Cronache di Rossella
di
Omero
genere
dominazione
Cronache di Rossella.
Capitolo 1
Rossella era nata in un piccolo paesino.
Di buona famiglia il, padre medico generico e la madre professoressa alle scuole medie, la ragazza era cresciuta con solidi principi morali, avendo ricevuto un’educazione improntata sui valori tradizionali della famiglia, il rispetto e la tolleranza verso il prossimo.
Pochi erano i compagni della sua età con cui poteva giocare e i suoi migliori amici erano tre maschietti con i quali trascorreva, nella piazzetta del Paese, tutti i pomeriggi giocando a calcio, a guardia e ladri o ad altri giochi tipicamente maschili.
Così era diventata un maschiaccio e la sua statura contribuiva a suggellare questo status.
Del suo abbigliamento facevano parte spesso indumenti, ancora nuovissimi, riciclati dal fratello maggiore.
Le condizioni economiche familiari non richiedevano affatto il ricorso a tali espedienti, ma sia la madre che Rossella erano parsimoniose e ritenevano uno spreco buttare quei vestiti ancora nuovi.
Passarono gli anni e Rossella, che ne aveva già diciassette, non era ancora corteggiata dai maschi ed essendo anche considerata una secchiona era un po’ emarginata anche dalle compagne che avevano tutte il ragazzo e la mettevano in imbarazzo, chiedendole continuamente coma mai non c’era nessuno che le facesse la corte.
Madre natura era stata molto generosa con Lei e le aveva regalato: due occhi grandi, bei capelli biondii ricci, una bocca con due labbra carnose, un metro e settantacinque di altezza, una vita snella che si contrapponeva a fianchi e seno generosi, gambe lunghe con caviglie sottili e cosce ben tornite attaccate a due glutei prosperosi che formavano un bellissimo culo alto a mandolino.
Ma tutto questo Rossella lo nascondeva sotto dei vestiti che per nulla valorizzavano le sue forme.
All’abitudine di indossare abiti poco femminili si univa il fatto che la ragazza non usasse mai alcun trucco. Nemmeno un rossetto chiaro per dare un po’ di colore in più e valorizzare così le carnose labbra.
Ultima ma forse anche la sua più grande lacuna era il suo portamento. La ragazza aveva un modo di camminare per niente femminile, procedeva sempre in maniera troppo spedita e mantenendo un andamento un po’ dondolante.
Crescendo anche gli amici di sempre del paese erano sempre più impegnati e destinavano tutto il tempo libero alle fidanzate.
La cosa la infastidiva si sentiva un po’ sola, anche se i maschi non le interessavano ancora gli mancavano degli amici, così si rifugiò ancor di più nella sua grande passione la lettura.
Da quando si era iscritta alla Ragioneria, ed era diventata una studente pendolare, ogni giorno in autobus il tempo del viaggio lo trascorreva leggendo.
Le sue letture preferite erano i romanzi gialli, ma divorava qualsiasi libro le capitasse a tiro esclusi i romanzi rosa, roba da femminucce diceva.
Spesso ricorreva alla biblioteca del fratello e capitava che al mattino attingesse all'ultimo momento tra gli scaffali della sua libreria.
Una delle tante mattine al momento di prendere dal comodino il libro si rese conto che l’aveva finito di leggere la sera prima, così pescò al volo dalla libreria del fratello un libro che si chiamava "Le età di Lulù" lo infilò nello zaino e partì per scuola.
La giornata scolastica era trascorsa in maniera tranquilla: qualche interrogazione, un compito scritto, niente di che per Lei che era una ragazza e una studentessa modello, la più brava della classe.
Come al solito aveva percorso da sola la strada fino alla fermata dell’autobus e una volta preso posto sul mezzo, tirò fuori dallo zaino il libro e iniziò a leggere.
Si accorse subito dalle prime righe che si trattava di un genere di letture che non aveva mai affrontato.
Arrossi in viso e preoccupata che la sua vicina di posto potesse sbirciare e vedere cosa stava leggendo, chiuse il libro lo posò e provò a dormire un po'.
Finito di pranzare, come faceva ogni giorno, andò in bagno e come al solito prese dallo zaino il libro che stava leggendo e lo portò con se, per rilassarsi con la lettura mentre faceva i suoi bisogni.
Si sedette e solo allora si ricordò che forse quel libro sarebbe stato opportuno riposarlo immediatamente nella libreria del fratello maggiore.
Ma aveva già iniziato a fare i bisogni e allora si mise a leggere e quella lettura la scombussolò.
Non solo non posò il libro ma nella stessa giornata lo lesse tutto e quel racconto suscitò in lei nuove sensazioni.
La notte seguente sognò di subire alcuni degli abusi ai quali era sottoposta nel romanzo Lulù e per la prima volta si svegliò preda di un orgasmo.
