Trevor, il mio compagno di stanza
di
Felipes
genere
gay
Trevor era appena tornato da una corsetta di una ventina di minuti. Aveva optato per una sessione più breve: c’era una bella temperatura per un po' di jogging, ma stavo arrivando io ed era già in ritardo. Avrei iniziato quell’anno al Saint John’s College e Trevor sarebbe stato il mio compagno di stanza per quel semestre.
La stanza che avremmo condiviso era in disordine, da studenti. “Non Riuscirò a farmi la doccia, ma almeno il bagno lo pulisco, prima che arrivi quell’altro” aveva pensato Trevor. Sarebbe stato il mio student tutor per quell’anno; una nuova iniziativa del campus: far condividere la stanza a uno studente del secondo anno, con uno di noi matricole. Sarebbe stata più facile l’integrazione, avevano pensato.
Trevor aprì il cassetto del bagno, estrasse la scatola. 100 guanti ambidestri usa e getta. Si chiese di nuovo perché cavolo li avesse comprati di misura media, visto che le sue mani erano comunque da taglia L: ogni volta indossarli era un po’ faticoso, erano molto attillati. Per fortuna era l’ultimo paio: li tirò fuori e buttò la scatola nel cestino. Mentre si infilava i guanti, uno alla volta, sistemandoseli bene sulle dita, guardò distrattamente dalla finestra e ci vide arrivare: il nostro autobus aveva appena parcheggiato e noi stavamo per invadere il campus come una piccola orda, ognuno verso la stanza che gli era stata assegnata. Lì per lì non si rese conto che fossimo già noi. Si sistemò bene i guanti sulle mani, notò come fossero attillati, e cercò il detergente spray sotto il lavello.
In quel preciso momento bussarono alla porta. Trevor schizzò in piedi e si maledisse per aver tardato tanto. Fece un sospiro rassegnato e andò ad aprire. Ero io, con la valigia, in camicia, un po’ accaldato per la temperatura e per il viaggio. Rimanemmo una frazione di secondo a fissarci, io sulla porta, lui in piedi oltre l’uscio, in calzoncini e canottiera, con indosso un paio di guanti di lattice piuttosto aderenti e uno spray per il bagno in mano.
Poggiò lo spray, si presentò e mi porse la mano. Esitai un attimo, lui intuì subito e si scusò per i guanti. Mi spiegò di essere appena rientrato da una corsetta, di averli appena indossati, e di non aver ancora iniziato a fare il bagno. Ormai i guanti non avrebbe potuto più levarli, mi spiegò: erano l’ultimo paio, erano un po’ stretti e non sarebbe più riuscito a rinfilarli “Ma sono puliti, te l’assicuro!”. Io di certo non mi lamentai: avevo sempre avuto un certo fetish per i guanti in lattice, specie se aderenti. Gli porsi la mano e strinsi la sua, forte e calda. Fu una frazione di secondo: notai come il bordo dei guanti gli avvolgesse il polso e come si vedesse chiaramente attraverso il lattice, la forma delle unghie e delle nocche. Pensai che dovessero essere di una taglia troppo piccola, e mentre mi godevo la sensazione di quel lattice sul palmo della mia mano, mi resi conto di trovare Trevor molto sexy. Mi accorsi che la stretta di mano stava durando troppo: gli dissi il mio nome e mi staccai.
Trevor mi spiegò un paio di cose sulla stanza, mentre giochicchiava con le mani, sistemandosi i guanti sulle dita. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle mani, ero un po’ in imbarazzo.
C’erano quattro letti, due singoli e due in una struttura a castello, ma per quell’anno, mi spiegò, saremo stati solo io e lui ad occupare la stanza. Mi mostrò l’armadio a parete, suddiviso in quattro comparti sistemati su due piani: due sopra e due sotto. Le ante di sotto erano a specchio, e le ante di sopra di legno chiaro. Notai che non avevano maniglie o pomelli. Mi chiesi come potessero essere aperte…
Trevor mi si avvicinò e mi indicò quale sarebbe stata la mia parte di armadio. Mi vide perplesso e capì che non avevo idea di come aprire le ante per iniziare a sistemare la mia roba. MI regalò un sorriso, venne verso di me e mi disse di appoggiare le mani sulle ante dell’armadio “Ti mostro come aprirlo”. Si sistemò dietro di me e appoggiò le sue mani sulle mie e premette leggermente. L’anta allora scattò e si aprì. Ripeté la stessa pressione sulle mie mani e le ante si richiusero con il loro meccanismo a molla e calamita.
Rimasi impalato. Trevor era dietro di me con le sue mani che ancora appoggiavano sulle mie. Sentivo il calore del suo corpo e la sensazione calda del contatto con il lattice dei suoi guanti sul dorso delle mie mani. Notai ancora una volta quanto fossero aderenti ed ebbi un leggero fremito. Le sue mani erano più grandi delle mie e le sovrastavano. Sentii per un momento il suo odore e non riuscii a frenare un’erezione. Eravamo fermi in quella posizione da un tempo che mi sembrò interminabile e credo che Trevor ebbe modo di notare la mia patta gonfia attraverso lo specchio dell’armadio. Non si mosse: rimase lì con le sue mani di lattice leggermente premute sopra le mie. Sentivo il suo respiro sul collo. Si schiarì la voce e deglutì. Staccò la mano destra dalla mia e la diresse verso i bottoni della mia camicia. Esitò un secondo per vedere la mia reazione ma io non feci una mossa, e anzi mi abbandonai leggermente contro il suo torace.
Fu allora che cominciò a sbottonarmi. Un bottone, un altro, un altro ancora. Non capivo più niente. Mi avvicinai ancora a lui leggermente, e percepii l’erezione crescergli nei pantaloncini da jogging. Quando ebbe sganciato i tre bottoni, infilò la mano all’interno della camicia alla ricerca del mio capezzolo sinistro e cominciò a giocarci. Ebbi un sussulto. Sentii il contatto del lattice con la mia pelle, con il mio capezzolo, e mi sfuggì un gemito.
