Avrei voluto dire

di
genere
etero

Nuda sul divano, bionda e bianca come il gesso. 1980 qualcosa: Amsterdam, giorni di concerti, tensione, desideri; i suoi capelli lunghi e lisci come quelli di una ninfa finnica dei boschi, i capezzoli facevano capolino fra il sottili fili dorati, al vertice di quei seni piccoli e acerbi, due aggraziate melette. Romano era lì in quel salotto con lei, stava per succedere, si trovava anche questo in Olanda oltre alla musica, tanta strada dall'Italia, restare lì chissà? Lei era una ragazza romena, ora si toccava davanti a lui sensualmente, lo invitava ad avvicinarsi al suo pube depilato e candido, Romano non indugiò oltre e vi si tuffò; si sfilò in fretta la canottiera e iniziò a baciarla sul collo, le spostò i capelli dietro la schiena per vederla meglio, le leccò i capezzoli facendole inarcare la schiena e infine si spinse a brucare più in basso, è sempre lei a darti il segnale. Iniziarono a muoversi le dita, quelle di lui dentro di lei per aiutare la lingua, quelle di lei per finire di spogliarlo, lei aveva un gusto acido, ma Romano non smetteva di trangugiare tutto senza sosta da affamato quale era. Quel tempio di venere era stretto e liscio, semidischiuso e umido, somigliava un poco ad un occhio chiuso. I sospiri si facevano più forti con l'intensità delle carezze, quando lo ebbe liberato dalle mutande lui cel'aveva già dritto come un palo e la bionda fu subito pronta a menarglielo piano piano, quando ebbe preso confidenza glielo prese in bocca e iniziarono una sessantanove su quel vecchio e consumato divano di pelle marrone, lei sopra e lui sotto. Lui era alto e i suoi muscoli abbastanza definiti, braccia forti, spalle larghe, il viso forse nel complesso non si distingueva particolarmente da tanti altri se non per l'azzurro dei suoi occhi e i capelli neri come la pece, sotto il pube squadrato e villoso aveva un'asta di 8 pollici di lunghezza e 4 dita di larghezza, 6 pollici e mezzo di circonferenza alla base, carne bianca e rigata di vene, la cappella gonfia e violacea, i coglioni grossi come due uova e scarsamente pelosi, lei si stava dando un gran da fare a giocarci e a strapazzarli. Quando sentì che lui stava per venire lo fermò e iniziò a infilargli il preservativo, la giusta pausa per prolungare il piacere, ormai era pronto a fotterla, lei era distesa a gambe aperte provocante verso di lui, entrò come fosse burro e partì con un movimento un po' ancheggiante, una penetrazione profonda, i loro pubi si strusciavano. I loro corpi apparivano magri distesi uno sull'altro, si muovevano piano e ansimando, lui muoveva le sue mani su di lei con una bramosia da cavarle la pelle, voleva aumentare la velocità e la mise di spalle piegata. Lei s'appoggiò al divano, lui spingeva in piedi, le mise dentro e fuori un paio di volte, le schiaffeggiò il culo: un bel culo devo dire, rotondo, sodo e candido ben fatto sotto ogni profilo e reso perfetto dall'ombreggiatura che gli dava la luce di quel particolare momento. Sentiva la pelle di lei aderire al suo cazzo, lo pigliava proprio bene, la sentiva pulsare, lei lo erotizzava parecchio. Un vortice di passione, ancora spontanea e inaspettata, come quella del primo incontro quando tutto dell'altro è ancora bello e misterioso. Finirono ancora distesi sul divano, lei piegata in un angolo, lui seduto, le gambe incrociate e la spinta, credo sia una posizione del kamasutra, ma non ricordo il nome sinceramente non me ne frega un cazzo porco dio! Lei venne per prima con un sussulto, un'emozione intensa di almeno 1-2 minuti, attimi che sembravano ancora più lunghi. Poi venne lui, si sfilò il preservativo e le imbrattò il petto, fra le tette le fece una macchia abbastanza omogenea e biancastra; si