La nuova schiava - Modelling Suasion

di
genere
dominazione

Seguì la donna fino alla porta che affacciava nel corridoio. I suoi passi brevi le facevano ondeggiare il culo ancora pieno del dildo. Se stava attenta riusciva a camminare in un modo che non le facesse troppo male. Ma doveva sforzare le caviglie a stare sempre dritte e tese. Non riusciva a credere di essere stata costretta a mettere quelle scarpe. Erano due giorni che era sempre sui tacchi a spillo e sentiva i muscoli delle gambe, i polpacci, farle male.
Superarono la porta con la targhetta del Bukkake. A Silvia veniva da vomitare solo a leggere quella parola: solo a pensarla. Poi una porta che non aveva notato le altre volte. Fetish Room. Era quella dell'altra ragazza.
Dietro di lei Simona, la ragazza rumena, seguiva l'altra donna. Sentiva il suo respiro corto seguirla. Il rumore dei suoi tacchi a spillo, molto più regolare del suo. Vedeva i muri dei corridoi. Avevano superato due stanza. Poi la sentì entrare in una delle stanze dietro di lei. Girò lo sguardo e la vide entrare nella Fetish Room. Poi sentì subito un urlo molto forte ‘NOOO' che proveniva dall'interno. E poi ancora ‘ PER FAVOREEE NOOO'. Immaginò la ragazza rumena. Immaginò il suo dolore.
Tra poco chissà che sarebbe successo a lei. Modelling Suasion, si ripeteva. Resisti, tesoro. Così le aveva detto Simona prima di essere portata alla sua tortura. Arrivarono davanti alla sua porta. Quasi alla fine del corridoio, la targhetta riportava ‘Model Suasion'.
Entrò seguendo la donna. Con sollievo vide che la stanza era quasi vuota, c'era un divano piazzato sopra una pedana di legno coperta da un tappeto nero. A pochi metri, un altro divano. La stanza però era grande ed intorno alla pedana c'erano delle sedie. Non c'erano strumenti e macchinari che la spaventavano. Dopo aver visto quelle catene legate al soffitto nella stanza del giorno prima, aveva immaginato di peggio.
- Mettiti in piedi sulla pedana, davanti al divano - le disse la donna. Silvia camminò lentamente e mise molta attenzione nel salire il gradino. Per qualche istante doveva rimanere in equilibrio su uno solo dei suoi tacchi a spillo mentre con l'altra gamba cercava di salire sul tavolo. Con le braccia legate dietro la schiena la cosa era molto difficile. Si mise davanti al divano, in piedi.
Dalla porta della stanza entrarono diversi uomini. Erano tutti vestiti solo di maglietta e mutande. Silvia riconobbe le magliette di alcuni gruppi rock che piacevano a suo padre. Gli uomini si fecero intorno al divano. La donna sedeva sul divano. Aveva in mano il telecomando nero. La scossa. Volevano torturarla con l'elettricità. Si era quasi dimenticata di indossare quell'abito. I continui piccoli stimoli che le piastrine le davano anche senza carica erano ormai un dolore di sottofondo cui non faceva neanche caso. Se si soffermava a pensarci, lo sentiva però. Tantissimi piccoli aghi che a contatto con la pelle le davano un brivido doloroso.
La donna cominciò a parlare. Usò il tono formale e amichevole come quello degli show televisivi. Si accorse subito che guardava verso un angolo dietro di lei. Stavano registrando. Vide solo in quel momento tre piccole telecamere montate sul soffitto e sulle pareti. Si muovevano come telecomandate dall'esterno, seguendo la donna e puntando diverse volte verso di lei.
- Benvenuti a tutti. Per la prima volta potete provare la nostra nuova schiava in una sessione in anteprima di suasion. I nostri esaminatori ci diranno il voto finale per questo primo test. In base a questo punteggio la nostra Silvia entrerà in classifica -
Che significava. Silvia rimaneva impietrita. La stavano riprendendo. Qualcuno era dall'altra parte della telecamera. Poteva far capire che era prigioniera. Si girò verso la telecamera e urlò fortissimo:
- Aiut..-
Una scossa violentissima la percosse trapassandole la pelle ed entrando direttamente all'interno di lei. Cadde per terra, afflosciata. Ma la scossa continuava ancora più forte. Era stesa per terra ed il suo corpo veniva attraversato ancora da centinaia di scosse elettriche. Si dimenava. Agitando senza senso i piedi si colpì più volte col tacco a spillo sulle sue stesse gambe. Le braccia legate dietro si torcevano sotto il suo stesso peso. Poi la scosse terminò. Silvia riprese conoscenza.