Dopo avermi titillato e pizzicato il capezzolo per un paio di minuti, Trevor estrasse lentamente la mano dal mio petto. La vidi uscire attraverso lo specchio dell’armadio. Notai che cominciava un po’ a sudargli, il guanto aderiva sulla sua pelle e si intravvedevano i piccoli peli del dorso della sua mano schiacciati contro il lattice. Di nuovo notai il bordo del guanto perfettamente avvolto attorno al suo polso. Mi avvicinò l’indice alla bocca e si fece strada tra le mie labbra. Sentii il sapore del lattice in bocca; gli succhiai il dito e ebbi un altro fremito. Premette un paio di volte il dito dentro la mia bocca prima di tornare di nuovo verso il mio capezzolo con lo stesso dito inumidito della mia saliva e ricominciò a pizzicarmelo. Sentivo il suo corpo più vicino al mio, mentre ancora eravamo lì in piedi, davanti allo specchio dell’armadio, la mia mano sinistra ancora sull’anta e la sua mano sulla mia, separata dal lattice caldo… la sua erezione contro le mie natiche.
“Ti andrebbe di giocare un po’?” Mi sussurrò all’orecchio…
Annuii, senza emettere alcun suono. Prima di partire mi ero pulito. Profondamente. Ero pronto davvero a tutto e mi complimentai con me stesso per essere stato così previdente. Abbandonò il mio capezzolo e mi prese la mano con la sua, sempre forte, calda, ma gentile, il contatto del lattice con la mia pelle. Mi portò verso il letto che si trovava di fronte allo specchio dell’armadio e ci si sedette, schiena al muro. Io ero rimasto in piedi accanto a lui, al lato del letto: Trevor mi sbottonò i pantaloni e me li sfilò assieme ai boxer. La mia asta svettò davanti alla sua faccia e lui la toccò gentilmente, la impugnò e ci diede una lenta leccata dalla base fino alla punta. Mi tirò verso di sé e io mi sedetti a cavalcioni su di lui. Avvertii la tua erezione, gonfia, pulsante attraverso i pantaloncini. Finì di aprirmi i bottoni della camicia e me la tolse. Ero completamente nudo, seduto su di lui, che ancora indossava la canottiera e i pantaloncini da jogging. Ero eccitatissimo, non riuscivo più a parlare e sicuramente ero tutto rosso in faccia.
Mi fece leccare i pollici di entrambe le mani. Di nuovo sentii il sapore di quel lattice attillatissimo sulle sue dita e le sue unghie e mi inarcai leggermente. Si concentrò allora sui miei capezzoli passandoci sopra coi pollici, la mia saliva come lubrificante. Lasciò quindi il capezzolo sinistro e gli si avvicinò con la lingua, mentre la mano destra scorreva verso dietro, sulla mia schiena, giù fino alle natiche. Mi voltai verso lo specchio e vidi il percorso della sua mano inguantata sulla mia schiena che scendeva verso il mio sedere.
Mi prese la natica sinistra e me la strinse, mentre si fece spazio fino a trovare il mio buco. Sentii la punta del suo dito roteare leggermente attorno al mio ano, premendolo leggermente di tanto in tanto. Mi rigirai verso lo specchio e vidi la sua mano che mi avvolgeva quasi tutto il culo… aveva le mani molto più grandi delle mie, le dita forti. Vidi che il dito medio cercava il mio ano insistentemente e lo premeva cercando un varco. Non aveva smesso di leccarmi un capezzolo mentre giocava con l’altro con l’altra mano. Mi lasciò le natiche e allungò la mano verso il cassetto del comodino e ne estrasse un lubrificante. Era un tubo rosa grande circa come una lattina di birra, l’estremità arrotondata: cercò di aprirlo con una mano sola ma non ci riuscì. Allora lo aiutai e gliene versai una copiosa colata sull’indice e il medio della mano sinistra. Se lo sparse lungo tutta la lunghezza delle dita e ravvicinò la mano al mio culo. Questa volta non gli fu difficile entrare: prima un dito e quasi subito il secondo.
Ero fuori di me: sentivo le sue dita muoversi dentro il mio ano, dentro, fuori, dentro, fuori, delicate ma decise e mi stavo rilassando. Estrasse le dita e mi porse la mano perché aggiungessi dell’altro lubrificante. Non capivo bene cosa volesse fare, ma stetti al gioco e lo inondai di liquido denso, che colò velocemente sul lattice, dalla punta delle dita fino alle nocche. Mi fece cenno di stendermi: mi staccai da lui e mi misi a pancia in su, mentre lui mi venne di fronte. Nello spostamento avvertii di nuovo l’odore della sua ascella dopo la corsa: mi piaceva da morire. Mi fece alzare le gambe leggermente e sentii che mi infilava prima uno, poi due e infine tre dita nell’ano. Sentivo il mio culo fare un po’ di resistenza e decisi di rilassarmi. Trevor ricominciò a giocare coi miei capezzoli mentre lavorava nel mio culo con le dita fissandomi negli occhi. Sentivo un forte calore salirmi dal culo fino alla faccia, la testa leggera… ormai ero suo, completamente in balia degli eventi.
Cominciò a entrare e uscire con tre dita dal mio culo sempre più velocemente, finché il mio ano si rilassò ulteriormente. Provò allora a infilare anche il mignolo, l’ultimo rimasto, e non ci fu nessun problema. Roteava le quattro dita dentro al mio culo, mentre spingeva sempre di più dentro di me. Detti una breve occhiata allo specchio e vidi la sua mano inguantata tra le mie natiche, le quattro dita nel mio culo e il pollice a massaggiarmi il perineo. Notai come i muscoli del braccio gli si contraevano ogni volta che roteava la mano e la spingeva dentro di me. Allungai la mano verso il mio sedere e gli toccai la mano, il guanto coperto di lubrificante e di umori, e sentii che era entrato dentro di me quasi fino alle nocche. Ebbi un fremito di piacere e non frenai un altro gemito.
