L'autobus (3 parte)

di
genere
esibizionismo

L’Autobus

Ennesimo lunedì mattina. 
La sveglia suona alle sette ed io mi alzo di malavoglia, separandomi dal calore delle coperte. 
E’ una grigia mattina di novembre, il cielo è plumbeo e sembra promettere pioggia, quasi posso sentire l’aria fredda trapassare il vetro della finestra. 
Mi muovo nella semioscurità della stanza, raccatto un paio di calze abbastanza pesanti, la gonna, una camicetta e un maglioncino e vado in bagno a vestirmi e preparami. 
Cerco di dare un senso ai capelli che stamattina sembrano più ribelli che mai, mi lavo la faccia e i denti, un filo di matita e mascara e poi colazione in piedi in cucina. Vado di fretta, ho una scadenza urgente e non posso proprio perdere tempo. 
Infilo al volo un paio di stivali, il cappotto e la sciarpa e schizzo giù dalle scale, senza aspettare l’ascensore. 
Alla fermata siamo tanti come al solito, controllo l’orario sul display del telefono e non mi stupisco di constatare il solito ritardo cronico. Da quando le scuole sono riaperte la mattina è una lotta disperata per trovare un posto a sedere. 
Sto per prendere le cuffie dalla tasca, per passarmi il tempo con un po’ di musica, e lo vedo a pochi metri da me. Il mio dirimpettaio sexy. 
Mi manca un battito. 
Non l’ho mai visto prendere l’autobus in tre anni che abito in quel quartiere, vederlo lì mi lascia senza fiato.  
Ripenso alle molte volte in cui ho fantasticato su di lui, sulla sua vita, spiandolo come una guardona senza mai avvicinarmi. Senza nemmeno sapere come si chiama. 
Lo osservo con la coda dell’occhio. E’ più alto di quanto mi aspettassi, più di un metro e ottantacinque, indossa un completo grigio scuro e un cappotto nero di taglio semplice ma elegante, ha una borsa da lavoro tipo ventiquattrore. I capelli non sono troppo corti, scuri e con un accenno di grigio sulle tempie che lo rende piuttosto affascinante, i tratti decisi, virili. 
A giudicare dalla postura direi che è un uomo atletico. 
Forse percepisce il mio sguardo perché si gira verso di me e mi guarda. 
Le guance mi diventano immediatamente porpora, distolgo gli occhi. 
In mezzo a quella ressa di studenti, operai, badanti, sembra davvero fuori posto.
Perché ha preso l’autobus? Perché il mio autobus? 
Come un lampo, fantastico di lui che mi fissa dalle sue finestre, mi spia, come io ho spiato lui. Un’immediata sensazione di calore si diffonde dallo stomaco e scende verso l’inguine, irresistibile. 
Chissà quante volte ha guardato verso la mia camera, mentre mi cambiavo, quando lasciavo volutamente le tende leggermente aperte sperando che lui fosse lì, eccitato per me. 
La corriera arriva e si ferma, lascio passare avanti alcune persone e quando vedo che sta per salire anche lui, mi infilo davanti. Ci scambiamo un brevissimo sguardo elettrico.  
Siamo uno dietro l’altra. 
Il mezzo è stracolmo, nessun posto libero. 
Spingendo mi ritaglio un po’ di spazio nella corsia, in fondo, lui mi è subito dietro.  
Mi aggrappo a un sostegno e incastro la borsa tra i piedi leggermente aperti, poi slaccio il cappotto, l’aria è calda e irrespirabile. 
Con la coda dell’occhio, vedo che anche lui fa lo stesso, mette la valigetta tra i piedi e si apre il cappotto. 
E’ alle mie spalle, girato nel mio stesso senso. Posso avvertire la pressione del suo corpo, anche se rispettosamente mantiene la distanza.  
Ha un buon profumo, di dopobarba e abiti puliti. Chiudo gli occhi e mi perdo in quel profumo. 
Lo immagino mentre si stringe a me, le sue mani sui fianchi, sul seno, mentre solleva la gonna e si fa spazio nelle calze. Mi gira la testa, mentre sento distintamente i sintomi di una forte eccitazione che mi bagna le mutandine. 
E’ la prima volta che posso stargli così vicino, rendere concrete quelle fantasie che mi seguono di giorno e di notte. Ora posso visualizzare le sue mani, abbastanza grandi e con belle vene in rilievo. Al polso sinistro un orologio costoso che probabilmente vale quanto due miei stipendi. 
Perché sei in autobus?  
Continuo a chiedermelo. 
Alla fermata successiva sale altra gente, anche se l’autobus è già stracolmo. Per far passare chi deve scendere e salire, si schiaccia contro la mia schiena. 
Sento distintamente i bottoni della sua giacca premermi addosso. 
“Mi scusi” mormora contro il mio orecchio. E’ così vicino che potrei baciarlo. 
“Non si preoccupi” 
Ci guardiamo di nuovo. Occhi scuri, grandi, con una sottile rete di rughe d’espressione. E’ impossibile non notare uno sguardo malizioso in quegli occhi, ma magari sono io che voglio crederci a tutti i costi. 
Sento il suo corpo spingere contro di me, forse non solo per la ressa. 
Mi sento in fiamme. 