- Alzati - disse la donna.
Silvia rimase stesa, senza forze.
- Chi vuol aiutare la nostra piccola star a rialzarsi? - disse la donna sempre rivolta alla telecamera. Poi si girò sorridendo verso gli uomini. Tutti avevano indossato una mascherina nera che gli copriva gli occhi travisando il volto. Uno di loro si avvicinò alla donna. La donna gli mise in mano un oggetto che Silvia non riuscì a distinguere. Aveva emanato una piccola luce, come un brillio.
L'uomo si avvicinò a lei con l'oggetto in mano. Silvia capì che teneva in mano la catenella con cui la trascinavano. Voleva rialzarsi da sola, ma non sentiva nelle gambe la forza sufficiente a provarci. L'uomo le si avvicinò e Silvia ebbe il tempo di guardarlo negli occhi, dietro la mascherina, prima di vedere che le sue grosse mani si abbassavano verso il suo seno. Non riusciva a muoversi. Sentì il primo morsetto affondare nella carne del suo capezzolo e l'uomo stringerlo più forte con le mani, imprimendo altra forza a quella del morsetto. Se continuava gli avrebbe staccato il capezzolo. Emise un urlo fortissimo ma lo spasmo che seguì le provocò altro dolore. Poi l'uomo mollò la presa e agganciò il secondo capezzolo all'altro morsetto. Stavolta Silvia non oppose resistenza. Quando l'uomo tirò con forza la catenella Silvia sentì un dolore talmente forte che cominciò involontariamente a piangere. Cercò di alzarsi puntandosi su un piede. Ma il plateau delle sue scarpe era cosi alto che non riusciva a muovere la gamba per tirarsi su. Gli ci vollero tre tentativi, mentre l'uomo cercava di tirarla in piedi di forza, per riuscire ad alzarsi. Le caviglie le facevano malissimo.
L'uomo la avvicinò al bordo della pedana e consegnò il capo libero della catenella alla donna.
- Complimenti al nostro bravissimo ospite che ha rialzato in piedi la nostra schiava..Chi vuol farci un giretto prima dell'inizio della suasion?
Due uomini quasi si scontrarono per il diritto a reggere la catenella. La donna lo mise nella mano di uno dei due che subito tirò fortissimo. Silvia restò sul bordo della pedana, coi capezzoli oscenamente tirati verso l'uomo. Un'altra fortissima trazione e Silvia si trovò costretta a scendere dalla pedana con un saltello. Quando il plateau dei suoi sandali toccò il pavimento, Silvia sentì le caviglie spaccarsi e piegarsi. Ma si ritrovò in piedi senza cadere. L'uomo aveva cominciato a girare intorno alla pedana tirando la catenella per tutta la lunghezza. Silvia doveva quasi correre per stargli dietro. Cosi percorse tre giri, saltellando sui tacchi, intorno alla pedana. Piangeva e sudava per lo sforzo. Poi la donna fermò la passeggiata dell'uomo e fece cenno a Silvia di risalire sulla pedana. La ragazza salì senza protestare, con la catenella ancora appesa ai seni che penzolava davanti al suo petto.
- Bene cominciamo!- disse sorridendo la donna.
Silvia aspettava impaurita. Cosa le avrebbero fatto. Quella scossa che aveva ricevuto era stata improvvisa e fortissima. La più forte e la più lunga che aveva ricevuto. Tremava involontariamente pur mettendoci molto impegno a trattenersi. Le sue caviglie sottili tremavano per restare in equilibrio.
La donna si alzò con qualcosa in mano. Silvia, concentrata a mantenere le caviglie dritte ed a sopportare il morsetto sui capezzoli, non riuscì subito a capire che cosa fosse. Odiava quella donna, odiava quegli uomini. Ma non aveva scelta in quel momento. Non voleva altre scosse. Avrebbe fatto quello che le dicevano di fare.
- Siediti sul divano - disse la donna.
Silvia indietreggiò attentamente sui tacchi e cerco di sedersi piano sul divano. Appena provò a flettere le ginocchia però il peso del suo corpo la spinse indietro e cadde a sedere. Il dildo infilato nel culo la violentò nuovamente entrandole fino nelle viscere. Sentì lo stomaco colpito dall'interno. Stare seduta le provocava degli spasmi dolorosissimi. Ebbe l'istinto di rialzarsi subito ma il sollievo che provavano le sue caviglie in quella posizione era troppo bello in quel momento e rimase a sedere. Sentiva l'oggetto dritto dentro di lei mentre si guardava le ginocchia alte davanti al busto.