Trevor estrasse lentamente la mano, fissandomi negli occhi. Gli vidi l’erezione attraverso i pantaloncini: il suo coso era grande, dritto e durissimo. Afferrò il lubrificante, ma invece che aprirlo lo avvicinò al mio culo e tentò di infialarcelo. Avvertii subito la differenza di temperatura, ma senza che me ne rendessi conto, il flacone era già entrato dentro di me mentre lui lo girava, lo estraeva me lo ripremeva dentro.
“Ti piace?” mi chiese.
Non sapevo cosa dire. Ero fuori di me: sentivo come un fischio nelle orecchie, come un rumore attutito di piacere.
“Si…” gli dissi con un filo di voce.
Mentre continuava a pomparmi con il flacone del lubrificante, cambiò posizione e scivolò verso di me con il pube. Mi prese la testa con la mano destra, quella rimasta asciutta. Sentii il contatto del guanto sulle guance e l’odore del lattice. “Ti andrebbe di prendermelo in bocca?” Ero tutto rosso di piacere, feci sì con la testa e tirai la cordicella dei pantaloncini per disfare il nodo che li teneva chiusi. Estrasse allora il suo cazzo, duro, largo, coperto di vene pulsanti e finalmente me lo mise in bocca. Era caldo e aveva un buon sapore. Cominciai a succhiarglielo e ad andare su e giù con la bocca, mentre lui mi agevolava il movimento con la mano con cui mi premeva la nuca. Continuava intanto a fottermi con il flacone del lubrificante creando una sorta di ritmo tra il mio pompino e la velocità di quello stantuffo nel mio culo. Più lui lo usava veloce dentro di me, più io acceleravo il ritmo della mia bocca su quella sua asta dura.
A un certo punto mi uscì dalla bocca, mi tolse il lubrificante dal culo e mi girò aiutandomi a mettermi sulle ginocchia. Ero a quattro zampe, e lui da dietro ricominciò a lavorare nel mio culo con la mano. Prima un dito, subito due, poi tre e infine quattro. Ero a quattro zampe, mentre lui andava su e giù e girava la mano dentro di me, mentre il mio ano si rilassava e si adattava sempre di più attorno alle sue dita. Premette più forte e avvertii anche le sue nocche passare lo sfintere. Mi fece un po’ male, gemetti. Estrasse le nocche subito, lasciando la e dita dentro, girò un paio di volte le dita nel il mio culo, aggiunse del lubrificante e ripremette finché le nocche furono dentro di nuovo. Questa volta andò meglio. Aveva praticamente la mano dentro di me, solo il pollice era rimasto fuori e mi massaggiava l’osso sacro. Non mi era mai capitata una cosa del genere, ma mi stava piacendo tantissimo ed ero rilassatissimo e eccitatissimo.
A quel punto mi chiese se poteva infilarci il pisello. “Hai un culo bellissimo, posso penetrarti?” Usò queste parole, quasi scientifiche… Gli dissi ovviamente di sì. Si asciugò la mano con le lenzuola e si allungò verso il comodino, appoggiandosi sulla mia schiena. Prese un preservativo, lo aprì e se lo infilò. Gli guardai il cazzo da sotto la mia pancia e pensai che gli dovevano piacere le cose di lattice strette addosso.
Non usò altro lubrificante: il mio culo ne era pieno e comunque il mio sfintere era ben aperto. Entrò senza fatica: sentii quell’asta dura farsi strada nelle mie budella finché avvertii le sue palle, sbattere contro le mie. Il pensiero mi fece eccitare ancora di più di quanto già non lo fossi.
Trevor cominciò ad andare su e giù con il suo cazzo duro mentre con la mano destra mi teneva fermo per una spalla. Il suo membro era grosso e duro e il mio ano, seppur rilassato, lo avvolgeva mentre continuava ritmicamente a stantuffarmi. Lo sentivo entrare e uscire a ritmo variabile, mentre la mano destra stringeva ritmicamente la mia spalla. Lo sentivo ansimare dal naso, facendo respiri profondi e forti. Ero eccitatissimo, sentivo la pressione sulla mia prostata e dovetti davvero controllarmi per non venire.
Andammo avanti così in quella posizione per circa una decina minuti, e alla fine Trevor si fermò.
Uscì e si appoggiò sulla mia schiena, allungandosi verso il mio collo, che cominciò a baciare. Mi rilassai e mi godetti quell’affetto, mentre vedevo il suo grosso membro tra le mie gambe. A quel punto mi disse se volevo girarmi che voleva lavorare ancora con mio culo. Così disse: “Mettiti a pancia in giù: sarà più facile lavorare col tuo sfintere”. Quel linguaggio tecnico mi eccitava.
Obbedii, oramai ero suo completamente.
MI fece mettere supino e mi aiutò a mettermi un cuscino sotto al sedere. Si tolse il profilattico, riafferrò il lubrificante e lo aprì. Se ne versò una copiosa quantità sulla mano destra e infilò uno, due, tre e subito quattro dita dentro il mio ano, che ormai era completamente rilassato. Cominciò ad andare su e giù roteando la mano ogni volta che la premeva dentro. Di nuovo sentii quella sensazione di calore salirmi alla faccia e il sangue pulsarmi nelle tempie mentre lui, sicuro, mi apriva il culo facendosi strada attraverso il mio ano. Mi stavo abbandonando completamente a quella sicurezza: mi guardava dritto negli occhi, mentre con le quattro dita andava su e giù attraverso il mio sfintere ormai totalmente rilassato. Il lattice che gli avvolgeva la mano rendeva il tutto estremamente liscio: non c’era nessun attrito e il lubrificante faceva il resto. Avvertii chiaramente le sue nocche oltrepassarmi lo sfintere, come un piccolo colpo sordo. Le tirò fuori e le rispinse dentro, sempre guardandomi negli occhi, per leggere le mie sensazioni, il mio stato d’animo. Mi vedeva rilassato e continuava a spingere, sempre più a fondo. Di nuovo l’unica cosa che frenava la sua mano dall’entrare completamente era il pollice, che premeva sul mio perineo.
