò sul mezzo dei nazisti, ne aprì il serbatoio, raccolse una manciata di sabbia da terra e la gettò all’interno; poi un’altra, nella speranza di evitare un inseguimento che l’avrebbe visto sicuramente succube.
Laura, intanto, era montata sulla moto, guardando indietro il compagno, ansimando per la corsa e per l’emozione.
Si sentì tranquilla solo quando furono lontani dalla spiaggia, il suo vestito che danzava nell’aria, una mano a fermare il cappello, l’altra stretta attorno al corpo di Sante, che guidava come un pazzo.
Furono raggiunti dall’eco lontano degli spari tedeschi, ma, nonostante tutto, erano incolumi.
Si appoggiò alla sua schiena, ne aspirò l’odore di maschio e non riuscì ad evitare di lasciare un bacio sul suo collo.
“Dove andremo ora?” gli chiese
“Non preoccuparti, ho più amici di quanti tu possa immaginare qui!
Più forte si assicurò il cappello sulla testa, più forte strinse la presa attorno al torso di Sante e, con i seni che premevano sul suo corpo, lui la sentì sua.
Da punta Umbra risalirono veloci lungo la strada che costeggia isla de emedio in quel delta paludoso dove l'Odiel sposa il Tinto, prima che entrambi anneghino nell'Atlantico.
Entrarono in Huelva davanti l'arena; aggirata la cattedrale, si dileguarono per le vie del barrio inglese.
Un sospetto attanagliò Sante mentre si avvicinava alla casa degli amici: “e se… e se avessero già avvertito il comando? …La mia amicizia con Miguel è nota, rischio di metterlo nei guai…”. Repentino svoltò, accelerò ed imboccò la strada per Siviglia; sentì Laura sobbalzare e stringersi più forte con entrambe le mani; quasi chiuse gli occhi nel piacere di quel contatto, poi vide nello specchietto il cappello bianco volare via, finendo calpestato da un mulo che stava trainando un carro di mercanzie.
Trovò lo spirito di dire: “So cosa regalarle, signorina…”
“Ma ti pare il momento!? Dove andiamo piuttosto?” ribatté stizzita,
“Fidati di me, non manca molto”
A San Juan spense il faro e gettò la moto verso i campi coltivati; di lì a poco ed in una nuvola di polvere, giunsero al convento de la Cruz.
Il pensiero di Sante, intanto, non aveva sbagliato ed una kubelwagen lo stava già aspettando, invano, davanti casa Dominguez.
“Her Dominguez!” Gridarono dalla strada
“Que pasa hombre?” Disse alzando gli occhi da un libro
“hast es gesehen…”
“Al tiempo, non entiendo”
“Ya… tu visto… freund Pedrosillos?”
“...viste, es mejor hombre. Quie es Freund?”
“Freund… wie sagt man das… tu amigo Pedrosillos…”
“yayaya!! Seguro! Ayer, por la manana, me trajo este libro… por que?’
“Nicht diese… no esta noche?”
“No, nein, tengo que decir algo?”
“sheibe!! Ich habe nichts verstanden… no intiendo”
“yayaya! Diré que estás es mirando”
“Ya, Heil Hitler?”
“Chupamela… Heil Hitler”
I tedeschi tornarono al loro mezzo sentendosi comunque molto orgogliosi della propria padronanza delle lingue straniere, dandosi grandi pacche sulle spalle.
Un’ulteriore prova della superiorità della stirpe ariana
La madre badessa del convento delle Hermanas de la Cruz era un’altra delle colonne della resistenza sin dai primi tempi: era lì che aveva deciso di andare a riparare.
Laura era colpita nel constatare le relazioni che Sante aveva saputo intessere in quella Spagna che certo non poteva essere considerata un porto sicuro.
Vennero loro concesse due cellette separate nell’ala più antica del convento, che ancora portava le tracce dei danni del terremoto di secoli prima; contavano che nessuno si sarebbe avventurato in quella zona, concedendo così ai due fuggitivi un poco di tranquillità.
