Dare una mano, e anche di più, a mio figlio

di
genere
incesti

Ho aspettato tanto per mettere su "carta" queste parole, per condividere un segreto inconfessabile, ma certe situazioni è meglio viverle alla luce del sole che tenersele nel cuore per una vita intera. Cercherò di descrivervi quel che è successo alla mia vita nella primavera del '96; e soprattutto vi dirò di mio figlio Carlo. Fino a qualche anno fa abitavamo entrambi in Sicilia, a Gela, ed è lì che è iniziato tutto (allora avevo 39 anni).
Un pomeriggio, di quella primavera, mio figlio Carlo viene in soggiorno tutto rosso e con gli occhi gonfi, stropicciandosi i pantaloni, mi resi conto di non averlo mai visto così sofferente in viso. Gli chiesi cos'aveva e perché fosse così rosso, ma lui sembrava immerso nel mutismo, dalle sue labbra uscivano solo lamenti biascicati e le mani aumentavano la presa sui pantaloni, all'altezza del ventre. Mi resi conto che il problema era lì, mi resi conto anche che erano anni che non lo vedevo nudo; anni che non facevo il "bagnetto" con lui. Cercai di scostargli le mani ma, inverosimilmente, lui faceva resistenza (era un altro il problema e io non capivo?).
Mi decisi a prendergli le mani e staccargliele con forza, mi resi subito conto che qualcosa non andava. Ricordai che erano un paio di anni che non vestivo mio figlio o che non lo accompagnavo nei negozi a comprare dei pantaloni; due anni che non andavo al mare con lui, era mio marito a pensarci; mio marito. I pantaloni di Carlo erano gonfi e non era di certo il suo ventre ad essere gonfio. Era altro! Gli sbottonai i pantaloni in preda ai sudori freddi e rimassi immobile. Il sesso di mio figlio era in tiro e i suoi slip lo contenevano per poco più di metà, una cosa mostruosa per la sua troppo giovane età. Appena abbassai gli slip per liberarlo e dargli almeno un po' di sollievo ecco che mio figlio riuscì finalmente a parlare..
- mamma, mi prude, è sempre così, io faccio su e giù come mi ha detto papà, ma il prurito ricomincia dopo 10 minuti! mi fa male qui! - e indicò i testicoli, che erano appunto gonfissimi. Lo rassicurai e gli tolsi pantaloni e slip, per fargli indossare solo i pantaloni; telefonai subito al medico di famiglia urlandogli il bisogno di una visita immediata a domicilio. Il poverino si precipitò nel giro di 20 minuti, quando entrò in casa non sapevo se chiedergli di visitare prima me, per la crisi di panico che nel frattempo mi aveva ingoiato, o mio figlio. Finita la visita, che fu molto breve, il dottore non si capacitò di come non lo avessimo avvisato prima, ma gli spiegai presto il perché: senza che mi accorgessi di nulla mio marito Francesco mi aveva escluso da quell'avvenimento, decidendo da sé che quel cambiamento così anormale fosse gestibile da lui e lui soltanto. Il medico prescrisse un derivato del bromuro per contenere l'attività ormonale e disse che il "piccolo" soffriva di una malattia molto rara in Europa e che di lì ai una quindicina d'anni il suo pene sarebbe cresciuto ancora, sia in lunghezza che in grossezza. Solo a periodo di sviluppo terminato si sarebbe potuto decidere per una operazione chirurgica di riduzione. Quelle pillole avrebbe dovuto prenderle fino ad allora, ogni singolo giorno.
Iniziò un calvario. Un numero interminabile di litigi con mio marito, che presto ci avrebbe portato alla separazione. Lui diceva che era un dono di natura, mio figlio invece si imbarazzava ad andare in piscina o a giocare con gli amici in pantaloncini: come poteva essere un dono!? Allora proprio non capivo. Decisi di prendermi cura di Carlo, obbligandolo a fare dei bidet con l'acqua fredda per calmare ulteriormente l'eccitazione; mi resi anche conto che le dimensioni dell'arnese poco si adattavano alla sua mano di adolescente, spesso per darsi sollievo (quanto lo capivo, poverino!) finiva per lamentare dolore ai polsi. Mi feci quindi consigliare da un fisioterapista il tipo di esercizi da fargli fare per aiutarlo a rinforzare le braccia; capii anche che il suo corpo, per forza di cose, doveva adattarsi al suo rigoglioso sesso. Lo obbligai a correre al mattino presto, quando poche persone erano per strada e a far palestra in casa; mi inventai "personal trainer" di mio figlio.
