Memorie di un libertino- La ragazza viziata
di
Aidel
genere
dominazione
In quegli anni non me la passavo male. Avevo da poco abbandonato Ginevra che era soggiogata ormai da un decennio da un clima puritano insopportabile. Non che mi ci trovassi da schifo in generale, soprattutto d’inverno quando le piste da sci si riempivano di donne ricchissime e i locali migliori aprivano per la stagione. È solo che le puritane sono noiose: richiedono tempo, attenzioni e l’unica soddisfazione che danno è quella di vedere tutti i loro preziosi valori lanciati dalla finestra per un bel faccino e, soprattutto, un bel cazzo; per il resto sono abbastanza ottuse e, soprattutto, hanno poca fantasia e finisce che gli faccio sempre le stesse cose perché non mi va neanche di impegnarmi. La verità è che mi ero impigrito e impigrirti rischia di farti fermare, non potevo permetterlo.
Ai tempi me la cavavo mantenuto da un paio di ereditiere bulgare, molto vecchie, ma avevano da tempo smesso di passarmi grandi somme e capivo da me che la cosa stava per finire. Poco male, tanto volevo già tagliare i ponti per cavoli miei. In breve ho venduto le case, ho depositato tutto in banca e ho chiamato un paio di amici fidati per far sparire il mio nome dalla circolazione: le città di lusso come Ginevra hanno la memoria cortissima per le facce e a ricordarti, se sparisci dal giro per qualche anno, poi sono sempre e solo i camerieri e i proprietari dei locali, quelli sono i veri amici da farsi e sono sempre quelli pronti a lanciarti una fune di fuga appena ne hai bisogno. Per un po’ giro il nord Europa, ma non le grandi capitali, questa volta mi faccio tutti i giri più di nicchia: visito la scena trap di Brema, finisco in un rave hardstyle in un capannone vicino a Riga, flirto un po’ con i circoli antifà di Helsinki. Approfitto di questi mesi per riallacciare contatti e farmi aggiornare sui movimenti più interessanti: la dritta mi viene da un hippie finlandese che mi sta dando un passaggio sulla sua barca direzione Danzica: “puoi scommetterci frendi” mi dice passandomi una grolla dell’amicizia nella quale è sciolta qualche strana droga sintetica “quest’anno le onde in Portogallo saranno qualcosa da paura, roba di anticicloni o cose così, comunque saranno tutti lì” il resto non riesco a capirlo stordito dalle droghe che cominciano a fare effetto. Due giorni dopo, sono già in viaggio per Lisbona: è settembre, le onde vere arriveranno a giugno, ma in Portogallo non ci sono mai stato per più di una vacanza e se voglio farmi trovare pronto ci sarà da lavorare un po’. L’importante in questi casi è conoscere la zona: sapere già in anticipo quali saranno i locali migliori e fare in modo di essere su tutte le liste giuste, conoscere quelli che contano nel giro e farseli amici e soprattutto costruire una rete di contatti che ti tenga sempre aggiornato su tutti i movimenti culturali più significativi. Sono in città da un paio di settimane e finalmente ricevo la prima chiamata interessante: un banchiere londinese mi vuole conoscere per sedurre la figlia di un suo rivale in azienda. L’affare è una roba grossa che potrebbe sistemarmi a soldi per tutta la stagione e sarebbe un bel problema in meno, non posso rifiutare. Fissiamo l’appuntamento per il giorno successivo in una villa che ha affittato sulla riviera ad un paio d’ore di macchina dalla città, lui mi offre il guidatore ma io decido di andarci per conto mio così da godermi anche un po’ il panorama. Come al solito mi muovo estremamente in anticipo e comincio a godermi il paesaggio e le piccole cittadine che incontro sulla strada, penso che il Portogallo è proprio quello che mi ci voleva in questo periodo: sono da pochissimo in città ma mi sembra di viverci da anni, qui i tempi sono dilatati e la gente si muove con una calma che ho trovato in pochi posti in Europa. Fatto sta che forse mi ci sono abituato anche troppo bene perché mi rendo conto che preso dal viaggio mi sono dimenticato la giacca in hotel, bel casino anche perché in questi casi le prime impressioni sono essenziali e questa cosa potrebbe costarmi tanti bei punti e non saprei neanche dove recuperare una giacca di lusso in mezzo alla strada. Per fortuna che mi muovo sempre prima, una rapida ricerca su Google mi indirizza ad un negozietto in mezzo ad un paese, mezz’oretta da dove sono ora. Bel colpo di fortuna. Appena arrivo credo di aver sbagliato posto, il borgo è proprio una cosa miserevole: il solito baretto, la solita chiesa, case tutte vecchie ed in pessime condizioni, come cazzo fa trovarsi un negozio di lusso qui? Poi, come per miracolo, giro l’angolo e lo vedo: un bellissimo edificio d’epoca su due piani svetta fra due strutture moderne, sembra irreale con la sua scalinata per entrare e la scritta dipinta a mano sopra “Meneses abbigliamenti”, se è uno scherzo sicuramente chi l’ha fatto doveva essere un tipo simpatico. Decido di entrare, tanto al massimo ho perso un po’ di tempo. Dentro il locale è bellissimo, un’ampia sala col parquet espone i pezzi migliori addosso a dei manichini in legno illuminati da due ampie finestre, in fondo alla stanza un bancone con il piano in marmo fa da postazione per il commesso che ha dietro di sé una scala elegante che sale al piano del magazzino. Parlo di commesso ma la