Venne loro servito anche qualcosa da mangiare che potessero consumare da soli, per non mettere a rischio le sorelle in caso di visita improvvise dei tedeschi.
I due non tardarono a scoprire un passaggio fra le due stanzette, celato nel retro del piccolo armadio e si riunirono in una, posarono i piatti su un tavolaccio e si sedettero in terra uno di fronte all'altra, condivisero il pasto al lume di candela accompagnando con del vino da messa, malamente nascosto dietro un mattone (un liquoroso rosso dalla forte gradazione che ci mise poco a dare alla testa). Fu una conclusione insperata per quella giornata.
“Laura, senti…quello che è successo oggi sulla spiaggia….”
“Sante, che fai? Spero che non te ne starai mica pentendo? Non farmi ascoltare certe scempiaggini, per favore!”
“pentendo? Ma come ti viene in mente….Tu hai solo idea di cosa abbia fatto io per ritrovarti? I rischi che ho corso? … la mia reputazione… la mia carriera per venirti a cercare. Ma tu… tu….”
Laura poggiò le dita sulle sue labbra, per impedirgli di proseguire.
Lui baciò quelle dita. E poi baciò quelle labbra, un bacio che sembrò durare un’eternità, le loro lingue che si intrecciavano come a non volersi più perdere, le sue mani che cominciarono a frugarle sopra il vestito, per toccare quel corpo di donna di cui non era certo sazio. Trovarono i giovani seni, non troppo grandi da stare nelle sue mani. Poteva sentirne i capezzoli al centro del suo palmo; ed il petto che, calmo, seguiva il ritmo del respiro di Laura.
Nell’oscurità di quella cella illuminata solo da una candela, Sante sbottonò l’abito di Laura, con estrema lentezza, con la stessa delicatezza le allentò la cintura che ne evidenziava il girovita e le sfilò l’abito dalla testa, obbligandola ad alzare le braccia come in una resa e lasciandola solo con la culotte che le fasciava il ventre morbido fino all'ombelico.
Laura si coprì istintiva i seni nudi con un braccio, come per sfuggire al tocco della vista di Sante, gli occhi di lui sorrisero mentre la ammiravano. E si sfilò la camicia.
La ragazza si alzò e si protese sulla tavola di legno per prendere dal piatto un pezzetto di pane ed un po’ di pesce, mentre guardava il corpo nudo di lui emergere dai vestiti, che venivano gettati a terra alla rinfusa.
L’uomo trovò l’immagine di lei, con la mano alle labbra che mangiava nella luce tremolante della candela, tremendamente eccitante: lei lo guardò un istante e gli porse ciò che restava del boccone, lui si lasciò imboccare.
Le alzò il volto e la baciò. La prese per le spalle e la portò a sé, ne accarezzò la pelle, mentre la mano di lei scivolò in basso, a cercare ciò di cui aveva bisogno.
Cominciò a masturbarlo, delicatamente, dolcemente, mentre si lasciavano fondere nel bacio, con la libertà di sapere che non sarebbero stati interrotti
Il sesso di lui si stava indurendo, la vulva di lei si stava bagnando, pronta ad accoglierlo.
Laura si girò e fece un passo, spostò il piatto e si appoggiò col petto sul tavolaccio, piegò il viso di lato con il legno consunto sotto la guancia ed allargò le gambe, protese il sedere lievemente verso di lui ed implorò a fil di voce di essere presa. In un gesto disperato di liberazione.
Sante le passò una mano sulla vagina, per sentirne l’umidità, per sporcarsi del suo desiderio. Le accarezzò le cosce eccitandola, le accarezzò la schiena tenendola nell’attesa, la schiaffeggiò a mano aperta sulle natiche con forza, lei gemette, ancora una volta e lei sospirò, di nuovo e più forte e lei gemette ancora; ma lei voleva di più: voleva non pensare a nulla, voleva solo essere scopata.
