4 - Nuova giornata, riflessioni, progetti, peccatucci
di
Malagigi2
genere
saffico
A causa della stanchezza e delle emozioni della giornata dormii profondamente, ma non a lungo, aprii gli occhi ben prima del suono della sveglia, regolata sugli orari di Ilaria che entra al lavoro mezz’ora prima di me. Quando si alza lei, tuttavia, mi alzo anch’io, fare colazione insieme è un rito a cui teniamo molto entrambe. Appena mi destai il mio pensiero corse subito a Francesca, al suo corpo nudo e fremente. Quasi per esorcizzare quella visione, che mi risvegliava sensi di colpa, volsi lo sguardo su Ilaria che stava ancora dormendo sdraiata su un fianco. Indossava solo le mutandine, la vista della sua schiena e delle sue belle gambe non mancò di provocarmi una lieve eccitazione ma non quanto me ne procurasse l’immagine di Francesca, nuda, fremente e implorante sotto di me. Anche per scacciare questi pensieri che mi turbavano, piacevolmente devo dire, mi alzai una decina di minuti prima che la sveglia suonasse, in modo da preparare con calma il tè per Ilaria e il caffelatte per me. Ilaria si alzò di buon umore e mi diede il buongiorno con un bacino sulle labbra e una carezza sul viso, senza dubbio il fatto di trovare la colazione pronta l’aveva ulteriormente ben disposta nei miei confronti. Da parte mia io mi arruffianai un po’ con lei scartando i biscotti che aveva comprato nel pomeriggio del giorno prima, i quali, per i motivi che ho descritto, erano rimasti nel loro pacchetto. Nell’aprire la confezione le sorrisi, le diedi un bacetto sulla guancia dicendole che cominciare la giornata con una colazione così era davvero un’ottima cosa. In realtà a Ilaria questi biscotti piacevano molto ma io non li trovavo eccezionali, volevo compiacerla perché avvertivo nei suoi confronti un lieve senso di colpa. Non per quello che avevo fatto il giorno prima, ma per quello che, temevo, avrei fatto nel corso della giornata. Il pensiero di Francesca non mi abbandonava: la desideravo, non potevo negarlo, la desideravo pazzamente, avrei voluto, sopra ogni altra cosa, trascorrere un week end con lei, ma questo sapevo bene che non era possibile. Mi sentivo scoraggiata, un fine settimana insieme avrebbe potuto fare chiarezza dei nostri sentimenti, perché non doveva essere possibile? Provai una nota irrazionale di risentimento verso Ilaria e verso Daniela. E va bene, se trascorrere due giorni con lei non era possibile, io però la volevo ancora, a tutti i costi. Volevo di nuovo spogliarla, toccarla, vederla dimenarsi sotto le mie carezze. Volevo di nuovo sentirla chiedere pietà. Sapevo bene che per quel giorno la cosa non sarebbe stata possibile, non potevo certamente uscire di nuovo dal lavoro così all’improvviso, una Dirigente ha le sue responsabilità a cui fare fronte, già in mattinata avrei dovuto affrontare le conseguenze dell’assenza del giorno prima; pensavo però che trovarci nel mio ufficio e scambiarci qualche bacio e qualche carezza non sarebbe stato impossibile: sempre che Francesca fosse disponibile a farlo! Il pensiero che tutto potesse essere finito con l’incredibile giornata di cui vi ho detto mi preoccupava, non potevo negarlo. Concentrai il pensiero sul bacio che Francesca mi aveva dato prima che uscissi da casa sua, alla sua frase sull’accappatoio, tutti segnali incoraggianti, che indicavano chiaramente la sua intenzione di incontrarci ancora: poteva, tutto questo, svanire nel corso di una notte? No, non poteva. Con questi pensieri che mi giravano per il capo mi lavai, salutai Ilaria che si recava al lavoro, mi vestii e uscii a mia volta. Sull’ascensore ebbi la tentazione di mandare un messaggino a Francesca, tanto per tastare il terreno, ma poi decisi di no, l’avrei chiamata dall’ufficio col telefono interno, dal tono della sua voce avrei subito capito tutto. Stavo per salire in macchina quando il mio