La situazione non andava comunque, era costantemente eccitato e nonostante la sua indiscussa dolcezza me lo ritrovavo a sbirciarmi dalla porta socchiusa della stanza da letto, piuttosto che dalla serratura del bagno. Mi sentivo a disagio e iniziai a vestirmi più casta e coperta possibile, nonostante l'estate fosse da poco iniziata. Ma come potevo nascondere la mia fisicità? Come nascondere, col caldo asfissiante, la mia sesta di seno, i miei fianchi e il mio sedere, pieno e rotondo? (giusto i capelli potevo raccogliere, allora lunghi quasi fino ai glutei).
Chiesi quindi al dottore un dosaggio più forte, ma non ci fu verso, troppo pericolosi gli effetti collaterali, rischiava addirittura la morte. Il medico con tono rassegnato mi fece forza e mi disse che non potendo fare affidamento su mio marito dovevo occuparmene io. Già, io, Eleonora, dovevo calmare i bollenti spiriti di mio figlio, capire da sola quando tenerlo calmo e quando aiutarlo a soddisfare i naturali istinti adolescenziali.
Decisi di trasferirmi in un paesino marittimo, lontani da parenti e conoscenti e lo aiutai a cercare una ragazzina che avesse potuto capirlo e dargli sollievo. Proprio non ce la facevo a masturbare mio figlio, a fargli le seghe, insomma. Era già abbastanza imbarazzante quando gli rinfrescavo le palle e il suo sesso diventava duro svettando oltre il bidet, quasi a sfiorarmi il viso. In quei momenti, da inginocchiata che ero, mi spostavo di lato; vedevo Carlo arrossire e sussurrare un dolcissimo -scusa- mentre l'odore della sua eccitazione lo tradiva e mi arrivava al naso e dal naso più giù, fino alla micetta. Quell'enorme verga, nonostante fosse motivo di tanta sofferenza per mio figlio, aveva un potere su di me che trascendeva tutto. Il potere di far bagnare la mia intimità ogni qualvolta stavo a stretto contatto con lui. Non desideravo quell'imponente verga sempre dura, ma il mio corpo reagiva da solo e di certo non riuscivo a decidermi di afferrargli l'asta a due mani e massaggiarla fino a vederla spruzzare fiumi di sborra.
Il mio tentativo fu un disastro, nonostante tutti i miei sforzi, dopo due settimane di frequentazione con una coetanea del paesino, mio figlio gli mostrò "la situazione" e di lì a 1 ora i carabinieri bussavano alla porta della villetta presa in affitto, unitamente ai genitori della bambina. Dopo innumerevoli spiegazioni e l'esibizione delle prescrizioni del farmaco, e dopo il mio pianto a dirotto i carabinieri compresero la situazione e mi chiesero per il bene di entrambe le famiglie di rientrare in città. La nostra estate era finita.
Dovevo forse affidare mio figlio ad una prostituta? con tutti i rischi, e le spese, che ne sarebbero derivati? giammai. Me ne dovevo occupare io, sua madre, io e solo io. Almeno fino a quando lo sviluppo fisico di Carlo e ancor di più una ritrovata stabilità psicologica l'avrebbero aiutato ad essere in qualche modo fiero della sua diversità.
Fu così che dopo una settimana di bidet ad ogni ora del giorno e di cambiate d'abito strategiche (per non essere sbirciata) Carlo mi disse che proprio non ce la faceva più, gli accordai di andare in bagno per darsi sollievo. Passarono tre quarti d'ora e mio figlio non era ancora uscito, la preoccupazione iniziò a montare; se la sta prendendo comoda o sta male? Bussai cautamente e con un filo di voce gli chiesi se tutto andava bene. Lo sentii singhiozzare e così entrai; l'intimità che si era creata fra noi me lo permetteva senza problemi. Lo vidi seduto sul water con l'asta in tiro e lui che si massaggiava il polso tutto gonfio. Mi guardò e mi disse che era già la quarta volta, ma che non aveva sollievo. Si, era venuto il momento. Gli dissi con dolcezza che lo avrei aiutato io e che dopo gli avrei fatto un bel massaggino al braccio.