misero seduti sul divano, non si lavarono, bevvero un bicchiere di vino rosso, a lei lo sperma le si seccò addosso. Andava così ad Amsterdam: musica, sorrisi, la giacca di pelle di lei e sigarette fumate nel terrazzo di cemento di quel condominio piccolo e vecchio, giornate di cielo grigio fra i canali, umidità nell'aria, freddo nelle ossa. Ci furono altri pomeriggi di sesso illuminati dalla luce bianca di una lampadina nuda che penzolava dal soffitto come unico lampadario della stanza; venne il giorno che Romano manco se lo immaginava perduto dietro a ben altri pensieri. Lei si spogliò in fretta come sempre, una cascata d'oro, i suoi capelli,nel rosso del tramonto pareva la Danae di Klimt, ora aveva del pelo sul pube, Romano gli aveva chiesto di farselo crescere, muschio color del miele. Lui le mise subito una mano sulla figa, più sicuro e meno pesante della prima volta con lei, scese a baciare quel taglio di un rosa intenso; il perineo: la strada per la seconda porta, le piccole labbra: la seconda cerchia di mura, il clitoride: il guardiano, il monte di venere: il giardino, l'orefizio infine: la regina, così ha scritto qualcuno. Lui era in mutande col cazzo già in tiro e lei glielo accarezzava con la morbida pianta del piede, gli abbassò l'elastico con l'alluce erano nudi ancora, lui si stese ancora su di lei e lei gli infilò ancora il preservativo, c'era una sorta di lenta, tranquilla regolarità che s'era instaurata fra loro. Credo che lei avesse comprato un tipo di preservativi sbagliato, lui si sentiva troppo stretto, ma stette in silenzio e la penetrò con un gemito, si stringeva ai suoi fianchi con le mani per prenderla con più forza, lei venne. Sta volta però voleva metterglielo in culo, tolse il cazzo dalla figa ed iniziò a sbatacchiarglielo e a strusciarglielo sulla riga del culo, lei cercò un po' di ribellarsi all'inizio, ma quando Romano le infilò dentro il glande per intero si arrese. Il suo stallone le aveva sputato sul buco per lubrificare e si era fatto strada con le dita e con la lingua, in un paio di colpi glielo mise dentro tutto senza troppi problemi, forse altri avevano già abusato di quel pertugio. Pompava come un disperato dentro di lei, sentiva il suo attrito, il contatto lo eccitava sempre più, iniziò a pizzicarle un capezzolo, lei lanciava degli urletti molto sensuali. “Dai dai mettiti due dita in figa e poi in bocca dio can!” urlò il libertino schiumando dalla bocca, lei ubbidì immediatamente, lei stava godendo ancora e a lui mancava ormai poco. E' stato detto: cos'è di tremendo un tifone di fronte all'uomo in cerca di piacere? Romano si tose il preservativo spinse la testa della rumena contro il suo cazzo mentre con l'altra continuava a masturbarsi e quando lei aprì la bocca le venne sulla lingua imbiancandogliela ben ben di sperma, lei ingoiò tutto subito. Romano si girò di spalle e senti un rumoretto, la porta dello squallido appartamento s'era aperta: un ragazzo aveva varcato la soglia della casa di lei, aveva i capelli ricci lunghi fin sul collo, di un colore rossastro, ma tendente allo scuro, il pizzetto e la faccia da coglione. Il frocio guardava la scena inebetito, davanti ai due che avevano appena scopato se ne stava vestito con un paio di orrendi jeans larghi, un piumino nero e delle enormi scarpe da skateboard grige, era più basso di romano, ma più grosso di lui, dal tratto somatico e dalle poche parole incomprensibili che aveva bisbigliato si capiva che era un rumeno, Romano non ci mise molto a fare due più due. “Porco dio, ma qui mi state pendendo per il culo? Madonna puttana? Tu sei fidanzata con questo frocio di merda e non m'hai mai detto un cazzo?” urlò Romano alzandosi in piedi nudo e incazzato “No no, non hai capito...lui è...mio fratello..