verità è che non c’è nessuno, così suono il campanello e aspetto. Dopo buoni 30 secondi una specie di urlo mi raggiunge dalle scale e subito dopo appare qualcosa che non mi sarei aspettato: una bellissima donna sulla ventina si palesa davanti a me. La prima cosa che mi colpisce (e che vedo in verità) sono le lunghe gambe nude color caramello che elegantemente scendono le scale, subito dopo fa capolino un bel visino col suo grazioso naso all’insù e i capelli neri tagliati corti con la frangia. Ho già il cazzo durissimo. Mi accoglie con una mezza smorfia, salvo poi abbozzare un sorriso imbarazzato quando mi vede, probabilmente si aspettava qualche vecchio turista panzone o qualcosa di simile e invece si è ritrovata davanti qualcosa di più interessante. Dal canto mio sono così stupito che rimango imbambolato per un paio di secondi e mentre la fisso noto altre cose interessanti: il vestito è decisamente troppo costoso per una commessa anche di un negozio come questo, lo stesso vale per i gioelli che sono discreti ma evidentemente costosi anch’essi. Questa donna non appartiene a questo posto e l’aria annoiata e infastidita con la quale mi ha risposto prima di vedermi conferma quella superiorità tipica delle ragazze viziate di buona famiglia. La domanda allora è: che ci fa una donna come questa in un posto così? Recupero la mia lucidità e guardandola fisso negli occhi gli dico nella mia lingua che stavo cercando una giacca, lei sostiene lo sguardo con uno strano scintillio nell’iride e senza battere ciglio mi risponde senza accento se avevo già in mente un modello. Ok, la ragazzina è intelligente e dalla naturalezza con la quale ha colto il gioco ha anche voglia di giocare. Il discorso fila liscio con apparente disinvoltura, ma in realtà appena sotto il livello verbale è in gioco una vera e propria guerra combattuta a suon di occhiate furtive e leggerissime allusioni: “questa giacca ha le spalle molto ampie, le starà bene...” “si vede che ha gusto signorina, chissà quanti uomini avrà vestito…” sono solo alcune delle frasi che ci scambiamo sempre attenti ad alzare l’asticella quel poco che basta a non scoprire tutte le carte subito. La lascio guidare per un po’, convinta di avere il coltello dalla parte del manico e poi faccio la mia mossa: con una scusa abbastanza credibile la faccio andare a prendere una scatola abbastanza in alto, la vedo fare un po’ di fatica a mettersi sulle punte dato che porta i tacchi e lì ne approfitto per piazzarmi dietro di lei stando ben attento a far aderire tutto il mio ampio petto alla sua schiena. La sento irrigidirsi immediatamente, non se l’aspettava ma non si ritira anzi, se stessi un secondo in più so che comincerebbe a strusciarsi addosso a me ed è per questo che mi ritraggo. Lei è così delusa che non riesce neanche a nasconderlo, si gira verso di me con una faccia da cane bastonato e prima di riacquistare la sua professionalità mi guarda interrogativa mentre io faccio il finto tonto. La bimba è stata brava, ma in definitiva la sua era una posa: sotto quella maschera di raffinatezza c’è una troietta bella calda che non vede l’ora di essere sbattuta. Ora che so di aver vinto voglio levarmi la curiosità: “signorina, non ho potuto fare a meno di notare i suoi bellissimi anelli, non sono proprio da commessa, sbaglio?” Lei, convinta di starmi perdendo è ben felice di sciorinarmi tutta la sua storia: il negozio è del padre Meneses junior che ha ereditato l’attività dal nonno Meneses Senior che anni prima di costruire un impero di moda di lusso aveva iniziato come ciabattino in questa città in un buco proprio dove ora si trova questo bellissimo palazzo, era stato poi il padre a volerlo costruire al solo scopo celebrativo della famiglia e lo stesso padre ci aveva messo la figlia quando lei aveva fatto troppe cazzate in troppo poco tempo “per insegnarmi una lezione, diceva, io l’unica cosa che ho imparato è che odio questo posto di merda pieno di campagnoli zotici che mi guardano sempre il culo” sbotta. Ecco qual è il problema dunque: la principessa dell’alta società relegata in mezzo ad un villaggio di merda circondata da buzzurri, sembra una storia scritta da qualcuno. Ed ecco perché è così disponibile: quelle come lei pur di non darla alla gente normale si chiuderebbero in clausura, in me vede qualcuno di diverso, di più simile a lei, una sorta di ritorno alla sua vita normale. In parte ha ragione ma la sua visione è limitata: la verità è che io non sono una persona normale, ma neanche uno della sua razza e glielo farò scoprire molto presto. Ma non è ancora il momento, la fretta è cattiva consigliera e anche se so che lei non vede l’ora di farsi scopare riesce ancora a mantenere un contegno, una certa dignità. Pago la giacca, le faccio un sorriso da vero stronzo e me ne vado. Se la volta prima era riuscita riacquisire la sua professionalità adesso non ci prova neanche, balbetta qualche cosa sulla possibilità di vedere dei pantaloni ma io faccio finta di non aver sentito e me ne vado di fretta. Naturalmente ho già visto gli orari e ho intenzione di tornare nel pomeriggio, ma lei questo non lo sa e mentre io sarò via si roderà per tutta la giornata pensando all’occasione persa e al mio ritorno la troverò cotta a puntino, bagnata e cedevole come la voglio.
