Il trasloco
di
Daunos
genere
incesti
IL TRASLOCO
(Ogni mio racconto è frutto di fantasia. I protagonisti sono maggiorenni e non vi sono violenze. Cerco chi possa scrivere con me un racconto a più mani. Non posso rispondere qua, semmai lasciate una email di contatto)
Molte cose nella vita possono far aumentare lo stress di una persona, o di una famiglia intera. Una di queste senza dubbio è il trasloco. Anche in una casa piccola, quando si trasloca pian pieno escono cose dimenticate da tempo, talmente obliate che neppure ci si ricordava l’esistenza. Cos’, da dieci scatole o scatolini, diventano una trentina; quindi un via vai con la macchina dalla vecchia casa all’altra – giacché i mobili andranno portati da una ditta specializzata -; e ciò aumenta lo stress. Quando poi l’ex casa è grande, ancora più scatoloni. Se una famiglia è affiatata ci si aiuta; ma alle volte anche in una famiglia affiatata l’aiuto può venir meno da parte di alcuni, forse anche complice il non volersi trasferire.
Nella famiglia di Simona, 46 anni ben portati; donna mediterranea ma al tempo stesso dalle rotondità non flaccide ed un prosperoso seno rifatto; il contrario al trasloco, su quattro persone, era il figlio più piccolo, il secondo genito Giacomo, di 20 anni, ripetente di un liceo classico locale. La famiglia era composta da Simona e dal marito Manuel, di 51 anni e dai figli Marco di 22 e appunto il già citato secondo genito Giacomo. La famiglia è proprietaria di un ristorante locale e i figli vi lavoravano anche se non proprio con voglia.
Erano i primi di dicembre quando il trasloco era in procinto di essere; così Simona chiese a Giacomo di aiutarla per un po’ di giorni con gli scatoloni ed altro, cosicché Marco e il padre potevano dedicarsi al ristorante. Solo che l’impresa fu più dura del previsto. Giacomo giocava a calcio – locale – e, oltre a bighellonare con gli amici, non faceva altro: svogliato e con la testa fra le nuvole, era un ragazzo estroverso e attratto dalle belle donne, non ultima sua madre. Simona da tempo si era accorta degli sguardi di suo figlio ma non vi dava peso. 20 anni lui e lei aveva le forme ancora piacenti
“passerà”
Diceva fra sé e sé quando notava gli sguardi sconfinanti del figlio. Come li notava del figlio maggiore. Solo che Simona, nella sua insistenza verso il secondo genito per aiutarla a fare il trasloco, almeno con gli scatoloni, non poteva di certo immaginare che suo figlio fosse talmente estroverso e “stronzo” da poter mettere sul piano della bilancia, proprio la mamma stessa. Dato che il motorino del figlio aveva avuti dei problemi, Simona accompagnò Giacomo a calcio e affrontò il discorso circa gli aiuti. Da subito rammentò, con toro perentorio di come dovesse andare il giorno dopo alla casa nuova per aiutarla con le scatole; in tutto una quindicina, solo per loro due. Marco e Manuel avrebbero poi portate le loro. Giacomo però, come suo solito essere svogliato non ne voleva sapere, dato che doveva incontrare la sua ragazza momentanea, oltre a dovere andare nel paese vicino con gli amici, che avevano organizzato una pizza dopo gli allenamenti. Gli animi un poco si scaldarono durante il tragitto, con le solite frasi materne:
“viene prima la tua famiglia. Aiuti tua mamma e non una estranea” e cose così.
Giacomo però era irremovibile, ma a Simona serviva assolutamente l’aiuto di qualcuno. Il ragazzo non era ferrato nel servire in sala al ristorante, al contrario di Marco; e quindi solo lui poteva aiutarla. Da donna forte e orgogliosa, non voleva certo chiedere aiuto ad altri ma doveva spuntarla con il figlio. Nel tragitto mamma e figlio continuavano a discutere, tanto che alla fine, stufo, Giacomo disse che poteva mostrarsi interessato se la mamma potesse far per lui qualcosa
“e cosa scusa?”
chiese Simona guidando. Giacomo con una ironia non proprio consona fece notare a sua mamma come il suo seno sarebbe stato un ottimo incentivo. Pur guidando, una sberla di Simona, condita da una rabbia vocale colpì il figlio ventenne, che rimase spiazzato ma, al tempo stesso irremovibile nella sua mancata voglia di aiutare la madre; forse più irremovibile di prima. Il tragitto durava mezz’ora su per giù, il grosso del quale passato in silenzio dopo quel ceffone. Arrivati, Giacomo scese proferendo una sola frase:
“pensaci mamma, se no fatti aiutare da qualcuno del paese; me ne frego”
E così andò.
