Vent'anni dopo - ep.1
di
Momas
genere
sentimentali
"Dicevi sul serio prima? Mentre eravamo al locale con i miei amici, intendo".
Non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo, severo, duro, mentre mi rivolgeva quelle parole. Ecco il Manu militare, abituato a disporre, a inquisire. E poi c'erano quelle piccole rughe di espressione che certificavano il fatto che, il ragazzo conosciuto venti anni prima, fosse diventato un uomo. Un uomo che trovavo ancora dannatamente erotico, come quando di anni ne avevo venti. Avevo amato tutto di lui: il mento volitivo, le battute sagaci, l'acutezza, la risata. Avevo trascorso tre anni incollata ad un monitor nell'attesa che tornasse dal lavoro, si collegasse per un saluto in chat, mi raccontasse le sue giornate fatte di sequestri, serate al bar. Avevo ingoiato lacrime e umiliazione quando avevo
dovuto consolarlo da una delusione amorosa o quando mi diceva scherzando di volersi trombare la barista cubana. Una volta, tornato al pc dopo una serata alcolica, si era lasciato sfuggire che gli ricordavo le prof. sexy delle commedie all'italiana. Mi bastò per diverse settimane di ditalini e orgasmi multipli, spesso mentre gli scrivevo, crogiolandomi nel pensiero che anche lui facesse altrettanto. Ero sempre là, nel fulgore dei miei 20 anni, anziché andare in giro a scoparmi l'impossibile, ero là per lui, per la mia e la sua solitudine, in attesa che si accorgesse di me. Non accadde. Dopo tre anni di agonia decisi di andare nel mondo a prendermi la mia dose di cazzi e tra questi ne incontrai uno che mi convinse più degli altri: quello del mio futuro marito. La vita mi trascinò nei suoi gorghi e ben presto le scopate epiche col mio marito divennero
uno sbiadito ricordo. La delusione, il disamore, la trascuratezza emotiva mi avevano trasformata in una grigia quarantenne con figli al seguito e il senso di fallimento chiuso in soffitta e pronto a saltarmi alla gola. In tutti quegli anni non mi aveva mai abbandonata una fantasia galoppante, capace di tenermi a galla nel mare tempestoso della mia esistenza mediocre. E le mie fantasie si coloravano spesso di gemiti, turgori, orgasmi. Non avevo mai smesso di immaginare Manu alle mie spalle, mentre mi teneva con fermezza i fianchi per penetrarmi senza esitazione, non avevo mai smesso di stuzzicarmi i capezzoli pensando che fossero le sue dita, non avevo mai smesso di immaginarlo chiedermi di fargli un pompino mentre mi ritrovavo con la mano bagnata tra le gambe.
Ogni tanto ero stata tentata di scrivergli
ma non ne ebbi mai il coraggio.
Erano trascorsi 20 anni da allora. Con le mie fantasie e la mia borsa da lavoro avevo preso un treno per Verona, dove sarei stata impegnata in un convegno, e non potevo fare a meno di ricordarmi con sadismo che ci avrebbero separati pochi km.
Solo pensarlo mi fece muovere il bacino in modo da sentire la durezza del sedile contro i miei pantaloni, il che mi procurò un brivido di piacere e di vergogna, il movimento del treno fece il resto.
Tante volte mi era capitato di venire solo pensandolo, immaginando scene. Mi accadeva mentre cucinavo o mentre ero in auto, mentre scopavo con mio marito.
Giunsi a Verona e contattai la proprietà del b&b per il ritiro delle chiavi, avevo circa 3 ore libere, una buona occasione per bere qualcosa e visitare il centro. Mi infilai in un
bar elegante, ordinai un caffè al banco e inspirai profondamente pensando al mio intervento al convegno.
Un drappello di militari chiassosi interruppe il sobrio cicaleccio del bar. Mi spostai un po' per permettere ai nuovi avventori di accomodarsi al bancone. L'ultimo ad entrare fu apostrofato simpaticamente dai commilitoni e condannato a pagare la consumazione. Ero di tre quarti e sorridevo divertita immaginando la scena. Il ritardatario prese posto accanto a me. Mi fu servito il caffè e lo bevvi con calma. Mentre prendevo la borsa, il mio vicino, voltandosi, mi urtò facendo cadere la tazzina prima sul bancone e poi sul pavimento. Gli schizzi di caffè mi macchiarono la blusa.
"Cazzo!" mormorai
"Mi scusi, sono desolato"
"No, si figuri, capita" risposi per tagliare
corto e alzai lo sguardo per rassicurare il mio interlocutore. Ebbi un attimo di esitazione.
"Manu..." Era lui. O forse no, stavo avendo un' allucinazione.
"Ci conosciamo?"
Forse avevo appena fatto una figura di merda colossale, forse ero semplicemente suggestionata.
"Bella domanda. Forse no, ho sbagliato persona." Volevo dileguarmi prima di subito.
Vedevo i due occhi scuri incorniciati dagli occhiali scrutarmi, come alla ricerca di un dettaglio che potesse aiutare la memoria.
"Oh, mio Dio! Livia! Ti ho lasciato che eri una ragazzetta con gli anfibi."
"Mi stai dicendo che sono invecchiata?" lo incalzai sorridendo.
"No, sto dicendo che sei cresciuta..."
"Beh, sei "cresciuto" anche tu" gli dissi
ridendo e virgolettando con le dita la parola cresciuto.
"Mi stai dicendo che sono invecchiato?" replicò divertito.
"Sì, ma invecchi benissimo". Ecco, avevo gua pronunciato una frase da sottona che tradotta sarebbe suonata "sei ancora assolutamente scopabilissimo".
Ero elettrizzata ed in imbarazzo al contempo, eccitata e intimorita. Ci aggiornammo velocemente sul motivo della nostra presenza a Verona, poi fu richiamato dai suoi colleghi pronti ad andar via.
"Vai, ti aspettano. È stato bello rivederti, mi ha fatto piacere."
"Anche a me, tanto. Ciao, Liv" e mi stampò due baci sulle guance.
Girai per il centro storico senza realmente riuscire a soffermarmi su ciò che mi circondava, provavo a ricostruire nelle mie
narici il profumo buono e maschio che indossava, la sensazione di ruvidità della sua guancia, le piccole rughe di espressione che gli davano un'aria matura e seducente. Per quanto felice ed elettrizzata, avevo avuto un' ulteriore conferma di essergli indifferente. Era stato gentile e nient'altro, non aveva rimandato ad un ulteriore incontro, non aveva accennato ad un risentirci.
Tornai al b&b, mi buttai sotto la doccia per sciacquarmi di dosso la stanchezza e l'incredulità. Mi tornò in mente l'arco sinuoso del suo collo, la divisa in ordine. Puntai il doccino sul clitoride e portai la pressione dell'acqua al massimo, mi addossai alla parete della doccia e cominciai a penetrarmi con due dita mentre muovevo continuamente il getto d'acqua. Lo immaginai tra le mie gambe, intento a farmi venire, sornione e spietato,
con l'aria compassata e sicura. Venni ansimando piano, mi avvolsi nell'accappatoio pensando che mi sarebbe piaciuto fargli un pompino nella doccia, mentre mi afferrava per i capelli bagnati. Conclusi la serata con la telefonata di rito per verificare che tutti i pezzi della famiglia fossero sani e salvi in mia assenza, ripassai il discorso per il mio intervento al convegno e caddi in un sonno profondo e sereno.
La mattina successiva indossai il mio tailleur portafortuna, un pantalone a palazzo e un blazer terra bruciata con una blusa panna, ero da sempre la regina del minimalismo. Sistemai i capelli e decisi che un convegno con 1000 persone in platea fosse l'occasione giusta per azzardare un rossetto terracotta. Maledetta armocromia, mi aveva mandato in pappa il cervello.
Raggiunsi l'auditorium, feci il check audio e aspettai impaziente il mio turno. L'intervento filò liscio, occuparmi di formazione mi aveva concesso di mostrare il mio lato istrionico e di avere un piccolo pubblico di addetti ai lavori, perlopiù colleghi.
Recuperai la mia borsa quando una collega mi invitò ad andare a festeggiare al bistrot lì accanto con altri formatori. Accettai. Entrammo nel locale gremito, strinsi mani, raccolsi apprezzamenti sul mio intervento e raggiungemmo un tavolo libero. Mi congedai un attimo dalla combriccola per chiamare mio marito e qualcuno dall'esterno aprì la porta d'ingresso del bistrot lasciandomi il passo. "Giuro che oggi ti sto alla larga e non ti rovescerò nulla addosso".