La donna intanto stava facendo cenno agli uomini di mettersi in fila sotto alla pedana. Cosa le avrebbero fatto. Silvia stava provando un sollievo inaspettato, dopo aver dovuto correre su quei tacchi, a stare seduta.
- Ti piace avere un cazzo finto nel culo, troietta? - chiese la donna ad alta voce, tenendo il telecomando in mano in modo che Silvia potesse vederlo.
Silvia non rispose. Rimase zitta combattendo contro la sua paura. Non voleva rispondere. Gli uomini che la guardavano erano in attesa.
Di nuovo, forse se l'aspettava. Una scossa la agitò fortissimo costringendola a saltare sul divano sbattendo e ribattendo col culo contro la seduta del divano. Quando la scossa finì lei provò un sollievo grandissimo.
La donna riprese a parlarle: - Ti piace avere un cazzo finto nel culo, troietta? -
Silvia rispose con una voce flebile che tutti riuscirono a sentire solo perché erano molto vicini.
- ..si-
- Oh che brava !! - disse con tono di finta gioia la donna, guardando in alto alle sue spalle la telecamera che era accesa e la inquadrava da dietro. Un'altra telecamera la stava inquadrando dalla parete dietro alla donna. Campo e controcampo. Silvia sapeva cosa significava. L'immagine passava da lei alla donna e viceversa, le due protagoniste della scena.
- Sembra proprio che le piaccia, così dice!! Ora però vogliamo sentirlo bene dalla tua voce - riprese la donna - ripeti dopo di me..'Mi piace avere un cazzo finto infilato nel culo' -
Silvia rimase impietrita. Non poteva dire sul serio. Non potevano pretendere che dicesse quelle cose. Vide il dito della donna. Lo fissò mentre stava per premere ancora il tasto sul telecomando a distanza. Allora disse
- ...Mi piace avere un cazzo finto infilato nel culo -
La sua voce era piena di lacrime che ancora non avevano cominciato a scendere. Ma lo fecero presto. Era lì seduta su quel divano che diceva ad alta voce frasi oscene.
- Bravissima! Ma ora dillo con più convinzione!! Avanti..dillo ancora...!!!-
Silvia ripetè ancora:-
- Mi piace avere un cazzo finto infilato nel culo!! Siete contenti adesso?!!! - La sua voce tremava di rabbia.
La scossa che seguì fu improvvisa ma breve. La costrinse a sfiaccarsi sul divano per non sbattere il sedere sul divano. Si mise in posizione supina come se volesse addormentarsi col viso rivolto in basso. Sentiva il suo corpo scuotersi e tutti quegli aghi perforarle la pelle. Il seno era quello che faceva più male ma sentiva dolore anche sulle gambe e nella vagina. E sulle natiche, sulle natiche era terribile. Qualche elettrodo aveva finito per appoggiarsi proprio sulle labbra. Si sentiva bagnata, come se tutto quello che stava succedendo l'avesse in qualche modo eccitata. Ma era solo elettricità. Le labbra stimolate dagli elettrodi la stavano facendo bagnare abbondantemente.
- Ripeti solo quello che ti dico io - disse la donna come se parlasse ad una scolara indisciplinata. Silvia ancora stesa sul divano biascicò qualche parola indistinta. Ancora una scossa, stavolta breve ma molto forte.
- Prego - disse la donna indicando il primo uomo della fila che si era formata ordinatamente e che si ripiegava su sé stessa per rimanere comunque vicino alla pedana. Contò con lo sguardo una decina di persone.
Il primo uomo della fila si avvicinò alla pedana, vi salì sopra e si avvicinò a lei. Lo vide prendere il capo sciolto della catenella e tirare con forza, strappandola alla sua posizione. Fu costretta a tentare di rialzarsi subito per assecondare la trazione dei capezzoli. Li sentiva strapparsi dal petto. In quel momento lo desiderava. Che si strappassero, non avrebbero avuto niente da tirare. Ma poi lo spirito di conservazione vinse ancora e riuscì a rimettersi seduta.
L'uomo però la voleva in piedi. Silvia si alzò riprovando la dolorosa sensazione delle sue caviglie tese per rimanere in equilibrio. Si alzò. Il dolore nel culo fu prima intenso e poi diminuì. Era in piedi davanti all'uomo.
La donna ripetè ancora - Avanti Silvia, ripeti con convinzione.
