La tela del ragno

di
genere
etero

Pubblico i primi due capitoli di una decina di un racconto che scrissi tempo fa. Spero siano di vostro gradimento.
Cap1.
Ormai rimango solo io degli attori, consapevoli o inconsapevoli, di questa brutta storia, il tempo ,uno alla volta, li ha portati via, la prossima a dover andare via saro’ io e piu’ nessuno, allora, avra’ memoria di quello che accadde. Per questo ho deciso di affidare in tempo a queste pagine il ricordo della esperienza che mi vide coinvolta; chissa’ , forse, potra’ essere utile ad evitare che cose simili accadano a qualche altra perche’ esisteranno sempre persone che, come uccelli rapaci, cercheranno di usare gli sprovveduti, gli ingenui, i deboli per i propri interessi. Forse la preda subisce un fascino particolare ed irresistibile dalla forma e dalle volute della tela che il ragno tesse con tanta maestria, tanto che essa va ad imprigionarvisi da sola e ogni suo tentativo di liberarsi non fa altro che invischiarla ancor di piu’, solo un miracolo, che prende sostanza magari in un forte colpo di vento, direi un colpo di fortuna, riesce a restituirle la liberta’. Avevo ventidue anni ed ero in profonda crisi. Mi ero sposata a diciotto anni che ero rimasta incinta e a ventidue mi trovavo gia’ con due figli piccoli. Da un paio di mesi un infarto si era portato via mio padre al quale ero legatissima e la sua mancanza mi stava facendo cadere nella anoressia, ero diventata magra ma conservavo ancora forme generose. Papa’ mi mancava, era il mio porto sicuro. Mio marito, che era piu’ grande di me di qualche anno, era lontano spiritualmente perche’ non sapeva essermi vicino con amore e fisicamente perche’ il suo maledetto lavoro lo teneva lontano cinque giorni a settimana, guadagnava molto e’ vero, ma questo non compensava la solitudine cui ero costretta. Quando tornava a casa il venerdi’ sera il suo primo pensiero era quello di chiavarmi, i giorni che era stato a stecchetto li sfogava su di me con tutte le fantasie che aveva accumulato. Mi chiavava allora con foga e passava dalla fica al culo e poi di nuovo alla fica e ,quasi sempre, finiva per venirmi in bocca, poi mangiava ed andava a letto dove rimaneva fino al sabato mattina. A dire il vero mi era sempre piaciuto che mi facesse il servizio completo , mi aveva inculato la prima volta che avevo sedici anni e un po’ alla volta il mio ano era diventato cosi’ sensibile che quasi quasi ci godevo piu’ che in vagina. Inoltre il mio secondo parto mi aveva devastato la fica, mi avevano dato non ricordo piu’ quanti punti in vagina, ormai la mia passera era diventata una vera e propria caverna tanto che lui si divertiva, a volte, a infilarci tutta una mano per accarezzarmi l’utero e questo mi dava un grande ed intenso piacere. Ero giovanissima, magra ed mi ritrovavo una fica grande e dilatata, quindi, in sincerita’ , non sentivo piu’ il suo cazzo come lo sentivo prima di figliare per la seconda volta. Nelle sale parto spesso danno punti a casaccio ed in fretta senza preoccuparsi della qualita’ della futura vita sessuale della puerpera e cosi’ rischi di ritrovarti con la fica predisposta al prolasso uterino. Conosco alcune donne che si trovano nella mia condizione e credo che per evitare questo le ragazze di oggi, piu’ smaliziate, preferiscono il parto cesareo, primo perche’ si soffre meno e secondo perche’ la fica rimane tonica. Per questo,dopo qualche minuto che mio marito mi chiavava, avevo preso l’abitudine di offrirgli il culo che mi dava orgasmi che in vagina non raggiungevo piu’ se non provvedevo ad accarezzarmi la clitoride e a stringere ben bene le gambe. Quando mi inculava mi accarezzavo la clitoride e se sincronizzavo bene le cose riuscivo a venire contemporaneamente di fica e di culo ed allora l’orgasmo mi faceva stringere fra le chiappe il cazzo di mio marito ed il piacere si moltiplicava. Diciamo che dopo appena quattro anni avevo motivi piu’ che sufficienti per considerare la mia vita matrimoniale abbastanza in rosso. Avevo voglia di scappare, di cambiar vita, ma i due figli erano li’ , avevano bisogno di me e prosciugavano tutte le mie energie e la mia giovinezza. Da qualche tempo avevo cominciato ad avere certe fantasie che mi davano grande eccitazione sessuale e che sarebbero state la causa di quello che accadde. Il mio appartamento si apriva su un terrazzo cui si accedeva dalle scale condominiali e su questo terrazzo si apriva anche l’appartamento vicino. Spesso, quando ritornavo dalla spesa con i due bambini, uno per mano ed uno nel passeggino, trovavo la coppia dei vicini seduta a prendere il sole. Era una coppia avanti negli anni, lui