Quella voce mi trafisse un secondo prima dei suoi occhi. Mi sorrideva, elegantissimo
nella sua divisa. Aveva dei denti perfetti, incorniciati da labbra che chissà quali numeri erano capaci di fare.
Abbozzai solo un sorriso mentre mettevo in cellulare in tasca. Ero paralizzata.
"Puoi rilassarti, non consumerò nulla nelle tue vicinanze. Il nostro tavolo è là in fondo" disse sorridendo e indicando il tavolo di fronte al mio.
"Sembra che tu abbia la calamita, sono al tavolo accanto con i miei colleghi."
"E allora ti toccherà fare la strada fino al tavolo con me." E mi fece un cenno per precederlo. Era dietro di me, pensai che mi sarebbe bastato fermarmi perchè i nostri corpi si toccassero, forse avrei potuto sentire quel turgore che avevo sempre immaginato, a quel pensiero avvampai. Lo salutai con un cenno e mi accomodai. Ero bagnata, sentivo distintamente gli slip attaccati alle grandi labbra. C'era qualcosa
di magnetico in lui che mi mandava fuori di testa. Avevo voglia, nella mia testa stavamo già scopando sul tavolo mentre tutti ci guardavano. Mentre lo immaginavo cavalcarmi, mi sentii osservata. Mi stava guardando sul serio, brindava con i suoi colleghi e, levando il calice, mi sorrise.
Contraccambiai.
"Livia, noi usciamo a fumare, vieni con noi?" La proposta della mia collega frenò i miei pensieri. "Sì", seguii il gruppo pur non avendo mai fumato in vita mia, una boccata d'aria mi avrebbe calmata.
Mentre uscivo lo vidi alzarsi e venire verso l'ingresso. Finsi disinvoltura mentre usciva e frugava nelle tasche.
"Livia, hai da accendere?" mi disse con un tono di grande confidenza, come se avessimo passato gli ultimi 20 anni a fumare insieme.
"No, Manu. Mi spiace, non fumo"
"Guarda, mi sembrava strano che la Signorina Precisetti fumasse" e scoppiò a ridere di cuore.
L'espressione che mi si dipinse in volto tradì la mia insofferenza. Ero, per lui, ancora la bacchettona di vent'anni prima.
"Scusa, non volevo offenderti. Sono stato un coglione"
"Non importa, non è colpa tua. Ci sei nato" risposi sorridendo.
"Mon sei cambiata di una virgola, eh. Le tue parole sono sempre affilate! Comunque, nonostante tu mi abbia appe a dato del coglione,- disse divertito- sono uscito per proporti un' uscita questa sera, in onore dei vecchi tempi. Ti avrei scritto sui social ed invece il destino ci ha fatti incontrare. Non so se hai impegni,ma io e i miei andiamo in un locale per una serata anni 90. Vieni? Io e te abbiamo una tradizione di uscite in discoteca"
"Mi toccherà guardarti fare il piacione con delle fresche maggiorenni col drink in mano, come vent'anni fa?"
"No, adesso le punto dai 25 in su" e strizzò l'occhio.
In realtà eravamo usciti una sola volta, in occasione di un suo ritorno al in Puglia, io avevo 20 anni, lui 28, avevo erroneamente pensato che quella sera sarebbe stato il preludio della più grande storia d'amore della mia vita, invece mi ritrovai a guardalo fare il lumacone con algide fanciulle strizzate in mini abiti, mentre io bevevo la mia bottiglietta d'acqua a bordo pista. I giorni che seguirono furono scanditi da pianti e abbattimento. Fu proprio quella rassegnazione a non essere alla sua altezza che mi spinse al cazzo tour con conseguente fidanzamento. Così le nostre strade si erano divise.
"Ok, dai..dove si va?" "È un posto
tranquillo, dimmi dove alloggi così alle 20 passo a prenderti. Dammi il tuo numero, così ci sentiamo." "Scandii le cifre come un automa, ancora incapace di credere allo scambio appena avvenuto. Il mio telefono vibrò "Salva il mio numero. Ci sentiamo dopo, noi stiamo andando" e si protese verso di me per salutarmi con un bacio sulla guancia.
La mia collega Valeria si insinuò in quello stato di stordimento "Me lo spiegherai, vero, com'è che conosci un militare di Verona?" "In realtà è pugliese come noi, è un amico di vecchia data, non ci vedevamo da vent'anni". La risposta sembrò soddisfarla.
Rientrai al b&b e venni subito assalita dai miei fedelissimi complessi di inferiorità, forse sarebbe stato il caso di tirarmi indietro, di tirargli un bidone, anziché umiliarmi col confronto con le sue amiche.
Portavo i segni dei DCA di cui mi ero ammalata e che avevo solo recentemente archiviato. Portavo i segni sui tessuti e, ancora più profondi e dolorosi, nella mia stessa idea di me.
Dovevo solo formulare una frase convincente e non sarebbe stato difficile, dopotutto ci lavoravo con le parole.
Squillò il telefono, sperai fosse lui per risolvere subito la questione. Con un messaggio vocale mi diceva che sarebbe passato a prendermi un po' prima per andare a mangiare qualcosa insieme prima di lanciarci in pista. L'idea di poter passare del tempo sola con lui mi fece desistere dal sabotaggio dell'appuntamento. Indossai un jeans a vita alta e una maglia monospalla nel tentativo di mettere in risalto il punto vita, indossai gli orecchini e dei bracciali e, presa da una insolita voglia di valorizzarmi,
mi truccai. Avevo ancora quell'espressione un po' bambinesca che mi faceva sembrare un po' più giovane di quanto fossi, ringraziai la mia genetica e cominciai a fremere in attesa che arrivasse. Con un WhatsApp mi diceva di uscire, era all'ingresso del B&b.
Lo raggiunsi cercando di dissimulare l'emozione e la tensione. "Ah, beh... ti ho lasciata ventenne punkabbestia e ti ritrovo quarantenne radicalchic, bene, bene!"
"Hai intenzione di canzonarmi per tutta la sera?" Mentre protestavo mi salutò in modo familiare, caloroso. Il contatto dei nostri corpi mi fece attraversare da una scossa.
"Canzonare. Mi ha sempre fatto impazzire la tua proprietà di linguaggio, mi sono sempre chiesto dove andassi a pescare le parole. Oggi ho seguito il tuo intervento al convegno, ero lì per l'ordine pubblico.
Cazzo, hai una capacità incredibile di dominare le parole, attiri l'attenzione. Erano tutti presi"
"Grazie" fu l'unica cosa che riuscii a dirgli, ero ammutolita, agitata, tesa e rapita dal modo sinuoso in cui le sue labbra e la sua lingua scandivano le sillabe.
"Ti porto in un posto qui a due passi che mi piace molto, così riusciamo a fare due chiacchiere, abbiamo 20 anni di arretrati"
Trascorremmo l'ora successiva a raccontarci, a fare il punto delle nostre esistenze con leggerezza, in modo talmente naturale da sembrare quotidiano.
La conversazione continuò in macchina mentre raggiungevamo il locale. Una parte di me si chiedeva quante donne avesse cavalcato su quei sedili, quante bocche lo avessero accolto mentre veniva, quanti orgasmi avessero riempito l'abitacolo e speravo di essere la prossima. Un'altra
parte esplorava quei piccoli segni del tempo sul volto, linee che lo rendevano, se possibile, ancora più erotico, ancora più desiderabile. Arrivammo a destinazione e pensai, illudendomi, che in compagnia degli altri la serata sarebbe stata in discesa, lui si sarebbe dileguato inseguendo qualche giovane e avvenente fanciulla, io avrei atteso la fine della serara chiacchierando con i suoi amici.Entrammo nel locale dove ci aspettavano i suoi amici,mi presentò come una sua vecchia amica e occupammo il privee. Il suo amico Marco inaugurò, col primo, una lunga serie di brindisi. Manu era seduto accanto a me, sentivo distintamente il calore del suo corpo, di tanto in tanto si votava per rivolgermi un sorriso gentile. Bevvi un sorso del mio drink ignorando la totale incapacità del mio corpo di metabolizzare l'alcool.
"Andiamo a ballare?" mi disse prendendomi per il polso. Era un invito festoso, non c'era barlume di ammiccamento e il balletto da cinepanettone che ne seguì confermò la mia ipotesi. Tornammo ai divanetti e Carla, moglie di Alberto, mi chiese a bruciapelo come avessi conosciuto Manu. "Ci siamo conosciuti su internet, eravamo entrambi moderatori in un canale, due sceriffi rompipalle,insomma!"