- Mi piace avere un cazzo finto nel culo...- disse con voce suadente. Gli uomini in fila cominciarono a toccarsi il sesso in preda ad eccitazione. Si vergognava di sé stessa.
- Ancora!! - disse la donna - più troiaggine in quella voce...-
- Mi piace avere un cazzo finto nel culo!! - disse Silvia. Lo disse come se fosse vero. Non era lei. Era un'altra ragazza quella che diceva quelle cose. Era una ragazza che aveva capito che era meglio assecondare quelle persone.
Ripetè quella frase ogni volta che la donna con un cenno della mano la invitava a ripeterla. Lo fece dieci, venti e poi trenta volte.
Gli uomini continuavano a toccarsi e alcuni si stavano masturbando senza ritegno: vedeva i loro cazzi stretti nelle mani che andavano su e giù mentre la guardavano ripetere quelle oscenità.
- Ora mettiti in piedi! - la donna riprese a parlarle - e dicci quanto ti piacciono quei sandali da zoccola!!
- Mi piacciono..- disse Silvia. Non voleva un'altra scossa. Non in quel momento. Non ce la faceva più.
- Cosa ti piace, non abbiamo capito!! - chiese la donna ad alta voce, ancora mostrando a Silvia il suo dito pronto a premere il tasto del telecomando
- Mi piacciono questi sandali da zoccola - disse Silvia-
- Più forte adesso - riprese la donna - e mentre lo dici, mostraci i tuoi piedi..-
- Mi piacciono questi sandali da zoccola - ripetè Silvia - allungando le gambe per mettere in piena mostra quelle scarpe così oscene. Le odiava, altro che piacere. Ma stava dicendo il contrario.
- Mi piacciono questi sandali da zoccola - ripeteva, con tono sempre più vicino a quello che le chiedevano.
- E ora, solo per noi e per i nostri ospiti collegati in rete la nostra nuova star ci dimostrerà il suo talento di ballerina..!! Non è per questo che l'avete voluta?? - disse la donna ancora in favore di telecamera.
Silvia rimase ferma.
- Avanti balla!! Un po' di musica...!! - la donna si rivolse sempre alla telecamera e la stanza si riempì di note pop. Era una canzone di Madonna.
Silvia cercò di muovere le gambe per imitare qualche passo di ballo. Ma non potevano chiederle di ballare con un cazzo finto infilato nel culo e sopra quindici centimetri di tacco a spillo. Era impossibile. In discoteca, Silvia aveva visto le cubiste ballare su tacchi come i suoi, ma mai lo avevano dovuto fare con il culo pieno di un enorme cazzo finto. Ormai lo chiamava così. L'avevano costretta a pronunciare quell'espressione tante di quelle volte che si era abituata.
- Non ce la faccio - disse Silvia. Non si rese conto neanche che la donna aveva premuto il tasto del telecomando. Sussultò ancora, tutto il corpo percorso da uno spasmo fortissimo. Rimase in piedi però. Si stava abituando a mantenere il controllo delle caviglie anche quando riceveva quel trattamento. Ma la donna premette ancora il tasto nero e Silvia stavolta non resse. Cadde in ginocchio, coi seni che si muovevano, tante piccole scintille sui suoi capezzoli sfibrati dalle continue scosse. La musica si era fermata per permettere all'audio di cogliere le sue urla.
- Adesso siamo un po' più sicuri che la nostra star abbia capito e ci delizi con qualche passo di ballo!! - disse la donna con voce allegra rivolgendosi prima agli uomini e poi verso le telecamere, con un movimento studiato da presentatrice televisiva.
La musica ripartì, la stessa canzone di prima. Silvia non sapeva cosa fare, sentiva ancora le irritazioni dei mille punti del suo corpo in cui la scossa si era propagata. Cominciò a ballare, appoggiando solo la punta dei suoi sandali e ricadendo poi con eleganza sul tacco a spillo. Muoveva le gambe come aveva visto fare alle cubiste. Ogni volta che piegava le ginocchia, sentiva il dildo nel culo che usciva per poi rientrarle dentro al movimento successivo, quando tornava dritta. Ballava così, muovendo ritmicamente anche le braccia tenute ferme dietro la schiena. Vide gli uomini applaudirla piano, staccare le mani per pochi secondi dal proprio cazzo per poi tornare a masturbarsi.
- Ancora troietta, continua ancora a ballare..- disse la donna incitandola con una mano.