Il clima era ancora teso dopo la partita, quando Simona andò a riprendere il figlio. Se all’andata la donna era acqua e sapone, al ritorno Giacomo notò come sua mamma fosse truccata con un bel gloss lucido rosa scuro; lo stesso che riscosse plausi dei figli giorni prima. Così, incalzò con la sua richiesta. Simona era imbarazzata, preoccupata, tesa ma il trasloco era alle porte e quegli scatoloni non potevano essere portati il giorno stesso, aumentando lo stress della donna e dei familiari tutti in quel giorno imminente. Di chiedere aiuto poi non se ne parlava. Così il figlio disse alla mamma che se non voleva concedere ora, allora il giorno dopo alla casa nuova ma in quel momento voleva un incentivo. Simona iniziò a dialogare, con fare interrogativo ma serioso con il figlio, facendo più domande su quale fosse questo incentivo, ricordando al figlio di quanto quel comportamento non era consono verso sua madre. Ma le sue frasi di giusta morale non attecchirono in Giacomo, che invitò sua mamma a limonare con lui come incentivo. Quasi l’auto di Simona sbandò a quella richiesta e, dopo aver alzato più volte la voce, comprese come le sue grida morali si stavano infrangendo contro un muro insormontabile, condito da ironia e spocchia tipica di un ventenne; anche se il ventenne a lei di fianco fosse suo figlio.
Il sole oramai tramontato e complice la campagna del tragitto che li riportava a casa; Simona fermò la sua piccola macchina, atta a piccoli viaggi, in un piccolo spiazzare alberato sul ciglio della strada secondaria. Le macchine, seppur rare, passavano da quella strada non consci che una mamma stava cercando di far ragionare suo figlio che, dal canto suo, menefreghista e malizioso iniziava a palpare i seni della genitrice che, incredula, si guardava a destra e a manca, avanti e dietro paventando sguardi indiscreti di passanti, seppur in un classico buio di campagna delle 18:30 di un pomeriggio di inizi dicembre. Con imbarazzo di Simona e malizia del figlio, le bocche si unirono e la lingua di Giacomo di forza fece breccia nella bocca perfettamente e vistosamente truccata di sua mamma. In una limonata passionale, quasi furiosa, Giacomo aveva fatta entrare la sua mano destra nella scollatura di sua mamma, impossessandosi del seno sinistro della stessa, mentre le lingue di mamma – oramai sconfitta - e figlio roteavano passionali. Il tutto durò pochi minuti, dopodiché i due si staccarono. Simona era a dir poco imbarazzata nel suo silenzio; Giacomo più spavaldo iniziò a parlare
“wow che lingua mamma! Poi fino a che non finiamo con gli scatoloni il resto mamma; alla casa nuova”
“zitto almeno!”
Proferì sorridente. Simona non disse altro: si risistemò il seno nel maglioncino e quindi nel reggiseno e ripartì seriosa
1° GIORNO:
Il giorno dopo, di buon mattino e caricati gli scatoloni, mamma e figlio arrivarono alla casa nuova nel centro del paese. Il ragazzo aiutava sua mamma portando due scatoloni vistosamente pesanti, tanto da farlo camminare piano, prendendo spesso quelli di sua mamma portandoli al secondo piano – senza ascensore naturalmente - per un palazzo vetusto -. Dopo un’ora, Giacomo disse a sua mamma
“oi sono stanco; ho la schiena a pezzi mà. Prima pausa, che ne dici mamma?”
“non facciamo prima a portarne altri?”
“oi mà io sono stanco e…lo sai no?”
“lo so cosa?”
“il premio, o te lo sei dimenticato mamma?”