Alberto continuò il lavoro iniziato dalla moglie "Ahh, e dicci un po', scommetto che ti importunava e faceva il cascamorto" Manu guardava la scena divertito, io replicai in tono canzonatorio "Ma quando mai! Non ero assolutamente il suo target! A lui piacevano le barista latine, io ero solo una povera e innocente studentessa universitaria! Giusto, Manu?" Lo guardai dritto negli occhi e lui, spavaldo, disse di
sponda "Ma se ti dicevo che mi ricordavi le professoresse sexy dei B movie!" "Appunto," lo incalzai, "Dicevi,dicevi, dicevi e basta"
Carla, cogliendo l'odore di gossip, chiosò:"Quindi tu saresti passata dalle parole ai fatti! Non sai in che guaio ti saresti cacciata." Ridemmo tutti e io aggiunsi "Ci ho sperato per tre anni, cara Carla, e poi, disperata, ho cercato fatti altrove!"
"Ben fatto!" rispose.
Mi voltai velocemente verso Manu, mi guardava e il suo sguardo era mutato, mi sentivo scrutata, lui sembrava sorpreso. Mi tolsi da quella situazione di imbarazzo andando a ballare con Teo, mio coetaneo e più piccolo del gruppo. Quando tornai al divanetto Manu non c'era, tornò dopo alcuni minuti e occupò un posto diverso. Cazzo,lo avevo fatto incazzare, forse lo
avevo messo in imbarazzo. La serata trascorse con interazioni ridotte al minimo, salutai i suoi amici con la promessa di ospitarli da me e salii in auto con Manu.
Stemmo in silenzio per tutto il tragitto, io fingendo di guardare il buio pesto oltre il finestrino ma guardando il riflesso del suo volto, lo sguardo severo, il collo lambito dal collo della sua camicia. L'eccitazione dell'andata aveva lasciato il passo ad un senso di disagio profondo al ritorno. Arrivammo al b&b, lo ringraziai per avermi accompagnata e ricevetti in cambio un gesto di saluto con la mano. Non una parola. Chiusa la portiera, sentii gli occhi inondarsi di lacrime, facevo fatica persino a recuperare le chiavi dalla borsa.
"Livia". Mi voltai, era sceso dall'auto e mi aveva raggiunta. Mi guardava rabbuiato
"Dicevi sul serio prima? Mentre eravamo al locale con i miei amici, intendo"
Non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo, severo, duro, mentre mi rivolgeva quelle parole. Ecco il Manu militare, abituato a disporre, a inquisire. E poi c'erano quelle piccole rughe di espressione che certificano il fatto che, il ragazzo conosciuto venti anni prima, fosse diventato un uomo. Un uomo che trovavo ancora dannatamente erotico, come quando di anni ne avevo venti. Infilai la chiave nella toppa e aprii il portone che affacciava sulla corte.
"Che importa? Stavamo scherzando" "Importa perché potrei prenderti sul serio" "e cosa cambierebbe?"
"Vuoi saperlo, Liv?"
Feci un cenno col capo. Mi si avvicinò e, prendendomi il volto tra le mani, mi baciò.
Sentivo la sua lingua calda, la pelle ruvida contro la mia, il suo respiro rapido, il braccio che mi attirava a sé. Mi spinse fin
sul muro del cortile interno, mi sentivo schiacciata al peso del suo corpo, stordita dall'eccitazione, confusa per quel bacio inatteso. Le sue dita si fecero strada sotto la mia maglia, fino ad avvolgere e strizzare il seno. Forse ero prossima ad avere un orgasmo alla sola idea di quello che stava accadendo, di quello che avrebbe potuto farmi. Volevo che le mie fantasie prendessero corpo, volevo che godesse con me come mai prima, lo volevo con tutta me stessa, senza riserve. Sfiorai la cintola dei pantaloni con le dita, percorsi la zip e avvolsi la sua erezione nel palmo della mano. Quella mossa audace lo bloccò per un istante per poi riprendere a baciarmi con ancora più foga di prima. Sbottonai i suoi jeans e tirai giù i boxer mentre mi inginocchiavo davanti a lui. Lo sentii lasciare andare le spalle contro una colonna alle sue spalle, lo guardai dritto
negli occhi mentre agguantavo il suo cazzo pulsante e turgido e con la lingua assaporavo la pelle rugosa dei testicoli. Li lambii con le labbra mentre la mano si muoveva dolcemente su e giù. Risalii lungo tutta l'asta in punta di lungua, fino a
solleticargli la cappella
Mi accarezzava la testa. Al primo affondo della mia bocca vidi la meraviglia nei suoi occhi, andai più giù fino a sentirlo in gola, fino a sentimi piena di lui. Risalii lentamente, con dolcezza per poi scendere vorace e succhiarlo come avevo sempre fatto nelle mie fantasie.
"Puoi tenermi la testa,se vuoi" gli sussurrai mentre gli baciavo la cappella. Non avevo paura di sembrargli una troia, quella notte volevo prendermi tutto quello che avevo sempre desideraro e fantasticato. Gustavo ogni cm della sua pelle, il suo odore...Al mio terzo affondo sentii le sue mani tra i
capelli, con una presa salda mi teneva immobile mentre mi scopava lentamente la bocca. Lo accolsi senza opporre resistenza. Con la lingua percorrevo la pelle tesa, sentivo le vene pulsare, lo inondavo di saliva per farlo godere meglio.
"Mi stai facendo perdere la testa..." disse ansimando e invitandomi ad alzarmi. "Devo restituirti la cortesia" e mi abbasso i pantaloni facendo scivolare la mano tra le mie gambe. Comincia a dondolare col bacino per sentire meglio la sua mano calda sul mio sesso.
"Hai voglia..." ma ormai ansimavo per poter articolare una qualsiasi frase. Fece scivolare giù i miei slip e si mise dietro di me, facendomi sporgere in avanti. Le sue mani calde ormai erano sui miei fianchi, sentii improvvisamente penetrarmi con un colpo deciso e attirarmi a sé per spingerlo fino in fondo. Gemetti, stordita da quel
godimento..Continuò a scoparmi con ancora più vigore e forza tenendomi una mano sulla bocca. Sentivo ondate di piacere susseguirsi in modo tanto rapido e intenso da farmi piangere. Gli chiesi di darmi tregua ma continuò ancora per qualche secondo fino a quando non sentii mancare le gambe.
Cominciò a baciarmi con voracità tenendomi il mento, facendosi spazio tra i miei capelli. Ero totalmente soggiogata, in balia di quell'uomo dal quale avrei voluto farmi fare di tutto. Gli feci cenno di sedersi sul bordo di una fioriera lì accanto, gli salii sopra e cominciai a muovermi ritmicamente mentre lui col pollice picchiettava il clitoride. Venimmo guardandoci negli occhi, affidando ai nostri sguardi mille parole.
● "vuoi salire?" gli chiesi mentre ci ricomponevamo alla meno peggio."Sì', risposte baciandomi. Salimmo in silenzio la scala che conduceva alla mia stanza, mano nella mano. Provai una strana sensazione di imbarazzo ed euforia.
Ci chiudemmo la porta della mia camera alle spalle e riprendemmo la nostra danza. Gli sfilai la giacca e cominciai a sbottonare la camicia mentre con la lingua sfioravo la pelle calda tra l'orecchio e la nuca, assaporavo il gusto salino di quei centimetri l. Con un gesto felpato fece scivolare sul pavimento i miei jeans e , sollevato l'orlo della maglia, risalì con dita fino ai seni. Li avvolse con le mani calde e cominciò a massaggiarli con dolcezza per poi prendere a pizzicare i capezzoli. Mi stavo eccitando nuovamente.
In questa nuova intimità dovevo però sostenere il suo sguardo, quegli occhi che
mi scrutavano e affondavano nella parte più nascosta e vera di me. Feci scivolare una mano tra le sue gambe, anche lui ne voleva ancora. Lo liberai dai pantaloni e gli sfilai i boxer abbassandomi dinanzi a lui. Percorsi il suo pene turgido e robusto con dei baci a sfioro, poi mi alzai, continuai a masturbarlo per un po' con la mano. Ogni piccola contrazione del suo corpo mi diceva di andare avanti. Dovevo alzare la posta in gioco. Mi misi dietro di lui e scesi lentamente con la lingua lungo la schiena. Mi inginocchiai dietro di lui e si girò a guardarmi un po' perplesso, io intanto cominciai a baciargli le natiche in modo delicato. Con l'indice mi feci spazio fino a sentire la pelle rugosa dell'ano. Gli divaricai le gambe e lo invitai a protendersi in avanti col busto, mi assecondò con la lingua cominciai a picchiettare l'ano, riempendola di saliva prima di ogni colpo, intanto con la
mano gli massaggiavo i testicoli alternando qualche carezza al suo pene. Sentivo il ritmo del suo respiro cambiare, capì che era quello il momento per penetrarlo. Accolsi nella mia bocca entrambi i testicoli e intanto il mio indice entrò lentamente in lui, con l'altra mano continuavo a segarlo senza fretta, con dolcezza e dedizione. Emise un gemito e di spiegò ancora più in avanti "Ti prego, non fermarti...mi vergogno da morire ma mi piace...".