Istintivamente, spingo il bacino all’indietro e lo premo contro il suo inguine. 
Devo essere impazzita. 
I battiti accelerano. 
Cosa farà? Si sposterà?  
Non si sposta. Anzi, sento distintamente una leggera azione contro i miei glutei, una specie di risposta al mio gesto. 
Mi guardo intorno, ma nessuno sembra fare troppo caso a noi. Ovunque ci sono persone pressate in posizioni strane, nemmeno per noi è diverso. 
Ma io so che è diverso.  
Timidamente, irrigidisco le natiche e comincio a sfregare il mio fondoschiena contro di lui, all’altezza dell’inguine.  
La reazione non si fa attendere, il suo membro si indurisce immediatamente, lo sento spingere nella fessura tra i glutei, spigoloso e duro. Socchiudo gli occhi, trattenendo a stento un gemito. 
Rilasso i muscoli per godermi quella piacevole pressione che lentamente e dolcemente si spinge contro di me. 
Altra fermata, altra gente che spinge e preme. Qualcuno più frettoloso e sgarbato gli dà uno spintone, istintivamente abbassa il braccio per reggersi a uno dei sedili e mi trovo nel suo abbraccio involontario. 
Il suo corpo aderisce al mio in modo talmente sensuale che mi tremano le ginocchia. 
Vedo la sua mano staccarsi dal sedile e posarsi sul mio fianco, con una mossa repentina spinge il mio bacino verso di lui, ora il mio sedere è completamente a contatto con il suo sesso. La mano mi sfiora il fianco.
Immagino quelle dita curate slacciare la mia camicia, farla scivolare lungo le spalle, abbassare le coppe del reggiseno e titillarmi i capezzoli, per poi scivolare ancora più giù fino all’orlo della gonna, giocare con le calze e poi scendere ancora, fino al monte di venere, fino al clitoride, fino al cuore del mio sesso e scoparmi. 
Mi sento completamente inebriata dal quel tocco, senza freni. 
Allontana la mano in fretta, probabilmente conscio che qualcuno comincia a far caso ai nostri movimenti, e la abbandona lungo il fianco.
Ma ormai il mio corpo risponde per me, continuando un lento massaggio sul suo inguine con i miei glutei. Lo sfregamento gli piace, lo vedo socchiudere gli occhi e tenermi premuto il bacino contro di lui.  
Mi guardo attorno, nessuno sembra farci troppo caso, ma un paio di persone stanno lanciando delle occhiate dubbiose verso la nostra direzione. 
Immediatamente avvampo, fisso lo sguardo verso il finestrino e mi blocco, paralizzata dall’imbarazzo.  
Ma lui prosegue inesorabile a spingersi contro di me, seguendo impercettibilmente il dondolio del mezzo, mandandomi scariche di pura adrenalina ed io non riesco a staccarmi.
Se potessi mi farei sbattere ora, da lui, anche se non so nemmeno chi sia. 
Sento il mio sesso contrarsi di desiderio, farsi sempre più umido. Comincio un leggero sfregamento con le gambe contraendo i muscoli.  
Il respiro accelera, mentre anche il movimento dei nostri due bacini si sincronizza in modo impercettibile e inesorabile, lui mi spinge e io rispondo, aumentando la frizione.  
Non mi importa di chi ci sta guardando e di cosa stanno pensando, voglio un orgasmo ora, voglio scoparlo adesso. 
Sento il suo inguine schiacciarsi al mio fondoschiena, la sua mano si allunga istintivamente verso il mio fianco, per afferrarmi. E sento l’estasi e la vergogna mescolarsi insieme sul mio viso, mentre cerco di non lasciar trasparire il piacere che mi monta dal fondo del ventre. 
Deglutisco a fatica, una sensazione di ottundimento e piacere che mi pervade.
Senza quasi che me ne accorga, la mia mano scivola in basso e va ad afferrare il suo membro turgido. 
Ne saggia la consistenza, dura, corposa, invitante, lo stringe delicatamente e lo percorre attraverso la stoffa. 
Sento il suo respiro bloccarsi, come colto da una sensazione troppo forte.  
Ritiro quella mano impertinente, forse mi sono spinta troppo avanti, ho esagerato, ma ormai sono andata troppo oltre, il continuo dondolio dell’autobus, la sua pressione, le contrazioni dei muscoli mi stanno portando rapidamente verso un orgasmo.
Proprio quando sono ormai alle soglie del mio piacere, si stacca da me. 
Il cambiamento è repentino e quasi barcollo, tentando di ricompormi in fretta, stizzita per questo piacere negato.  
Lo vedo dirigersi rapidamente all’uscita richiudendo in fretta il cappotto sui pantaloni. 
Sento i miei umori impregnarmi le mutandine e non contenti, invadere le calze. 
Sento il liquido caldo scivolare nell’interno della coscia e arrestarsi assorbito dal tessuto. 
Ci scambiamo un’occhiata veloce, forse ci rivedremo? 
L’occhiata è veloce, ma carica di promesse e di desiderio.
Poi le porte si chiudono e lui sparisce alla mia vista.

(Leggi anche le prime due parti: La Finestra e La Finestra di Lui - melagranadiade@libero.it)
scritto il
2021-06-04
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