“va bene, va bene dai ok su”
Simona, conscia di dover mantenere la promessa, guardò suo figlio e non dicendo altro. Erano in salone; un salone che ora era colmo di scatoloni ma che di lì a poco sarebbe divenuto un luogo abitabile atto al focolare domestico. Giacomo si sedette su di due scatoloni non fragili, sorridendo a sua mamma che si avvicinò. Il tutto in un silenzio irreale fra mamma e figlio, rotto solo dalle voci di paese. La donna si era nuovamente truccata quel giorno, sapendo che il figlio avrebbe gradito. Paventando che Giacomo si fosse tirato indietro per gli aiuti dopo quel bacio della sera prima, allora la mamma aveva osato il medesimo trucco marcato. Ma il figlio, una volta che sua mamma si avvicinò, allargò le gambe facendola posizionare fra le stesse. Simona era imbarazzata e seria e Giacomo di risposta le mise di colpo i seni di fuori, complimentandosi, estasiato con sua mamma, che aveva gli occhi di fuori per la spavalderia di suo figlio. Si avvicinò spavaldo e iniziò a succhiarle i seni con foga tipica di un ventenne, anche un po’ impacciato, ma non così tanto dato che Simona dopo qualche minuto iniziò a respirare in modo più pesante. Cinse con le braccia la schiena materna portandola più verso di lui, limonando i seni come in un film porno. Simona, seppur contrariata, iniziò pian piano ad ansimare in modo molto imbarazzato, ma non fermando suo figlio. Seppur eccitato, Giacomo dopo si ritirò dicendo a sua mamma che per quel giorno poteva bastare. Simona allora si risistemò e continuarono, con non poca fatica, a mettere gli scatoloni in salone.
2° GIORNO:
il giorno seguente Giacomo non attese di arrivare alla nuova casa ed iniziò a toccare sua mamma dal tragitto. Guidava lui ma le gambe di sua mamma, seppur coperte da jeans, erano alla sua portata, così come le mani della stessa che Giacomo mise sulla propria patta, tanto che Simona, incredula, poteva sbottonargli i pantaloni dopo le insistenze del figlio; cosa che non fece subito quindi e che non fece con convinzione. Con insistenza, Giacomo convinse sua mamma nel far uscire il suo membro. Aperta la patta, sua mamma qualche minuto dopo si ritrovò a masturbare suo figlio lentamente. L’imbarazzo era sovrano, tanto più che il membro del figlio era grosso e largo da non credere ai suoi occhi. Giacomo anche era incredulo, per come la mamma fosse così brava nel segare. Ma Simona non sospettava che gli ultimi minuti di tragitto, si fosse ritrovata con il membro di suo figlio in bocca. Forte che quel giorno la strada secondaria fosse semideserta, Giacomo rallentò. Simona muoveva la sua testa veloce -e con mano destra ferma a la base del pene - per far venire suo figlio che di rimando le aveva messa la mano sulla nuca facendola pompare con un ritmo incalzante
“caz…zo mamma che…ventosa! Dio che bocca che hai!”
Il pompino era rumoroso e Simona voleva che il figlio finisse subito. Almeno si manteneva calmo per le prossime ore. Così il ragazzo dopo pochi minuti iniziò a contrarsi per gli spasmi e si svuotò nella bocca di sua mamma accostando dapprima l’auto, con cinque schizzi densi. Simona, dopo aver ingoiato a fatica, alzò il capo senza guardare suo figlio. Mentine e di nuovo gloss, mamma e il figlio si misero a lavoro dopo essere entrati in quella che doveva essere la nuova casa di lì a breve.
3° GIORNO:
fra gli scatoloni poggiati in modo ordinato, ma che andavano quasi del tutto a colmare il salone, Simona era intenta a fare una spagnola a suo figlio Giacomo, seduto sugli scatoloni, tanto da poter permettere alla mamma di chinarsi, pur rimanendo in piedi. Simona aveva legati i capelli, sapendo che di certo avrebbe anche dovuto usare la bocca. La spagnola era forte, eseguita con foga per far capitolare presto il figlio ventenne. Quando Giacomo stava per eiaculare, Simona prese in bocca il membro del suo secondo genito, che le venne copiosamente, quasi a strozzarla. I gemiti del ragazzo erano contenuti giacché i vicini potevano altrimenti sentire e, dato che avevano inizialmente visto madre e figlio entrare, non era proprio il caso che sentissero qualcosa.
“ultimo giorno questo; spero che tu sia soddisfatto ora della ricompensa, per aiutare tua madre, fra l’altro”
disse Simona seria a suo figlio
“beh mamma, aiutandoti non sono stato con la mia ragazza questi giorni. Gli aiuti si ripagano”
Simona allora disse a suo figlio che era giunto il momento di tornare in casa e, prima di uscire, Giacomo rifilò una sonora palpata sul culo di sua madre, per poi spingere due dita all’interno. Simona però, dato ormai quel rapporto instaurato, non fece niente nemmeno per ammonirlo.