Aumentai il ritmo e continuai a lubrificarlo con la lingua.
"Ancora, Liv! Non fermarti"
Cominciai a muovere il dito dentro di lui e lo sentii gemere ancora. Ma lui voleva di più ed ero disposta a darglielo. Lo condussi verso il letto "Siediti qui sul bordo..." , mi accovacciai tra le sue gambe e lo presi in bocca con gusto, "Adesso
sdraiati..." gli spalancai le gambe. Mi avvicinai con le labbra alla cappella e la inondai di saliva prima di affondare con la bocca. Intanto con indice e medio gli solleticavo la pelle tra i testicoli e l'ano. Scesi con la lingua fin là, leccandolo e stuzzicando. Alternavo colpetti leggeri della lingua a piccoli massaggi con le dita.
Tornai a prenderlo in bocca e andai a fondo il più possibile, ebbe un sussulto e in quel momento lo penetrai con due dita, aumentando pian piano il ritmo fino quando non sentii le sue mani tenermi la testa. Affondò tutto il cazzo nella mia bocca, lo sentivo riempirmi e pulsare ed esplose in un orgasmo potente, feci fatica ad ingoiare il suo seme mentre lui continuava a fottermi la bocca e a svuotarsi. Nella stanza riescheggiavano solo i nostri respiri ansanti, lui disteso sul letto e io ancora tra le sue gambe. Mi
rialzai per raggiungerlo sul letto, mi misi a cavalcioni e strusciai la mia vulva bagnata sul suo addome, risalii fino ad essere all'altezza del suo volto. Ero completamente aperta, calda, pulsante, senza nessun tipo di ritegno, non aspettavo altro che trovasse un modo per scoparmi. Mise le mani sulle mie cosce e con un movimento sicuro infilò la lingua tra le piccole labbra per poi leccare con forza fino al clitoride. Ebbi un sussulto. Col pollice iniziò a fare dei grandi cerchi periferici, io avevo troppa voglia per accontentarmi e cominciai a muovere il bacino sperando che le sue dita scivolassero dentro di me, lui sembrava volermi tenere sul filo, insoddisfatta e vogliosa fino a farmi esplodere.
Dischiuse le labbra e cominciò a sicchiarmi piano il clitoride ma ancora non mi sentivo appagata, smaniavo.
"Cosa c'è, Liv?"
"Mi stai facendo perdere la brocca, Manu. Ho troppa voglia" e cosi dicendo presi a strizzarmi i capezzoli mentre sentivo ancora le sue labbra schiudersi e assaggiarmi.
Percorse le mie labbra con l'indice per poi mettermelo in bocca, lo succhiai, fece scivolare tra le mie labbra anche il medio, giocherellai con la lingua e poi presi a succhiare entrambe le dita, mi guardava con un sorrisetto compiaciuto. Le sue dita scivolarono lungo il mio mento, sul collo e lo sterno ansante, sulla mia pancia per poi accarezzarmi i peli del pube.
Infine mi penetrò con un gesto risoluto, un affondo deciso e senza pietà. Incurvò le dita dentro di me, quasi a disegnare un amo, provai un piacere potente che mi ubriacò. E allora cominciò a distendere e uncinare le dita in me a ritmo sempre più
sostenuto, causandomi delle ondate di piacere violente che mi fecero perdere del tutto il controllo. Ero poggiata sulla sua mano, sentivo lo sciacquettio delle dita ed ormai avevo perso ogni forma di pudore. Un'ondata di calore mi pervase e sentii gocciolare i miei umori sulla sua mano, stavo squirtando. Poggiò il suo indice bagnato sulle mie labbra, le schiusi e assaggiai quello che rimaneva del mio piacere, fece altrettanto prima che gli crollassi addosso.
Seguirono interminabili minuti di silenzio, i minuti in cui ripensammo a quello che ci eravamo fatti, a quello che ci eravamo detti.
"Allora dicevi sul serio..."
"Ti sembro una che scherza?"
"No, affatto"
E così dicendo mi avvolse in un abbraccio.
"Ti è mai capitato di pensarmi in questi
anni?" gli chiesi a bruciapelo.
"Sì, soprattutto subito dopo aver perso i contatti. Poi ho capito col tempo che il mio errore è stato pensare che saresti rimasta lì per sempre, ad aspettare che fossi pronto. Ma in realtà io non sono mai stato pronto ad impegnarmi. Guardami, ho quasi 50 anni e non ho una donna".
"Ne avrai avute molte, forse non vuoi legarti". Sorrise e serrò ancora un po' le braccia intorno a me.
"E tu mi hai mai pensato?"
"Ogni cazzo di giorno, Manu"
"Dai! Mi vuoi far credere che mi pensavi ogni giorno?"
"Ti sembra così assurdo?"
"Beh, ad un certo punto non abbiamo saputo più nulla l'uno dell'altro. Mi sembra difficile pensare ad una persona di cui si perdono le tracce"
"Ma la fantasia sa colmare questi vuoti. E
io ho una fantasia galoppante"
Si mise su un fianco reggendo il capo con una mano e mi fissò.
"E cosa avrebbe prodotto questa fantasia galoppante?"
"Questo non posso dirtelo"
"Perché?"
"Perché mi imbarazza parlarne"
"Hai avuto delle fantasie su di me, piccola Liv?" mi chiese con tono divertito.
Mi sentii avvampare ma non avevo più nulla da perdere.
"Molte e di ogni genere"
"Interessante...' e mi stampò un bacio sulle labbra. Poi mi sussurrò all'orecchio "e cosa facevi quando mi pensavi?" , con un filo di voce risposi "quello che puoi immaginare"
"io non ho molta immaginazione, credo solo a ciò che vedo" e mi prese la mano portandola tra le mie gambe, le dischiusi e cominciai a toccarmi guardandolo negli
occhi. "Pensavi fossi io mentre ti toccavi?", annuii e continuai ad accarezzarmi il clitoride e le piccole labbra. L'idea che mi guardasse mentre mi masturbavo mi elettrizzò e mi bagnai immediatamente.
"Mi sarebbe piaciuto vederti arrivare e continuare il lavoro..." gli dissi senza vergogna. Fece scivolare la mano sul mio addome fino a toccare la mia, guidò il mio pollice sul clitoride e mi sussurrò di continuare mentre lui affondava due dita.
Sapeva farmi eccitare anche solo parlandomi, era capace di scoparmi la testa ancora prima del resto. Scese con la faccia tra le mie gambe e cominciò ad insinuarsi con la lingua tra le pieghe della mia carne tenendomi ferma ad ogni sussulto, poi afferrò i guanciali e li mise sotto il mio bacino, lasciandomi completamente esposta. Lo sentii scendere con la lingua e fasi spazio tra le
mie natiche. Mi fece girare e continuò la sua opera di esplorazione. Si distese sulla mia schiena e mentre mi baciava il lobo dell'orecchio mi disse "anche io avevo delle fantasie su di te...ma eri troppo innocente per farle diventare realtà" , scese nuovamente a stuzzicare l'ano e ad inondarlo di saliva, poi sentii il suo indice farsi spazio ed entrare. Provai una sensazione strana di piacere e fastidio.
"Fermami, se non ti va" mi disse accarezzandomi la schiena e baciandomi i lombi. Mi penetrò ancora con l'indice e dopo altri tentativi lo sentii poggiare la cappella e fare una leggera pressione.
"Ho sempre immaginato di prenderti così, di essere il primo, di farti godere in un modo diverso..." spinse la cappella dentro ed emisi un gemito di piacere e dolore. Mi sentivo violata e piena, insaziabile e scopata come le peggiori troie. Mi piaceva
e mi vergognavo a provare quel piacere.
"Vuoi che mi fermi?"
"No, ma fa' piano..."
Lo sentii chinarsi su di me e affondare un po' , sentivo tutto il suo diametro, la durezza del suo cazzo nerboruto, il mio corpo che lo accoglieva con un piacere strano. Mi scopò con delicatezza, avanzando poco alla volta, io mi lasciai andare facendomi travolgere da quelle sensazioni inedite e con delicatezza mi venne dentro.
Avevo appena dato il culo all'uomo che desideravo da 20 anni e dal quale avrei voluto farmi sverginare 20 anni prima.