A quel punto, girò la mano orizzontalmente, parallela al piano del materasso, allargandomi ulteriormente e vidi che avvicinava l’altra mano al mio culo. Infilò un altro dito, credo il medio, mentre aveva già le quattro dell’altra mano dentro fino alle nocche. Poi un secondo e un terzo dito. Ero in paradiso, cominciai ad ansimare forte mentre lui andava su e giù con le mani a movimenti alterni, scivolando una mano sull’altra, il lattice liscio, il lubrificante, le pareti del mio ano ormai aperto, ormai totalmente rilassato. Infilò anche l’ultimo dito della seconda mano e con le otto dita dentro, cominciò un movimento rotatorio dentro il mio culo, prima in senso orario, poi antiorario, alternando la direzione, lentamente ma sempre in maniera decisa. Stavo davvero scoppiando di piacere: lo guardavo degli occhi e non capivo più nulla.
Mi sorrise, fermò le mani e attese un mio cenno. Estrasse le dita della mano sinistra mentre spingeva sempre più a fondo le dita della mano destra. Fece un altro paio di movimenti su e giù, spingendo le nocche dentro e fuori, finché avvertii il suo pollice farsi strada dentro di me. Aggiunse un altro bel po’ di lubrificante e cominciò a spingere la mano dentro il mio sfintere, roteandola gentilmente. Non riuscivo più a definire le mie sensazioni. Un misto di piacere, dolore e totale abbandono. Trevor mi guardava negli occhi, per cogliere qualsiasi segnale nel mio sguardo che potesse guidarlo. La cosa mi rilassava e mi faceva sentire sicuro.
A quel punto credo di aver fatto un cenno con la testa, una specie di invito… o forse no, non me lo riesco a ricordare. Trevor comunque spinse ulteriormente la mano dentro di me, forzando leggermente l’ano: ebbi una sensazione di totale dilatazione, una apertura completa di tutto il mio corpo, uno squarcio totale dal profondo delle mie viscere fino alla base del collo e su fino a dentro il cervello. Sentii la sua mano scivolarmi dentro, in questo tumulto di sensazioni, e il mio culo richiudersi intorno al suo polso. Gemetti forte.
Ci fu un momento di pausa. Di estasi totale. Restammo immobili: io ansimavo profondamente steso sul letto con la sua mano dentro di me, lui era fisso sul mio sguardo, con un sorriso tranquillo.
“Sono dentro” disse. Era quasi stupito.
Avvicinai la mano al mio culo: volevo toccare cosa stesse succedendo. Sentii il mio ano teso avvolto attorno al suo polso umido di lubrificante. Subito fuori c’era il bordo del guanto e oltre iniziava il suo avambraccio. Percorsi con un dito il perimetro del mio buco: mi resi conto quanto si dovesse essere dilatato per poi richiudersi attorno al suo polso, mentre la sua mano restava calda nelle mie viscere.
Cominciò leggermente a muovere la mano dentro il mio retto. MI sentivo riempito, in totale abbandono, una sensazione che non avevo mai provato. Sentivo la sua mano calda muoversi dentro di me, mentre Trevor cominciava a massaggiarmi la pancia con la mano libera. Di nuovo la sensazione del lattice sulla mia pelle, bellissima. MI rilassai ancora e lui lentamente estrasse la mano dal mio culo, facendomi gemere, e subito la rinfilò dentro, portandomi a un livello ulteriore di piacere. Sentivo il mio ano aprirsi e richiudersi attorno alle sue dita, alle sue nocche, al suo polso. Cominciò ad andare piano piano su e giù, soffermando la mano sul punto di dilatazione massima del mio sfintere, sempre guardandomi negli occhi, massaggiandomi la pancia, sempre con un sorriso rassicurante. Ero all’apice del piacere, non riuscivo più a capire dove fossi, chi fossi e cosa stesse succedendo.
Al quarto ingresso della sua mano dentro di me non riuscii più a trattenermi: sentii un calore liquido espandersi dal perimetro del mio ano, fino dentro alle mie budella più profonde, poi su su fino alla gola, agli occhi, al cervello. Emisi un grugnito gutturale e venni con l’orgasmo più intenso che avevo mai avuto fino ad allora. Furono dieci secondi interminabili in cui tutto il mio basso ventre si contrasse attorno alla mano di Trevor, ben piantata nel mio retto. MI inarcai sulla schiena preso da una specie di convulsione e rovesciai fiotti di sperma sulla mano di Trevor che poggiava sulla mia pancia.
Pausa.
Trevor estrasse lentamente la mano dal mio culo. Non fu facile come prima, mi fece un po’ male: le contrazioni del mio orgasmo avevano ridato un po’ di tono al mio sfintere e l’espulsione fu meno facile delle precedenti. Trevor però era bravissimo, non aveva fretta: era dolce e deciso.
Rimasi tramortito per qualche minuto sul letto, abbandonato sulla schiena, ginocchia piegate, mentre Trevor mi carezzava la pancia con una mano e con due dita dell’altra mi massaggiava il culo ormai completamente slabbrato.
Fu a quel punto che si chinò verso di me e mi baciò sulla bocca. Un bacio delicato, profondo, la sua lingua intrecciata alla mia, allo stesso ritmo con cui ridava pace al mio ano con le sue dita di lattice. Fu senza smettere di baciarmi che abbandonò il mio culo e si impugnò il cazzo, che era sempre rimasto duro e dritto per tutto il tempo. Gli servirono solo di un paio di colpi e con un gemito profondo esplose su di me, aggiungendo il suo sperma al mio, coprendomi la pancia di liquido caldo.
Si stese accanto a me. Ero esausto e rilassatissimo. MI baciava il collo e le guance, mentre spalmava il nostro sperma sulla mia pancia, impiastricciandomi i peli del pube con i nostri fluidi.