telefonino emise un bip: era lei! Era un messaggio semplice e diretto, tipico della sua natura: Ciao Claudia, posso venire a trovarti in ufficio stamattina? Ho una voglia matta di rivederti! Provai una sensazione di sollievo che non avrei mai creduto di poter avvertire; mi sentii persino commossa, se fosse stata davanti a me l’avrei abbracciata forte, le avrei dato tanti bacini sulle labbra e le avrei sussurrato tante paroline dolci. Le risposi che appena fossi stata in ufficio l’avrei chiamata e che anch’io desideravo tanto rivederla. Le inviai anche un emoticon con un bacio: lei me ne rinviò tre. Sollevata e allegra, persino un po’ eccitata, mi avviai verso il lavoro; stavo pensando a lei, a come sarebbe entrata nel mio ufficio, quando improvvisamente un pensiero mi attraversò la mente e mi stupii di non averci pensato prima: io e Francesca, se solo lei lo avesse voluto, avremmo potuto trascorrere un week end insieme, certamente. E in un modo semplice, naturale, che non avrebbe destato sospetti in nessuno: né in Ilaria, che di Francesca ignorava persino l’esistenza, né in Daniela, che ignorava sia la mia omosessualità sia la mia recente intimità con la sua donna. Ma poi era ancora la sua donna? - mi sorpresi a pensare malignamente. E io desideravo veramente stare ancora con Ilaria? Lo si sarebbe visto in futuro, mi risposi, il week end, il week end avrebbe fatto chiarezza. Mi sentivo al settimo cielo, tra poco avrei avuto di nuovo Francesca tra le mie braccia e tra due settimane avrei passato due giorni con lei e avremmo dormito insieme: percorrendo il tragitto tra il posteggio e l’ufficio mi accorsi che stavo praticamente saltellando.
Cercai di contenermi, entrai in ufficio con l’atteggiamento serioso che si conviene ad una dirigente, accesi il computer e diedi una rapida scorsa alla posta elettronica. Non c’era nulla di urgente, mi imposi qualche minuto di calma, poi afferrai il telefono e la chiamai:
- Ciao – mi disse con un tono di voce dolce e caldo.
- Ciao, puoi venire da me?
- Arrivo subito.
Meno di trenta secondi dopo sentii bussare alla porta del mio ufficio e la vidi entrare, un sorriso smagliante, un vestito corto, smanicato, generosamente scollato, scarpe col tacco alto, le gambe nude. La trovai irresistibile, le dissi di chiudere la porta a chiave e le corsi incontro. Ci scambiammo un bacio lungo e appassionato, eravamo eccitate, Francesca sollevò una gamba e strusciò la coscia sul mio fianco, io cercai di appoggiare la mia passerina alla sua e iniziai a strusciarmi. Intanto le mani correvano a cercare i punti più sensibili dei nostri corpi, le gambe, il sederino, le tette. Ci fermammo un attimo per rifiatare poi ci abbandonammo ancora ai baci. Senza riflettere la sdraiai sulla mia scrivania, le infilai la mano tra le gambe spalancate e iniziai a carezzarla sotto le mutandine. Lei era naturalmente un lago per cui infilai le dita agevolmente nella fessura e iniziai un ditalino forsennato e persino un po’ violento, mentre con l’altra mano le tormentavo una tetta. Mi sentivo dominatrice, la vedevo contorcersi sotto le mie mani, stava accadendo esattamente quello che al mattino avevo pensato non sarebbe stato possibile e che ora, invece, grazie alla nostra incoscienza, frutto del desiderio smodato che ci divorava, diventava possibile. Francesca cercava di trattenere i gemiti di piacere per non farsi sentire, e si vedeva bene che ciò le costava molta fatica. Improvvisamente sbarrò gli occhi, volse il capo all’indietro e s’irrigidì. La vidi abbandonarsi sulla scrivania come un fantoccio a cui avessero tagliato i fili, gli occhi chiusi, la bocca aperta e l’espressione beata. Capii che doveva avere avuto un orgasmo molto intenso, forse vissuto con un pizzico di sofferenza per non aver potuto esprimere a voce il piacere che stava provando. Rimase sdraiata sulla scrivania, respirando