Mi posi dietro di lui, chinandomi e abbracciandolo; gli feci appoggiare la testa sul seno, premendola contro fino a farlo sprofondare. Vidi la sua verga avere un sussulto e subito mi sentii umida. L'afferrai saldamente con entrambe le mani ed iniziai un lento movimento. Carlo mugugnava, le sue mani avevano afferrato la gonna da dietro e la torcevano, doveva essere tanto imbarazzato quanto me. Dopo una decina di minuti la mia eccitazione era salita a dismisura ed il ritmo della sega ne risentiva; ero incostante e a volte quasi violenta. Rivoli di sudore mi rigavano il viso per scivolare sulle sue spalle e sul petto. Ogni tanto davo a mio figlio dei baci sulla testa o sulla fronte. Qualche minuto ancora e la sua presa sulla stoffa si fece forte e capii che era giunto il momento.
- carlo ci sei?-
- si m-mamma, siiii - ed ecco che un fiume di sborra, tanta quanta non ne avevo mai vista, investì la tavola del water che era alzata. Due, tre, cinque incredibili e carichi flutti, che colavano maestosi verso il bordo del water. In quel momento fui fiera di mio figlio e della sua virilità, pur se tanto sofferta.
Carlo si girò e senza curarsi di sporcarmi mi abbraccio forte forte, per minuti interi. Mi voleva bene e anch'io gliene volevo. Mi accorsi di essere fradicia, sia di sudore che di umori. Feci un veloce bidet a mio figlio e lo buttai fuori dal bagno, non prima di sapere se andava tutto bene. Rassicurata dal suo faccino rilassato mi chiusi a chiave, coprii con un asciugamano la toppa per la chiave e mi tolsi ogni indumento. L'orgasmo arrivò potentissimo non appena le mie dita raggiunsero il clito. Mi morsicai le labbra perché un urlo improvviso lottava per uscire fuori, un urlo di piacere e disperazione insieme. Di rimorso e godimento.
Uscita dal bagno parlai con Carlo, gli chiesi se l'aspettare una settimana avesse peggiorato le cose anziché sopirle. Fece cenno di sì. Ci accordammo sul fatto che non appena avesse sentito il polso dolorante doveva chiamarmi e lasciarmi fare. Così un giorno si e uno no, lo assistevo in bagno, dopo due mesi era diventata un abitudine; lo vedevo più rilassato e beato e questo giovava a entrambi. Mi accorsi solo in seguito che mi chiamava sempre più spesso e che, in pratica, non si faceva più seghe da solo: soltanto io maneggiavo la sua mazza e in modo sempre più esperto. Iniziavo con delicate carezze all'asta e solo dopo qualche minuto lo menavo con passione, sussurrandogli che aveva un bell'arnese e che menarglielo era divertente (potevo mica dirgli che era terribilmente eccitante?). Con il clima familiare meno teso e sofferente ricominciai a vestirmi al mio solito, con vestaglie a bottoni sul davanti, solitamente sbottonate fino a mostrare le coppe del reggiseno, o con gonne sopra il ginocchio e una canottiera bianca molto trasparente e scollata. Vedevo Carlo apprezzare molto questo cambiamento, a volte mentre cucinavo mi raggiungeva con l'asta in tiro ed entrambe le mani che la massaggiavano. Con una riconoscibile nota di falsità nella voce lo sgridavo, dicendogli di non affaticarsi, lo facevo poi sedere sulla tavola e sedendo davanti a lui glielo massaggiavo. Ogni tanto lui si chinava di lato, baciandomi teneramente sulle labbra. Una di queste volte non mi avvisò dell'imminente orgasmo e nonostante me ne accorsi qualche secondo prima, non feci niente per evitare quel che successe dopo. Mi ritrovai la sua verga che eruttava sborra sul mio viso e sul petto, tra i seni e sui capelli; quello che mi riempì di stupore fu che nel frattempo continuavo a segarlo vigorosamente e con compiaciuta voluttà. Finito che ebbe mi chiese imbarazzato scusa, poi, guardandomi bene, scoppiò a ridere fragorosamente, ed io dopo qualche secondo feci altrettanto. Mi aveva farcita come una torta.
Mi alzai e andai a chiudermi in bagno, appena entrata smisi di ridere e le mie mani corsero allo sperma di mio figlio, per raccoglierlo tutto quanto e portarlo alle labbra: ero talmente curiosa di assaggiarlo, che dopo due o tre assaggi mi scoprì avida di quel prezioso seppur abbondante nettare.