Rimanemmo così per alcuni interminabili minuti.
“Benvenuto al Saint John’s College” mi disse sorridendo. “Sono contento di condividere la stanza con te”
La stanza che avremmo condiviso era in disordine, da studenti. “Non Riuscirò a farmi la doccia, ma almeno il bagno lo pulisco, prima che arrivi quell’altro” aveva pensato Trevor. Sarebbe stato il mio student tutor per quell’anno; una nuova iniziativa del campus: far condividere la stanza a uno studente del secondo anno, con uno di noi matricole. Sarebbe stata più facile l’integrazione, avevano pensato.
Trevor aprì il cassetto del bagno, estrasse la scatola. 100 guanti ambidestri usa e getta. Si chiese di nuovo perché cavolo li avesse comprati di misura media, visto che le sue mani erano comunque da taglia L: ogni volta indossarli era un po’ faticoso, erano molto attillati. Per fortuna era l’ultimo paio: li tirò fuori e buttò la scatola nel cestino. Mentre si infilava i guanti, uno alla volta, sistemandoseli bene sulle dita, guardò distrattamente dalla finestra e ci vide arrivare: il nostro autobus aveva appena parcheggiato e noi stavamo per invadere il campus come una piccola orda, ognuno verso la stanza che gli era stata assegnata. Lì per lì non si rese conto che fossimo già noi. Si sistemò bene i guanti sulle mani, notò come fossero attillati, e cercò il detergente spray sotto il lavello.
In quel preciso momento bussarono alla porta. Trevor schizzò in piedi e si maledisse per aver tardato tanto. Fece un sospiro rassegnato e andò ad aprire. Ero io, con la valigia, in camicia, un po’ accaldato per la temperatura e per il viaggio. Rimanemmo una frazione di secondo a fissarci, io sulla porta, lui in piedi oltre l’uscio, in calzoncini e canottiera, con indosso un paio di guanti di lattice piuttosto aderenti e uno spray per il bagno in mano.
Poggiò lo spray, si presentò e mi porse la mano. Esitai un attimo, lui intuì subito e si scusò per i guanti. Mi spiegò di essere appena rientrato da una corsetta, di averli appena indossati, e di non aver ancora iniziato a fare il bagno. Ormai i guanti non avrebbe potuto più levarli, mi spiegò: erano l’ultimo paio, erano un po’ stretti e non sarebbe più riuscito a rinfilarli “Ma sono puliti, te l’assicuro!”. Io di certo non mi lamentai: avevo sempre avuto un certo fetish per i guanti in lattice, specie se aderenti. Gli porsi la mano e strinsi la sua, forte e calda. Fu una frazione di secondo: notai come il bordo dei guanti gli avvolgesse il polso e come si vedesse chiaramente attraverso il lattice, la forma delle unghie e delle nocche. Pensai che dovessero essere di una taglia troppo piccola, e mentre mi godevo la sensazione di quel lattice sul palmo della mia mano, mi resi conto di trovare Trevor molto sexy. Mi accorsi che la stretta di mano stava durando troppo: gli dissi il mio nome e mi staccai.
Trevor mi spiegò un paio di cose sulla stanza, mentre giochicchiava con le mani, sistemandosi i guanti sulle dita. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle mani, ero un po’ in imbarazzo.
C’erano quattro letti, due singoli e due in una struttura a castello, ma per quell’anno, mi spiegò, saremo stati solo io e lui ad occupare la stanza. Mi mostrò l’armadio a parete, suddiviso in quattro comparti sistemati su due piani: due sopra e due sotto. Le ante di sotto erano a specchio, e le ante di sopra di legno chiaro. Notai che non avevano maniglie o pomelli. Mi chiesi come potessero essere aperte…
Trevor mi si avvicinò e mi indicò quale sarebbe stata la mia parte di armadio. Mi vide perplesso e capì che non avevo idea di come aprire le ante per iniziare a sistemare la mia roba. MI regalò un sorriso, venne verso di me e mi disse di appoggiare le mani sulle ante dell’armadio “Ti mostro come aprirlo”. Si sistemò dietro di me e appoggiò le sue mani sulle mie e premette leggermente. L’anta allora scattò e si aprì. Ripeté la stessa pressione sulle mie mani e le ante si richiusero con il loro meccanismo a molla e calamita.
Rimasi impalato. Trevor era dietro di me con le sue mani che ancora appoggiavano sulle mie. Sentivo il calore del suo corpo e la sensazione calda del contatto con il lattice dei suoi guanti sul dorso delle mie mani. Notai ancora una volta quanto fossero aderenti ed ebbi un leggero fremito. Le sue mani erano più grandi delle mie e le sovrastavano. Sentii per un momento il suo odore e non riuscii a frenare un’erezione. Eravamo fermi in quella posizione da un tempo che mi sembrò interminabile e credo che Trevor ebbe modo di notare la mia patta gonfia attraverso lo specchio dell’armadio. Non si mosse: rimase lì con le sue mani di lattice leggermente premute sopra le mie. Sentivo il suo respiro sul collo. Si schiarì la voce e deglutì. Staccò la mano destra dalla mia e la diresse verso i bottoni della mia camicia. Esitò un secondo per vedere la mia reazione ma io non feci una mossa, e anzi mi abbandonai leggermente contro il suo torace.
Fu allora che cominciò a sbottonarmi. Un bottone, un altro, un altro ancora. Non capivo più niente. Mi avvicinai ancora a lui leggermente, e percepii l’erezione crescergli nei pantaloncini da jogging. Quando ebbe sganciato i tre bottoni, infilò la mano all’interno della camicia alla ricerca del mio capezzolo sinistro e cominciò a giocarci. Ebbi un sussulto. Sentii il contatto del lattice con la mia pelle, con il mio capezzolo, e mi sfuggì un gemito.