L’appuntamento col cliente va bene, in breve ci accordiamo per tutto l’affare e sono fuori da casa sua poco dopo pranzo il che mi lascia libere alcune ore per andare a vedere l’oceano prima delle cinque, che è quando il negozio chiuderà. Dopo questo relax mi sento fresco e riposato, entro spavaldamente nel negozio e questa volta lei è al bancone ma girata e appena si volta per accogliermi e si accorge di chi sono trasale e rimane immobile con la bocca leggermente aperta. Noto subito il leggero rossore e delle guance e il respiro un po’ affaticato e mi viene un dubbio, ma avrò tutto il tempo per controllare di persona dopo, adesso invece è il momento di far capire a questa bella fanciulla chi comanda. Con un sorrisetto innocente mi avvicino e senza troppi convenevoli aggiro il bancone e inizio a baciarla come un vero porco: succhio la sua lingua e gli ficco la mia in gola senza ritegno e lei geme nella mia bocca e si aggrappa a me. Possessivo le piazzo una mano sul culo e stringo forte la natica, lei miagola in risposta e fa strusciare le cosce fra di loro. È eccitatissima e appena abbasso la mia bocca verso l’incavo del collo comincia a piagnucolare qualcosa in portoghese che non comprendo. Nel frattempo la mia altra mano stringe il seno da sopra il vestito: non sono molto grandi ma da come sembra gradire scommetto che saranno incredibilmente sensibili. O forse è solo molto troia. Probabilmente entrambe le cose. Ad un certo punto prova a balbettare qualcosa nella mia lingua “lasciami almeno chiudere… e se viene qualcuno?” ma io non ho tanta voglia di stare a discutere e le ficco due dita in bocca che prontamente comincia a succhiare avidamente “se viene qualcuno si godrà un bello spettacolo, ma senza poter toccare” le rispondo e detto questo mi sposto sull’orlo della gonna che prontamente alzo esponendo le bellissime mutandine di pizzo nero, un completino da vera zoccola. Decido di levarmi il dubbio di prima e senza indugio faccio scivolare tutta la mano dentro gli slip, come immaginavo: sono fradici, la troia si stava toccando. “ti stavi sditalinando per bene eh brutta puttana?” le dico mentre faccio passare le mie dita sulla sua fighetta liscia e gocciolante stando ben attento a non entrare. Lei neanche ci prova a negare “non mi chiamare così…” riesce a balbettare fra un gemito e l’altro “non sono... una puttana”. Quello per me è il segnale, è il momento di levare alla ragazzina viziata anche l’ultimo briciolo di dignità “ah, sì? E come le chiami le ragazze che si fanno sbattere sul posto di lavoro dal primo ragazzo carino che incontrano?” e mentre dico questo inserisco due dita dentro fino alle nocche, non se l’aspettava e anche se è bagnatissima è anche molto stretta e sento molto attrito, lei dal canto suo rimane senza fiato e quasi mi cade addosso “Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” comincio a fotterla con un buon ritmo, ma non troppo veloce per lasciarmi spazio di manovra, lei dal canto suo lascia fare con gli occhi chiusi, mordendosi le labbra nel disperato tentativo di non darmi soddisfazione, quasi commovente. Piano piano aumento il ritmo e sento che lei si avvicina all’orgasmo, in realtà sospetto ne abbia avuto uno anche appena iniziato, ma questo sarà sicuramente più potente visto come guaisce. Continuo ad andare più veloce, la porto fino al limite massimo e, ovviamente, levo subito le dita e mi allontano da lei. La sua reazione è incontrollata, urla di frustrazione, quasi piange mentre cerca di riprendermi la mano e mettersela sulla fica gonfia di umori, ma non me ne frega un cazzo “non hai appena detto di non essere una puttana?” la sbeffeggio “sono una puttana, sono la tua troia, ti prego, non puoi lasciarmi così” mi supplica senza più neanche un pizzico di quella grazia e altezzosità che tanto ostentava al nostro primo incontro. Io, da vero bastardo, la faccio frignare per un po’ e alla fine faccio finta di essermi fatto convincere: prima che se ne accorga la prendo per il collo con la sinistra e comincio a stringere leggermente, nulla di grave, quanto basta per farla spaventare un po’, nei suoi occhi ora vedo una scintilla di paura, finalmente la ragazzina comincia a capire in che casino si è cacciata. Intanto con la destra finisco il lavoro strappandogli le mutandine di dosso e gettandole via. La sditalino per 30 secondi netti al massimo della forza e della velocità e lei viene con un urlo fortissimo cadendo a terra non appena le lascio il collo. È così intontita e beata che neanche si accorge che mi sono aperto la patta dei pantaloni e mi sono tirato fuori il cazzo, poco male, se ne accorge poco dopo quando le tiro i capelli per metterla in ginocchio davanti a me col mio bell’uccello che le tocca la guancia. Noto da subito che, a dispetto della paura che prova ancora per i miei modi bruschi, la visione del mio membro l’ha più che colpita; non che la cosa mi stupisca, so di avere un gran bel cazzo fuori misura e di solito questo è l’effetto che fa alle donne una volta fuori dai pantaloni. “allora cara troia, e d’ora in poi ti chiamerò solo così dato che ci hai tenuto bene a dirlo più volte tu stessa, il primo giro l’ho offerto io ora devi dimostrami cosa sai fare però e sappi che se fai schifo a spompinare me ne vado immediatamente e non saprai mai com’è farti scopare da questo bel cazzo, intesi?” lei