LUGLIO; 6 MESI DOPO IL TRASLOCO:
Sdraiata sul letto esausta, in quella calura di metà giugno, con il sole delle 8:00 del mattino che entrava dalla persiana abbassata per metà di quella finestra che dava sulla vallata che circondava il paese, Simona si stava riprendendo pian piano dal potente orgasmo appena avuto
“mamma io vado, passi al ristorante alle dieci?”
Bermuda, maglia e scarpe da ginnastica, il figlio arrivò di fianco a sua madre, fra il letto ed il muro
“sì tesoro, ci vediamo più tardi. Mi faccio una doccia, passo dalla parrucchiera e arrivo”
“Va bene mamma, a dopo e…grazie”
“a dopo tesoro”
Così il ragazzo lasciò la sua stanza e uscì in direzione ristorante, dove il padre lo attendeva per scaricare la merce.
Simona pian piano si fece una doccia, si vestì e si truccò. Come sempre bella come il sole, si preparò per uscire di casa quando venne cinta da dietro. Le mani sui seni che palpavano vistosi
“mamma vai al ristorante”
“ehi Giacomo! Sì, vado al ristorante. Tu non vieni?”
“sì dopo mamma, però…”
“sì non ti preoccupare: domani mattina passo in camera tua”
“e lo facciamo?”
“e lo facciamo”
“ma nel sedere domani?”
“non lo so, che l’altra volta mi hai fatto un po’ male”
“e…un incentivo mamma?”
Rise Giacomo. La madre si girò, guardò il figlio negli occhi sbottonando i pantaloni dello stesso. Sbottonati che furono, la donna si piegò sulle ginocchia prendendo il membro di suo figlio in bocca facendolo completamente sparire fra l’ansimare strozzato del ragazzo. Poi lo fece uscire e si rialzò
“ti aspetto al ristorante”
“va bene mamma, a dopo”
rispose sorridente Giacomo.
Simona uscì di casa in direzione ristorante, fra i saluti dei passanti.
FINE
(Ogni mio racconto è frutto di fantasia. I protagonisti sono maggiorenni e non vi sono violenze. Cerco chi possa scrivere con me un racconto a più mani. Non posso rispondere qua, semmai lasciate una email di contatto)
Molte cose nella vita possono far aumentare lo stress di una persona, o di una famiglia intera. Una di queste senza dubbio è il trasloco. Anche in una casa piccola, quando si trasloca pian pieno escono cose dimenticate da tempo, talmente obliate che neppure ci si ricordava l’esistenza. Cos’, da dieci scatole o scatolini, diventano una trentina; quindi un via vai con la macchina dalla vecchia casa all’altra – giacché i mobili andranno portati da una ditta specializzata -; e ciò aumenta lo stress. Quando poi l’ex casa è grande, ancora più scatoloni. Se una famiglia è affiatata ci si aiuta; ma alle volte anche in una famiglia affiatata l’aiuto può venir meno da parte di alcuni, forse anche complice il non volersi trasferire.
Nella famiglia di Simona, 46 anni ben portati; donna mediterranea ma al tempo stesso dalle rotondità non flaccide ed un prosperoso seno rifatto; il contrario al trasloco, su quattro persone, era il figlio più piccolo, il secondo genito Giacomo, di 20 anni, ripetente di un liceo classico locale. La famiglia era composta da Simona e dal marito Manuel, di 51 anni e dai figli Marco di 22 e appunto il già citato secondo genito Giacomo. La famiglia è proprietaria di un ristorante locale e i figli vi lavoravano anche se non proprio con voglia.