Dopo avermi titillato e pizzicato il capezzolo per un paio di minuti, Trevor estrasse lentamente la mano dal mio petto. La vidi uscire attraverso lo specchio dell’armadio. Notai che cominciava un po’ a sudargli, il guanto aderiva sulla sua pelle e si intravvedevano i piccoli peli del dorso della sua mano schiacciati contro il lattice. Di nuovo notai il bordo del guanto perfettamente avvolto attorno al suo polso. Mi avvicinò l’indice alla bocca e si fece strada tra le mie labbra. Sentii il sapore del lattice in bocca; gli succhiai il dito e ebbi un altro fremito. Premette un paio di volte il dito dentro la mia bocca prima di tornare di nuovo verso il mio capezzolo con lo stesso dito inumidito della mia saliva e ricominciò a pizzicarmelo. Sentivo il suo corpo più vicino al mio, mentre ancora eravamo lì in piedi, davanti allo specchio dell’armadio, la mia mano sinistra ancora sull’anta e la sua mano sulla mia, separata dal lattice caldo… la sua erezione contro le mie natiche.
“Ti andrebbe di giocare un po’?” Mi sussurrò all’orecchio…
Annuii, senza emettere alcun suono. Prima di partire mi ero pulito. Profondamente. Ero pronto davvero a tutto e mi complimentai con me stesso per essere stato così previdente. Abbandonò il mio capezzolo e mi prese la mano con la sua, sempre forte, calda, ma gentile, il contatto del lattice con la mia pelle. Mi portò verso il letto che si trovava di fronte allo specchio dell’armadio e ci si sedette, schiena al muro. Io ero rimasto in piedi accanto a lui, al lato del letto: Trevor mi sbottonò i pantaloni e me li sfilò assieme ai boxer. La mia asta svettò davanti alla sua faccia e lui la toccò gentilmente, la impugnò e ci diede una lenta leccata dalla base fino alla punta. Mi tirò verso di sé e io mi sedetti a cavalcioni su di lui. Avvertii la tua erezione, gonfia, pulsante attraverso i pantaloncini. Finì di aprirmi i bottoni della camicia e me la tolse. Ero completamente nudo, seduto su di lui, che ancora indossava la canottiera e i pantaloncini da jogging. Ero eccitatissimo, non riuscivo più a parlare e sicuramente ero tutto rosso in faccia.
Mi fece leccare i pollici di entrambe le mani. Di nuovo sentii il sapore di quel lattice attillatissimo sulle sue dita e le sue unghie e mi inarcai leggermente. Si concentrò allora sui miei capezzoli passandoci sopra coi pollici, la mia saliva come lubrificante. Lasciò quindi il capezzolo sinistro e gli si avvicinò con la lingua, mentre la mano destra scorreva verso dietro, sulla mia schiena, giù fino alle natiche. Mi voltai verso lo specchio e vidi il percorso della sua mano inguantata sulla mia schiena che scendeva verso il mio sedere.
Mi prese la natica sinistra e me la strinse, mentre si fece spazio fino a trovare il mio buco. Sentii la punta del suo dito roteare leggermente attorno al mio ano, premendolo leggermente di tanto in tanto. Mi rigirai verso lo specchio e vidi la sua mano che mi avvolgeva quasi tutto il culo… aveva le mani molto più grandi delle mie, le dita forti. Vidi che il dito medio cercava il mio ano insistentemente e lo premeva cercando un varco. Non aveva smesso di leccarmi un capezzolo mentre giocava con l’altro con l’altra mano. Mi lasciò le natiche e allungò la mano verso il cassetto del comodino e ne estrasse un lubrificante. Era un tubo rosa grande circa come una lattina di birra, l’estremità arrotondata: cercò di aprirlo con una mano sola ma non ci riuscì. Allora lo aiutai e gliene versai una copiosa colata sull’indice e il medio della mano sinistra. Se lo sparse lungo tutta la lunghezza delle dita e ravvicinò la mano al mio culo. Questa volta non gli fu difficile entrare: prima un dito e quasi subito il secondo.
Ero fuori di me: sentivo le sue dita muoversi dentro il mio ano, dentro, fuori, dentro, fuori, delicate ma decise e mi stavo rilassando. Estrasse le dita e mi porse la mano perché aggiungessi dell’altro lubrificante. Non capivo bene cosa volesse fare, ma stetti al gioco e lo inondai di liquido denso, che colò velocemente sul lattice, dalla punta delle dita fino alle nocche. Mi fece cenno di stendermi: mi staccai da lui e mi misi a pancia in su, mentre lui mi venne di fronte. Nello spostamento avvertii di nuovo l’odore della sua ascella dopo la corsa: mi piaceva da morire. Mi fece alzare le gambe leggermente e sentii che mi infilava prima uno, poi due e infine tre dita nell’ano. Sentivo il mio culo fare un po’ di resistenza e decisi di rilassarmi. Trevor ricominciò a giocare coi miei capezzoli mentre lavorava nel mio culo con le dita fissandomi negli occhi. Sentivo un forte calore salirmi dal culo fino alla faccia, la testa leggera… ormai ero suo, completamente in balia degli eventi.
Cominciò a entrare e uscire con tre dita dal mio culo sempre più velocemente, finché il mio ano si rilassò ulteriormente. Provò allora a infilare anche il mignolo, l’ultimo rimasto, e non ci fu nessun problema. Roteava le quattro dita dentro al mio culo, mentre spingeva sempre di più dentro di me. Detti una breve occhiata allo specchio e vidi la sua mano inguantata tra le mie natiche, le quattro dita nel mio culo e il pollice a massaggiarmi il perineo. Notai come i muscoli del braccio gli si contraevano ogni volta che roteava la mano e la spingeva dentro di me. Allungai la mano verso il mio sedere e gli toccai la mano, il guanto coperto di lubrificante e di umori, e sentii che era entrato dentro di me quasi fino alle nocche. Ebbi un fremito di piacere e non frenai un altro gemito.