Era passato un anno da quando avevo iniziato a dar piacere a mio figlio a causa del suo disturbo. Carlo era cresciuto e il suo sesso era cresciuto ulteriormente, così come aveva preannunziato il medico. Il suo stato psicologico era tranquillo in casa e quasi disperato in compagnia dei coetanei, specialmente durante i mesi caldi. Il nostro rapporto invece era decollato, l'affetto reciproco aumentato notevolmente, così come la nostra intimità. Spesso nel cuore della notte Carlo mi raggiungeva nel lettone per dormire insieme, a volte io stessa gli chiedevo di farmi compagnia. In quelle situazioni gli facevo moltissime seghe, lasciando che mi sborrasse sui seni e in viso e senza alcun problema raccoglievo tutto davanti ai suoi occhi e leccavo l'incredibile quantità di crema con cui mi ricopriva. Ero e sono grata a mio figlio per la gioia e la soddisfazione che mi hanno provocato tutte le sue copiose sborrate.
Già da qualche tempo, vedendomi eccitatissima dopo essermi ripulita della sua crema, mi massaggiava la micetta fino a farmi godere e dalla prima volta lo fece senza chiedermi alcun permesso; anche lui devo dire diventava sempre più esperto nel farmi raggiungere il pieno godimento. In quei momenti gli afferravo la verga con entrambe le mani e la agitavo al ritmo delle vibrazioni che mi donava coi suoi massaggi. Forse è proprio in quel modo che capiva così bene quanta goduria mi davano le sue mani. A volte mi massaggiava solo il clito, continuamente e senza sosta, altre mi fotteva con 3 o 4 dita insieme e con l'altra mano giocava a scoprire il mio secondo buco (che a dire il vero mi mandava ancora più in delirio della fighetta). Fu proprio negli ultimi giorni dell'agosto di quell'anno che mio figlio mi stupì. Rientrai a casa da un pomeriggio in ufficio (le ferie ahimè erano già finite) e trovai una bottiglia di spumante ghiacciata, due flute e un pacchetto con allegato un biglietto. Anche se non riuscivo a capirne il motivo, corsi da Carlo e lo abbracciai e baciai tutto. Mentre leggevo il biglietto lui stappava la bottiglia e ne versava il contenuto nei bicchieri...
- è passato un anno esatto dalla prima volta che mi hai dato sollievo con le tue mani e durante questo anno mi sono innamorato di te! grazie mamma, sei davvero unica! -, così recitava il biglietto e finito di leggerlo le lacrime mi rigavano già il viso. Brindammo insieme e mentre lui mi baciava le guance per bere le mie calde lacrime, io spacchettavo il regalo. Abbattendo la sua timidezza era entrato in un negozio specializzato di intimo, acquistando un delizioso completino fatto da babydoll e perizoma bordeaux, il mio colore preferito.
Restai di stucco, tenendo per lunghi secondi quegli indumenti fra le mani. Poi mi ridestai, mio figlio infatti mi baciava il collo e nel frattempo mi aveva sollevato la corta gonna, ed attraverso gli slip mi stava massaggiando delicatamente. Decisi di ringraziarlo subito e seduta stante mi spogliai davanti ai suoi occhi brillanti, indossando poi il suo regalo; la misura era perfetta ed il mio seno vestito di quel tessuto leggero e trasparente faceva un figurone. La mia micetta già bagnata avvertiva con piacere la sensazione del sottilissimo lembo di stoffa del perizoma, bagnandosi ancora di più.
Ma non finiva qui, decisi di concedergli e concedermi di più, inginocchiandomi davanti a lui e dicendogli di bere spumante anche alla mia salute durante tutto il trattamento che gli avrei fatto. Gli sbottonai i pantaloni e tirai fuori la sua asta, già in parte dura, bastò qualche carezza per fargli raggiungere la massima estensione. Mi avvicinai a lui, abbassai le spalline del babydoll scoprendo completamente le tette e prendendo in mezzo la sua verga. La mia notevole abbondanza bastava appena per avvolgerla e massaggiarla tutta, l'enorme cappella restava comunque fuori. Iniziai a fare su e giù con le tette, facendolo ansimare di piacere; ogni tanto lasciavo che la mia saliva scivolasse da un lato delle labbra, cadendo sulla sua cappella e da questa su tutta la verga. Mio figlio mi teneva il viso fra le mani, accarezzandomi i capelli; dopo una decina di minuti, fra mugolii di piacere, mi annunciò che voleva venire fra i miei seni ed io naturalmente lo accontentai. Dopo l'orgasmo continuai a massaggiargli l'asta, e gli proposi di muovere lui stesso le mie tette. Accolse felice la proposta e mentre si dava da fare io raccoglievo la sua crema, gustandomela con calma e meritata soddisfazione.