è troppo imbarazzata per rispondere a voce, ma ci tiene a fare un piccolo sì con la testa prima di provare a prenderlo in mano. Io prontamente le blocco il braccio e lo torco leggermente, non le faccio male ma lei geme di sorpresa e io approfitto di quella bocca semi aperta per ficcarci dentro il cazzo fino a metà lunghezza “sai troia, ci tenevo veramente che la prima volta che toccassi il mio cazzo fosse con la tua bocca, stavi per rovinare tutto sai?” le dico mentre comincio a pompare duro sempre più in fondo. Lei dal canto suo, dopo un iniziale momento di stupore che le causa conati, comincia ad accoglierlo sempre più in fondo come una vera maestra: ora capisco in che genere di casini si sarà cacciata con il paparino. Visto che si sta comportando bene le lascio un po’ di spazio di manovra per capire come se la cava da sola, devo dire che è non posso lamentarmi, massaggia le mie palle come meloni maturi mentre slinguazza tutta la cappella e poi lecca l’asta, un pompino del genere non lo ricevevo dai tempi del “Poseidon” a Istanbul. Potrei sborrarle tutto in bocca e lasciarla lì, ma decido che ho ancora voglia di divertirmi per quella giornata, così la stacco a forza dal mio cazzo e la metto in piedi. Lei ormai non ha più né dignità né volontà propria ma segue tutti i movimenti nella speranza di farsi fottere, dopo che la posiziono col culo pizzo sul bancone di marmo di sua iniziativa si apre le grandi labbra con due dita “scopami.. ti prego, ti prego ti prego.. sono la tua troia pompinara, sono stata brava, una brava pompinara” “e cosa vuole la troia pompinara?” “che mi fotti, che mi fotti, che mi fotti” e mentre lo dice si muove tutta sul piano di marmo impaziente. In altre occasioni sarei più stronzo, facendola impazzire ancora un po’, ma se devo riconoscere qualcosa a questa ragazzina viziata è che sa essere arrapante, così mi avvicino raccolgo le sue mutandine da per terra e gliele ficco in bocca “così stai un po’ zitta eh” La sdraio sul bancone, mi metto le sue gambe sulle spalle e glielo metto dentro in una botta sola. È così stretta che non riesco ad infilarlo fino alle palle, ma è sufficiente per farla venire appena entrato, lo sento dalla fica che ha uno spasmo e dal suo urlo parzialmente strozzato dal pizzo degli slip in bocca. Comincio a pompare di forza e lei perde completamente la testa mentre piano piano si adatta alle mie dimensioni e vieni più volte, nel frattempo la devasto: “allora brutta troia ma quanto stai godendo? Scommetto che nessuno ti ha mai fatto venire in questo modo eh. Le puttane viziate come te in realtà sono fatte per stare in strada a farsi fottere come i cani”. Dopo l’ennesimo suo orgasmo comincio ad annoiarmi un po’, così decido che per concludere voglio spanare il culo a questa bella troia. Levo velocemente il cazzo dalla figa che subito fa colare un sacco del suo succo rimasto bloccato dentro, la prendendo per i fianchi e la faccio alzare in piedi, lei prova a divincolarsi, ancora scossa dalla pompata, ma io sono perentorio e non la lascio andare “avanti puttana lercia, è il momento di far vedere a tutti quanto sei troia” “di cosa parli?” chiede, ma io non ho voglia di dare spiegazioni e senza troppe cerimonie mi piazzo dietro di lei bloccandole le mani dietro alla schiena e spingendola contro l’ampia finestra “ma così mi vedono tutti, che cazzo fai?” urla e tenta di andarsene, ma io la tengo ben salda e senza lasciarle spazio di manovra uso il mio corpo per schiacciarla alla vetrata e prontamente glielo metto dentro alla figa di nuovo e lei di nuovo appena sente il mio cazzo si tranquillizza e per rimarcare il concetto sputo sul vetro e ci sbatto la sua faccia sopra impiastricciandogli tutti i bei capelli sul viso mentre lei grufola di godimento. La lavoro in questa posizione per un pochino finché sento che è bella calda di nuove e proprio in quel momento esclamo “E adesso mi diverto io a sfondarti per bene il culo” alla parola culo lei si impietrisce “che cosa fai? Ti prego stai buono non scher…” non finisce la frase che un urlo disumano le esce dalla bocca: l’ho appena impalata da dietro senza neanche inumidirla per bene e credo di non aver mai trovato un buco così stretto, questa puttana era vergine anale. Senza scompormi troppo continuo la mia inesorabile monta facendo entrare il mio bel cazzo centimetro per centimetro mentre ignoro bellamente il pianto di dolore della dolce principessina che tanto così bloccata non può fare altro. Duro poco, ero già arrapatissimo dal pompino e in pochi minuti le sborro un litro nel culo che rimane gonfio e bello pieno finché, soddisfatto e sgonfio, non lo sfilo. Lei cade subito a terra come in trans, alla fine ha goduto pure dal culo la troia e non riesce più ad articolare un suono né a opporre resistenza alcuna. Dal canto mio, io mi sento pienamente appagato dall’esperienza e decido che la ragazzina ricca potrebbe essere un interessante aggancio: prontamente su un bigliettino appunto il mio numero dopodiché lo arrotolo e la faccio girare sulla pancia, mi prendo un momento per osservare estasiato il suo buco del culo spanato, infine ci piazzo dentro il bigliettino facendo il segno di richiamarmi. Esco e me ne torno a casa.
note dell'autore
Come promesso ecco il primo vero racconto della nostra raccolta, spero che apprezziate lo stile molto rude.