Trevor estrasse lentamente la mano, fissandomi negli occhi. Gli vidi l’erezione attraverso i pantaloncini: il suo coso era grande, dritto e durissimo. Afferrò il lubrificante, ma invece che aprirlo lo avvicinò al mio culo e tentò di infialarcelo. Avvertii subito la differenza di temperatura, ma senza che me ne rendessi conto, il flacone era già entrato dentro di me mentre lui lo girava, lo estraeva me lo ripremeva dentro.
“Ti piace?” mi chiese.
Non sapevo cosa dire. Ero fuori di me: sentivo come un fischio nelle orecchie, come un rumore attutito di piacere.
“Si…” gli dissi con un filo di voce.
Mentre continuava a pomparmi con il flacone del lubrificante, cambiò posizione e scivolò verso di me con il pube. Mi prese la testa con la mano destra, quella rimasta asciutta. Sentii il contatto del guanto sulle guance e l’odore del lattice. “Ti andrebbe di prendermelo in bocca?” Ero tutto rosso di piacere, feci sì con la testa e tirai la cordicella dei pantaloncini per disfare il nodo che li teneva chiusi. Estrasse allora il suo cazzo, duro, largo, coperto di vene pulsanti e finalmente me lo mise in bocca. Era caldo e aveva un buon sapore. Cominciai a succhiarglielo e ad andare su e giù con la bocca, mentre lui mi agevolava il movimento con la mano con cui mi premeva la nuca. Continuava intanto a fottermi con il flacone del lubrificante creando una sorta di ritmo tra il mio pompino e la velocità di quello stantuffo nel mio culo. Più lui lo usava veloce dentro di me, più io acceleravo il ritmo della mia bocca su quella sua asta dura.
A un certo punto mi uscì dalla bocca, mi tolse il lubrificante dal culo e mi girò aiutandomi a mettermi sulle ginocchia. Ero a quattro zampe, e lui da dietro ricominciò a lavorare nel mio culo con la mano. Prima un dito, subito due, poi tre e infine quattro. Ero a quattro zampe, mentre lui andava su e giù e girava la mano dentro di me, mentre il mio ano si rilassava e si adattava sempre di più attorno alle sue dita. Premette più forte e avvertii anche le sue nocche passare lo sfintere. Mi fece un po’ male, gemetti. Estrasse le nocche subito, lasciando la e dita dentro, girò un paio di volte le dita nel il mio culo, aggiunse del lubrificante e ripremette finché le nocche furono dentro di nuovo. Questa volta andò meglio. Aveva praticamente la mano dentro di me, solo il pollice era rimasto fuori e mi massaggiava l’osso sacro. Non mi era mai capitata una cosa del genere, ma mi stava piacendo tantissimo ed ero rilassatissimo e eccitatissimo.
A quel punto mi chiese se poteva infilarci il pisello. “Hai un culo bellissimo, posso penetrarti?” Usò queste parole, quasi scientifiche… Gli dissi ovviamente di sì. Si asciugò la mano con le lenzuola e si allungò verso il comodino, appoggiandosi sulla mia schiena. Prese un preservativo, lo aprì e se lo infilò. Gli guardai il cazzo da sotto la mia pancia e pensai che gli dovevano piacere le cose di lattice strette addosso.
Non usò altro lubrificante: il mio culo ne era pieno e comunque il mio sfintere era ben aperto. Entrò senza fatica: sentii quell’asta dura farsi strada nelle mie budella finché avvertii le sue palle, sbattere contro le mie. Il pensiero mi fece eccitare ancora di più di quanto già non lo fossi.
Trevor cominciò ad andare su e giù con il suo cazzo duro mentre con la mano destra mi teneva fermo per una spalla. Il suo membro era grosso e duro e il mio ano, seppur rilassato, lo avvolgeva mentre continuava ritmicamente a stantuffarmi. Lo sentivo entrare e uscire a ritmo variabile, mentre la mano destra stringeva ritmicamente la mia spalla. Lo sentivo ansimare dal naso, facendo respiri profondi e forti. Ero eccitatissimo, sentivo la pressione sulla mia prostata e dovetti davvero controllarmi per non venire.
Andammo avanti così in quella posizione per circa una decina minuti, e alla fine Trevor si fermò.
Uscì e si appoggiò sulla mia schiena, allungandosi verso il mio collo, che cominciò a baciare. Mi rilassai e mi godetti quell’affetto, mentre vedevo il suo grosso membro tra le mie gambe. A quel punto mi disse se volevo girarmi che voleva lavorare ancora con mio culo. Così disse: “Mettiti a pancia in giù: sarà più facile lavorare col tuo sfintere”. Quel linguaggio tecnico mi eccitava.
Obbedii, oramai ero suo completamente.
MI fece mettere supino e mi aiutò a mettermi un cuscino sotto al sedere. Si tolse il profilattico, riafferrò il lubrificante e lo aprì. Se ne versò una copiosa quantità sulla mano destra e infilò uno, due, tre e subito quattro dita dentro il mio ano, che ormai era completamente rilassato. Cominciò ad andare su e giù roteando la mano ogni volta che la premeva dentro. Di nuovo sentii quella sensazione di calore salirmi alla faccia e il sangue pulsarmi nelle tempie mentre lui, sicuro, mi apriva il culo facendosi strada attraverso il mio ano. Mi stavo abbandonando completamente a quella sicurezza: mi guardava dritto negli occhi, mentre con le quattro dita andava su e giù attraverso il mio sfintere ormai totalmente rilassato. Il lattice che gli avvolgeva la mano rendeva il tutto estremamente liscio: non c’era nessun attrito e il lubrificante faceva il resto. Avvertii chiaramente le sue nocche oltrepassarmi lo sfintere, come un piccolo colpo sordo. Le tirò fuori e le rispinse dentro, sempre guardandomi negli occhi, per leggere le mie sensazioni, il mio stato d’animo. Mi vedeva rilassato e continuava a spingere, sempre più a fondo. Di nuovo l’unica cosa che frenava la sua mano dall’entrare completamente era il pollice, che premeva sul mio perineo.