Qualche minuto dopo gli tornò duro come e più di prima e così, senza che me lo chiedesse, gli accordai il secondo giro sulla sua nuova...giostra. Ogni tanto, durante il su e giù Carlo mi afferrava entrambi i capezzoli, tanto duri da essere in fiamme e me li torturava dolcemente fra i polpastrelli. Impossibile trattenersi in quella situazione: gemevo senza pudore, sussurrando con un filo di voce che il suo cazzo mi eccitava e mi eccitava il modo in cui mi toccava. Nel frattempo mi raccontò di come una delle commesse lo guardasse in modo "strano", tanto da farlo arrossire; mi sembrò una notizia stupenda, finalmente una donna che non ero io aveva mostrato interesse per lui. Magari non avrebbe risolto il problema del suo imbarazzo con i coetanei, ma almeno poteva confrontarsi con qualcuna che non ero io. Decisi l'indomani mattina stessa di andare con lui in negozio; mi vestii molto scollata dato che avevo in mente un piano ben preciso. Scelsi diversi capi, facendomi volutamente servire da quella ragazza, per altro dal seno abbondante quanto il mio (benone, pensai). Ogni volta che potevo la guardavo fissa negli occhi, per instaurare un qualche dialogo silenzioso. Dopo appena un minuto che ero entrata in camerino per provare i capi, chiamai mio figlio con la scusa di consigliarmi e nel farlo mi assicurai che lei lo notasse. Mi tolsi tutto e seduta sullo sgabello estrassi la verga di Carlo, iniziando una meravigliosa spagnola. Carlo ansimava e forse il suo respiro si sentiva anche da fuori il camerino, fatto sta che la commessa chiese se andava tutto bene e non ricevendo risposta scostò la tenda appena per potere sbirciare. Restò ammutolita, non solo per la situazione, ma sicuramente anche per le misure di mio figlio. Senza alcun giro di parole gli spiegai il disturbo di mio figlio, le impellenza che aveva in certi momenti ed il fatto che il giorno precedente si fosse accorto dei suoi sguardi; infine la pregai di aiutarmi. Lo sguardo della commessa (23 anni all'incirca) si ammorbidii divenendo dolce e comprensivo (una futura fantastica mamma), entrò in modo che nessuno ci vedesse e mi chiese di farle posto. Si sfilò la maglietta con su impressa la nota marca della catena di negozi per cui lavorava e si sedette di fronte a Carlo che adesso sembrava non respirare più. Guardava lei, guardava me e poi riguardava lei.
- ciao, mi chiamo Liliana, sai che hai un gran bel cazzo? mi piacerebbe massaggiarlo, posso?- Carlo accennò un velocissimo si-si e lei prese a due mani la verga, restando ancora per un attimo interdetta, poi iniziò un lento su e giù, per poi spostare la mano sinistra sotto le palle, massaggiandole con grande cura e perizia. Qualche attimo dopo le mani di Liliana corsero dietro le spalle per liberarsi del reggiseno ed ecco il sesso di mio figlio fra le tette di un'altra donna. Confesso che la gelosia mi prese immediatamente, nonostante fossi felice per lui. Carlo mugugnava così forte che dovetti mettergli una mano davanti alla bocca, con questa scusa feci sprofondare il suo viso fra i seni e poco dopo lui stesso si liberò dal mio abbraccio per afferrarne uno con forza, portandosi il turgido capezzolo in bocca, succhiandolo avidamente. Così al suo posto adesso ero io che gemevo.
Avendo la bocca occupata non potè avvertire la ragazza dell'imminente orgasmo, così Liliana si ritrovò inondata le tette, il petto e la gola della calda sborra di mio figlio. Devo dire che ne fu soddisfatta ed anche lei, senza farsi pregare, raccolse tutto e se lo porto alla bocca,
-mhhh, Carlo, ma sei proprio buono!-. Liliana portò Carlo fuori dal camerino, lasciandomi provare i capi; che per ringraziarla acquistai quasi tutti. Purtroppo al momento di pagare si avvicinò al mio orecchio dicendomi di non venire più perché avrei messo a rischio sia il suo posto di lavoro che la relazione con il suo ragazzo, a cui teneva tantissimo. Peccato, pensai, anche se quella mattina l'autostima di mio figlio aveva sicuramente fatto un balzo in avanti.