Ci colse un sonno profondo.
Non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo, severo, duro, mentre mi rivolgeva quelle parole. Ecco il Manu militare, abituato a disporre, a inquisire. E poi c'erano quelle piccole rughe di espressione che certificavano il fatto che, il ragazzo conosciuto venti anni prima, fosse diventato un uomo. Un uomo che trovavo ancora dannatamente erotico, come quando di anni ne avevo venti. Avevo amato tutto di lui: il mento volitivo, le battute sagaci, l'acutezza, la risata. Avevo trascorso tre anni incollata ad un monitor nell'attesa che tornasse dal lavoro, si collegasse per un saluto in chat, mi raccontasse le sue giornate fatte di sequestri, serate al bar. Avevo ingoiato lacrime e umiliazione quando avevo
dovuto consolarlo da una delusione amorosa o quando mi diceva scherzando di volersi trombare la barista cubana. Una volta, tornato al pc dopo una serata alcolica, si era lasciato sfuggire che gli ricordavo le prof. sexy delle commedie all'italiana. Mi bastò per diverse settimane di ditalini e orgasmi multipli, spesso mentre gli scrivevo, crogiolandomi nel pensiero che anche lui facesse altrettanto. Ero sempre là, nel fulgore dei miei 20 anni, anziché andare in giro a scoparmi l'impossibile, ero là per lui, per la mia e la sua solitudine, in attesa che si accorgesse di me. Non accadde. Dopo tre anni di agonia decisi di andare nel mondo a prendermi la mia dose di cazzi e tra questi ne incontrai uno che mi convinse più degli altri: quello del mio futuro marito. La vita mi trascinò nei suoi gorghi e ben presto le scopate epiche col mio marito divennero
uno sbiadito ricordo. La delusione, il disamore, la trascuratezza emotiva mi avevano trasformata in una grigia quarantenne con figli al seguito e il senso di fallimento chiuso in soffitta e pronto a saltarmi alla gola. In tutti quegli anni non mi aveva mai abbandonata una fantasia galoppante, capace di tenermi a galla nel mare tempestoso della mia esistenza mediocre. E le mie fantasie si coloravano spesso di gemiti, turgori, orgasmi. Non avevo mai smesso di immaginare Manu alle mie spalle, mentre mi teneva con fermezza i fianchi per penetrarmi senza esitazione, non avevo mai smesso di stuzzicarmi i capezzoli pensando che fossero le sue dita, non avevo mai smesso di immaginarlo chiedermi di fargli un pompino mentre mi ritrovavo con la mano bagnata tra le gambe.
Ogni tanto ero stata tentata di scrivergli
ma non ne ebbi mai il coraggio.
Erano trascorsi 20 anni da allora. Con le mie fantasie e la mia borsa da lavoro avevo preso un treno per Verona, dove sarei stata impegnata in un convegno, e non potevo fare a meno di ricordarmi con sadismo che ci avrebbero separati pochi km.
Solo pensarlo mi fece muovere il bacino in modo da sentire la durezza del sedile contro i miei pantaloni, il che mi procurò un brivido di piacere e di vergogna, il movimento del treno fece il resto.
Tante volte mi era capitato di venire solo pensandolo, immaginando scene. Mi accadeva mentre cucinavo o mentre ero in auto, mentre scopavo con mio marito.
Giunsi a Verona e contattai la proprietà del b&b per il ritiro delle chiavi, avevo circa 3 ore libere, una buona occasione per bere qualcosa e visitare il centro. Mi infilai in un
bar elegante, ordinai un caffè al banco e inspirai profondamente pensando al mio intervento al convegno.
Un drappello di militari chiassosi interruppe il sobrio cicaleccio del bar. Mi spostai un po' per permettere ai nuovi avventori di accomodarsi al bancone. L'ultimo ad entrare fu apostrofato simpaticamente dai commilitoni e condannato a pagare la consumazione. Ero di tre quarti e sorridevo divertita immaginando la scena. Il ritardatario prese posto accanto a me. Mi fu servito il caffè e lo bevvi con calma. Mentre prendevo la borsa, il mio vicino, voltandosi, mi urtò facendo cadere la tazzina prima sul bancone e poi sul pavimento. Gli schizzi di caffè mi macchiarono la blusa.
"Cazzo!" mormorai
"Mi scusi, sono desolato"
"No, si figuri, capita" risposi per tagliare
corto e alzai lo sguardo per rassicurare il mio interlocutore. Ebbi un attimo di esitazione.
"Manu..." Era lui. O forse no, stavo avendo un' allucinazione.
"Ci conosciamo?"
Forse avevo appena fatto una figura di merda colossale, forse ero semplicemente suggestionata.
"Bella domanda. Forse no, ho sbagliato persona." Volevo dileguarmi prima di subito.
Vedevo i due occhi scuri incorniciati dagli occhiali scrutarmi, come alla ricerca di un dettaglio che potesse aiutare la memoria.
"Oh, mio Dio! Livia! Ti ho lasciato che eri una ragazzetta con gli anfibi."
"Mi stai dicendo che sono invecchiata?" lo incalzai sorridendo.
"No, sto dicendo che sei cresciuta..."
"Beh, sei "cresciuto" anche tu" gli dissi
ridendo e virgolettando con le dita la parola cresciuto.
"Mi stai dicendo che sono invecchiato?" replicò divertito.
"Sì, ma invecchi benissimo". Ecco, avevo gua pronunciato una frase da sottona che tradotta sarebbe suonata "sei ancora assolutamente scopabilissimo".
Ero elettrizzata ed in imbarazzo al contempo, eccitata e intimorita. Ci aggiornammo velocemente sul motivo della nostra presenza a Verona, poi fu richiamato dai suoi colleghi pronti ad andar via.
"Vai, ti aspettano. È stato bello rivederti, mi ha fatto piacere."
"Anche a me, tanto. Ciao, Liv" e mi stampò due baci sulle guance.
Girai per il centro storico senza realmente riuscire a soffermarmi su ciò che mi circondava, provavo a ricostruire nelle mie
narici il profumo buono e maschio che indossava, la sensazione di ruvidità della sua guancia, le piccole rughe di espressione che gli davano un'aria matura e seducente. Per quanto felice ed elettrizzata, avevo avuto un' ulteriore conferma di essergli indifferente. Era stato gentile e nient'altro, non aveva rimandato ad un ulteriore incontro, non aveva accennato ad un risentirci.
Tornai al b&b, mi buttai sotto la doccia per sciacquarmi di dosso la stanchezza e l'incredulità. Mi tornò in mente l'arco sinuoso del suo collo, la divisa in ordine. Puntai il doccino sul clitoride e portai la pressione dell'acqua al massimo, mi addossai alla parete della doccia e cominciai a penetrarmi con due dita mentre muovevo continuamente il getto d'acqua. Lo immaginai tra le mie gambe, intento a farmi venire, sornione e spietato,
con l'aria compassata e sicura. Venni ansimando piano, mi avvolsi nell'accappatoio pensando che mi sarebbe piaciuto fargli un pompino nella doccia, mentre mi afferrava per i capelli bagnati. Conclusi la serata con la telefonata di rito per verificare che tutti i pezzi della famiglia fossero sani e salvi in mia assenza, ripassai il discorso per il mio intervento al convegno e caddi in un sonno profondo e sereno.
La mattina successiva indossai il mio tailleur portafortuna, un pantalone a palazzo e un blazer terra bruciata con una blusa panna, ero da sempre la regina del minimalismo. Sistemai i capelli e decisi che un convegno con 1000 persone in platea fosse l'occasione giusta per azzardare un rossetto terracotta. Maledetta armocromia, mi aveva mandato in pappa il cervello.
Raggiunsi l'auditorium, feci il check audio e aspettai impaziente il mio turno. L'intervento filò liscio, occuparmi di formazione mi aveva concesso di mostrare il mio lato istrionico e di avere un piccolo pubblico di addetti ai lavori, perlopiù colleghi.
Recuperai la mia borsa quando una collega mi invitò ad andare a festeggiare al bistrot lì accanto con altri formatori. Accettai. Entrammo nel locale gremito, strinsi mani, raccolsi apprezzamenti sul mio intervento e raggiungemmo un tavolo libero. Mi congedai un attimo dalla combriccola per chiamare mio marito e qualcuno dall'esterno aprì la porta d'ingresso del bistrot lasciandomi il passo. "Giuro che oggi ti sto alla larga e non ti rovescerò nulla addosso".
Quella voce mi trafisse un secondo prima dei suoi occhi. Mi sorrideva, elegantissimo
nella sua divisa. Aveva dei denti perfetti, incorniciati da labbra che chissà quali numeri erano capaci di fare.