Scoprì cosi il piacere fisico e inoltre che Lei, così forte, determinata e poco incline alle smanceria, si eccitava al pensiero di essere sottomessa e dover sottostare forzatamente a pratiche sessuali.
Arrivò il suo diciottesimo compleanno e il padre affittò una sala e contattò un catering, organizzando un evento curato nei minimi particolari per festeggiare la figlia adorata.
Non si era badato a spese: il locale era fine e ben addobbato con tulipani gialli, i fiori preferiti da Rossella, il rinfresco era stato curato dal Bar più famoso del paese ed era stato gradito a tutti.
Tagliata la torta e scartati i regali i genitori avevano salutato la compagnia lasciando liberi i ragazzi di continuare la festa ballando.
Nel proseguo della festa Rossella era stata trascurata da tutti, compresi i cari compagni di sempre, era rimasta tutta la sera seduta mentre tutti gli altri complici le luci soffuse e la musica lenta avevano approfittato per pomiciare e palpeggiarsi.
Rossella iniziava a soffrire di questa situazione e si sentiva a disagio ad essere in ogni occasione sola mentre gli altri erano tutti in coppia.
Arrivò l’estate, come al solito trascorse con la famiglia due mesi di villeggiatura al mare, ospiti dei nonni materni.
Rossella trascorreva gran parte del tempo con il padre e il nonno, amanti della pesca, e la restante parte del tempo in spiaggia a leggere mentre prendeva il sole.
Nessun nuovo amico, nessuna frequentazione sul bagnasciuga della spiaggetta isolata, fatta eccezione per i nonni, gli zii e qualche cugino, tra i quali unica donna la cugina Maria Rita, che di tanto in tanto venivano a trovarli.
Alla ripresa della scuola iniziò la solita vita.
Si svegliava alle 5.30, andava in bagno, si vestiva, faceva colazione, rifaceva il letto, prendeva dal comodino il libro che stava leggendo, lo zaino e via a prendere l’autobus che partiva alle 6.20.
Alle 8.00 arrivava a scuola dove rimaneva sino alle 13.45 quando usciva, grazie ad una deroga personale che le consentiva di assentarsi all’ultimo quarto d’ora di lezione in maniera da prendere il bus che partiva alle 14.00 evitando così di aspettare il successivo bus delle 15.15.
Alla fine del precedente anno scolastico la palestra del suo Istituto era stata dichiarata inagibile e di conseguenza gli alunni dovettero adattarsi e spostarsi, per svolgere l’attività fisica, nella palestra dell’Istituto per Geometri che si trovava proprio li vicino.
Il caso volle, che l'orario scolastico abbinasse nell'uso della palestra la sua quinta classe con una quinta dell’Istituto per Geometri.
Da questa nuova periodica frequentazione nacquero nuove amicizie e storie d’amore tra le ragazze del Liceo e i ragazzi del Geometra.
Fecero scalpore le chiacchiere che riguardavano ombretta, una compagna di Rossella, che era stata ribattezzata "Ombretta cento polmoni", si diceva fosse instancabile e facesse ogni giorno nei bagni decine di pompini ai ragazzi della quinta Geometra.
Per Rossella non era cambiato niente, anzi ogni tanto veniva presa anche in giro dai maschi del Geometra che la chiamavano “la cowboy” per il suo modo poco femminile di camminare.
L’indifferenza nei suoi confronti fu rotta dalle attenzioni di un ragazzo della quinta geometra che inizio a dimostrarsi interessato a Lei.
Rossella in passato aveva sempre rifiutato la corte dei pochi ragazzi,, in vero bruttini, che sembravano interessati a Lei.
In questo caso invece, non per reale attrazione nei confronti del ragazzo ma solo per avere una compagnia, diede modo al ragazzo di parlarle.
Rossella inizio a frequentare Santo, così si chiamava il ragazzo.
Si incontrava con lui in palestra e spesso Santo, che già aveva la patente, arrivava presto al mattino l’aspettava e l’accompagnava a piedi dal terminal dei bus fino a scuola e la stessa cosa faceva all’uscita.
Santo era un ragazzo semplice, veniva dalla vicina campagna, era alto, robusto ma non grosso, con i capelli ondulati castano chiari, gli occhi verdi e un naso, come si dice, importante.
Anche lui era un tipo non molto attento all’abbigliamento e un po’ introverso, e spesso veniva preso in giro per le sue origini contadine.
Era la realtà e lui tra l’altro svolgeva con passione tutte le attività che nell’azienda agricola di famiglia erano praticate.
Amava accudire gli animali: cavalli, vacche, pecore, galline e partecipava alle attività di trasformazione dei prodotti dell’azienda: dalla mungitura, per la cui esecuzione si alzava prestissimo ogni mattino, sino ai processi di caseificazione.