forte, senza muoversi e senza neppure aprire gli occhi. Solo la bocca, fino ad allora spalancata, si socchiuse in un sorriso di pura beatitudine. Non pensavo che avrei mai potuto dare così tanto piacere in così breve tempo, la cosa mi riempì di soddisfazione ma anche di eccitazione, volevo venire anch’io. Afferrai Francesca per le braccia e la rimisi in piedi, lei aprì un poco gli occhi e con filo di voce, malferma sulle gambe, mi chiese cosa volessi farle. Le feci poggiare la pancia sulla scrivania, le sollevai il vestitino e le sfilai le mutandine: lei si fece fare tutto senza minimamente opporsi, pareva in catalessi. La vista del suo culo nudo mi faceva impazzire, provai l’impulso di affibbiarle un paio di sculaccioni ma mi trattenni perché avevo paura di fare troppo rumore. Mi sfilai le mutandine, sollevai la gonna e appoggiai la mia passerina al suo sedere opulento; la posizione non era proprio quella ideale ma non appena avvertii il contatto tra il mio clitoride e la pelle del suo posteriore sentii un fiotto caldo tra le gambe e venni in breve tempo: fu un orgasmo intensissimo, un po’ frenato dal fatto di non poter urlare. Rimasi forse mezzo minuto sdraiata su di lei, poi mi ripresi, mi infilai di nuovo le mutandine, la feci rialzare e le porsi il suo indumento intimo invitandola a rimetterselo in fretta, non potevo tenere la porta chiusa a chiave per troppo tempo, eravamo già state troppo incoscienti. Francesca obbedì, io riaprii la porta e la invitai a sedersi sulla sedia degli ospiti, mentre io mi accomodavo alla mia scrivania. Eravamo una di fronte all’altra, ci sorridemmo poi chiesi:
- Francesca, che ci sta succedendo?
- Non lo so – rispose lei che non sembrava essersi ancora del tutto ripresa – non lo so davvero. Guardami, sono ancora frastornata, non ho mai avuto un orgasmo così per un semplice ditalino. Con te ogni sensazione mi pare accentuata, amplificata, è stato così anche ieri, ho dovuto faticare a lasciarti andare via. Appena te ne sei andata mi sono spogliata e ho infilato l’accappatoio che avevi indossato, volevo sentire il tuo odore. Mi sono sdraiata sul letto e mi sono toccata fino a venire. Ti avrei chiamata cento volte ma pensavo fossi con Ilaria e avevo paura di farlo. Aspettare fino a stamattina è stato eterno, quando sono entrata nel tuo ufficio ero già infoiata da morire, i tuoi baci e le tue carezze mi hanno fatta impazzire, lo hai visto, avrei voluto urlare a squarciagola ma non potevo farlo, forse è questo che mi ha sconvolta del tutto. Ecco, è questo che mi sta succedendo, mi sento attratta da te in un modo incredibile, da ieri non faccio che pensare a te. Questo è quello che mi sta succedendo, e so anche di non volerci rinunciare. Tu invece cosa mi dici?
Avevo ascoltato il discorso di Francesca in un crescendo di gioia e di commozione: dunque erano questi suoi sentimenti, gli stessi che provavo io. Ora si aspettava che fossi io a rivelarmi, era giusto, non potevo certo tirarmi indietro. Iniziai:
- Tu dici che hai fatto fatica a lasciarmi andare via, io ti dico che ho fatto fatica ad andarmene. La tua frase sull’accappatoio e l’ultimo bacio che hai voluto ci scambiassimo mi avevano sconvolta. Sono tornata a casa pensando che la cosa non poteva, non doveva finire lì. Mi aggrappavo a questa mia opinione speranza ripetendomi ciò che mi avevi detto sull’accappatoio e sul mio odore, pensavo sempre a quell’ultimo bacio. Questi ricordi mi confortavano nella speranza che tra noi ci sarebbero stati ancora contatti, e tuttavia avevo paura che tu avessi potuto cambiare idea. Questa paura mi ha impedito di chiamarti stamattina, il tuo messaggio mi ha riempito di sollievo, mi sono sentita al settimo cielo. Ieri, quando sono tornata a casa, ho rivisto Ilaria ovviamente, ci siamo riappacificate, abbiamo fatto l’amore, mi ha rifatto il clistere.
- Com’è andata?