Abbozzai solo un sorriso mentre mettevo in cellulare in tasca. Ero paralizzata.
"Puoi rilassarti, non consumerò nulla nelle tue vicinanze. Il nostro tavolo è là in fondo" disse sorridendo e indicando il tavolo di fronte al mio.
"Sembra che tu abbia la calamita, sono al tavolo accanto con i miei colleghi."
"E allora ti toccherà fare la strada fino al tavolo con me." E mi fece un cenno per precederlo. Era dietro di me, pensai che mi sarebbe bastato fermarmi perchè i nostri corpi si toccassero, forse avrei potuto sentire quel turgore che avevo sempre immaginato, a quel pensiero avvampai. Lo salutai con un cenno e mi accomodai. Ero bagnata, sentivo distintamente gli slip attaccati alle grandi labbra. C'era qualcosa
di magnetico in lui che mi mandava fuori di testa. Avevo voglia, nella mia testa stavamo già scopando sul tavolo mentre tutti ci guardavano. Mentre lo immaginavo cavalcarmi, mi sentii osservata. Mi stava guardando sul serio, brindava con i suoi colleghi e, levando il calice, mi sorrise.
Contraccambiai.
"Livia, noi usciamo a fumare, vieni con noi?" La proposta della mia collega frenò i miei pensieri. "Sì", seguii il gruppo pur non avendo mai fumato in vita mia, una boccata d'aria mi avrebbe calmata.
Mentre uscivo lo vidi alzarsi e venire verso l'ingresso. Finsi disinvoltura mentre usciva e frugava nelle tasche.
"Livia, hai da accendere?" mi disse con un tono di grande confidenza, come se avessimo passato gli ultimi 20 anni a fumare insieme.
"No, Manu. Mi spiace, non fumo"
"Guarda, mi sembrava strano che la Signorina Precisetti fumasse" e scoppiò a ridere di cuore.
L'espressione che mi si dipinse in volto tradì la mia insofferenza. Ero, per lui, ancora la bacchettona di vent'anni prima.
"Scusa, non volevo offenderti. Sono stato un coglione"
"Non importa, non è colpa tua. Ci sei nato" risposi sorridendo.
"Mon sei cambiata di una virgola, eh. Le tue parole sono sempre affilate! Comunque, nonostante tu mi abbia appe a dato del coglione,- disse divertito- sono uscito per proporti un' uscita questa sera, in onore dei vecchi tempi. Ti avrei scritto sui social ed invece il destino ci ha fatti incontrare. Non so se hai impegni,ma io e i miei andiamo in un locale per una serata anni 90. Vieni? Io e te abbiamo una tradizione di uscite in discoteca"
"Mi toccherà guardarti fare il piacione con delle fresche maggiorenni col drink in mano, come vent'anni fa?"
"No, adesso le punto dai 25 in su" e strizzò l'occhio.
In realtà eravamo usciti una sola volta, in occasione di un suo ritorno al in Puglia, io avevo 20 anni, lui 28, avevo erroneamente pensato che quella sera sarebbe stato il preludio della più grande storia d'amore della mia vita, invece mi ritrovai a guardalo fare il lumacone con algide fanciulle strizzate in mini abiti, mentre io bevevo la mia bottiglietta d'acqua a bordo pista. I giorni che seguirono furono scanditi da pianti e abbattimento. Fu proprio quella rassegnazione a non essere alla sua altezza che mi spinse al cazzo tour con conseguente fidanzamento. Così le nostre strade si erano divise.
"Ok, dai..dove si va?" "È un posto
tranquillo, dimmi dove alloggi così alle 20 passo a prenderti. Dammi il tuo numero, così ci sentiamo." "Scandii le cifre come un automa, ancora incapace di credere allo scambio appena avvenuto. Il mio telefono vibrò "Salva il mio numero. Ci sentiamo dopo, noi stiamo andando" e si protese verso di me per salutarmi con un bacio sulla guancia.
La mia collega Valeria si insinuò in quello stato di stordimento "Me lo spiegherai, vero, com'è che conosci un militare di Verona?" "In realtà è pugliese come noi, è un amico di vecchia data, non ci vedevamo da vent'anni". La risposta sembrò soddisfarla.
Rientrai al b&b e venni subito assalita dai miei fedelissimi complessi di inferiorità, forse sarebbe stato il caso di tirarmi indietro, di tirargli un bidone, anziché umiliarmi col confronto con le sue amiche.
Portavo i segni dei DCA di cui mi ero ammalata e che avevo solo recentemente archiviato. Portavo i segni sui tessuti e, ancora più profondi e dolorosi, nella mia stessa idea di me.
Dovevo solo formulare una frase convincente e non sarebbe stato difficile, dopotutto ci lavoravo con le parole.
Squillò il telefono, sperai fosse lui per risolvere subito la questione. Con un messaggio vocale mi diceva che sarebbe passato a prendermi un po' prima per andare a mangiare qualcosa insieme prima di lanciarci in pista. L'idea di poter passare del tempo sola con lui mi fece desistere dal sabotaggio dell'appuntamento. Indossai un jeans a vita alta e una maglia monospalla nel tentativo di mettere in risalto il punto vita, indossai gli orecchini e dei bracciali e, presa da una insolita voglia di valorizzarmi,
mi truccai. Avevo ancora quell'espressione un po' bambinesca che mi faceva sembrare un po' più giovane di quanto fossi, ringraziai la mia genetica e cominciai a fremere in attesa che arrivasse. Con un WhatsApp mi diceva di uscire, era all'ingresso del B&b.
Lo raggiunsi cercando di dissimulare l'emozione e la tensione. "Ah, beh... ti ho lasciata ventenne punkabbestia e ti ritrovo quarantenne radicalchic, bene, bene!"
"Hai intenzione di canzonarmi per tutta la sera?" Mentre protestavo mi salutò in modo familiare, caloroso. Il contatto dei nostri corpi mi fece attraversare da una scossa.
"Canzonare. Mi ha sempre fatto impazzire la tua proprietà di linguaggio, mi sono sempre chiesto dove andassi a pescare le parole. Oggi ho seguito il tuo intervento al convegno, ero lì per l'ordine pubblico.
Cazzo, hai una capacità incredibile di dominare le parole, attiri l'attenzione. Erano tutti presi"
"Grazie" fu l'unica cosa che riuscii a dirgli, ero ammutolita, agitata, tesa e rapita dal modo sinuoso in cui le sue labbra e la sua lingua scandivano le sillabe.
"Ti porto in un posto qui a due passi che mi piace molto, così riusciamo a fare due chiacchiere, abbiamo 20 anni di arretrati"
Trascorremmo l'ora successiva a raccontarci, a fare il punto delle nostre esistenze con leggerezza, in modo talmente naturale da sembrare quotidiano.
La conversazione continuò in macchina mentre raggiungevamo il locale. Una parte di me si chiedeva quante donne avesse cavalcato su quei sedili, quante bocche lo avessero accolto mentre veniva, quanti orgasmi avessero riempito l'abitacolo e speravo di essere la prossima. Un'altra
parte esplorava quei piccoli segni del tempo sul volto, linee che lo rendevano, se possibile, ancora più erotico, ancora più desiderabile. Arrivammo a destinazione e pensai, illudendomi, che in compagnia degli altri la serata sarebbe stata in discesa, lui si sarebbe dileguato inseguendo qualche giovane e avvenente fanciulla, io avrei atteso la fine della serara chiacchierando con i suoi amici.Entrammo nel locale dove ci aspettavano i suoi amici,mi presentò come una sua vecchia amica e occupammo il privee. Il suo amico Marco inaugurò, col primo, una lunga serie di brindisi. Manu era seduto accanto a me, sentivo distintamente il calore del suo corpo, di tanto in tanto si votava per rivolgermi un sorriso gentile. Bevvi un sorso del mio drink ignorando la totale incapacità del mio corpo di metabolizzare l'alcool.
"Andiamo a ballare?" mi disse prendendomi per il polso. Era un invito festoso, non c'era barlume di ammiccamento e il balletto da cinepanettone che ne seguì confermò la mia ipotesi. Tornammo ai divanetti e Carla, moglie di Alberto, mi chiese a bruciapelo come avessi conosciuto Manu. "Ci siamo conosciuti su internet, eravamo entrambi moderatori in un canale, due sceriffi rompipalle,insomma!"