Queste attività condizionavano però il suo rendimento scolastico, infatti era stato rimandato ogni anno in diverse materie e bocciato sia al primo anno che al quinto agli esami di stato.
Al raggiungimento della mera sufficienza concorrevano i continui viaggi del padre che approvvigionava, con omaggi, di formaggi e salumi le dispense dei professori.
Insomma era un ripetente, ancora poco inserito con i nuovi compagni e considerato dagli altri ragazzi uno sfigato, anche perché non aveva avuto sino ad allora una ragazza, ed aveva già vent’anni.
Aveva tentato senza successo diversi approcci ma era stato sempre respinto a causa dei suoi modi un po’ “grezzi”.
Neanche Rossella gradiva le maniere poco fini del ragazzo, ma la sua educazione e l’abitudine al rispetto per il prossimo le avevano impedito di allontanarlo, temendo di urtare la sua sensibilità.
Santo dal primo momento in cui l'aveva avvicinata aveva pensato se quella potesse essere la donna della sua vita.
Era robusta, rubiconda, fattiva, una ragazza concreta senza tanti grilli per la testa che gli ricordava in qualche modo la madre, una contadina mascolina, energica e operosa recentemente venuta a mancare.
Si era fissato con Rossella, si era innamorato e aveva dato ad intendere ai compagni che si fosse fidanzato con Lei.
Dopo qualche settimana di frequentazione, aveva chiesto a Rosella di diventare la sua ragazza, ma questa, diventata rossa, in maniera impacciata, ma comunque senza esitazione, gli aveva detto che le dispiaceva ma non si sentiva di prendere impegni con nessuno, perché voleva dedicarsi allo studio visto l’impegno prossimo degli esami di stato.
Nei giorni seguenti, Rossella, per evitare di illudere Santo aveva iniziato,con garbo, ad evitare di intrattenersi con lui: in palestra non rimaneva mai da sola, cercava di non dargli occasione di rivolgerle la parola limitandosi quando indispensabile a distratti e sibillini saluti.
La sua insistenza all’uscita da scuola l’aveva costretta a chiedere a Giuseppe, l’unico bidello che veniva a scuola in auto, la cortesia di accompagnarla in macchina sino al bus, in quanto aveva sbattuto il ginocchio e faticava a camminare.
Il bidello, che era un mezzo maniaco, non se lo era fatto dire due volte e aveva accettato di buon grado di accompagnare Rossella, in quanto ciò rappresentava per lui un’occasione per familiarizzare con una ragazza.
Giuseppe era un sessantenne, unico bidello maschio del Liceo era anche un porco.
Le liceali, infastidite dai suoi sguardi insistenti e da qualche “mano morta” del bidello, lo tenevano alla larga, ma Rossella ingenua come era, intenta a pensare a tutto tranne che alle malizie degli uomini, non aveva colto quei chiari segnali che le altre ragazze avevano percepito e mai si era unita ai pettegolezzi che riguardavano Giuseppe.
Il bidello era alto circa un metro e sessanta, uno sguardo da maniaco caratterizzato da maliziosi occhi scuri con la sclera ingiallita, calvo con i pochi capelli sulle tempie brizzolati, tarchiato, fisico massiccio caratterizzato da spalle larghe, un’ossatura robusta che si evidenziava nella notevole dimensione dei polsi dell’uomo, una pancia prominente.
Era abbigliato sempre con il medesimo vecchio vestito spezzato, composto da una giacca di un verde ormai indefinibile e pantaloni grigio chiaro a cui abbinava perennemente una camicia bianca, ingiallita lungo tutto il colletto, un golf grigio con lo scollo a V e una stretta cravatta tinta unita dal colore non pervenuto.
Completavano il suo look alcune macchie d’unto sparse per i capi d’abbigliamento e l’immancabile sigaretta che teneva perennemente accesa in mano.
Il fumo della sigaretta, che gli aveva completamente fatto ingiallire l’indice e il medio della mano destra, sembrava avergli consumato anche tutta la bocca: i denti erano gialli e cariati, la lingua era ricoperta da una pappetta bianco giallastra, se ti si avvicinava eri stordito dall’odore pungente tipico dei vestiti sudati rindossati e dal suo alito fetido che sapeva di fumo.
Era in confidenza con tutti gli alunni maschi della scuola tra i quali faceva circolare giornaletti e riviste pornografiche, di cui Lui era assiduo lettore.
Con i ragazzi si lasciava andare a commenti volgari sulle compagne e consigliava agli stessi perverse pratiche sessuali.
Per darvi un’idea, se Giuseppe doveva vigilare in una classe durante l’assenza di un docente e un ragazzo gli si avvicinava dicendogli che doveva andare in bagno Giuseppe gli consigliava di fare mettere a pecorina una compagna e di pisciarle in culo.