- Bene, poi se vuoi ti spiego, ma tutto questo non ha più nessuna importanza. Ho fatto l’amore con lei ma pensavo a te, prima di addormentarmi pensavo a te, al risveglio pensavo a te, non vedevo l’ora di rivederti, di abbracciarti, di toccarti. Anche le mie sensazioni con te sono amplificate, ho appena avuto un orgasmo da svenire con un semplice contatto che, normalmente, sarebbe appena stato sufficiente ad eccitarmi. E’ un desiderio che mi travolge, non so se sia amore o altro, so solo che non sono in grado di rinunciarvi.
Francesca ora sembrava essersi ripresa, il suo sorriso luminoso le incorniciava di nuovo il volto. Ci fissammo fino a che lei disse:
- Cosa vogliamo fare?
- Ci ho pensato.
- E ti sei risposta?
- Sì. Dobbiamo passare un po’ di tempo insieme.
Mi guardò con aria interrogativa, sembrava un po’ spaventata da questa mia affermazione. La sentii affermare, la voce un po’ esitante:
- Mi piacerebbe, ma non è facile, io ho un marito e c’è sempre ancora Daniela. Io ti desidero pazzamente ma non so se sono già pronta per un passo così impegnativo.
Era davvero spaventata, la cosa mi irritò un po’, mi sembrava un segno di debolezza, ma mi fece anche capire che stavo sempre più diventando la parte dominante e la cosa mi intrigava assai. Dopotutto ero stata io a prendere l’iniziativa di baciarla e di portarmela a letto, e ora, a quanto pare, ero io quella che cercava e proponeva soluzioni. Bene, molto bene, se con Francesca la cosa fosse continuata, se fosse diventata una cosa seria, lei avrebbe fatto tutto quello che avrei voluto io, non c’erano dubbi su questo. Passai quindi a tranquillizzarla, ma pensai bene di farlo anche con un po’ di fermezza, non era male che capisse da subito chi fosse a decidere:
- Sciocca, non correre troppo, nessuno ti ha chiesto di fare passi in avanti, impegnativi o meno, ho solo detto che dovremmo passare un po’ di tempo insieme, proprio per capire meglio le nostre intenzioni per il futuro. Neanch’io so se voglio lasciare Ilaria, forse lo farò, forse no, ma io, prima di tutto, ho bisogno di trascorrere un week end con te. E la cosa è possibile, se anche tu lo desideri.
- Certo che lo desidero – forse non era del tutto sincera – ma come possiamo fare?
- In un modo molto semplice, partecipando entrambe al convegno organizzato dall’Anci sulla gestione del personale che si terrà tra due settimane a Stresa. Il Direttore Di Giacomo mi aveva già chiesto di partecipare e io avevo acconsentito.
- E io? Il Direttore a me non ha detto nulla.
- Lo so, ma se glielo dico io lo farà.
- Sembri molto sicura.
- Dovevamo andarci io e la Vaglio, ma Teresa ha declinato. Siccome i posti a disposizione sono due, e a Di Giacomo non va di perdere un posto messo a disposizione, mi ha chiesto di fargli un nome. Io a dire la verità non ci avevo più pensato, ma ora…
- Ma Di Giacomo dirà di sì?
- Perché dovrebbe dire di no? Ti occupi di assunzioni, la gestione del personale ti può riguardare. Perché hai tutte queste titubanze? Se non ti va, dillo!
- No, figurati, è che mi sembra troppo bello. Potremo stare insieme per due giorni, potremo addirittura dormire insieme. E Daniela non potrà avere nessun sospetto perché, ufficialmente la cosa mi sarà richiesta dal Direttore, e poi lei non sa niente di te, non sa neppure che sei lesbica.
Socchiuse un poco gli occhi e aggiunse:
- Mi sembra un sogno.
- Per ora lo è, un sogno, ma se chiamo il Direttore diventerà realtà. Lo chiamo?
- Sì, sì, ti prego.
Lo chiamai, le dissi che al convegno avrebbe potuto partecipare Francesca, disse che era d’accordo e che l’avrebbe chiamata per verificare la disponibilità.
- E’ d’accordo, ti chiamerà per dirtelo.
Francesca si alzò dalla sedia, mi corse incontro sorridendo, mi baciò sulle labbra e mi disse:
- Sei proprio una donna fantastica, non vedo l’ora che arrivi questo week end.
- Anch’io, ma nel frattempo che facciamo?
- Possiamo fare quello che abbiamo fatto questa mattina.
- Tutti i giorni non sarà possibile.