Alberto continuò il lavoro iniziato dalla moglie "Ahh, e dicci un po', scommetto che ti importunava e faceva il cascamorto" Manu guardava la scena divertito, io replicai in tono canzonatorio "Ma quando mai! Non ero assolutamente il suo target! A lui piacevano le barista latine, io ero solo una povera e innocente studentessa universitaria! Giusto, Manu?" Lo guardai dritto negli occhi e lui, spavaldo, disse di
sponda "Ma se ti dicevo che mi ricordavi le professoresse sexy dei B movie!" "Appunto," lo incalzai, "Dicevi,dicevi, dicevi e basta"
Carla, cogliendo l'odore di gossip, chiosò:"Quindi tu saresti passata dalle parole ai fatti! Non sai in che guaio ti saresti cacciata." Ridemmo tutti e io aggiunsi "Ci ho sperato per tre anni, cara Carla, e poi, disperata, ho cercato fatti altrove!"
"Ben fatto!" rispose.
Mi voltai velocemente verso Manu, mi guardava e il suo sguardo era mutato, mi sentivo scrutata, lui sembrava sorpreso. Mi tolsi da quella situazione di imbarazzo andando a ballare con Teo, mio coetaneo e più piccolo del gruppo. Quando tornai al divanetto Manu non c'era, tornò dopo alcuni minuti e occupò un posto diverso. Cazzo,lo avevo fatto incazzare, forse lo
avevo messo in imbarazzo. La serata trascorse con interazioni ridotte al minimo, salutai i suoi amici con la promessa di ospitarli da me e salii in auto con Manu.
Stemmo in silenzio per tutto il tragitto, io fingendo di guardare il buio pesto oltre il finestrino ma guardando il riflesso del suo volto, lo sguardo severo, il collo lambito dal collo della sua camicia. L'eccitazione dell'andata aveva lasciato il passo ad un senso di disagio profondo al ritorno. Arrivammo al b&b, lo ringraziai per avermi accompagnata e ricevetti in cambio un gesto di saluto con la mano. Non una parola. Chiusa la portiera, sentii gli occhi inondarsi di lacrime, facevo fatica persino a recuperare le chiavi dalla borsa.
"Livia". Mi voltai, era sceso dall'auto e mi aveva raggiunta. Mi guardava rabbuiato
"Dicevi sul serio prima? Mentre eravamo al locale con i miei amici, intendo"
Non riuscivo a distogliere il mio sguardo dal suo, severo, duro, mentre mi rivolgeva quelle parole. Ecco il Manu militare, abituato a disporre, a inquisire. E poi c'erano quelle piccole rughe di espressione che certificano il fatto che, il ragazzo conosciuto venti anni prima, fosse diventato un uomo. Un uomo che trovavo ancora dannatamente erotico, come quando di anni ne avevo venti. Infilai la chiave nella toppa e aprii il portone che affacciava sulla corte.
"Che importa? Stavamo scherzando" "Importa perché potrei prenderti sul serio" "e cosa cambierebbe?"
"Vuoi saperlo, Liv?"
Feci un cenno col capo. Mi si avvicinò e, prendendomi il volto tra le mani, mi baciò.
Sentivo la sua lingua calda, la pelle ruvida contro la mia, il suo respiro rapido, il braccio che mi attirava a sé. Mi spinse fin
sul muro del cortile interno, mi sentivo schiacciata al peso del suo corpo, stordita dall'eccitazione, confusa per quel bacio inatteso. Le sue dita si fecero strada sotto la mia maglia, fino ad avvolgere e strizzare il seno. Forse ero prossima ad avere un orgasmo alla sola idea di quello che stava accadendo, di quello che avrebbe potuto farmi. Volevo che le mie fantasie prendessero corpo, volevo che godesse con me come mai prima, lo volevo con tutta me stessa, senza riserve. Sfiorai la cintola dei pantaloni con le dita, percorsi la zip e avvolsi la sua erezione nel palmo della mano. Quella mossa audace lo bloccò per un istante per poi riprendere a baciarmi con ancora più foga di prima. Sbottonai i suoi jeans e tirai giù i boxer mentre mi inginocchiavo davanti a lui. Lo sentii lasciare andare le spalle contro una colonna alle sue spalle, lo guardai dritto
negli occhi mentre agguantavo il suo cazzo pulsante e turgido e con la lingua assaporavo la pelle rugosa dei testicoli. Li lambii con le labbra mentre la mano si muoveva dolcemente su e giù. Risalii lungo tutta l'asta in punta di lungua, fino a
solleticargli la cappella
Mi accarezzava la testa. Al primo affondo della mia bocca vidi la meraviglia nei suoi occhi, andai più giù fino a sentirlo in gola, fino a sentimi piena di lui. Risalii lentamente, con dolcezza per poi scendere vorace e succhiarlo come avevo sempre fatto nelle mie fantasie.
"Puoi tenermi la testa,se vuoi" gli sussurrai mentre gli baciavo la cappella. Non avevo paura di sembrargli una troia, quella notte volevo prendermi tutto quello che avevo sempre desideraro e fantasticato. Gustavo ogni cm della sua pelle, il suo odore...Al mio terzo affondo sentii le sue mani tra i
capelli, con una presa salda mi teneva immobile mentre mi scopava lentamente la bocca. Lo accolsi senza opporre resistenza. Con la lingua percorrevo la pelle tesa, sentivo le vene pulsare, lo inondavo di saliva per farlo godere meglio.
"Mi stai facendo perdere la testa..." disse ansimando e invitandomi ad alzarmi. "Devo restituirti la cortesia" e mi abbasso i pantaloni facendo scivolare la mano tra le mie gambe. Comincia a dondolare col bacino per sentire meglio la sua mano calda sul mio sesso.
"Hai voglia..." ma ormai ansimavo per poter articolare una qualsiasi frase. Fece scivolare giù i miei slip e si mise dietro di me, facendomi sporgere in avanti. Le sue mani calde ormai erano sui miei fianchi, sentii improvvisamente penetrarmi con un colpo deciso e attirarmi a sé per spingerlo fino in fondo. Gemetti, stordita da quel
godimento..Continuò a scoparmi con ancora più vigore e forza tenendomi una mano sulla bocca. Sentivo ondate di piacere susseguirsi in modo tanto rapido e intenso da farmi piangere. Gli chiesi di darmi tregua ma continuò ancora per qualche secondo fino a quando non sentii mancare le gambe.
Cominciò a baciarmi con voracità tenendomi il mento, facendosi spazio tra i miei capelli. Ero totalmente soggiogata, in balia di quell'uomo dal quale avrei voluto farmi fare di tutto. Gli feci cenno di sedersi sul bordo di una fioriera lì accanto, gli salii sopra e cominciai a muovermi ritmicamente mentre lui col pollice picchiettava il clitoride. Venimmo guardandoci negli occhi, affidando ai nostri sguardi mille parole.
● "vuoi salire?" gli chiesi mentre ci ricomponevamo alla meno peggio."Sì', risposte baciandomi. Salimmo in silenzio la scala che conduceva alla mia stanza, mano nella mano. Provai una strana sensazione di imbarazzo ed euforia.
Ci chiudemmo la porta della mia camera alle spalle e riprendemmo la nostra danza. Gli sfilai la giacca e cominciai a sbottonare la camicia mentre con la lingua sfioravo la pelle calda tra l'orecchio e la nuca, assaporavo il gusto salino di quei centimetri l. Con un gesto felpato fece scivolare sul pavimento i miei jeans e , sollevato l'orlo della maglia, risalì con dita fino ai seni. Li avvolse con le mani calde e cominciò a massaggiarli con dolcezza per poi prendere a pizzicare i capezzoli. Mi stavo eccitando nuovamente.
In questa nuova intimità dovevo però sostenere il suo sguardo, quegli occhi che
mi scrutavano e affondavano nella parte più nascosta e vera di me. Feci scivolare una mano tra le sue gambe, anche lui ne voleva ancora. Lo liberai dai pantaloni e gli sfilai i boxer abbassandomi dinanzi a lui. Percorsi il suo pene turgido e robusto con dei baci a sfioro, poi mi alzai, continuai a masturbarlo per un po' con la mano. Ogni piccola contrazione del suo corpo mi diceva di andare avanti. Dovevo alzare la posta in gioco. Mi misi dietro di lui e scesi lentamente con la lingua lungo la schiena. Mi inginocchiai dietro di lui e si girò a guardarmi un po' perplesso, io intanto cominciai a baciargli le natiche in modo delicato. Con l'indice mi feci spazio fino a sentire la pelle rugosa dell'ano. Gli divaricai le gambe e lo invitai a protendersi in avanti col busto, mi assecondò con la lingua cominciai a picchiettare l'ano, riempendola di saliva prima di ogni colpo, intanto con la
mano gli massaggiavo i testicoli alternando qualche carezza al suo pene. Sentivo il ritmo del suo respiro cambiare, capì che era quello il momento per penetrarlo. Accolsi nella mia bocca entrambi i testicoli e intanto il mio indice entrò lentamente in lui, con l'altra mano continuavo a segarlo senza fretta, con dolcezza e dedizione. Emise un gemito e di spiegò ancora più in avanti "Ti prego, non fermarti...mi vergogno da morire ma mi piace...".