è venuto a trovarmi!” disse lei confusa, Romano le mollò un ceffone, il fidanzato si stava avvicinando per picchiare Romano, ma l'italiano fu più veloce di lui, raccolse una scopa che era appoggiata dietro il divano e lo colpì al petto col manico di legno, il rumeno imprecò sotto il colpo dell'uomo nudo, seguì una seconda legnata su una spalla, una sulle palle fortissima e in fine una in testa che mise al tappeto il rumeno, romano si avvicinò al ragazzo disteso a terra e gli spaccò il manico di scopa sulla schiena, il bastano era diviso a metà quasi perfettamente. La puttana nuda se ne stava impotente sul divano a piangere “Tu volevi ingannarmi dio cane, che cazzo volevi fare???Porco dio! Lo sai che non puoi fare un cazzo, qua se provi a denunciarmi vi rimandano entrambi al vostro paese appena entrate in un commissariato! Dio bastardo!”urlò Romano, ancora nudo col cazzo gocciolante di sperma; avvicinatosi al rumeno disteso per terra gli calò le braghe larghe col manico di scopa e con un colpo secco glielo ficco in culo “Ecco qua porco dio, e adesso ve ne andate tutti e due in mona!” detto questo si rivestì in fetta e scese in strada, il vicolo era buio e deserto, ad un palo stava legata la bicicletta della rumena, lui con un sasso ruppe la catenella e salito in sella su quello sgangherato ammasso di alluminio bianco e accartocciato se ne andò in direzione del suo appartamento. Passo il resto del pomeriggio con un amico che non vedeva da molto, si ubriacarono come ai vecchi tempi; pochi in realtà i ricordi, il suo compare a un tratto inseguì a piedi delle studentesse italiane pure loro pretendendo una prestazione sessuale con bestemmie, minacce e termini osceni, le giovani si rifugiarono nel loro fatiscente appartamento al primo piano di un palazzetto di mattoni vicino a un canale. L'ubriacone iniziò a picchiare forte sugli infissi di legno “Perchè non volete darci il culo puttane? Che cazzo siete dio boia? Delle lesbiche di merda!” le ragazze inizialmente minacciarono di chiamare la polizia, ma poi il fauno si arrese e iniziarono a ridacchiare dietro i loro infissi scrostati. Romano aveva capito che le cose dovevano cambiare, accompagnò l'amico a casa perchè non rischiasse di prendere una multa e tornò al suo appartamento, fece fagotto di tutto ciò che aveva comprato in Olanda e di tutto quello che s'era portato da casa, saldò con la padrona il suo ultimo affitto, nella sua valigia c'erano più dischi che vestiti, era parecchio pesante, s'era preso anche qualche oggetto dall'appartamento che però non gli apparteneva. Caricò la valigia sulla bici e arrivò fino ad un negozio di biciclette, li vendette la bici della rumena, era solo con la sua ingombrante valigia rigida, camminò fino ad una zona portuale
una barca a vela color legno, familiare,si fece sentire e una porta si aprì: era la casa di Elisa. Lei gli venne incontro subito e lo fece entrare come se sapesse già tutto, era una ragazza della sua stessa età che lo conosceva forse da sempre e che da sempre per i giochi del destino lo aveva seguito in ogni suo spostamento come una misteriosa sorella, era l'esatto opposto della rumena: la sua carne non era certo pallida, i suoi capelli lisci si, ma di un nero che assomigliava a quello delle notti del nord Europa, quelle notti di cui Romano era ubriaco, era più bassa di lui, formosissima con un bel balconcino e un bel didietro tutta rotondetta e bella in un suo vestito lungo senza maniche, di un rosso scuro e spento, reso più tetro dai sui capelli e dalla luce delle tante candele rosse presenti nella camera interna. “Quanto tempo è passato, sei felice di vedermi?” la salutò lui “Dopo un intervallo così lungo è ora di fare