- No, ma almeno un bel po’ di baci, lingua contro lingua, quelli ce li potremo permettere.
E mentre lo disse mi baciò appassionatamente.
- Sai – aggiunse - ho letto di una famosa attrice che una volta, spinta dal desiderio, baciò una collega proprio così, lingua contro lingua. Ne rimase turbata perché non è lesbica e dichiarò che tutto sommato quando due donne incrociano le lingue è come se facessero l’amore. A te non sembra?
- Mmhh… Francesca, tesoro, certo che mi sembra, il problema è che poi resto eccitata.
- Anch’io, ma una soluzione c’è.
- Quale?
- La più semplice e naturale del mondo, quella manuale.
- Ma…
- Ho smesso da tempo di vergognarmi della masturbazione, cosa c’è di male? Quando mi sento eccitata e so che non posso fare altrimenti, o non ho voglia di aspettare il momento in cui mi vedrò con Daniela, vado in bagno e provvedo. Semplicemente e naturalmente.
- Lo farai anche oggi?
- Penso proprio di sì, ora come ora allargherei le gambe e ti pregherei di leccarmi, ma non si può, e quindi…
- Mi hai detto che l’hai già fatto ieri sera, quando io sono andata via.
- Esatto. E poi l’ho rifatto prima di addormentarmi e poi stamattina quando mi sono svegliata.
- Davvero non ti vergogni di toccarti.
- Io no, e tu?
- Un pochino.
- Non dovresti, è una forma di contatto con il nostro corpo, è una cosa del tutto naturale.
- Sì, hai ragione, però mi vergogno un po’ lo stesso.
- Ma lo fai ugualmente.
- Qualche volta, devo ammetterlo, soprattutto se sono giù di morale per qualche motivo, non necessariamente riguardante Ilaria. Trovo che mi ridia un po’ di carica. Se ieri mattina non ti avessi incontrata alla macchinetta penso lo avrei fatto.
- E oggi lo farai?
- Sì, credo di sì.
Mi sorrise, mi diede ancora un bacio e uscì. Dieci minuti dopo mi arrivò un suo messaggio sullo smartphone: “Fatto! Ora mi sento meglio…” Sorrisi di tenerezza, Francesca aveva superato quel momento di timore che l’aveva resa incerta e titubante ed era di nuovo la Francesca di sempre, o almeno la Francesca che io avevo iniziato a conoscere dal giorno prima: diretta, solare, allegramente sfrontata. Non risposi subito al messaggio ma mi recai in bagno e mi masturbai, più intensamente e meno vergognosamente del solito. Un week end probabilmente decisivo si profilava all’orizzonte, cosa sarebbe successo nel frattempo? Ma, soprattutto, cosa sarebbe successo in quel week end? E quali ne sarebbero state le conseguenze? Allora non avevo ancora le risposte a queste domande ma oggi le ho? E se voi, miei cari due lettori e soli amici le vorrete conoscere, dovrete leggere i miei prossimi racconti. Ciao, ciao.
Claudia
Cercai di contenermi, entrai in ufficio con l’atteggiamento serioso che si conviene ad una dirigente, accesi il computer e diedi una rapida scorsa alla posta elettronica. Non c’era nulla di urgente, mi imposi qualche minuto di calma, poi afferrai il telefono e la chiamai:
- Ciao – mi disse con un tono di voce dolce e caldo.
- Ciao, puoi venire da me?
- Arrivo subito.