Silvia continuò ad appoggiare ritmicamente i suoi sandali, alzando ed abbassando le ginocchia, nell'imitazione di qualcosa che somigliava ad un passo di danza, ma che era solo l'agitarsi confuso di una ragazza terrorizzata. Lei lo sapeva perché era così che si sentiva. Terrorizzata. Continuava a muoversi sapendo che se si fosse fermata senza permesso avrebbe sicuramente ricevuto un'altra scossa.
Si vedeva agitarsi su quel paio di scarpe da zoccola. Si - l'avevano costretta a dirlo - ed ora ne era consapevole. Le avevano messo quelle scarpe proprio perché erano davvero scarpe da zoccola. E' cosi che la consideravano. Come di solito si considera una puttana. E di conseguenza quelle erano le scarpe adatte a lei. E lei li stava assecondando. Lei se li teneva. Avrebbe potuto cercare di toglierseli. E invece non lo faceva. Istante dopo istante stava sopportando di essere trattata come una puttana. E come le aveva detto l'uomo il giorno prima, che differenza c'era tra lei e una zoccola vera in quel momento? Nessuna. Come una zoccola ingoiava sperma, come una zoccola erano due giorni che sculettava su quelle scarpe oscene. E come una zoccola ripeteva con voce finta e sexy frasi oscene. La donna non aveva dovuto picchiarla. Le era bastata la prima scossa, poi aveva fatto tutto da sola. Voleva piangere e forse pianse, mentre continuava la sua danza. L'avevano trasformata in una zoccola cui potevano fare tutto.
Passarono diversi minuti. Le sue caviglie erano sul punto di strapparsi ad ogni passo. Ormai il suo unico pensiero era quello di continuare a rimanere in piedi. Poteva rompersi un ginocchio se solo non stava attenta ad appoggiare bene la caviglia. Non poteva finire così tutto il suo sogno di diventare una ballerina. Non potevano tenerla lì. Lei aveva una vita, dovevano lasciarla andare. Ma lo sconforto la riprese subito.
- Ora fermati - disse la donna.-
La donna fece cenno a due uomini di avanzare e di salire sulla pedana. Salirono due uomini molto grandi. Dall'aspetto delle loro gambe nude Silvia capì che non erano giovani. Erano gambe di persone vecchie. Almeno vecchie dal punto di vista di una ventitreenne. Aveva ragione. Quei due uomini avevano più di cinquant'anni. La presero e la spinsero sul divano. La distesero con la schiena poggiata sul divano e le appoggiarono la testa reclinata su uno dei braccioli. Poi uno dei due le spinse la testa all'indietro fuori dal divano. Vedeva il mondo al contrario, ma riusciva benissimo a capire che il cazzo dell'uomo ora poteva agevolmente scoparla in bocca. Mentre guardava il cazzo dell'uomo avvicinarsi alla sua bocca sentì che l'altro uomo le stava tirando su il sedere e le tastava il cazzo finto spingendolo dentro di lei ancora più forte.
Aprì istintivamente la bocca per accogliere il cazzo del primo uomo. Quello incominciò a spingerglielo fino a spaccarle la gola. Ma venne quasi subito. Silvia ingoiò subito tutto lo sperma che aveva in gola. Almeno non le avevano messo quel terribile anello nella bocca, quello che il giorno prima l'aveva costretta ad ingoiare tutto. Ma in quel momento realizzò che l'unica cosa che poteva fare era assecondarli ancora. Se si fosse ribellata, se avesse fatto solo il gesto di ribellarsi, le avrebbero inflitto un'altra scossa e poi avrebbe comunque fatto quello che le chiedevano. Per evitare la scossa decise di non protestare. Accolse il seme del secondo uomo che era venuto dietro al primo e che le aveva preso a scopare la bocca subito dopo che il primo era venuto. Sentiva lo sperma colato dal cazzo del primo uomo scenderle sul viso. Se lo sentiva tra i capelli. A un certo punto tutti gli uomini salirono sulla pedana e cominciarono a venirle sul corpo. Su tutto il corpo. Due uomini mentre con una mano le tenevano ferme le caviglie, gli vennero sui piedi, lasciando che il liquido le scorresse dentro le scarpe, fino a colarle sulle dita dei piedi. Il dorso del piede era ricoperto di sperma. E tra le dita gliene scorreva dell'altro. Il suo mondo era sottosopra ma sentì altre persone venirle nella bocca ma anche sui capelli e sugli occhi. I capezzoli erano coperti di liquido. Tutto il suo corpo era un pezzo di carne gocciolante di sperma. L' uomo che le era venuto in bocca per primo le prese la catenella e la tirò fortissimo. Un morsetto si staccò e lei sentì ancora il sangue fresco uscire dalle piccole ferite che le erano rimaste dal giorno prima.