poco piu’ che sessantino, lei di una decina di anni piu’ giovane. La vicina giocava un po’ con i miei figli ed io mi sedevo su una delle sedie da giardino sotto l’ombrellone piantato in mezzo al tavolino e scambiavo qualche parola prima di tornare a casa. Seduta di fronte ai due avevo avuto modo di notare che i pantaloncini del mio vicino erano molto rigonfi, mi ero resa conto che, probabilmente, se non si trattava di ernia inguinale, il tizio doveva avere un pacco veramente notevole. Il mio sguardo indagatore cadeva spesso su quel pacco, lui se ne era accorto e aggiustandosi sulla sedia cercava di rendermi l’indagine piu’ facile. Se ne era accorta pure la moglie e i due, quando il mio sguardo si fermava sull’inguine di lui per un tempo fin troppo sconveniente, si scambiavano mezzi sorrisi. Io cercavo di non farmi scorgere a fissare quel ben di dio per non passare davvero da troia allupata ma non capivo perche’ la moglie non se ne risentisse ma , anzi, mi sembrava fosse orgogliosa e felice di questo mio interessamento. Ormai eravamo in giugno e faceva caldo , si ci vestiva sempre piu’ leggeri, grande fu la mia meraviglia quando, un giorno, seduta di fronte a don Salvatore, vidi la punta del suo cazzo fare capolino dai pantaloncini. Cristo! Il cazzo gli arrivava a mezza gamba ed era moscio! E la cappella poi! Era mezzo scappucciata e grande quanto un mandarino e quasi fuoriusciva, a prendere il sole, dal largo dei pantaloni. Rimasi per qualche tempo turbata a fissarla poi, riscuotendomi dalla meraviglia, salutai con un cenno della testa, senza parlare perche’ mi era venuto un groppo in gola e scappai in casa. Quella notte, non riuscivo a prendere sonno , i bambini dormivano ed io immaginando quel signor cazzo che mi entrava dentro , cominciai a sditalinarmi, venni un paio di volte stringendo le gambe con tre dita nella fica ma dopo un’ ora non dormivo ancora. Dovevo fare qualcosa che mi calmasse, dovevo spegnere quella eccitazione sessuale forte come quando, da fidanzata, aspettavo lui che di li a poco mi avrebbe montata. Dovevo riempirmi come fantasticavo mi avrebbe riempita quel cazzo. L’unica era far ricorso a qualche ortaggio di forma e dimensioni appropriate pensavo, non avevo ,infatti, salami interi in casa tranne qualche cacciatorino..ma li avevo scartati a priori per evidente insufficienza.. Cercai di immaginare quali dimensioni potesse raggiungere quel cazzo in erezione e l’unica che vi si avvicinasse nella mia fantasia era una grossa melanzana che trovai nel frigo. Ma era fredda e l’idea di infilarmi un cadavere in pancia non mi andava, allora la misi a scaldare a bagno in una pentola avendo cura di non farla ammollare e quando fu a temperatura corporea la tirai fuori soppesandola e ardendo dal desiderio di sentirla dentro. Tornai a letto e puntai l’amorevole e benedetto ortaggio alla fica. Pensavo di far fatica a farlo entrare o di sentire un po’ di dolore,invece mi scivolo’ dentro in un attimo dandomi un piacere unico, finalmente piena! Mi arrivava fino in fondo, cosa che non avevo mai provato, e, grossa come era, riusciva a strusciare sulla clitoride mentre la facevo entrare ed uscire da me. Di certo il cazzo che bramavo mi avrebbe dato piu’ di quel piacere moltiplicandolo con i potenti colpi in pancia che lui, forte e grosso come era, certo mi avrebbe dato. Quella notte avevo goduto anche se a darmi piacere era stata solo la melanzana che il giorno dopo avrei cucinato ripiena di carne trita. Mi era venuta, infatti, una idea perversa, cosi’, poco prima dell’ora di pranzo, bussai alla porta dei vicini e a don Salvatore che venne ad aprire offrii quel piatto di melanzane ripiene dicendogli che le melanzane che avevo cucinato avevano un gusto speciale, le avevo fatte con affetto e con il proposito di omaggiarlo. Dovevano di certo aver preso quell’ aroma particolare per come le avevo trattate e dicendo questo sfacciatamente gli feci l’occhiolino. Don Salvatore ,dopo essere rimasto qualche secondo interdetto, di certo capi’ quello che intendevo, aveva grande esperienza di donne, con un sorriso a sessantaquattro denti mi rispose che le avrebbe gustate fino in fondo, che quell’aroma sarebbe stato molto gradito anche a Lucia, sua moglie, e ricambiandomi l’occhiolino mi saluto’ ringraziandomi. Tornata in casa ripensai a quelle parole: perche’ sarebbe piaciuto pure a Lucia l’aroma della mia fica? Possibile che fosse?..Ma scartai subito l’idea, a me sembrava invece una che di cazzi se ne intendesse e che aveva saputo scegliere per se’ il fior fiore dei cazzi .
scritto il
2019-06-08
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