Aumentai il ritmo e continuai a lubrificarlo con la lingua.
"Ancora, Liv! Non fermarti"
Cominciai a muovere il dito dentro di lui e lo sentii gemere ancora. Ma lui voleva di più ed ero disposta a darglielo. Lo condussi verso il letto "Siediti qui sul bordo..." , mi accovacciai tra le sue gambe e lo presi in bocca con gusto, "Adesso
sdraiati..." gli spalancai le gambe. Mi avvicinai con le labbra alla cappella e la inondai di saliva prima di affondare con la bocca. Intanto con indice e medio gli solleticavo la pelle tra i testicoli e l'ano. Scesi con la lingua fin là, leccandolo e stuzzicando. Alternavo colpetti leggeri della lingua a piccoli massaggi con le dita.
Tornai a prenderlo in bocca e andai a fondo il più possibile, ebbe un sussulto e in quel momento lo penetrai con due dita, aumentando pian piano il ritmo fino quando non sentii le sue mani tenermi la testa. Affondò tutto il cazzo nella mia bocca, lo sentivo riempirmi e pulsare ed esplose in un orgasmo potente, feci fatica ad ingoiare il suo seme mentre lui continuava a fottermi la bocca e a svuotarsi. Nella stanza riescheggiavano solo i nostri respiri ansanti, lui disteso sul letto e io ancora tra le sue gambe. Mi
rialzai per raggiungerlo sul letto, mi misi a cavalcioni e strusciai la mia vulva bagnata sul suo addome, risalii fino ad essere all'altezza del suo volto. Ero completamente aperta, calda, pulsante, senza nessun tipo di ritegno, non aspettavo altro che trovasse un modo per scoparmi. Mise le mani sulle mie cosce e con un movimento sicuro infilò la lingua tra le piccole labbra per poi leccare con forza fino al clitoride. Ebbi un sussulto. Col pollice iniziò a fare dei grandi cerchi periferici, io avevo troppa voglia per accontentarmi e cominciai a muovere il bacino sperando che le sue dita scivolassero dentro di me, lui sembrava volermi tenere sul filo, insoddisfatta e vogliosa fino a farmi esplodere.
Dischiuse le labbra e cominciò a sicchiarmi piano il clitoride ma ancora non mi sentivo appagata, smaniavo.
"Cosa c'è, Liv?"
"Mi stai facendo perdere la brocca, Manu. Ho troppa voglia" e cosi dicendo presi a strizzarmi i capezzoli mentre sentivo ancora le sue labbra schiudersi e assaggiarmi.
Percorse le mie labbra con l'indice per poi mettermelo in bocca, lo succhiai, fece scivolare tra le mie labbra anche il medio, giocherellai con la lingua e poi presi a succhiare entrambe le dita, mi guardava con un sorrisetto compiaciuto. Le sue dita scivolarono lungo il mio mento, sul collo e lo sterno ansante, sulla mia pancia per poi accarezzarmi i peli del pube.
Infine mi penetrò con un gesto risoluto, un affondo deciso e senza pietà. Incurvò le dita dentro di me, quasi a disegnare un amo, provai un piacere potente che mi ubriacò. E allora cominciò a distendere e uncinare le dita in me a ritmo sempre più
sostenuto, causandomi delle ondate di piacere violente che mi fecero perdere del tutto il controllo. Ero poggiata sulla sua mano, sentivo lo sciacquettio delle dita ed ormai avevo perso ogni forma di pudore. Un'ondata di calore mi pervase e sentii gocciolare i miei umori sulla sua mano, stavo squirtando. Poggiò il suo indice bagnato sulle mie labbra, le schiusi e assaggiai quello che rimaneva del mio piacere, fece altrettanto prima che gli crollassi addosso.
Seguirono interminabili minuti di silenzio, i minuti in cui ripensammo a quello che ci eravamo fatti, a quello che ci eravamo detti.
"Allora dicevi sul serio..."
"Ti sembro una che scherza?"
"No, affatto"
E così dicendo mi avvolse in un abbraccio.
"Ti è mai capitato di pensarmi in questi
anni?" gli chiesi a bruciapelo.
"Sì, soprattutto subito dopo aver perso i contatti. Poi ho capito col tempo che il mio errore è stato pensare che saresti rimasta lì per sempre, ad aspettare che fossi pronto. Ma in realtà io non sono mai stato pronto ad impegnarmi. Guardami, ho quasi 50 anni e non ho una donna".
"Ne avrai avute molte, forse non vuoi legarti". Sorrise e serrò ancora un po' le braccia intorno a me.
"E tu mi hai mai pensato?"
"Ogni cazzo di giorno, Manu"
"Dai! Mi vuoi far credere che mi pensavi ogni giorno?"
"Ti sembra così assurdo?"
"Beh, ad un certo punto non abbiamo saputo più nulla l'uno dell'altro. Mi sembra difficile pensare ad una persona di cui si perdono le tracce"
"Ma la fantasia sa colmare questi vuoti. E
io ho una fantasia galoppante"
Si mise su un fianco reggendo il capo con una mano e mi fissò.
"E cosa avrebbe prodotto questa fantasia galoppante?"
"Questo non posso dirtelo"
"Perché?"
"Perché mi imbarazza parlarne"
"Hai avuto delle fantasie su di me, piccola Liv?" mi chiese con tono divertito.
Mi sentii avvampare ma non avevo più nulla da perdere.
"Molte e di ogni genere"
"Interessante...' e mi stampò un bacio sulle labbra. Poi mi sussurrò all'orecchio "e cosa facevi quando mi pensavi?" , con un filo di voce risposi "quello che puoi immaginare"
"io non ho molta immaginazione, credo solo a ciò che vedo" e mi prese la mano portandola tra le mie gambe, le dischiusi e cominciai a toccarmi guardandolo negli
occhi. "Pensavi fossi io mentre ti toccavi?", annuii e continuai ad accarezzarmi il clitoride e le piccole labbra. L'idea che mi guardasse mentre mi masturbavo mi elettrizzò e mi bagnai immediatamente.
"Mi sarebbe piaciuto vederti arrivare e continuare il lavoro..." gli dissi senza vergogna. Fece scivolare la mano sul mio addome fino a toccare la mia, guidò il mio pollice sul clitoride e mi sussurrò di continuare mentre lui affondava due dita.
Sapeva farmi eccitare anche solo parlandomi, era capace di scoparmi la testa ancora prima del resto. Scese con la faccia tra le mie gambe e cominciò ad insinuarsi con la lingua tra le pieghe della mia carne tenendomi ferma ad ogni sussulto, poi afferrò i guanciali e li mise sotto il mio bacino, lasciandomi completamente esposta. Lo sentii scendere con la lingua e fasi spazio tra le
mie natiche. Mi fece girare e continuò la sua opera di esplorazione. Si distese sulla mia schiena e mentre mi baciava il lobo dell'orecchio mi disse "anche io avevo delle fantasie su di te...ma eri troppo innocente per farle diventare realtà" , scese nuovamente a stuzzicare l'ano e ad inondarlo di saliva, poi sentii il suo indice farsi spazio ed entrare. Provai una sensazione strana di piacere e fastidio.
"Fermami, se non ti va" mi disse accarezzandomi la schiena e baciandomi i lombi. Mi penetrò ancora con l'indice e dopo altri tentativi lo sentii poggiare la cappella e fare una leggera pressione.
"Ho sempre immaginato di prenderti così, di essere il primo, di farti godere in un modo diverso..." spinse la cappella dentro ed emisi un gemito di piacere e dolore. Mi sentivo violata e piena, insaziabile e scopata come le peggiori troie. Mi piaceva
e mi vergognavo a provare quel piacere.
"Vuoi che mi fermi?"
"No, ma fa' piano..."
Lo sentii chinarsi su di me e affondare un po' , sentivo tutto il suo diametro, la durezza del suo cazzo nerboruto, il mio corpo che lo accoglieva con un piacere strano. Mi scopò con delicatezza, avanzando poco alla volta, io mi lasciai andare facendomi travolgere da quelle sensazioni inedite e con delicatezza mi venne dentro.
Avevo appena dato il culo all'uomo che desideravo da 20 anni e dal quale avrei voluto farmi sverginare 20 anni prima.
Ci colse un sonno profondo.
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Vent'anni dopo - ep.2
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