un bilancio, un ciclo si è chiuso, lo sento.” rispose lei “Sì, è così. Ogni volta che mi trovo col culo per terra vengo da te.” aggiunse sospirando Romano “Siediti, vuoi che ti legga il futuro? Posso fare delle buone previsioni lo sai.” lo invitò lei sedendosi sul tavolo rotondo al centro della stanza in legno “Sai che non credo a queste cose...” disse subito lui “Oh come tutti i libertini degni di questo nome, ma rispetto le tue idee lo sai.” gli sussurrò lei in un orecchio facendolo accomodare “Disprezzo la religione e i suoi idoli ridicoli, ma rifiuto anche i tuoi demoni e i tuoi rituali, per quanto folkloristici e affascinanti essi siano. Però lo sai che rispetto le tue idee anch'io, perchè sono più antiche dell'impostore gesù cristo e sicuramente più vicine alla nostra tradizione di un ebreo pazzo vissuto ad una distanza immensa da noi e dai nostri veri patriarchi.” disse lui e lei iniziò “Non credete voi al beneficio occulto dei segni? Non parlo di scienza astrale né di segni oroscopanti. Intendo che a simiglianza di coloro i quali credono di patire le virtù di una stella, noi possiamo creare una rispondenza ideale tra la nostra anima e qualche cosa terrena, per modo che a poco a poco questa impregnandosi della nostra essenza e magnificandosi nella nostra illusione...” “Ci appaia quasi rappresentativa di nostre ignote fatalità e assuma quasi una figura di mistero apparendo in certe congiunture di nostra vita. Il Vate, eh si questo lo credo anch'io” terminò lui tenendole la mano “ti sei mantenuta qui facendo la cartomante vedo, ma c'è una cosa delle tue credenze anche che mi piace anche se non la condivido: il potere della parola, del vero nome delle cose come comando e forza generatrice che plasma la materia perchè ne fu all'origine.”. A quel punto lei lo baciò sulle labbra e le scese una spallina, le si vedevano i capezzoli che premevano attraverso il tessuto “Hai mai pensato al potere evocativo delle storie? Al mistero del racconto? Quanto di reale c'è in ogni storia inventata? Quante bugie finiscono per diventare realtà, storie di fantasia che diventano profezie precise. Bisogna stare attenti alle frottole a volte, perchè si avverano spesso col passare del tempo. Bisogna stare attenti a raccontare, perchè col tempo, anche quando ce ne siamo già dimenticati, la storia prende vita e ci si può anche trovare dentro. Forse le storie hanno sempre qualcosa in più da raccontare rispetto alla vita reale, forse è vero, ma le storie a volte lanciano dei segni per il futuro. E non solo questo, leggende inscenate in un secondo tempo per recuperare un passato rimosso dalla memoria di tutti a volte si rivelano misteriosamente veritiere e vicinissime a come le cose andarono realmente.” disse lei scandendo piano le parole come se stesse recitando una poesia o una preghiera. “Quante storie volevo scrivere, ma non riuscirò mai a raccontare Elisa: un libro di leggende, un giallo ambientato nella Germania napoleonica, un fumetto in stile Moebius che raccontava la storia di un futuro distopico in cui tutto il mondo era stato unificato dagli Stati Uniti.” riprese Romano pensieroso stringendo a se l'amica “Tutte storie bellissime...” disse lei baciandolo “Ma fra tante storie che non no avuto la forza di scrivere cen'è una che non ho mai avuto nemmeno il coraggio di raccontare: la storia di una persona che conosco da sempre e di cui un tempo sono stato innamorato, ma non ho mai avuto il coraggio di dirglielo per timore di essere rifiutato, perchè quando una donna mi rifiuta la abbandono e questa ragazza per me è come una sorella, ha amato tanti uomini diversi, ma forse anche se non ne avesse amato nessuno le avrei fatto schifo lo stesso. Elisa, sei tu, ho aspettato troppo