Giuseppe aveva una vecchia fiat centoventisei verde e voleva sfruttare l’occasione fornitagli da Rossella per cercare di allungare un po’ le mani sulla ragazza.
Aveva escogitato uno stratagemma: aveva riempito i sedili dietro di scatoloni in maniera da dover portare molto in avanti il sedile del passeggero e poi aveva messo una tanica da 10 litri piena d’acqua nella pedana d’avanti.
Così, al momento di accompagnare Rossella, aveva tolto la tanica, aveva fatto accomodare la ragazza e poi scusandosi per il disagio aveva rimesso la tanica sulla pedana a destra della ragazza, costringendo la stessa a spingere tutte le cosce verso la leva del cambio.
Con questo esperimento durante tutto il tragitto Giuseppe aveva strusciato continuamente il dorso della mano sull’esterno della coscia sinistra di Rossella.
L’ingenua ragazza non si era resa conto della volontarietà dei ripetuti strofinamenti, anche perché era distratta dalla presenza di Santo che, dopo averla aspettata all’uscita di scuola, ora li seguiva con la sua auto.
Arrivati alla fermata dell’autobus, in attesa dell’arrivo del mezzo di trasporto Rossella, aveva pregato Giuseppe di volerle consentirle di aspettare in auto l’arrivo dell’autobus, in quanto non riusciva a stare in piedi.
Santo, poco dietro di loro, aspettava in auto il momento opportuno per provare ad avvicinarla.
A quel punto Giuseppe con noncuranza aveva chiesto a Rossella in quale punto della gamba avesse dolore e aveva accompagnato la richiesta con un palpeggiamento a mano aperta della coscia proprio sopra il ginocchio sinistro della ragazza.
Rossella, con il collo girato, continuando a guardare verso la macchina di Santo e completamente assorta nei suoi pensieri, gli aveva risposto di si che era lì che le faceva male.
Giuseppe allora aveva sostituito alla destra la mano sinistra e aveva iniziato a massaggiare leggermente la coscia, poi, dopo un minuto, aveva aggiunto la mano destra iniziando a massaggiare la coscia più in alto, troppo in alto, sfiorando con il mignolo la figa di Rossella.
A quel contatto lascivo la ragazza era sobbalzata, un brivido le era corso lungo tutta la schiena.
Giuseppe però senza smettere di toccarla aveva solo allontanato la mano dall’inguine continuando a massaggiarle la coscia.
Quel porco la stava palpeggiando e la guardava negli occhi sorridendo.
La prima reazione di Rossella era stata quella di uscire subito dall’auto, aveva cercato di aprire lo sportello ma la presenza della tanica che, schiacciata contro lo sportello, copriva la maniglia le aveva impedito di farlo.
Allora aveva esclamato “Giuseppe”, ma mentre stava per continuare la sua frase aveva intravisto Santo, che era sceso dall’auto per farsi trovare pronto a cogliere l’attimo in cui, arrivato l’autobus, avrebbe potuto avvicinarla.
La ragazza, razionale com’era, in quella frazione di tempo aveva riflettuto.
Come avrebbe potuto evitare Santo l’indomani all’arrivo del bus, come avrebbe potuto redarguire il bidello per quelle lascive carezze e chiedergli al contempo di venire a prenderla domani mattina all’arrivo.
Così aveva dovuto far buon viso a cattivo gioco e aveva continuato la frase dicendo: “Giuseppe lei ha delle mani veramente miracolose la ringrazio, è stato gentilissimo e non vorrei approfittare della sua cortesia, ma volevo chiederle se la disturberebbe troppo venirmi a prendere anche domattina, penso proprio che non sarò ancora in condizione di camminare”.
Giuseppe aveva sorriso maliziosamente, assicurandole che non gli era per niente di peso allungare di qualche chilometro il suo percorso per venirla a prendere, intanto il porco aveva riallungato le mani riprendendo a toccarle la coscia sinistra e anzi era tornato a spingersi con la destra ancora più in alto: ormai le toccava decisamente la figa.
Per fortuna stava arrivando l’autobus e Rossella aveva chiesto gentilmente a Giuseppe di aprirle lo sportello.
Il bidello era sceso dall’auto e l’aveva aiutata ad uscire,
Rossella era stata un fulmine era corsa via prendendo il bus al volo.
Il bidello aveva creduto che il suo massaggio fosse stato miracoloso perché la Signorina che all’uscita da scuola zoppicava vistosamente ora sembrata perfettamente guarita.
Quella era stata per Rossella un’esperienza sconvolgente: non era mai stata nemmeno sfiorata da un ragazzo ed oggi era stata toccata e palpeggiata anche molto intimamente da un vecchio porco.