Meno di trenta secondi dopo sentii bussare alla porta del mio ufficio e la vidi entrare, un sorriso smagliante, un vestito corto, smanicato, generosamente scollato, scarpe col tacco alto, le gambe nude. La trovai irresistibile, le dissi di chiudere la porta a chiave e le corsi incontro. Ci scambiammo un bacio lungo e appassionato, eravamo eccitate, Francesca sollevò una gamba e strusciò la coscia sul mio fianco, io cercai di appoggiare la mia passerina alla sua e iniziai a strusciarmi. Intanto le mani correvano a cercare i punti più sensibili dei nostri corpi, le gambe, il sederino, le tette. Ci fermammo un attimo per rifiatare poi ci abbandonammo ancora ai baci. Senza riflettere la sdraiai sulla mia scrivania, le infilai la mano tra le gambe spalancate e iniziai a carezzarla sotto le mutandine. Lei era naturalmente un lago per cui infilai le dita agevolmente nella fessura e iniziai un ditalino forsennato e persino un po’ violento, mentre con l’altra mano le tormentavo una tetta. Mi sentivo dominatrice, la vedevo contorcersi sotto le mie mani, stava accadendo esattamente quello che al mattino avevo pensato non sarebbe stato possibile e che ora, invece, grazie alla nostra incoscienza, frutto del desiderio smodato che ci divorava, diventava possibile. Francesca cercava di trattenere i gemiti di piacere per non farsi sentire, e si vedeva bene che ciò le costava molta fatica. Improvvisamente sbarrò gli occhi, volse il capo all’indietro e s’irrigidì. La vidi abbandonarsi sulla scrivania come un fantoccio a cui avessero tagliato i fili, gli occhi chiusi, la bocca aperta e l’espressione beata. Capii che doveva avere avuto un orgasmo molto intenso, forse vissuto con un pizzico di sofferenza per non aver potuto esprimere a voce il piacere che stava provando. Rimase sdraiata sulla scrivania, respirando forte, senza muoversi e senza neppure aprire gli occhi. Solo la bocca, fino ad allora spalancata, si socchiuse in un sorriso di pura beatitudine. Non pensavo che avrei mai potuto dare così tanto piacere in così breve tempo, la cosa mi riempì di soddisfazione ma anche di eccitazione, volevo venire anch’io. Afferrai Francesca per le braccia e la rimisi in piedi, lei aprì un poco gli occhi e con filo di voce, malferma sulle gambe, mi chiese cosa volessi farle. Le feci poggiare la pancia sulla scrivania, le sollevai il vestitino e le sfilai le mutandine: lei si fece fare tutto senza minimamente opporsi, pareva in catalessi. La vista del suo culo nudo mi faceva impazzire, provai l’impulso di affibbiarle un paio di sculaccioni ma mi trattenni perché avevo paura di fare troppo rumore. Mi sfilai le mutandine, sollevai la gonna e appoggiai la mia passerina al suo sedere opulento; la posizione non era proprio quella ideale ma non appena avvertii il contatto tra il mio clitoride e la pelle del suo posteriore sentii un fiotto caldo tra le gambe e venni in breve tempo: fu un orgasmo intensissimo, un po’ frenato dal fatto di non poter urlare. Rimasi forse mezzo minuto sdraiata su di lei, poi mi ripresi, mi infilai di nuovo le mutandine, la feci rialzare e le porsi il suo indumento intimo invitandola a rimetterselo in fretta, non potevo tenere la porta chiusa a chiave per troppo tempo, eravamo già state troppo incoscienti. Francesca obbedì, io riaprii la porta e la invitai a sedersi sulla sedia degli ospiti, mentre io mi accomodavo alla mia scrivania. Eravamo una di fronte all’altra, ci sorridemmo poi chiesi:
- Francesca, che ci sta succedendo?
- Non lo so – rispose lei che non sembrava essersi ancora del tutto ripresa – non lo so davvero. Guardami, sono ancora frastornata, non ho mai avuto un orgasmo così per un semplice ditalino. Con te ogni sensazione mi pare accentuata, amplificata, è stato così anche ieri, ho dovuto faticare a lasciarti andare via. Appena te ne sei andata mi sono spogliata e ho infilato l’accappatoio che avevi indossato, volevo sentire il tuo odore. Mi sono sdraiata sul letto e mi sono toccata fino a venire. Ti avrei chiamata cento volte ma pensavo fossi con Ilaria e avevo paura di farlo. Aspettare fino a stamattina è stato eterno, quando sono entrata nel tuo ufficio ero già infoiata da morire, i tuoi baci e le tue carezze mi hanno fatta impazzire, lo hai visto, avrei voluto urlare a squarciagola ma non potevo farlo, forse è questo che mi ha sconvolta del tutto. Ecco, è questo che mi sta succedendo, mi sento attratta da te in un modo incredibile, da ieri non faccio che pensare a te. Questo è quello che mi sta succedendo, e so anche di non volerci rinunciare. Tu invece cosa mi dici?