e ero troppo giovane.”disse Romano lentamente guardandola negli occhi, lei lo baciò intensamente alla francese, il groviglio di lingue sembrò durare per ore “E tu hai scopato con diverse ragazze, lo so.” bisbigliò lei abbracciandolo mentre sentiva già il suo pene eretto attraverso i vestiti “Ma nessuna mi ha mai amato veramente, forse non ci saresti riuscita nemmeno tu, se non per un istante, un breve attimo di felicità. Avrei voluto vivere questo con te.” rispose lui poi le morse il labbro inferiore lascivamente “Ti amerò questa notte amore mio.” disse lei sfilandogli la maglietta. Elisa iniziò ad accarezzargli il petto poi indietreggiò di qualche passo e fece cadere la spallina che le restava su. Il seno destro si scoprì per primo col capezzolo scuro al centro, poi si liberò anche l'altro, era davvero un bel decoltè, ma il vestito non si fermava e scivolava come un panno di lino appoggiato ad una ringhiera di marmo lucido e brillante, si scoprì il pancino un po' gonfio, ma ancora più sensuale proprio per questo, comparvero le linee che disegnano il pube e apparve il pelo: tanto, nero, folto, riccio. Romano si attaccò subito ai capezzoli turgidi, lei lo abbracciò stringendolo a se e toccando i suoi capelli con le mani, scese fino a baciarle il ventre, poi le mise le mani sui fianchi, la girò di spalle strusciandole la patta gonfia sulla riga del culo, era eccitata. Romano iniziò a baciarle la schiena e scese fino al culo “Non sai da quanto aspettavo questo momento” sibilò lui spingendola verso il letto, la piegò e insinuò la sua lingua fra le natiche tenendole aperte con le mani, leccò con forza il buco del culo e la figa, penetrando entrambi gli orefizi con le dita. Lei giunse ad un primo rapido orgasmo, si girò in tutto il suo splendore e gli sciolse i pantaloni, lui se ne liberò in fretta, il cazzo sembravo voler sbregare le mutande da un momento all'alto. Lei glielo tirò fuori e iniziò a toccarlo con gesti rapidi, ma misurati ed esperti, un bacio sulla punta, un colpo di lingua sul glande scoperto, un altro bacio, tutto dentro. “Aspetta” disse Romano “Fammi vedere prima come ti tocchi, voglio vederti...” lei aprì le gambe distesa sul letto e iniziò ad accarezzare il suo sesso con occhi inebriati, prima pudicamente sfiorava il suo pube, poi il contatto intimo con se stessa riprese con maggiore intensità, prima fuori e poi dentro, una nuova fitta di piacere “Ora le dita mettile in bocca!” chiese il suo adone, Elisa seguì le istruzioni.Allora lei riprese in mano il pene di lui, lo succhiava con forza e passione, un flusso di energia di grande intensità li univa ora distesi assieme, lui non si staccò dalla figa di lei assetato del succo prelibato che secernava; sempre con la bocca lei gli infilò il preservativo, intanto gli accarezzava le palle con una mano “Ho maledetto quella puttana, ho compiuto il rito e le forze del destino la puniranno...vedrai amore mio...” sospirava lei mentre lui la faceva godere ancora con la lingua e le labbra, stuzzicandole il clitoride “Sai che non credo a queste cose, pentacoli di Salomone, heptagrammi...e il destino...si il destino si...ma non sempre è perfetto...” disse lui fermandosi un attimo “Servo una casta di demoni minori, demoni cantastorie, come lo sei tu. I loro poteri sono limitati, non sono infallibili, lo so. Sono sempre stanca dopo ogni rituale, ti toglie un po' di energia.” sospirò lei mentre lui le infilava dentro due dita e le strusciava il cazzo sulla gamba tesa “Non fermarti amore mio ti prego” disse Elisa. Non so come tu abbia fatto ad incantare anche te stessa Elisa, non so come tu abbia fatto a convincerti, questo avrebbe voluto dire Romano, ma preferì stare in silenzio. Un po' per rispetto, un