Capitolo 1
Rossella era nata in un piccolo paesino.
Di buona famiglia il, padre medico generico e la madre professoressa alle scuole medie, la ragazza era cresciuta con solidi principi morali, avendo ricevuto un’educazione improntata sui valori tradizionali della famiglia, il rispetto e la tolleranza verso il prossimo.
Pochi erano i compagni della sua età con cui poteva giocare e i suoi migliori amici erano tre maschietti con i quali trascorreva, nella piazzetta del Paese, tutti i pomeriggi giocando a calcio, a guardia e ladri o ad altri giochi tipicamente maschili.
Così era diventata un maschiaccio e la sua statura contribuiva a suggellare questo status.
Del suo abbigliamento facevano parte spesso indumenti, ancora nuovissimi, riciclati dal fratello maggiore.
Le condizioni economiche familiari non richiedevano affatto il ricorso a tali espedienti, ma sia la madre che Rossella erano parsimoniose e ritenevano uno spreco buttare quei vestiti ancora nuovi.
Passarono gli anni e Rossella, che ne aveva già diciassette, non era ancora corteggiata dai maschi ed essendo anche considerata una secchiona era un po’ emarginata anche dalle compagne che avevano tutte il ragazzo e la mettevano in imbarazzo, chiedendole continuamente coma mai non c’era nessuno che le facesse la corte.
Madre natura era stata molto generosa con Lei e le aveva regalato: due occhi grandi, bei capelli biondii ricci, una bocca con due labbra carnose, un metro e settantacinque di altezza, una vita snella che si contrapponeva a fianchi e seno generosi, gambe lunghe con caviglie sottili e cosce ben tornite attaccate a due glutei prosperosi che formavano un bellissimo culo alto a mandolino.
Ma tutto questo Rossella lo nascondeva sotto dei vestiti che per nulla valorizzavano le sue forme.
All’abitudine di indossare abiti poco femminili si univa il fatto che la ragazza non usasse mai alcun trucco. Nemmeno un rossetto chiaro per dare un po’ di colore in più e valorizzare così le carnose labbra.
Ultima ma forse anche la sua più grande lacuna era il suo portamento. La ragazza aveva un modo di camminare per niente femminile, procedeva sempre in maniera troppo spedita e mantenendo un andamento un po’ dondolante.
Crescendo anche gli amici di sempre del paese erano sempre più impegnati e destinavano tutto il tempo libero alle fidanzate.
La cosa la infastidiva si sentiva un po’ sola, anche se i maschi non le interessavano ancora gli mancavano degli amici, così si rifugiò ancor di più nella sua grande passione la lettura.
Da quando si era iscritta alla Ragioneria, ed era diventata una studente pendolare, ogni giorno in autobus il tempo del viaggio lo trascorreva leggendo.
Le sue letture preferite erano i romanzi gialli, ma divorava qualsiasi libro le capitasse a tiro esclusi i romanzi rosa, roba da femminucce diceva.
Spesso ricorreva alla biblioteca del fratello e capitava che al mattino attingesse all'ultimo momento tra gli scaffali della sua libreria.
Una delle tante mattine al momento di prendere dal comodino il libro si rese conto che l’aveva finito di leggere la sera prima, così pescò al volo dalla libreria del fratello un libro che si chiamava "Le età di Lulù" lo infilò nello zaino e partì per scuola.
La giornata scolastica era trascorsa in maniera tranquilla: qualche interrogazione, un compito scritto, niente di che per Lei che era una ragazza e una studentessa modello, la più brava della classe.
Come al solito aveva percorso da sola la strada fino alla fermata dell’autobus e una volta preso posto sul mezzo, tirò fuori dallo zaino il libro e iniziò a leggere.
Si accorse subito dalle prime righe che si trattava di un genere di letture che non aveva mai affrontato.
Arrossi in viso e preoccupata che la sua vicina di posto potesse sbirciare e vedere cosa stava leggendo, chiuse il libro lo posò e provò a dormire un po'.
Finito di pranzare, come faceva ogni giorno, andò in bagno e come al solito prese dallo zaino il libro che stava leggendo e lo portò con se, per rilassarsi con la lettura mentre faceva i suoi bisogni.
Si sedette e solo allora si ricordò che forse quel libro sarebbe stato opportuno riposarlo immediatamente nella libreria del fratello maggiore.
Ma aveva già iniziato a fare i bisogni e allora si mise a leggere e quella lettura la scombussolò.
Non solo non posò il libro ma nella stessa giornata lo lesse tutto e quel racconto suscitò in lei nuove sensazioni.
La notte seguente sognò di subire alcuni degli abusi ai quali era sottoposta nel romanzo Lulù e per la prima volta si svegliò preda di un orgasmo.