Avevo ascoltato il discorso di Francesca in un crescendo di gioia e di commozione: dunque erano questi suoi sentimenti, gli stessi che provavo io. Ora si aspettava che fossi io a rivelarmi, era giusto, non potevo certo tirarmi indietro. Iniziai:
- Tu dici che hai fatto fatica a lasciarmi andare via, io ti dico che ho fatto fatica ad andarmene. La tua frase sull’accappatoio e l’ultimo bacio che hai voluto ci scambiassimo mi avevano sconvolta. Sono tornata a casa pensando che la cosa non poteva, non doveva finire lì. Mi aggrappavo a questa mia opinione speranza ripetendomi ciò che mi avevi detto sull’accappatoio e sul mio odore, pensavo sempre a quell’ultimo bacio. Questi ricordi mi confortavano nella speranza che tra noi ci sarebbero stati ancora contatti, e tuttavia avevo paura che tu avessi potuto cambiare idea. Questa paura mi ha impedito di chiamarti stamattina, il tuo messaggio mi ha riempito di sollievo, mi sono sentita al settimo cielo. Ieri, quando sono tornata a casa, ho rivisto Ilaria ovviamente, ci siamo riappacificate, abbiamo fatto l’amore, mi ha rifatto il clistere.
- Com’è andata?
- Bene, poi se vuoi ti spiego, ma tutto questo non ha più nessuna importanza. Ho fatto l’amore con lei ma pensavo a te, prima di addormentarmi pensavo a te, al risveglio pensavo a te, non vedevo l’ora di rivederti, di abbracciarti, di toccarti. Anche le mie sensazioni con te sono amplificate, ho appena avuto un orgasmo da svenire con un semplice contatto che, normalmente, sarebbe appena stato sufficiente ad eccitarmi. E’ un desiderio che mi travolge, non so se sia amore o altro, so solo che non sono in grado di rinunciarvi.
Francesca ora sembrava essersi ripresa, il suo sorriso luminoso le incorniciava di nuovo il volto. Ci fissammo fino a che lei disse:
- Cosa vogliamo fare?
- Ci ho pensato.
- E ti sei risposta?
- Sì. Dobbiamo passare un po’ di tempo insieme.
Mi guardò con aria interrogativa, sembrava un po’ spaventata da questa mia affermazione. La sentii affermare, la voce un po’ esitante:
- Mi piacerebbe, ma non è facile, io ho un marito e c’è sempre ancora Daniela. Io ti desidero pazzamente ma non so se sono già pronta per un passo così impegnativo.
Era davvero spaventata, la cosa mi irritò un po’, mi sembrava un segno di debolezza, ma mi fece anche capire che stavo sempre più diventando la parte dominante e la cosa mi intrigava assai. Dopotutto ero stata io a prendere l’iniziativa di baciarla e di portarmela a letto, e ora, a quanto pare, ero io quella che cercava e proponeva soluzioni. Bene, molto bene, se con Francesca la cosa fosse continuata, se fosse diventata una cosa seria, lei avrebbe fatto tutto quello che avrei voluto io, non c’erano dubbi su questo. Passai quindi a tranquillizzarla, ma pensai bene di farlo anche con un po’ di fermezza, non era male che capisse da subito chi fosse a decidere:
- Sciocca, non correre troppo, nessuno ti ha chiesto di fare passi in avanti, impegnativi o meno, ho solo detto che dovremmo passare un po’ di tempo insieme, proprio per capire meglio le nostre intenzioni per il futuro. Neanch’io so se voglio lasciare Ilaria, forse lo farò, forse no, ma io, prima di tutto, ho bisogno di trascorrere un week end con te. E la cosa è possibile, se anche tu lo desideri.
- Certo che lo desidero – forse non era del tutto sincera – ma come possiamo fare?
- In un modo molto semplice, partecipando entrambe al convegno organizzato dall’Anci sulla gestione del personale che si terrà tra due settimane a Stresa. Il Direttore Di Giacomo mi aveva già chiesto di partecipare e io avevo acconsentito.
- E io? Il Direttore a me non ha detto nulla.
- Lo so, ma se glielo dico io lo farà.
- Sembri molto sicura.
- Dovevamo andarci io e la Vaglio, ma Teresa ha declinato. Siccome i posti a disposizione sono due, e a Di Giacomo non va di perdere un posto messo a disposizione, mi ha chiesto di fargli un nome. Io a dire la verità non ci avevo più pensato, ma ora…
- Ma Di Giacomo dirà di sì?