Erano i primi di dicembre quando il trasloco era in procinto di essere; così Simona chiese a Giacomo di aiutarla per un po’ di giorni con gli scatoloni ed altro, cosicché Marco e il padre potevano dedicarsi al ristorante. Solo che l’impresa fu più dura del previsto. Giacomo giocava a calcio – locale – e, oltre a bighellonare con gli amici, non faceva altro: svogliato e con la testa fra le nuvole, era un ragazzo estroverso e attratto dalle belle donne, non ultima sua madre. Simona da tempo si era accorta degli sguardi di suo figlio ma non vi dava peso. 20 anni lui e lei aveva le forme ancora piacenti
“passerà”
Diceva fra sé e sé quando notava gli sguardi sconfinanti del figlio. Come li notava del figlio maggiore. Solo che Simona, nella sua insistenza verso il secondo genito per aiutarla a fare il trasloco, almeno con gli scatoloni, non poteva di certo immaginare che suo figlio fosse talmente estroverso e “stronzo” da poter mettere sul piano della bilancia, proprio la mamma stessa. Dato che il motorino del figlio aveva avuti dei problemi, Simona accompagnò Giacomo a calcio e affrontò il discorso circa gli aiuti. Da subito rammentò, con toro perentorio di come dovesse andare il giorno dopo alla casa nuova per aiutarla con le scatole; in tutto una quindicina, solo per loro due. Marco e Manuel avrebbero poi portate le loro. Giacomo però, come suo solito essere svogliato non ne voleva sapere, dato che doveva incontrare la sua ragazza momentanea, oltre a dovere andare nel paese vicino con gli amici, che avevano organizzato una pizza dopo gli allenamenti. Gli animi un poco si scaldarono durante il tragitto, con le solite frasi materne:
“viene prima la tua famiglia. Aiuti tua mamma e non una estranea” e cose così.
Giacomo però era irremovibile, ma a Simona serviva assolutamente l’aiuto di qualcuno. Il ragazzo non era ferrato nel servire in sala al ristorante, al contrario di Marco; e quindi solo lui poteva aiutarla. Da donna forte e orgogliosa, non voleva certo chiedere aiuto ad altri ma doveva spuntarla con il figlio. Nel tragitto mamma e figlio continuavano a discutere, tanto che alla fine, stufo, Giacomo disse che poteva mostrarsi interessato se la mamma potesse far per lui qualcosa
“e cosa scusa?”
chiese Simona guidando. Giacomo con una ironia non proprio consona fece notare a sua mamma come il suo seno sarebbe stato un ottimo incentivo. Pur guidando, una sberla di Simona, condita da una rabbia vocale colpì il figlio ventenne, che rimase spiazzato ma, al tempo stesso irremovibile nella sua mancata voglia di aiutare la madre; forse più irremovibile di prima. Il tragitto durava mezz’ora su per giù, il grosso del quale passato in silenzio dopo quel ceffone. Arrivati, Giacomo scese proferendo una sola frase:
“pensaci mamma, se no fatti aiutare da qualcuno del paese; me ne frego”
E così andò.
Il clima era ancora teso dopo la partita, quando Simona andò a riprendere il figlio. Se all’andata la donna era acqua e sapone, al ritorno Giacomo notò come sua mamma fosse truccata con un bel gloss lucido rosa scuro; lo stesso che riscosse plausi dei figli giorni prima. Così, incalzò con la sua richiesta. Simona era imbarazzata, preoccupata, tesa ma il trasloco era alle porte e quegli scatoloni non potevano essere portati il giorno stesso, aumentando lo stress della donna e dei familiari tutti in quel giorno imminente. Di chiedere aiuto poi non se ne parlava. Così il figlio disse alla mamma che se non voleva concedere ora, allora il giorno dopo alla casa nuova ma in quel momento voleva un incentivo. Simona iniziò a dialogare, con fare interrogativo ma serioso con il figlio, facendo più domande su quale fosse questo incentivo, ricordando al figlio di quanto quel comportamento non era consono verso sua madre. Ma le sue frasi di giusta morale non attecchirono in Giacomo, che invitò sua mamma a limonare con lui come incentivo. Quasi l’auto di Simona sbandò a quella richiesta e, dopo aver alzato più volte la voce, comprese come le sue grida morali si stavano infrangendo contro un muro insormontabile, condito da ironia e spocchia tipica di un ventenne; anche se il ventenne a lei di fianco fosse suo figlio.