Per domande, dubbi o curiosità la mail è: aidelnight999@gmail.com
Ai tempi me la cavavo mantenuto da un paio di ereditiere bulgare, molto vecchie, ma avevano da tempo smesso di passarmi grandi somme e capivo da me che la cosa stava per finire. Poco male, tanto volevo già tagliare i ponti per cavoli miei. In breve ho venduto le case, ho depositato tutto in banca e ho chiamato un paio di amici fidati per far sparire il mio nome dalla circolazione: le città di lusso come Ginevra hanno la memoria cortissima per le facce e a ricordarti, se sparisci dal giro per qualche anno, poi sono sempre e solo i camerieri e i proprietari dei locali, quelli sono i veri amici da farsi e sono sempre quelli pronti a lanciarti una fune di fuga appena ne hai bisogno. Per un po’ giro il nord Europa, ma non le grandi capitali, questa volta mi faccio tutti i giri più di nicchia: visito la scena trap di Brema, finisco in un rave hardstyle in un capannone vicino a Riga, flirto un po’ con i circoli antifà di Helsinki. Approfitto di questi mesi per riallacciare contatti e farmi aggiornare sui movimenti più interessanti: la dritta mi viene da un hippie finlandese che mi sta dando un passaggio sulla sua barca direzione Danzica: “puoi scommetterci frendi” mi dice passandomi una grolla dell’amicizia nella quale è sciolta qualche strana droga sintetica “quest’anno le onde in Portogallo saranno qualcosa da paura, roba di anticicloni o cose così, comunque saranno tutti lì” il resto non riesco a capirlo stordito dalle droghe che cominciano a fare effetto. Due giorni dopo, sono già in viaggio per Lisbona: è settembre, le onde vere arriveranno a giugno, ma in Portogallo non ci sono mai stato per più di una vacanza e se voglio farmi trovare pronto ci sarà da lavorare un po’. L’importante in questi casi è conoscere la zona: sapere già in anticipo quali saranno i locali migliori e fare in modo di essere su tutte le liste giuste, conoscere quelli che contano nel giro e farseli amici e soprattutto costruire una rete di contatti che ti tenga sempre aggiornato su tutti i movimenti culturali più significativi. Sono in città da un paio di settimane e finalmente ricevo la prima chiamata interessante: un banchiere londinese mi vuole conoscere per sedurre la figlia di un suo rivale in azienda. L’affare è una roba grossa che potrebbe sistemarmi a soldi per tutta la stagione e sarebbe un bel problema in meno, non posso rifiutare. Fissiamo l’appuntamento per il giorno successivo in una villa che ha affittato sulla riviera ad un paio d’ore di macchina dalla città, lui mi offre il guidatore ma io decido di andarci per conto mio così da godermi anche un po’ il panorama. Come al solito mi muovo estremamente in anticipo e comincio a godermi il paesaggio e le piccole cittadine che incontro sulla strada, penso che il Portogallo è proprio quello che mi ci voleva in questo periodo: sono da pochissimo in città ma mi sembra di viverci da anni, qui i tempi sono dilatati e la gente si muove con una calma che ho trovato in pochi posti in Europa. Fatto sta che forse mi ci sono abituato anche troppo bene perché mi rendo conto che preso dal viaggio mi sono dimenticato la giacca in hotel, bel casino anche perché in questi casi le prime impressioni sono essenziali e questa cosa potrebbe costarmi tanti bei punti e non saprei neanche dove recuperare una giacca di lusso in mezzo alla strada. Per fortuna che mi muovo sempre prima, una rapida ricerca su Google mi indirizza ad un negozietto in mezzo ad un paese, mezz’oretta da dove sono ora. Bel colpo di fortuna. Appena arrivo credo di aver sbagliato posto, il borgo è proprio una cosa miserevole: il solito baretto, la solita chiesa, case tutte vecchie ed in pessime condizioni, come cazzo fa trovarsi un negozio di lusso qui? Poi, come per miracolo, giro l’angolo e lo vedo: un bellissimo edificio d’epoca su due piani svetta fra due strutture moderne, sembra irreale con la sua scalinata per entrare e la scritta dipinta a mano sopra “Meneses abbigliamenti”, se è uno scherzo sicuramente chi l’ha fatto doveva essere un tipo simpatico. Decido di entrare, tanto al massimo ho perso un po’ di tempo. Dentro il locale è bellissimo, un’ampia sala col parquet espone i pezzi migliori addosso a dei manichini in legno illuminati da due ampie finestre, in fondo alla stanza un bancone con il piano in marmo fa da postazione per il commesso che ha dietro di sé una scala elegante che sale al piano del magazzino. Parlo di commesso ma la verità è che non c’è nessuno, così suono il campanello e aspetto. Dopo buoni 30 secondi una specie di urlo mi raggiunge dalle scale e subito dopo appare qualcosa che non mi sarei aspettato: una bellissima donna sulla ventina si palesa davanti a me. La prima cosa che mi colpisce (e che vedo in verità) sono le lunghe gambe nude color caramello che elegantemente scendono le scale, subito dopo fa capolino