“Cazzo, Laura: sei mia!” grugnì lui in un doloroso abbandono.
La prese per i fianchi, ma esitò, forse distratto da un pensiero intrusivo, da un’ultima remora; lei gli afferrò il cazzo portandoselo alle orlo fradicio della propria vagina, gridò: “fottimi amore, fottimi, usami, riempimi. E dimentichiamo tutto, adesso.”
Non voleva pensare ad altro, voleva solo essere devastata, voleva l’estasi.
E che i tedeschi soccombessero all’invasione alleata, la Sicilia conquistata come Sante le stava ora conquistando il culo.
AVETE ASCOLTATO:
OPERAZIONE MINCEMEAT, STORIA DI UN INGANNO
Episodio 3: CORPI NELLA NOTTE
Prossimo Episodio: SUOR LAURA E I SUOI DUE AMANTI
Degli stessi autori:
- Mal d'Africa: Laura e Said
- Il collasso della funzione donna
- Una notte a Madrid: matematica
- Operazione Mincemeat ep.1 : Sconosciuti
- Operazione Mincemeat ep.2 : Il sapore dello sconosciuto
- Margherita: la Madama e la Leonessa
Per arretrati e ristampe scrivere a:
pollini_viaggi@virgilio.it
La bocca del fucile del nazista puntava dritta al capo di Laura, immobile, gelida, intrecciata sulla sabbia con il corpo del suo amante ancora ansimante per l'orgasmo.
“Mah… noi…” balbettò lei
“Tu” a Sante ”levati dal cazzo, ti faccio vedere io come farla godere”
Poi, al compagno “tienilo sotto tiro, dopo te la sbatti pure te”
“Ti faccio…” tentò una difesa Sante
“Forza, avanti, dammi un motivo per sparare!”
“Ti farò pentire di essere nato” minacciò ancora
“Uuuh… che paura! Un'altra parola, cazzetto, e ti faccio secco”
Laura, sfruttando la sorpresa, si avventò contro l'armato afferrandolo per una caviglia e strattonandolo, quello cadde all'indietro mollando il fucile; Sante non riuscì a prenderlo, ma sferrò un calcio in pieno volto all’altro, tramortendolo prima che riuscisse a mettere le mani sull’arma.
Il tedesco si riversò sull’arenile e Sante afferrò una mano di Laura trascinandola via, reggendosi i pantaloni con l’altra.
“Vieni, corri!” gridò. La ragazza lo seguì.
Raggiunsero il chiosco.
Laura, nonostante la fretta, non dimenticò di afferrare il capello di paglia bianca che aveva lasciato lì e chiese correndo: “Dove mi porti?”, lui rispose: “La mia moto…. Qui fuori….ti spiego dopo….”
Sulla strada era parcheggiata la malandata Zundapp di Sante, la vecchia carrozzeria che non sembrava molto affidabile, soprattutto in confronto al sidecar BMW dei tedeschi fermo lì vicino.
Con un guizzo, Sante, si lanciò sul mezzo dei nazisti, ne aprì il serbatoio, raccolse una manciata di sabbia da terra e la gettò all’interno; poi un’altra, nella speranza di evitare un inseguimento che l’avrebbe visto sicuramente succube.
Laura, intanto, era montata sulla moto, guardando indietro il compagno, ansimando per la corsa e per l’emozione.
Si sentì tranquilla solo quando furono lontani dalla spiaggia, il suo vestito che danzava nell’aria, una mano a fermare il cappello, l’altra stretta attorno al corpo di Sante, che guidava come un pazzo.
Furono raggiunti dall’eco lontano degli spari tedeschi, ma, nonostante tutto, erano incolumi.
Si appoggiò alla sua schiena, ne aspirò l’odore di maschio e non riuscì ad evitare di lasciare un bacio sul suo collo.
“Dove andremo ora?” gli chiese
“Non preoccuparti, ho più amici di quanti tu possa immaginare qui!