Il sole oramai tramontato e complice la campagna del tragitto che li riportava a casa; Simona fermò la sua piccola macchina, atta a piccoli viaggi, in un piccolo spiazzare alberato sul ciglio della strada secondaria. Le macchine, seppur rare, passavano da quella strada non consci che una mamma stava cercando di far ragionare suo figlio che, dal canto suo, menefreghista e malizioso iniziava a palpare i seni della genitrice che, incredula, si guardava a destra e a manca, avanti e dietro paventando sguardi indiscreti di passanti, seppur in un classico buio di campagna delle 18:30 di un pomeriggio di inizi dicembre. Con imbarazzo di Simona e malizia del figlio, le bocche si unirono e la lingua di Giacomo di forza fece breccia nella bocca perfettamente e vistosamente truccata di sua mamma. In una limonata passionale, quasi furiosa, Giacomo aveva fatta entrare la sua mano destra nella scollatura di sua mamma, impossessandosi del seno sinistro della stessa, mentre le lingue di mamma – oramai sconfitta - e figlio roteavano passionali. Il tutto durò pochi minuti, dopodiché i due si staccarono. Simona era a dir poco imbarazzata nel suo silenzio; Giacomo più spavaldo iniziò a parlare
“wow che lingua mamma! Poi fino a che non finiamo con gli scatoloni il resto mamma; alla casa nuova”
“zitto almeno!”
Proferì sorridente. Simona non disse altro: si risistemò il seno nel maglioncino e quindi nel reggiseno e ripartì seriosa
1° GIORNO:
Il giorno dopo, di buon mattino e caricati gli scatoloni, mamma e figlio arrivarono alla casa nuova nel centro del paese. Il ragazzo aiutava sua mamma portando due scatoloni vistosamente pesanti, tanto da farlo camminare piano, prendendo spesso quelli di sua mamma portandoli al secondo piano – senza ascensore naturalmente - per un palazzo vetusto -. Dopo un’ora, Giacomo disse a sua mamma
“oi sono stanco; ho la schiena a pezzi mà. Prima pausa, che ne dici mamma?”
“non facciamo prima a portarne altri?”
“oi mà io sono stanco e…lo sai no?”
“lo so cosa?”
“il premio, o te lo sei dimenticato mamma?”
“va bene, va bene dai ok su”
Simona, conscia di dover mantenere la promessa, guardò suo figlio e non dicendo altro. Erano in salone; un salone che ora era colmo di scatoloni ma che di lì a poco sarebbe divenuto un luogo abitabile atto al focolare domestico. Giacomo si sedette su di due scatoloni non fragili, sorridendo a sua mamma che si avvicinò. Il tutto in un silenzio irreale fra mamma e figlio, rotto solo dalle voci di paese. La donna si era nuovamente truccata quel giorno, sapendo che il figlio avrebbe gradito. Paventando che Giacomo si fosse tirato indietro per gli aiuti dopo quel bacio della sera prima, allora la mamma aveva osato il medesimo trucco marcato. Ma il figlio, una volta che sua mamma si avvicinò, allargò le gambe facendola posizionare fra le stesse. Simona era imbarazzata e seria e Giacomo di risposta le mise di colpo i seni di fuori, complimentandosi, estasiato con sua mamma, che aveva gli occhi di fuori per la spavalderia di suo figlio. Si avvicinò spavaldo e iniziò a succhiarle i seni con foga tipica di un ventenne, anche un po’ impacciato, ma non così tanto dato che Simona dopo qualche minuto iniziò a respirare in modo più pesante. Cinse con le braccia la schiena materna portandola più verso di lui, limonando i seni come in un film porno. Simona, seppur contrariata, iniziò pian piano ad ansimare in modo molto imbarazzato, ma non fermando suo figlio. Seppur eccitato, Giacomo dopo si ritirò dicendo a sua mamma che per quel giorno poteva bastare. Simona allora si risistemò e continuarono, con non poca fatica, a mettere gli scatoloni in salone.
2° GIORNO:
il giorno seguente Giacomo non attese di arrivare alla nuova casa ed iniziò a toccare sua mamma dal tragitto. Guidava lui ma le gambe di sua mamma, seppur coperte da jeans, erano alla sua portata, così come le mani della stessa che Giacomo mise sulla propria patta, tanto che Simona, incredula, poteva sbottonargli i pantaloni dopo le insistenze del figlio; cosa che non fece subito quindi e che non fece con convinzione. Con insistenza, Giacomo convinse sua mamma nel far uscire il suo membro. Aperta la patta, sua mamma qualche minuto dopo si ritrovò a masturbare suo figlio lentamente. L’imbarazzo era sovrano, tanto più che il membro del figlio era grosso e largo da non credere ai suoi occhi. Giacomo anche era incredulo, per come la mamma fosse così brava nel segare. Ma Simona non sospettava che gli ultimi minuti di tragitto, si fosse ritrovata con il membro di suo figlio in bocca. Forte che quel giorno la strada secondaria fosse semideserta, Giacomo rallentò. Simona muoveva la sua testa veloce -e con mano destra ferma a la base del pene - per far venire suo figlio che di rimando le aveva messa la mano sulla nuca facendola pompare con un ritmo incalzante
“caz…zo mamma che…ventosa! Dio che bocca che hai!”