Emise un urlo lancinante quando sentì la carne fremere e lo sperma che le colava sul viso le entrò nella bocca aperta. Dovette tossire prima di ingoiare.
La tirò in piedi e lei dovette rimettersi dritta, cercando il prima possibile una posizione che non le facesse malissimo mantenere. Poi la donna, guardando verso la telecamera, disse
- Ed ora la nostra star aspetta il vostro giudizio..!!!-
Gli uomini si erano rimessi in piedi dietro la donna. Avevano ancora i cazzi gocciolanti, ma a nessuno sembrava importare niente che tutto il pavimento diventasse una pozza di liquidi.
Non si sa da dove gli uomini tirarono fuori delle piccole palette con dei numeri scritti sopra. Sette, Cinque, Sei. Tanti cinque.
Silvia non capiva.
- Oh!! - disse la donna con tono fintamente dispiaciuto - La nostra nuova ragazza non è riuscita a raggiungere la media del sette!!! -
Silvia aspettava in piedi, grondante di sperma dai capelli e dal viso. Altro sperma le stava lentamente colando dalle tette. Rivoli di liquido bianco e denso le scorrevano lungo le gambe. I piedi erano completamente ricoperti. Sentiva lo sperma sotto ai piedi diventare sempre più denso ed attaccarsi tra la pianta del piede e la suola della scarpa.
Continuava a cercare di deglutire quanta più saliva riusciva a produrre per allontanare il sapore di sperma che ormai sentiva continuamente nella bocca. Aveva sete. Stava per chiedere di poter bere quando vide che una donna era entrata nella stanza portando con se una grossa scatola. Quando Silvia vide cosa conteneva la scatola non capì subito. Era piena di mollette da bucato, di tutti i colori. La donna lasciò la scatola ai piedi della pedana e subito gli uomini cominciarono a prenderne una manciata per uno.
Silvia era sempre in piedi davanti a loro. Lo sperma si stava rapprendendo ed a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Si accorse subito di quello che stava succedendo. Gli uomini le si fecero intorno e cominciarono ad attaccargli le mollette su tutto il corpo. Non faceva in tempo ad urlare per una molletta sul capezzolo che ne sentiva subito un'altra un centimetro sotto. Sui due capezzoli e tutte intorno al seno. Sulla pancia. In pochi secondi si trovò il corpo pieno di mollette. Tantissime erano state attaccate sul seno e tantissime sulle grandi labbra della fica.
Cercava di non muoversi. Aveva capito che se si fosse agitata quelle mollette le avrebbero fatto ancora più male. Resto ferma mentre gli uomini indietreggiavano dietro alla donna. La donna sorrideva mentre le guardava il seno martoriato dalle mollette. Fu questione di un attimo e Silvia si accorse della frusta che aveva in mano la donna. Ebbe solo la forza di dire un flebile ‘no' che nessuno udì.
- Chi vuole staccare le mollette alla nostra ragazza? - disse con voce piena di enfasi.
Subito gli uomini si misero in fila. La donna consegnò la frusta al primo della fila. L'uomo studiò il seno eretto di Silvia, violentato dalle numerose mollette, lanciò all'indietro la frusta e subito dopo la diresse verso il seno di Silvia. La frusta sibilò nell'aria e poi colpì i due seni di Silvia, prima uno e poi l'altro. Alcune mollette si staccarono provocando un urlo che Silvia non riuscì a trattenere.
- Basta per favooore..- urlò la ragazza.
Ma tutti gli uomini, uno dopo l'altro, si avvicinarono e sferrarono violentissimi colpi di frusta diretti contro il corpo di Silvia. La frusta colpiva il suo corpo agitando le mollette e staccandole quando le toccava. Poi arrivava la scudisciata sulla pelle. Silvia urlava, le mani tenute ferme dietro la schiena, mentre cercava di spostarsi all'arrivo dei colpi. Ma per restare in equlibrio sui sandali, non poteva muoversi come avrebbe voluto. Dopo qualche minuto, un colpo più violento degli altri, la fece cadere in ginocchio. Le lacrime le scendevano dagli occhi, cadendo in minuscole gocce per terra. Si accasciò per terra sentendo le frustate che la colpivano sul culo e sulle spalle. Poi non sentì più niente e svenne.
scritto il
2019-07-01
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