“La Visita della Vicina: Sodoma al Pianerottolo”
di
Angel B
genere
prime esperienze
Non so cosa mi fosse preso quel pomeriggio.
Avevo passato ore a pensare a lei — la mia vicina di casa — con quei vestitini corti, le tette sode che sembravano esplodere sotto le magliette attillate, il culo da far perdere la testa.
Mi ero già segato tre volte. Tre.
Avevo ancora il cazzo lucido e sensibile, il respiro appena calmato, quando sentii bussare alla porta.
Aprii, e lì davanti a me c’era lei.
Pantaloncini minuscoli, maglietta senza reggiseno, i capezzoli duri che bucavano il tessuto.
Mi guardò, un sorriso sporco stampato sulle labbra.
«Ciao… disturbo?»
La sua voce era miele avvelenato. Entrò senza nemmeno aspettare risposta, mentre io restavo lì, imbambolato, il cazzo già ricominciava a pulsarmi.
«Tutto bene?» rise, notando subito il mio stato.
Si avvicinò, senza vergogna, e con una mano mi strinse il pacco ancora teso sotto i pantaloncini.
«Ti sei già fatto, vero? Ti sei svuotato pensando a me…»
Senza aspettare risposta, si inginocchiò davanti a me, abbassò i miei pantaloncini e liberò il cazzo gonfio.
«Sporco porco…» sussurrò. E se lo ingoiò tutto, caldo e vivo.
Mi succhiava con fame, senza pietà.
La sua lingua mi avvolgeva, le sue mani giocavano con le mie palle, tirandomi sempre più vicino al limite.
Quando stavo per esplodere, mi guardò dal basso, con quegli occhi da puttana che mi incatenarono.
Con un ringhio bestiale, le svuotai la sacca in gola.
Tre, quattro, cinque fiotti di sborra calda.
Lei inghiottì tutto, senza staccarsi, senza smettere di succhiare.
Quando si staccò, si pulì la bocca con un sorriso lurido.
«Adesso, amore… tocca a me.»
Mi trascinò sul divano, si strappò di dosso i pantaloncini, lasciandomi ammirare la sua figa umida, pulsante.
Senza perdere tempo, si sedette a cavalcioni su di me, strofinandosi piano, facendomi rinascere tra le sue cosce bollenti.
I nostri respiri si mescolavano.
I suoi gemiti erano come benzina sul fuoco.
Mi baciava con violenza, mordendomi, graffiandomi, poi si sollevò e si girò, mettendosi a quattro zampe davanti a me.
Allargò le chiappe con le mani, mostrando il suo buco stretto, vergognosamente esposto.
«Dai… scopami il culo…» ansimò.
Non ci pensai un attimo.
Le sputai sopra, spingendo prima due dita per prepararla appena, poi puntai il cazzo duro contro il suo buco.
Iniziai a spingere, sentendola stringermi con forza animalesca.
Lei gemette, gridò, si contorse, ma spinse indietro, desiderosa di essere presa tutta.
Quando glielo piantai dentro, fino in fondo, fu come accendere una miccia.
Iniziai a scoparla come un forsennato, sbattendola con forza brutale, le mani affondate nei suoi fianchi, le palle che schiaffeggiavano le sue chiappe ad ogni affondo.
«Sì… così… scopami il culo… senza pietà…» gemeva, senza freni.
La prendevo come un animale, ogni colpo era una martellata che faceva tremare i suoi glutei perfetti.
Sentivo il suo buco stringermi ad ogni spinta, tirandomi sempre più vicino all’orlo.
«Vieni… vienimi dentro… riempimi tutta, porco…»
Le sue parole mi mandarono fuori di testa.
Con un ruggito, la sbattei ancora più forte e venni.
Una scarica mostruosa, bestiale, che sembrava non finire mai.
Le inondai il culo con fiotti violenti di sperma caldo, mentre lei gemeva, ansimando, godendo di sentirsi riempita fino a traboccare.
Rimasi lì, dentro di lei, ansimante, svuotato, tremante.
Lei si lasciò cadere di lato, il mio sperma che iniziava a colarle fuori dal buco allentato.
«Così si fa…» mormorò, soddisfatta, il sorriso più sporco che avessi mai visto sulle labbra.