Il pompino era rumoroso e Simona voleva che il figlio finisse subito. Almeno si manteneva calmo per le prossime ore. Così il ragazzo dopo pochi minuti iniziò a contrarsi per gli spasmi e si svuotò nella bocca di sua mamma accostando dapprima l’auto, con cinque schizzi densi. Simona, dopo aver ingoiato a fatica, alzò il capo senza guardare suo figlio. Mentine e di nuovo gloss, mamma e il figlio si misero a lavoro dopo essere entrati in quella che doveva essere la nuova casa di lì a breve.
3° GIORNO:
fra gli scatoloni poggiati in modo ordinato, ma che andavano quasi del tutto a colmare il salone, Simona era intenta a fare una spagnola a suo figlio Giacomo, seduto sugli scatoloni, tanto da poter permettere alla mamma di chinarsi, pur rimanendo in piedi. Simona aveva legati i capelli, sapendo che di certo avrebbe anche dovuto usare la bocca. La spagnola era forte, eseguita con foga per far capitolare presto il figlio ventenne. Quando Giacomo stava per eiaculare, Simona prese in bocca il membro del suo secondo genito, che le venne copiosamente, quasi a strozzarla. I gemiti del ragazzo erano contenuti giacché i vicini potevano altrimenti sentire e, dato che avevano inizialmente visto madre e figlio entrare, non era proprio il caso che sentissero qualcosa.
“ultimo giorno questo; spero che tu sia soddisfatto ora della ricompensa, per aiutare tua madre, fra l’altro”
disse Simona seria a suo figlio
“beh mamma, aiutandoti non sono stato con la mia ragazza questi giorni. Gli aiuti si ripagano”
Simona allora disse a suo figlio che era giunto il momento di tornare in casa e, prima di uscire, Giacomo rifilò una sonora palpata sul culo di sua madre, per poi spingere due dita all’interno. Simona però, dato ormai quel rapporto instaurato, non fece niente nemmeno per ammonirlo.
LUGLIO; 6 MESI DOPO IL TRASLOCO:
Sdraiata sul letto esausta, in quella calura di metà giugno, con il sole delle 8:00 del mattino che entrava dalla persiana abbassata per metà di quella finestra che dava sulla vallata che circondava il paese, Simona si stava riprendendo pian piano dal potente orgasmo appena avuto
“mamma io vado, passi al ristorante alle dieci?”
Bermuda, maglia e scarpe da ginnastica, il figlio arrivò di fianco a sua madre, fra il letto ed il muro
“sì tesoro, ci vediamo più tardi. Mi faccio una doccia, passo dalla parrucchiera e arrivo”
“Va bene mamma, a dopo e…grazie”
“a dopo tesoro”
Così il ragazzo lasciò la sua stanza e uscì in direzione ristorante, dove il padre lo attendeva per scaricare la merce.
Simona pian piano si fece una doccia, si vestì e si truccò. Come sempre bella come il sole, si preparò per uscire di casa quando venne cinta da dietro. Le mani sui seni che palpavano vistosi
“mamma vai al ristorante”
“ehi Giacomo! Sì, vado al ristorante. Tu non vieni?”
“sì dopo mamma, però…”
“sì non ti preoccupare: domani mattina passo in camera tua”
“e lo facciamo?”
“e lo facciamo”
“ma nel sedere domani?”
“non lo so, che l’altra volta mi hai fatto un po’ male”
“e…un incentivo mamma?”
Rise Giacomo. La madre si girò, guardò il figlio negli occhi sbottonando i pantaloni dello stesso. Sbottonati che furono, la donna si piegò sulle ginocchia prendendo il membro di suo figlio in bocca facendolo completamente sparire fra l’ansimare strozzato del ragazzo. Poi lo fece uscire e si rialzò
“ti aspetto al ristorante”
“va bene mamma, a dopo”
rispose sorridente Giacomo.
Simona uscì di casa in direzione ristorante, fra i saluti dei passanti.
FINE
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