Più forte si assicurò il cappello sulla testa, più forte strinse la presa attorno al torso di Sante e, con i seni che premevano sul suo corpo, lui la sentì sua.
Da punta Umbra risalirono veloci lungo la strada che costeggia isla de emedio in quel delta paludoso dove l'Odiel sposa il Tinto, prima che entrambi anneghino nell'Atlantico.
Entrarono in Huelva davanti l'arena; aggirata la cattedrale, si dileguarono per le vie del barrio inglese.
Un sospetto attanagliò Sante mentre si avvicinava alla casa degli amici: “e se… e se avessero già avvertito il comando? …La mia amicizia con Miguel è nota, rischio di metterlo nei guai…”. Repentino svoltò, accelerò ed imboccò la strada per Siviglia; sentì Laura sobbalzare e stringersi più forte con entrambe le mani; quasi chiuse gli occhi nel piacere di quel contatto, poi vide nello specchietto il cappello bianco volare via, finendo calpestato da un mulo che stava trainando un carro di mercanzie.
Trovò lo spirito di dire: “So cosa regalarle, signorina…”
“Ma ti pare il momento!? Dove andiamo piuttosto?” ribatté stizzita,
“Fidati di me, non manca molto”
A San Juan spense il faro e gettò la moto verso i campi coltivati; di lì a poco ed in una nuvola di polvere, giunsero al convento de la Cruz.
Il pensiero di Sante, intanto, non aveva sbagliato ed una kubelwagen lo stava già aspettando, invano, davanti casa Dominguez.
“Her Dominguez!” Gridarono dalla strada
“Que pasa hombre?” Disse alzando gli occhi da un libro
“hast es gesehen…”
“Al tiempo, non entiendo”
“Ya… tu visto… freund Pedrosillos?”
“...viste, es mejor hombre. Quie es Freund?”
“Freund… wie sagt man das… tu amigo Pedrosillos…”
“yayaya!! Seguro! Ayer, por la manana, me trajo este libro… por que?’
“Nicht diese… no esta noche?”
“No, nein, tengo que decir algo?”
“sheibe!! Ich habe nichts verstanden… no intiendo”
“yayaya! Diré que estás es mirando”
“Ya, Heil Hitler?”
“Chupamela… Heil Hitler”
I tedeschi tornarono al loro mezzo sentendosi comunque molto orgogliosi della propria padronanza delle lingue straniere, dandosi grandi pacche sulle spalle.
Un’ulteriore prova della superiorità della stirpe ariana
La madre badessa del convento delle Hermanas de la Cruz era un’altra delle colonne della resistenza sin dai primi tempi: era lì che aveva deciso di andare a riparare.
Laura era colpita nel constatare le relazioni che Sante aveva saputo intessere in quella Spagna che certo non poteva essere considerata un porto sicuro.
Vennero loro concesse due cellette separate nell’ala più antica del convento, che ancora portava le tracce dei danni del terremoto di secoli prima; contavano che nessuno si sarebbe avventurato in quella zona, concedendo così ai due fuggitivi un poco di tranquillità.
Venne loro servito anche qualcosa da mangiare che potessero consumare da soli, per non mettere a rischio le sorelle in caso di visita improvvise dei tedeschi.
I due non tardarono a scoprire un passaggio fra le due stanzette, celato nel retro del piccolo armadio e si riunirono in una, posarono i piatti su un tavolaccio e si sedettero in terra uno di fronte all'altra, condivisero il pasto al lume di candela accompagnando con del vino da messa, malamente nascosto dietro un mattone (un liquoroso rosso dalla forte gradazione che ci mise poco a dare alla testa). Fu una conclusione insperata per quella giornata.
“Laura, senti…quello che è successo oggi sulla spiaggia….”
“Sante, che fai? Spero che non te ne starai mica pentendo? Non farmi ascoltare certe scempiaggini, per favore!”
“pentendo? Ma come ti viene in mente….Tu hai solo idea di cosa abbia fatto io per ritrovarti? I rischi che ho corso? … la mia reputazione… la mia carriera per venirti a cercare. Ma tu… tu….”