un bel visino col suo grazioso naso all’insù e i capelli neri tagliati corti con la frangia. Ho già il cazzo durissimo. Mi accoglie con una mezza smorfia, salvo poi abbozzare un sorriso imbarazzato quando mi vede, probabilmente si aspettava qualche vecchio turista panzone o qualcosa di simile e invece si è ritrovata davanti qualcosa di più interessante. Dal canto mio sono così stupito che rimango imbambolato per un paio di secondi e mentre la fisso noto altre cose interessanti: il vestito è decisamente troppo costoso per una commessa anche di un negozio come questo, lo stesso vale per i gioelli che sono discreti ma evidentemente costosi anch’essi. Questa donna non appartiene a questo posto e l’aria annoiata e infastidita con la quale mi ha risposto prima di vedermi conferma quella superiorità tipica delle ragazze viziate di buona famiglia. La domanda allora è: che ci fa una donna come questa in un posto così? Recupero la mia lucidità e guardandola fisso negli occhi gli dico nella mia lingua che stavo cercando una giacca, lei sostiene lo sguardo con uno strano scintillio nell’iride e senza battere ciglio mi risponde senza accento se avevo già in mente un modello. Ok, la ragazzina è intelligente e dalla naturalezza con la quale ha colto il gioco ha anche voglia di giocare. Il discorso fila liscio con apparente disinvoltura, ma in realtà appena sotto il livello verbale è in gioco una vera e propria guerra combattuta a suon di occhiate furtive e leggerissime allusioni: “questa giacca ha le spalle molto ampie, le starà bene...” “si vede che ha gusto signorina, chissà quanti uomini avrà vestito…” sono solo alcune delle frasi che ci scambiamo sempre attenti ad alzare l’asticella quel poco che basta a non scoprire tutte le carte subito. La lascio guidare per un po’, convinta di avere il coltello dalla parte del manico e poi faccio la mia mossa: con una scusa abbastanza credibile la faccio andare a prendere una scatola abbastanza in alto, la vedo fare un po’ di fatica a mettersi sulle punte dato che porta i tacchi e lì ne approfitto per piazzarmi dietro di lei stando ben attento a far aderire tutto il mio ampio petto alla sua schiena. La sento irrigidirsi immediatamente, non se l’aspettava ma non si ritira anzi, se stessi un secondo in più so che comincerebbe a strusciarsi addosso a me ed è per questo che mi ritraggo. Lei è così delusa che non riesce neanche a nasconderlo, si gira verso di me con una faccia da cane bastonato e prima di riacquistare la sua professionalità mi guarda interrogativa mentre io faccio il finto tonto. La bimba è stata brava, ma in definitiva la sua era una posa: sotto quella maschera di raffinatezza c’è una troietta bella calda che non vede l’ora di essere sbattuta. Ora che so di aver vinto voglio levarmi la curiosità: “signorina, non ho potuto fare a meno di notare i suoi bellissimi anelli, non sono proprio da commessa, sbaglio?” Lei, convinta di starmi perdendo è ben felice di sciorinarmi tutta la sua storia: il negozio è del padre Meneses junior che ha ereditato l’attività dal nonno Meneses Senior che anni prima di costruire un impero di moda di lusso aveva iniziato come ciabattino in questa città in un buco proprio dove ora si trova questo bellissimo palazzo, era stato poi il padre a volerlo costruire al solo scopo celebrativo della famiglia e lo stesso padre ci aveva messo la figlia quando lei aveva fatto troppe cazzate in troppo poco tempo “per insegnarmi una lezione, diceva, io l’unica cosa che ho imparato è che odio questo posto di merda pieno di campagnoli zotici che mi guardano sempre il culo” sbotta. Ecco qual è il problema dunque: la principessa dell’alta società relegata in mezzo ad un villaggio di merda circondata da buzzurri, sembra una storia scritta da qualcuno. Ed ecco perché è così disponibile: quelle come lei pur di non darla alla gente normale si chiuderebbero in clausura, in me vede qualcuno di diverso, di più simile a lei, una sorta di ritorno alla sua vita normale. In parte ha ragione ma la sua visione è limitata: la verità è che io non sono una persona normale, ma neanche uno della sua razza e glielo farò scoprire molto presto. Ma non è ancora il momento, la fretta è cattiva consigliera e anche se so che lei non vede l’ora di farsi scopare riesce ancora a mantenere un contegno, una certa dignità. Pago la giacca, le faccio un sorriso da vero stronzo e me ne vado. Se la volta prima era riuscita riacquisire la sua professionalità adesso non ci prova neanche, balbetta qualche cosa sulla possibilità di vedere dei pantaloni ma io faccio finta di non aver sentito e me ne vado di fretta. Naturalmente ho già visto gli orari e ho intenzione di tornare nel pomeriggio, ma lei questo non lo sa e mentre io sarò via si roderà per tutta la giornata pensando all’occasione persa e al mio ritorno la troverò cotta a puntino, bagnata e cedevole come la voglio.