Scoprì cosi il piacere fisico e inoltre che Lei, così forte, determinata e poco incline alle smanceria, si eccitava al pensiero di essere sottomessa e dover sottostare forzatamente a pratiche sessuali.
Arrivò il suo diciottesimo compleanno e il padre affittò una sala e contattò un catering, organizzando un evento curato nei minimi particolari per festeggiare la figlia adorata.
Non si era badato a spese: il locale era fine e ben addobbato con tulipani gialli, i fiori preferiti da Rossella, il rinfresco era stato curato dal Bar più famoso del paese ed era stato gradito a tutti.
Tagliata la torta e scartati i regali i genitori avevano salutato la compagnia lasciando liberi i ragazzi di continuare la festa ballando.
Nel proseguo della festa Rossella era stata trascurata da tutti, compresi i cari compagni di sempre, era rimasta tutta la sera seduta mentre tutti gli altri complici le luci soffuse e la musica lenta avevano approfittato per pomiciare e palpeggiarsi.
Rossella iniziava a soffrire di questa situazione e si sentiva a disagio ad essere in ogni occasione sola mentre gli altri erano tutti in coppia.
Arrivò l’estate, come al solito trascorse con la famiglia due mesi di villeggiatura al mare, ospiti dei nonni materni.
Rossella trascorreva gran parte del tempo con il padre e il nonno, amanti della pesca, e la restante parte del tempo in spiaggia a leggere mentre prendeva il sole.
Nessun nuovo amico, nessuna frequentazione sul bagnasciuga della spiaggetta isolata, fatta eccezione per i nonni, gli zii e qualche cugino, tra i quali unica donna la cugina Maria Rita, che di tanto in tanto venivano a trovarli.
Alla ripresa della scuola iniziò la solita vita.
Si svegliava alle 5.30, andava in bagno, si vestiva, faceva colazione, rifaceva il letto, prendeva dal comodino il libro che stava leggendo, lo zaino e via a prendere l’autobus che partiva alle 6.20.
Alle 8.00 arrivava a scuola dove rimaneva sino alle 13.45 quando usciva, grazie ad una deroga personale che le consentiva di assentarsi all’ultimo quarto d’ora di lezione in maniera da prendere il bus che partiva alle 14.00 evitando così di aspettare il successivo bus delle 15.15.
Alla fine del precedente anno scolastico la palestra del suo Istituto era stata dichiarata inagibile e di conseguenza gli alunni dovettero adattarsi e spostarsi, per svolgere l’attività fisica, nella palestra dell’Istituto per Geometri che si trovava proprio li vicino.
Il caso volle, che l'orario scolastico abbinasse nell'uso della palestra la sua quinta classe con una quinta dell’Istituto per Geometri.
Da questa nuova periodica frequentazione nacquero nuove amicizie e storie d’amore tra le ragazze del Liceo e i ragazzi del Geometra.
Fecero scalpore le chiacchiere che riguardavano ombretta, una compagna di Rossella, che era stata ribattezzata "Ombretta cento polmoni", si diceva fosse instancabile e facesse ogni giorno nei bagni decine di pompini ai ragazzi della quinta Geometra.
Per Rossella non era cambiato niente, anzi ogni tanto veniva presa anche in giro dai maschi del Geometra che la chiamavano “la cowboy” per il suo modo poco femminile di camminare.
L’indifferenza nei suoi confronti fu rotta dalle attenzioni di un ragazzo della quinta geometra che inizio a dimostrarsi interessato a Lei.
Rossella in passato aveva sempre rifiutato la corte dei pochi ragazzi,, in vero bruttini, che sembravano interessati a Lei.
In questo caso invece, non per reale attrazione nei confronti del ragazzo ma solo per avere una compagnia, diede modo al ragazzo di parlarle.
Rossella inizio a frequentare Santo, così si chiamava il ragazzo.
Si incontrava con lui in palestra e spesso Santo, che già aveva la patente, arrivava presto al mattino l’aspettava e l’accompagnava a piedi dal terminal dei bus fino a scuola e la stessa cosa faceva all’uscita.
Santo era un ragazzo semplice, veniva dalla vicina campagna, era alto, robusto ma non grosso, con i capelli ondulati castano chiari, gli occhi verdi e un naso, come si dice, importante.
Anche lui era un tipo non molto attento all’abbigliamento e un po’ introverso, e spesso veniva preso in giro per le sue origini contadine.
Era la realtà e lui tra l’altro svolgeva con passione tutte le attività che nell’azienda agricola di famiglia erano praticate.
Amava accudire gli animali: cavalli, vacche, pecore, galline e partecipava alle attività di trasformazione dei prodotti dell’azienda: dalla mungitura, per la cui esecuzione si alzava prestissimo ogni mattino, sino ai processi di caseificazione.