Laura poggiò le dita sulle sue labbra, per impedirgli di proseguire.
Lui baciò quelle dita. E poi baciò quelle labbra, un bacio che sembrò durare un’eternità, le loro lingue che si intrecciavano come a non volersi più perdere, le sue mani che cominciarono a frugarle sopra il vestito, per toccare quel corpo di donna di cui non era certo sazio. Trovarono i giovani seni, non troppo grandi da stare nelle sue mani. Poteva sentirne i capezzoli al centro del suo palmo; ed il petto che, calmo, seguiva il ritmo del respiro di Laura.
Nell’oscurità di quella cella illuminata solo da una candela, Sante sbottonò l’abito di Laura, con estrema lentezza, con la stessa delicatezza le allentò la cintura che ne evidenziava il girovita e le sfilò l’abito dalla testa, obbligandola ad alzare le braccia come in una resa e lasciandola solo con la culotte che le fasciava il ventre morbido fino all'ombelico.
Laura si coprì istintiva i seni nudi con un braccio, come per sfuggire al tocco della vista di Sante, gli occhi di lui sorrisero mentre la ammiravano. E si sfilò la camicia.
La ragazza si alzò e si protese sulla tavola di legno per prendere dal piatto un pezzetto di pane ed un po’ di pesce, mentre guardava il corpo nudo di lui emergere dai vestiti, che venivano gettati a terra alla rinfusa.
L’uomo trovò l’immagine di lei, con la mano alle labbra che mangiava nella luce tremolante della candela, tremendamente eccitante: lei lo guardò un istante e gli porse ciò che restava del boccone, lui si lasciò imboccare.
Le alzò il volto e la baciò. La prese per le spalle e la portò a sé, ne accarezzò la pelle, mentre la mano di lei scivolò in basso, a cercare ciò di cui aveva bisogno.
Cominciò a masturbarlo, delicatamente, dolcemente, mentre si lasciavano fondere nel bacio, con la libertà di sapere che non sarebbero stati interrotti
Il sesso di lui si stava indurendo, la vulva di lei si stava bagnando, pronta ad accoglierlo.
Laura si girò e fece un passo, spostò il piatto e si appoggiò col petto sul tavolaccio, piegò il viso di lato con il legno consunto sotto la guancia ed allargò le gambe, protese il sedere lievemente verso di lui ed implorò a fil di voce di essere presa. In un gesto disperato di liberazione.
Sante le passò una mano sulla vagina, per sentirne l’umidità, per sporcarsi del suo desiderio. Le accarezzò le cosce eccitandola, le accarezzò la schiena tenendola nell’attesa, la schiaffeggiò a mano aperta sulle natiche con forza, lei gemette, ancora una volta e lei sospirò, di nuovo e più forte e lei gemette ancora; ma lei voleva di più: voleva non pensare a nulla, voleva solo essere scopata.
“Cazzo, Laura: sei mia!” grugnì lui in un doloroso abbandono.
La prese per i fianchi, ma esitò, forse distratto da un pensiero intrusivo, da un’ultima remora; lei gli afferrò il cazzo portandoselo alle orlo fradicio della propria vagina, gridò: “fottimi amore, fottimi, usami, riempimi. E dimentichiamo tutto, adesso.”
Non voleva pensare ad altro, voleva solo essere devastata, voleva l’estasi.
E che i tedeschi soccombessero all’invasione alleata, la Sicilia conquistata come Sante le stava ora conquistando il culo.
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OPERAZIONE MINCEMEAT, STORIA DI UN INGANNO
Episodio 3: CORPI NELLA NOTTE
Prossimo Episodio: SUOR LAURA E I SUOI DUE AMANTI
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- Il collasso della funzione donna
- Una notte a Madrid: matematica
- Operazione Mincemeat ep.1 : Sconosciuti
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- Margherita: la Madama e la Leonessa
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