L’appuntamento col cliente va bene, in breve ci accordiamo per tutto l’affare e sono fuori da casa sua poco dopo pranzo il che mi lascia libere alcune ore per andare a vedere l’oceano prima delle cinque, che è quando il negozio chiuderà. Dopo questo relax mi sento fresco e riposato, entro spavaldamente nel negozio e questa volta lei è al bancone ma girata e appena si volta per accogliermi e si accorge di chi sono trasale e rimane immobile con la bocca leggermente aperta. Noto subito il leggero rossore e delle guance e il respiro un po’ affaticato e mi viene un dubbio, ma avrò tutto il tempo per controllare di persona dopo, adesso invece è il momento di far capire a questa bella fanciulla chi comanda. Con un sorrisetto innocente mi avvicino e senza troppi convenevoli aggiro il bancone e inizio a baciarla come un vero porco: succhio la sua lingua e gli ficco la mia in gola senza ritegno e lei geme nella mia bocca e si aggrappa a me. Possessivo le piazzo una mano sul culo e stringo forte la natica, lei miagola in risposta e fa strusciare le cosce fra di loro. È eccitatissima e appena abbasso la mia bocca verso l’incavo del collo comincia a piagnucolare qualcosa in portoghese che non comprendo. Nel frattempo la mia altra mano stringe il seno da sopra il vestito: non sono molto grandi ma da come sembra gradire scommetto che saranno incredibilmente sensibili. O forse è solo molto troia. Probabilmente entrambe le cose. Ad un certo punto prova a balbettare qualcosa nella mia lingua “lasciami almeno chiudere… e se viene qualcuno?” ma io non ho tanta voglia di stare a discutere e le ficco due dita in bocca che prontamente comincia a succhiare avidamente “se viene qualcuno si godrà un bello spettacolo, ma senza poter toccare” le rispondo e detto questo mi sposto sull’orlo della gonna che prontamente alzo esponendo le bellissime mutandine di pizzo nero, un completino da vera zoccola. Decido di levarmi il dubbio di prima e senza indugio faccio scivolare tutta la mano dentro gli slip, come immaginavo: sono fradici, la troia si stava toccando. “ti stavi sditalinando per bene eh brutta puttana?” le dico mentre faccio passare le mie dita sulla sua fighetta liscia e gocciolante stando ben attento a non entrare. Lei neanche ci prova a negare “non mi chiamare così…” riesce a balbettare fra un gemito e l’altro “non sono... una puttana”. Quello per me è il segnale, è il momento di levare alla ragazzina viziata anche l’ultimo briciolo di dignità “ah, sì? E come le chiami le ragazze che si fanno sbattere sul posto di lavoro dal primo ragazzo carino che incontrano?” e mentre dico questo inserisco due dita dentro fino alle nocche, non se l’aspettava e anche se è bagnatissima è anche molto stretta e sento molto attrito, lei dal canto suo rimane senza fiato e quasi mi cade addosso “Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” comincio a fotterla con un buon ritmo, ma non troppo veloce per lasciarmi spazio di manovra, lei dal canto suo lascia fare con gli occhi chiusi, mordendosi le labbra nel disperato tentativo di non darmi soddisfazione, quasi commovente. Piano piano aumento il ritmo e sento che lei si avvicina all’orgasmo, in realtà sospetto ne abbia avuto uno anche appena iniziato, ma questo sarà sicuramente più potente visto come guaisce. Continuo ad andare più veloce, la porto fino al limite massimo e, ovviamente, levo subito le dita e mi allontano da lei. La sua reazione è incontrollata, urla di frustrazione, quasi piange mentre cerca di riprendermi la mano e mettersela sulla fica gonfia di umori, ma non me ne frega un cazzo “non hai appena detto di non essere una puttana?” la sbeffeggio “sono una puttana, sono la tua troia, ti prego, non puoi lasciarmi così” mi supplica senza più neanche un pizzico di quella grazia e altezzosità che tanto ostentava al nostro primo incontro. Io, da vero bastardo, la faccio frignare per un po’ e alla fine faccio finta di essermi fatto convincere: prima che se ne accorga la prendo per il collo con la sinistra e comincio a stringere leggermente, nulla di grave, quanto basta per farla spaventare un po’, nei suoi occhi ora vedo una scintilla di paura, finalmente la ragazzina comincia a capire in che casino si è cacciata. Intanto con la destra finisco il lavoro strappandogli le mutandine di dosso e gettandole via. La sditalino per 30 secondi netti al massimo della forza e della velocità e lei viene con un urlo fortissimo cadendo a terra non appena le lascio il collo. È così intontita e beata che neanche si accorge che mi sono aperto la patta dei pantaloni e mi sono tirato fuori il cazzo, poco male, se ne accorge poco dopo quando le tiro i capelli per metterla in ginocchio davanti a me col mio bell’uccello che le tocca la guancia. Noto da subito che, a dispetto della paura che prova ancora per i miei modi bruschi, la visione del mio membro l’ha più che colpita; non che la cosa mi stupisca, so di avere un gran bel cazzo fuori misura e di solito questo è l’effetto che fa alle donne una volta fuori dai pantaloni. “allora cara troia, e d’ora in poi ti chiamerò solo così dato che ci hai tenuto bene a dirlo più volte tu stessa, il primo giro l’ho offerto io ora devi dimostrami cosa sai fare però e sappi che se fai schifo a spompinare me ne vado immediatamente e non saprai mai com’è farti scopare da questo bel cazzo, intesi?” lei è troppo imbarazzata per rispondere a voce, ma ci tiene a fare un piccolo sì con la testa prima di