Io rimasi lì, nudo, esausto… ma già pronto a desiderarla di nuovo.
Avevo passato ore a pensare a lei — la mia vicina di casa — con quei vestitini corti, le tette sode che sembravano esplodere sotto le magliette attillate, il culo da far perdere la testa.
Mi ero già segato tre volte. Tre.
Avevo ancora il cazzo lucido e sensibile, il respiro appena calmato, quando sentii bussare alla porta.
Aprii, e lì davanti a me c’era lei.
Pantaloncini minuscoli, maglietta senza reggiseno, i capezzoli duri che bucavano il tessuto.
Mi guardò, un sorriso sporco stampato sulle labbra.
«Ciao… disturbo?»
La sua voce era miele avvelenato. Entrò senza nemmeno aspettare risposta, mentre io restavo lì, imbambolato, il cazzo già ricominciava a pulsarmi.
«Tutto bene?» rise, notando subito il mio stato.
Si avvicinò, senza vergogna, e con una mano mi strinse il pacco ancora teso sotto i pantaloncini.
«Ti sei già fatto, vero? Ti sei svuotato pensando a me…»
Senza aspettare risposta, si inginocchiò davanti a me, abbassò i miei pantaloncini e liberò il cazzo gonfio.
«Sporco porco…» sussurrò. E se lo ingoiò tutto, caldo e vivo.
Mi succhiava con fame, senza pietà.
La sua lingua mi avvolgeva, le sue mani giocavano con le mie palle, tirandomi sempre più vicino al limite.
Quando stavo per esplodere, mi guardò dal basso, con quegli occhi da puttana che mi incatenarono.
Con un ringhio bestiale, le svuotai la sacca in gola.
Tre, quattro, cinque fiotti di sborra calda.
Lei inghiottì tutto, senza staccarsi, senza smettere di succhiare.
Quando si staccò, si pulì la bocca con un sorriso lurido.
«Adesso, amore… tocca a me.»
Mi trascinò sul divano, si strappò di dosso i pantaloncini, lasciandomi ammirare la sua figa umida, pulsante.
Senza perdere tempo, si sedette a cavalcioni su di me, strofinandosi piano, facendomi rinascere tra le sue cosce bollenti.
I nostri respiri si mescolavano.
I suoi gemiti erano come benzina sul fuoco.
Mi baciava con violenza, mordendomi, graffiandomi, poi si sollevò e si girò, mettendosi a quattro zampe davanti a me.
Allargò le chiappe con le mani, mostrando il suo buco stretto, vergognosamente esposto.
«Dai… scopami il culo…» ansimò.
Non ci pensai un attimo.
Le sputai sopra, spingendo prima due dita per prepararla appena, poi puntai il cazzo duro contro il suo buco.
Iniziai a spingere, sentendola stringermi con forza animalesca.
Lei gemette, gridò, si contorse, ma spinse indietro, desiderosa di essere presa tutta.
Quando glielo piantai dentro, fino in fondo, fu come accendere una miccia.
Iniziai a scoparla come un forsennato, sbattendola con forza brutale, le mani affondate nei suoi fianchi, le palle che schiaffeggiavano le sue chiappe ad ogni affondo.
«Sì… così… scopami il culo… senza pietà…» gemeva, senza freni.
La prendevo come un animale, ogni colpo era una martellata che faceva tremare i suoi glutei perfetti.
Sentivo il suo buco stringermi ad ogni spinta, tirandomi sempre più vicino all’orlo.
«Vieni… vienimi dentro… riempimi tutta, porco…»
Le sue parole mi mandarono fuori di testa.
Con un ruggito, la sbattei ancora più forte e venni.
Una scarica mostruosa, bestiale, che sembrava non finire mai.
Le inondai il culo con fiotti violenti di sperma caldo, mentre lei gemeva, ansimando, godendo di sentirsi riempita fino a traboccare.
Rimasi lì, dentro di lei, ansimante, svuotato, tremante.
Lei si lasciò cadere di lato, il mio sperma che iniziava a colarle fuori dal buco allentato.
«Così si fa…» mormorò, soddisfatta, il sorriso più sporco che avessi mai visto sulle labbra.
Io rimasi lì, nudo, esausto… ma già pronto a desiderarla di nuovo.
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