A quel punto, girò la mano orizzontalmente, parallela al piano del materasso, allargandomi ulteriormente e vidi che avvicinava l’altra mano al mio culo. Infilò un altro dito, credo il medio, mentre aveva già le quattro dell’altra mano dentro fino alle nocche. Poi un secondo e un terzo dito. Ero in paradiso, cominciai ad ansimare forte mentre lui andava su e giù con le mani a movimenti alterni, scivolando una mano sull’altra, il lattice liscio, il lubrificante, le pareti del mio ano ormai aperto, ormai totalmente rilassato. Infilò anche l’ultimo dito della seconda mano e con le otto dita dentro, cominciò un movimento rotatorio dentro il mio culo, prima in senso orario, poi antiorario, alternando la direzione, lentamente ma sempre in maniera decisa. Stavo davvero scoppiando di piacere: lo guardavo degli occhi e non capivo più nulla.
Mi sorrise, fermò le mani e attese un mio cenno. Estrasse le dita della mano sinistra mentre spingeva sempre più a fondo le dita della mano destra. Fece un altro paio di movimenti su e giù, spingendo le nocche dentro e fuori, finché avvertii il suo pollice farsi strada dentro di me. Aggiunse un altro bel po’ di lubrificante e cominciò a spingere la mano dentro il mio sfintere, roteandola gentilmente. Non riuscivo più a definire le mie sensazioni. Un misto di piacere, dolore e totale abbandono. Trevor mi guardava negli occhi, per cogliere qualsiasi segnale nel mio sguardo che potesse guidarlo. La cosa mi rilassava e mi faceva sentire sicuro.
A quel punto credo di aver fatto un cenno con la testa, una specie di invito… o forse no, non me lo riesco a ricordare. Trevor comunque spinse ulteriormente la mano dentro di me, forzando leggermente l’ano: ebbi una sensazione di totale dilatazione, una apertura completa di tutto il mio corpo, uno squarcio totale dal profondo delle mie viscere fino alla base del collo e su fino a dentro il cervello. Sentii la sua mano scivolarmi dentro, in questo tumulto di sensazioni, e il mio culo richiudersi intorno al suo polso. Gemetti forte.
Ci fu un momento di pausa. Di estasi totale. Restammo immobili: io ansimavo profondamente steso sul letto con la sua mano dentro di me, lui era fisso sul mio sguardo, con un sorriso tranquillo.
“Sono dentro” disse. Era quasi stupito.
Avvicinai la mano al mio culo: volevo toccare cosa stesse succedendo. Sentii il mio ano teso avvolto attorno al suo polso umido di lubrificante. Subito fuori c’era il bordo del guanto e oltre iniziava il suo avambraccio. Percorsi con un dito il perimetro del mio buco: mi resi conto quanto si dovesse essere dilatato per poi richiudersi attorno al suo polso, mentre la sua mano restava calda nelle mie viscere.
Cominciò leggermente a muovere la mano dentro il mio retto. MI sentivo riempito, in totale abbandono, una sensazione che non avevo mai provato. Sentivo la sua mano calda muoversi dentro di me, mentre Trevor cominciava a massaggiarmi la pancia con la mano libera. Di nuovo la sensazione del lattice sulla mia pelle, bellissima. MI rilassai ancora e lui lentamente estrasse la mano dal mio culo, facendomi gemere, e subito la rinfilò dentro, portandomi a un livello ulteriore di piacere. Sentivo il mio ano aprirsi e richiudersi attorno alle sue dita, alle sue nocche, al suo polso. Cominciò ad andare piano piano su e giù, soffermando la mano sul punto di dilatazione massima del mio sfintere, sempre guardandomi negli occhi, massaggiandomi la pancia, sempre con un sorriso rassicurante. Ero all’apice del piacere, non riuscivo più a capire dove fossi, chi fossi e cosa stesse succedendo.
Al quarto ingresso della sua mano dentro di me non riuscii più a trattenermi: sentii un calore liquido espandersi dal perimetro del mio ano, fino dentro alle mie budella più profonde, poi su su fino alla gola, agli occhi, al cervello. Emisi un grugnito gutturale e venni con l’orgasmo più intenso che avevo mai avuto fino ad allora. Furono dieci secondi interminabili in cui tutto il mio basso ventre si contrasse attorno alla mano di Trevor, ben piantata nel mio retto. MI inarcai sulla schiena preso da una specie di convulsione e rovesciai fiotti di sperma sulla mano di Trevor che poggiava sulla mia pancia.
Pausa.
Trevor estrasse lentamente la mano dal mio culo. Non fu facile come prima, mi fece un po’ male: le contrazioni del mio orgasmo avevano ridato un po’ di tono al mio sfintere e l’espulsione fu meno facile delle precedenti. Trevor però era bravissimo, non aveva fretta: era dolce e deciso.
Rimasi tramortito per qualche minuto sul letto, abbandonato sulla schiena, ginocchia piegate, mentre Trevor mi carezzava la pancia con una mano e con due dita dell’altra mi massaggiava il culo ormai completamente slabbrato.
Fu a quel punto che si chinò verso di me e mi baciò sulla bocca. Un bacio delicato, profondo, la sua lingua intrecciata alla mia, allo stesso ritmo con cui ridava pace al mio ano con le sue dita di lattice. Fu senza smettere di baciarmi che abbandonò il mio culo e si impugnò il cazzo, che era sempre rimasto duro e dritto per tutto il tempo. Gli servirono solo di un paio di colpi e con un gemito profondo esplose su di me, aggiungendo il suo sperma al mio, coprendomi la pancia di liquido caldo.
Si stese accanto a me. Ero esausto e rilassatissimo. MI baciava il collo e le guance, mentre spalmava il nostro sperma sulla mia pancia, impiastricciandomi i peli del pube con i nostri fluidi.
Rimanemmo così per alcuni interminabili minuti.
“Benvenuto al Saint John’s College” mi disse sorridendo. “Sono contento di condividere la stanza con te”
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