provare a prenderlo in mano. Io prontamente le blocco il braccio e lo torco leggermente, non le faccio male ma lei geme di sorpresa e io approfitto di quella bocca semi aperta per ficcarci dentro il cazzo fino a metà lunghezza “sai troia, ci tenevo veramente che la prima volta che toccassi il mio cazzo fosse con la tua bocca, stavi per rovinare tutto sai?” le dico mentre comincio a pompare duro sempre più in fondo. Lei dal canto suo, dopo un iniziale momento di stupore che le causa conati, comincia ad accoglierlo sempre più in fondo come una vera maestra: ora capisco in che genere di casini si sarà cacciata con il paparino. Visto che si sta comportando bene le lascio un po’ di spazio di manovra per capire come se la cava da sola, devo dire che è non posso lamentarmi, massaggia le mie palle come meloni maturi mentre slinguazza tutta la cappella e poi lecca l’asta, un pompino del genere non lo ricevevo dai tempi del “Poseidon” a Istanbul. Potrei sborrarle tutto in bocca e lasciarla lì, ma decido che ho ancora voglia di divertirmi per quella giornata, così la stacco a forza dal mio cazzo e la metto in piedi. Lei ormai non ha più né dignità né volontà propria ma segue tutti i movimenti nella speranza di farsi fottere, dopo che la posiziono col culo pizzo sul bancone di marmo di sua iniziativa si apre le grandi labbra con due dita “scopami.. ti prego, ti prego ti prego.. sono la tua troia pompinara, sono stata brava, una brava pompinara” “e cosa vuole la troia pompinara?” “che mi fotti, che mi fotti, che mi fotti” e mentre lo dice si muove tutta sul piano di marmo impaziente. In altre occasioni sarei più stronzo, facendola impazzire ancora un po’, ma se devo riconoscere qualcosa a questa ragazzina viziata è che sa essere arrapante, così mi avvicino raccolgo le sue mutandine da per terra e gliele ficco in bocca “così stai un po’ zitta eh” La sdraio sul bancone, mi metto le sue gambe sulle spalle e glielo metto dentro in una botta sola. È così stretta che non riesco ad infilarlo fino alle palle, ma è sufficiente per farla venire appena entrato, lo sento dalla fica che ha uno spasmo e dal suo urlo parzialmente strozzato dal pizzo degli slip in bocca. Comincio a pompare di forza e lei perde completamente la testa mentre piano piano si adatta alle mie dimensioni e vieni più volte, nel frattempo la devasto: “allora brutta troia ma quanto stai godendo? Scommetto che nessuno ti ha mai fatto venire in questo modo eh. Le puttane viziate come te in realtà sono fatte per stare in strada a farsi fottere come i cani”. Dopo l’ennesimo suo orgasmo comincio ad annoiarmi un po’, così decido che per concludere voglio spanare il culo a questa bella troia. Levo velocemente il cazzo dalla figa che subito fa colare un sacco del suo succo rimasto bloccato dentro, la prendendo per i fianchi e la faccio alzare in piedi, lei prova a divincolarsi, ancora scossa dalla pompata, ma io sono perentorio e non la lascio andare “avanti puttana lercia, è il momento di far vedere a tutti quanto sei troia” “di cosa parli?” chiede, ma io non ho voglia di dare spiegazioni e senza troppe cerimonie mi piazzo dietro di lei bloccandole le mani dietro alla schiena e spingendola contro l’ampia finestra “ma così mi vedono tutti, che cazzo fai?” urla e tenta di andarsene, ma io la tengo ben salda e senza lasciarle spazio di manovra uso il mio corpo per schiacciarla alla vetrata e prontamente glielo metto dentro alla figa di nuovo e lei di nuovo appena sente il mio cazzo si tranquillizza e per rimarcare il concetto sputo sul vetro e ci sbatto la sua faccia sopra impiastricciandogli tutti i bei capelli sul viso mentre lei grufola di godimento. La lavoro in questa posizione per un pochino finché sento che è bella calda di nuove e proprio in quel momento esclamo “E adesso mi diverto io a sfondarti per bene il culo” alla parola culo lei si impietrisce “che cosa fai? Ti prego stai buono non scher…” non finisce la frase che un urlo disumano le esce dalla bocca: l’ho appena impalata da dietro senza neanche inumidirla per bene e credo di non aver mai trovato un buco così stretto, questa puttana era vergine anale. Senza scompormi troppo continuo la mia inesorabile monta facendo entrare il mio bel cazzo centimetro per centimetro mentre ignoro bellamente il pianto di dolore della dolce principessina che tanto così bloccata non può fare altro. Duro poco, ero già arrapatissimo dal pompino e in pochi minuti le sborro un litro nel culo che rimane gonfio e bello pieno finché, soddisfatto e sgonfio, non lo sfilo. Lei cade subito a terra come in trans, alla fine ha goduto pure dal culo la troia e non riesce più ad articolare un suono né a opporre resistenza alcuna. Dal canto mio, io mi sento pienamente appagato dall’esperienza e decido che la ragazzina ricca potrebbe essere un interessante aggancio: prontamente su un bigliettino appunto il mio numero dopodiché lo arrotolo e la faccio girare sulla pancia, mi prendo un momento per osservare estasiato il suo buco del culo spanato, infine ci piazzo dentro il bigliettino facendo il segno di richiamarmi. Esco e me ne torno a casa.
note dell'autore
Come promesso ecco il primo vero racconto della nostra raccolta, spero che apprezziate lo stile molto rude.
Per domande, dubbi o curiosità la mail è: aidelnight999@gmail.com
1
3
voti
voti
valutazione
7.6
7.6
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Memorie di un libertino
Commenti dei lettori al racconto erotico