Queste attività condizionavano però il suo rendimento scolastico, infatti era stato rimandato ogni anno in diverse materie e bocciato sia al primo anno che al quinto agli esami di stato.
Al raggiungimento della mera sufficienza concorrevano i continui viaggi del padre che approvvigionava, con omaggi, di formaggi e salumi le dispense dei professori.
Insomma era un ripetente, ancora poco inserito con i nuovi compagni e considerato dagli altri ragazzi uno sfigato, anche perché non aveva avuto sino ad allora una ragazza, ed aveva già vent’anni.
Aveva tentato senza successo diversi approcci ma era stato sempre respinto a causa dei suoi modi un po’ “grezzi”.
Neanche Rossella gradiva le maniere poco fini del ragazzo, ma la sua educazione e l’abitudine al rispetto per il prossimo le avevano impedito di allontanarlo, temendo di urtare la sua sensibilità.
Santo dal primo momento in cui l'aveva avvicinata aveva pensato se quella potesse essere la donna della sua vita.
Era robusta, rubiconda, fattiva, una ragazza concreta senza tanti grilli per la testa che gli ricordava in qualche modo la madre, una contadina mascolina, energica e operosa recentemente venuta a mancare.
Si era fissato con Rossella, si era innamorato e aveva dato ad intendere ai compagni che si fosse fidanzato con Lei.
Dopo qualche settimana di frequentazione, aveva chiesto a Rosella di diventare la sua ragazza, ma questa, diventata rossa, in maniera impacciata, ma comunque senza esitazione, gli aveva detto che le dispiaceva ma non si sentiva di prendere impegni con nessuno, perché voleva dedicarsi allo studio visto l’impegno prossimo degli esami di stato.
Nei giorni seguenti, Rossella, per evitare di illudere Santo aveva iniziato,con garbo, ad evitare di intrattenersi con lui: in palestra non rimaneva mai da sola, cercava di non dargli occasione di rivolgerle la parola limitandosi quando indispensabile a distratti e sibillini saluti.
La sua insistenza all’uscita da scuola l’aveva costretta a chiedere a Giuseppe, l’unico bidello che veniva a scuola in auto, la cortesia di accompagnarla in macchina sino al bus, in quanto aveva sbattuto il ginocchio e faticava a camminare.
Il bidello, che era un mezzo maniaco, non se lo era fatto dire due volte e aveva accettato di buon grado di accompagnare Rossella, in quanto ciò rappresentava per lui un’occasione per familiarizzare con una ragazza.
Giuseppe era un sessantenne, unico bidello maschio del Liceo era anche un porco.
Le liceali, infastidite dai suoi sguardi insistenti e da qualche “mano morta” del bidello, lo tenevano alla larga, ma Rossella ingenua come era, intenta a pensare a tutto tranne che alle malizie degli uomini, non aveva colto quei chiari segnali che le altre ragazze avevano percepito e mai si era unita ai pettegolezzi che riguardavano Giuseppe.
Il bidello era alto circa un metro e sessanta, uno sguardo da maniaco caratterizzato da maliziosi occhi scuri con la sclera ingiallita, calvo con i pochi capelli sulle tempie brizzolati, tarchiato, fisico massiccio caratterizzato da spalle larghe, un’ossatura robusta che si evidenziava nella notevole dimensione dei polsi dell’uomo, una pancia prominente.
Era abbigliato sempre con il medesimo vecchio vestito spezzato, composto da una giacca di un verde ormai indefinibile e pantaloni grigio chiaro a cui abbinava perennemente una camicia bianca, ingiallita lungo tutto il colletto, un golf grigio con lo scollo a V e una stretta cravatta tinta unita dal colore non pervenuto.
Completavano il suo look alcune macchie d’unto sparse per i capi d’abbigliamento e l’immancabile sigaretta che teneva perennemente accesa in mano.
Il fumo della sigaretta, che gli aveva completamente fatto ingiallire l’indice e il medio della mano destra, sembrava avergli consumato anche tutta la bocca: i denti erano gialli e cariati, la lingua era ricoperta da una pappetta bianco giallastra, se ti si avvicinava eri stordito dall’odore pungente tipico dei vestiti sudati rindossati e dal suo alito fetido che sapeva di fumo.
Era in confidenza con tutti gli alunni maschi della scuola tra i quali faceva circolare giornaletti e riviste pornografiche, di cui Lui era assiduo lettore.
Con i ragazzi si lasciava andare a commenti volgari sulle compagne e consigliava agli stessi perverse pratiche sessuali.
Per darvi un’idea, se Giuseppe doveva vigilare in una classe durante l’assenza di un docente e un ragazzo gli si avvicinava dicendogli che doveva andare in bagno Giuseppe gli consigliava di fare mettere a pecorina una compagna e di pisciarle in culo.