Il fatto di aver soddisfatto Carlo in un luogo pubblico accese pericolosamente la sua fantasia. Mi ritrovai nei bagni di un supermercato, completamente denudata da mio figlio, con la porta che non si chiudeva nemmeno del tutto e nel locale accanto sentivo il macellaio spezzettare la carne con poderosi colpi. Mio figlio in quelle situazioni mi chiedeva di menarglielo e di fargli una spagnola, se mi rifiutavo non perdeva tempo a raggiungere la mia micetta e farmi colare di piacere con i suoi massaggi fino a ricevere il mio affrettato sì. Prima di raggiungere i bagni del supermercato infatti, non esitò in piena corsia delle bibite a sollevarmi la mini, scostare l'esile tanga e tuffare due dita dentro, agitandole come meglio gli pareva.
Succedeva sempre più spesso che mi chiedesse di farlo godere in prossimità dei vetri e delle finestre di casa, con tende e tapparelle sollevate. Forse era il suo modo di darsi fiducia, di denunciare al mondo che era fatto così. Non gli chiesi mai spiegazioni in proposito, anche perché oramai mi eccitava così tanto che mi bastava vedere il suo cazzo in tiro fuori dai pantaloni o sentire le sue dita dentro la micetta che ogni mia disapprovazione prendeva la via dell'esilio.
Fu in uno di questi momenti, in pieno giorno, davanti alla porta-finestra che porta al balcone che durante una spagnola, proprio quando la mia saliva colava sulla sua cappella, Carlo prese in mano la verga e la portò a contatto con le mie labbra, esordendo con un granitico e serafico
- succhiamelo, mamma-. Sul momento non riuscii nemmeno a guardarlo negli occhi, buttai fuori solo un lungo e pesante sospiro, caldo e sofferto. Si, sofferto, perché era almeno un anno che nei miei sogni desideravo cingere la cappella di mio figlio con le labbra e quantomeno provare ad ingoiarla. Aprii quindi la bocca e leccai avidamente la sua cappella, frontalmente e poi tutto intorno, iniziai così il lungo viaggio della mia lingua verso le gonfie palle di mio figlio. Ero eccitatissima e la saliva non mancava di certo, sentivo le sue grosse vene pulsare di piacere e più giù le mie cosce colavano letteralmente. Carlo dal canto suo era così preso dalle sensazioni che riceveva che forse non si accorse nemmeno con quanta forza mi stringeva i capelli. Giunsi finalmente alle sue palle, le leccai e succhiai dolcemente, giocandoci un po' e mordendole appena, poi risalii velocemente verso la cappella per tentare l'ingoio.
Con la bocca oscenamente spalancata menavo a due mani l'asta e leccavo la cappella per bagnarla e renderla il più possibile scorrevole, eppure non ci riuscivo. Fu Carlo a prendere letteralmente in mano la situazione; mi prese la testa con entrambe le mani e iniziò a spingermi vigorosamente il cazzo in bocca, mentre io mugugnavo di piacere e dolore insieme.
Se non fossi riuscita io a fare un pompino a mio figlio, quale altra donna avrebbe potuto sopportare quelle sofferenze per dargli piacere?
Finalmente i colpi secchi di Carlo ebbero effetto, in un attimo mi ritrovai non solo la sua cappella, ma buona parte dell'asta in bocca; respiravo con grande fatica, ma la soddisfazione era troppa per smettere. Ero sempre intrappolata fra le sue mani, sotto i suoi lenti, ma profondi colpi; dopo un po', accompagnato dai suoi grugniti, un fiume di sborra mi riempì gola e stomaco, regalandomi un orgasmo mai provato fino ad allora. Lo sfilai dalla bocca e lo ripulii tutto con dovizia, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi, sorridendogli stancamente. Mi disse che ero stata bravissima e che sicuramente il prossimo pompino sarebbe stato più facile. Mi anticipò con gli occhi che brillavano che sicuramente di lì a mezz'ora ne avrebbe avuto bisogno.
Felice della sua esuberanza gli sorrisi nuovamente, rispondendogli che quel giorno avevo proprio una gran sete.
scritto il
2009-07-20
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