po' per continuare a leccare, di rispetto alle superstizioni sentiva di non doverne dare, ma a lei si; si adagiò sul suo ventre e la penetrò con un movimento secco e semplice “Questi anni stanno per finire, nessuno se ne è ancora reso conto, allora sarà troppo tardi. Un nuovo circolo allora e un altro riflusso, non resterà che nostalgia.” diceva Elisa invasata già per il piacere che la percorreva tutta, spingeva, spingeva forte il suo uomo, sulla mano intorpidita sentiva la pressione del sangue, come mille spilli che la trafiggevano da entrambe le parti insieme, era bello stare dentro di lei, sentiva che le voleva davvero bene. La nave iniziava a muoversi su delle onde leggere, solo ora Romano sentiva il movimento del mare, unito al suo nell'atto sessuale, uno scorrere lento nel corpo di lei, un lasciarsi scivolare; le alzò le gambe fino alle sue spalle baciandole le palme dei piedi, ancora dentro di lei e la lingua che percorreva le dita delicate dei piedi di lei, il sesso è una cosa semplice in fondo, tutto è naturale, tutto ciò che esiste è naturale e tutto è semplice o forse proprio per questo nulla lo è. In quella posizione proseguiva nella monta, la sentiva gemere e tremare. Così Romano sentiva di esistere: spingendo in lei, la girava e rigirava da una parte e dall'altra per percepire il contatto in forme diverse, estraeva e rinfilava il suo cazzo per prolungare il piacere. Lui posizionò le mani calde sui suoi seni e iniziò a titillare i capezzoli ancora bagnati di saliva, ora colpiva da dietro con il suo ariete, la danza sensuale procedeva. “L'hai scampata anche sta volta Romano, qualcuno ti protegge, ma ora è tempo di andare. So che vuoi partire e ti porterò al sicuro, domani la barca partirà, le tue cose sono qui e ci ameremo fino a quando non saremo tornati a casa. Seguiremo la costa cogliendo tutto quello che rimane, prenderemo tutto quello che troveremo. Per questo viaggio ti amerò.” annunciò l? Elisa con fare da profetessa incalzata ancora dai colpi della sua verga, tutto dentro fino alle palle, poi fuori e dentro di nuovo, romano non rispondeva, ma lei conosceva già la risposta affermativa, così doveva essere. La fattucchiera si raccolse i capelli con entrambe le mani alzandoli libidinosamente verso l'alto, godendo pienamente sopra il suo stallone, era giunta cosi all'orgasmo appoggiandosi a lui dopo una foga simile ad un sospiro di sollievo dopo una lunga corsa. Lui non era ancora appagato, stava disteso col cazzo in tiro, lei gli sfilò rapida il preservativo e riprese con un lungo bocchino, un lavoro quasi tutto di lingua che portò il suo amante a gemere sotto i suoi colpi. L'eiaculazione fu molto intensa, mentre lo sperma scorreva li culminava il suo piacere fisico, dieci schizzi liquidi e abbondanti le riempirono la bocca, sentiva il sapore di lui deciso e particolare, non le faceva schifo, assorbì tutto. Turbini di piacere pulsavano sotto la fronte di Romano, distendendo le sue terminazioni nervose, questo è il godimento. Dormirono nudi e abbracciati, il loro viaggio li riportò indietro, lì non c'era più nulla per restare, così abbandonarono quella che fu la capitale delle sottoculture: Amsterdam la città dei giovani, discesero dalla Venezia del nord verso sud come facevano le antiche galee dei mercanti secoli addietro. Nessuno dei due seppe mai che la rumena e il suo fidanzato morirono in un incidente stradale: il destino di sicuro, non le profezie di cui bisogna avere timore o le evocazioni oblique. La separazione arrivò inevitabile fra Elisa e Romano alla fine del loro lungo viaggio, ma ricordi di felicità li accompagnano sino ad oggi.
Dedicato a chi fugge.
di
scritto il
2012-11-29
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