Giuseppe aveva una vecchia fiat centoventisei verde e voleva sfruttare l’occasione fornitagli da Rossella per cercare di allungare un po’ le mani sulla ragazza.
Aveva escogitato uno stratagemma: aveva riempito i sedili dietro di scatoloni in maniera da dover portare molto in avanti il sedile del passeggero e poi aveva messo una tanica da 10 litri piena d’acqua nella pedana d’avanti.
Così, al momento di accompagnare Rossella, aveva tolto la tanica, aveva fatto accomodare la ragazza e poi scusandosi per il disagio aveva rimesso la tanica sulla pedana a destra della ragazza, costringendo la stessa a spingere tutte le cosce verso la leva del cambio.
Con questo esperimento durante tutto il tragitto Giuseppe aveva strusciato continuamente il dorso della mano sull’esterno della coscia sinistra di Rossella.
L’ingenua ragazza non si era resa conto della volontarietà dei ripetuti strofinamenti, anche perché era distratta dalla presenza di Santo che, dopo averla aspettata all’uscita di scuola, ora li seguiva con la sua auto.
Arrivati alla fermata dell’autobus, in attesa dell’arrivo del mezzo di trasporto Rossella, aveva pregato Giuseppe di volerle consentirle di aspettare in auto l’arrivo dell’autobus, in quanto non riusciva a stare in piedi.
Santo, poco dietro di loro, aspettava in auto il momento opportuno per provare ad avvicinarla.
A quel punto Giuseppe con noncuranza aveva chiesto a Rossella in quale punto della gamba avesse dolore e aveva accompagnato la richiesta con un palpeggiamento a mano aperta della coscia proprio sopra il ginocchio sinistro della ragazza.
Rossella, con il collo girato, continuando a guardare verso la macchina di Santo e completamente assorta nei suoi pensieri, gli aveva risposto di si che era lì che le faceva male.
Giuseppe allora aveva sostituito alla destra la mano sinistra e aveva iniziato a massaggiare leggermente la coscia, poi, dopo un minuto, aveva aggiunto la mano destra iniziando a massaggiare la coscia più in alto, troppo in alto, sfiorando con il mignolo la figa di Rossella.
A quel contatto lascivo la ragazza era sobbalzata, un brivido le era corso lungo tutta la schiena.
Giuseppe però senza smettere di toccarla aveva solo allontanato la mano dall’inguine continuando a massaggiarle la coscia.
Quel porco la stava palpeggiando e la guardava negli occhi sorridendo.
La prima reazione di Rossella era stata quella di uscire subito dall’auto, aveva cercato di aprire lo sportello ma la presenza della tanica che, schiacciata contro lo sportello, copriva la maniglia le aveva impedito di farlo.
Allora aveva esclamato “Giuseppe”, ma mentre stava per continuare la sua frase aveva intravisto Santo, che era sceso dall’auto per farsi trovare pronto a cogliere l’attimo in cui, arrivato l’autobus, avrebbe potuto avvicinarla.
La ragazza, razionale com’era, in quella frazione di tempo aveva riflettuto.
Come avrebbe potuto evitare Santo l’indomani all’arrivo del bus, come avrebbe potuto redarguire il bidello per quelle lascive carezze e chiedergli al contempo di venire a prenderla domani mattina all’arrivo.
Così aveva dovuto far buon viso a cattivo gioco e aveva continuato la frase dicendo: “Giuseppe lei ha delle mani veramente miracolose la ringrazio, è stato gentilissimo e non vorrei approfittare della sua cortesia, ma volevo chiederle se la disturberebbe troppo venirmi a prendere anche domattina, penso proprio che non sarò ancora in condizione di camminare”.
Giuseppe aveva sorriso maliziosamente, assicurandole che non gli era per niente di peso allungare di qualche chilometro il suo percorso per venirla a prendere, intanto il porco aveva riallungato le mani riprendendo a toccarle la coscia sinistra e anzi era tornato a spingersi con la destra ancora più in alto: ormai le toccava decisamente la figa.
Per fortuna stava arrivando l’autobus e Rossella aveva chiesto gentilmente a Giuseppe di aprirle lo sportello.
Il bidello era sceso dall’auto e l’aveva aiutata ad uscire,
Rossella era stata un fulmine era corsa via prendendo il bus al volo.
Il bidello aveva creduto che il suo massaggio fosse stato miracoloso perché la Signorina che all’uscita da scuola zoppicava vistosamente ora sembrata perfettamente guarita.
Quella era stata per Rossella un’esperienza sconvolgente: non era mai stata nemmeno sfiorata da un ragazzo ed oggi era stata toccata e palpeggiata anche molto intimamente da un vecchio porco.
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