- Perché dovrebbe dire di no? Ti occupi di assunzioni, la gestione del personale ti può riguardare. Perché hai tutte queste titubanze? Se non ti va, dillo!
- No, figurati, è che mi sembra troppo bello. Potremo stare insieme per due giorni, potremo addirittura dormire insieme. E Daniela non potrà avere nessun sospetto perché, ufficialmente la cosa mi sarà richiesta dal Direttore, e poi lei non sa niente di te, non sa neppure che sei lesbica.
Socchiuse un poco gli occhi e aggiunse:
- Mi sembra un sogno.
- Per ora lo è, un sogno, ma se chiamo il Direttore diventerà realtà. Lo chiamo?
- Sì, sì, ti prego.
Lo chiamai, le dissi che al convegno avrebbe potuto partecipare Francesca, disse che era d’accordo e che l’avrebbe chiamata per verificare la disponibilità.
- E’ d’accordo, ti chiamerà per dirtelo.
Francesca si alzò dalla sedia, mi corse incontro sorridendo, mi baciò sulle labbra e mi disse:
- Sei proprio una donna fantastica, non vedo l’ora che arrivi questo week end.
- Anch’io, ma nel frattempo che facciamo?
- Possiamo fare quello che abbiamo fatto questa mattina.
- Tutti i giorni non sarà possibile.
- No, ma almeno un bel po’ di baci, lingua contro lingua, quelli ce li potremo permettere.
E mentre lo disse mi baciò appassionatamente.
- Sai – aggiunse - ho letto di una famosa attrice che una volta, spinta dal desiderio, baciò una collega proprio così, lingua contro lingua. Ne rimase turbata perché non è lesbica e dichiarò che tutto sommato quando due donne incrociano le lingue è come se facessero l’amore. A te non sembra?
- Mmhh… Francesca, tesoro, certo che mi sembra, il problema è che poi resto eccitata.
- Anch’io, ma una soluzione c’è.
- Quale?
- La più semplice e naturale del mondo, quella manuale.
- Ma…
- Ho smesso da tempo di vergognarmi della masturbazione, cosa c’è di male? Quando mi sento eccitata e so che non posso fare altrimenti, o non ho voglia di aspettare il momento in cui mi vedrò con Daniela, vado in bagno e provvedo. Semplicemente e naturalmente.
- Lo farai anche oggi?
- Penso proprio di sì, ora come ora allargherei le gambe e ti pregherei di leccarmi, ma non si può, e quindi…
- Mi hai detto che l’hai già fatto ieri sera, quando io sono andata via.
- Esatto. E poi l’ho rifatto prima di addormentarmi e poi stamattina quando mi sono svegliata.
- Davvero non ti vergogni di toccarti.
- Io no, e tu?
- Un pochino.
- Non dovresti, è una forma di contatto con il nostro corpo, è una cosa del tutto naturale.
- Sì, hai ragione, però mi vergogno un po’ lo stesso.
- Ma lo fai ugualmente.
- Qualche volta, devo ammetterlo, soprattutto se sono giù di morale per qualche motivo, non necessariamente riguardante Ilaria. Trovo che mi ridia un po’ di carica. Se ieri mattina non ti avessi incontrata alla macchinetta penso lo avrei fatto.
- E oggi lo farai?
- Sì, credo di sì.
Mi sorrise, mi diede ancora un bacio e uscì. Dieci minuti dopo mi arrivò un suo messaggio sullo smartphone: “Fatto! Ora mi sento meglio…” Sorrisi di tenerezza, Francesca aveva superato quel momento di timore che l’aveva resa incerta e titubante ed era di nuovo la Francesca di sempre, o almeno la Francesca che io avevo iniziato a conoscere dal giorno prima: diretta, solare, allegramente sfrontata. Non risposi subito al messaggio ma mi recai in bagno e mi masturbai, più intensamente e meno vergognosamente del solito. Un week end probabilmente decisivo si profilava all’orizzonte, cosa sarebbe successo nel frattempo? Ma, soprattutto, cosa sarebbe successo in quel week end? E quali ne sarebbero state le conseguenze? Allora non avevo ancora le risposte a queste domande ma oggi le ho? E se voi, miei cari due lettori e soli amici le vorrete conoscere, dovrete leggere i miei prossimi racconti. Ciao, ciao.
Claudia
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