Non ne ho azzeccata una
di
**1964**
genere
prime esperienze
Sposato da soli due anni dedicavo tutto il mio tempo al lavoro e alla sistemazione della casa su cui avevo acceso un mutuo irragionevole; anche se le cose andavano bene, incominciavo ad essere insoddisfatto di quella vita domestica, senza sbavature, né sorprese, né avventure.
Quando in quel primo pomeriggio di luglio sentii suonare il campanello di casa ero in giardino a sistemare la piscina. Non aspettavo visite ed Elena, mia moglie era impegnata nel solito tour-de-force del sabato in agenzia e non sarebbe tornata tanto presto; quale sorpresa quando vidi Valentina salutarmi da dietro il cancello. Mi precipitai ad aprire e l’accolsi col più interessato dei sorrisi.
Valentina, aveva trentadue anni, sposata da quattordici con un uomo più anziano di lei, era stata nostra testimone al matrimonio, non molto alta, ma atletica e muscolosa, istruttrice di fitness, un caratterino frizzante e decisamente acido, soprattutto nei miei confronti. Ma io avevo un debole per lei e le facevo sempre dei complimenti, tutti beffardamente ignorati.
“Volevo parlare con Elena, sei solo? … allora ripasso un’altra volta”
Ma no, insisto, stavo proprio sistemando la piscina, ti offro qualcosa e ci godiamo un po’ il sole, tanto Elena dovrebbe tornare a breve.
Accetta e ci accomodiamo al sole, sul retro della casa, io mi metto subito a torso nudo e dopo poco anche lei si sfila la maglietta, sotto aveva indossato il costume, inizia a mettersi la crema che trova sul muretto e devo dire che mi stanno frullando strani pensieri, ed inaspettatamente mi allunga il tubetto mettendosi pancia sotto. Mentre le spalmo le spalle parla e parla, si slaccia il reggiseno, si abbassa i pantaloncini e mi chiede di ripassare dove prima avevo omesso, scendo verso il fondoschiena, le accarezzo i glutei e le cosce, poi i polpacci, duri e nervosi. Risalgo e sfilo i pantaloncini, le sfioro il bordo del tanga. Si gira e mi dice di spalmarle la pancia. Mi accorgo di essere un automa, seguo le sue indicazioni e non mi accorgo di quanto accade intorno a me. “Elena le ha più grosse…” “Eh???” vengo risvegliato dal mio incantesimo. È a petto nudo sotto di me e non mi ero reso conto. “Elena le ha più grosse delle mie, ha le tette da spagnola” fatico a capire l’allusione alla pratica sessuale, la guardo e non riesco a penetrare le lenti scure dei suoi occhiali da sole. Mi ritrovo il suo volto a pochi centimetri dal mio e il suo alito fresco mi punge il viso arrossato “ma te di una donna guardi solo il sedere?” c’è forse altro? Lo penso, ma non lo dico e realizzo solo ora che si sta rivestendo, le ammiro le gambe e la schiena perfette poi fisso il culetto che scompare nei pantaloncini. “guarda, guarda” sento che borbotta, L’afferro per un braccio, adesso sono arrabbiato e frustrato “ sì, mi arrapa solo il culo, il tuo in particolare, hai un bel culo, anzi mi piace così tanto che lo leccherei anche se un altro cazzo se lo fotte.”
Un ceffone mi fa volare gli occhiali sul prato, corro a recuperarli e intanto Valentina ha raggiunto il cancello e scompare.
Mettere le corna a mia moglie con la sua testimone di nozze sarebbe stata una porcata, ma adesso so che era proprio quello che desideravo.
Ormai potevo metterci una pietra sopra, ma si vede che non capisco un cazzo di donne perché due settimane dopo mi telefona a casa.
“Ciao, volevo scusarmi per la volta scorsa, sono stata precipitosa, ti và di bere qualcosa? Allora al bar dell’hotel XYZ, ciao”
Volo e la trovo seduta al bar ad aspettarmi, ci salutiamo, ma non perde tempo, mi mostra il portachiavi con il numero della stanza e si dirige all’ascensore. Pago e la raggiungo in camera. E’ uno schianto, mi fa accomodare su una poltroncina, e mentre cerco di palparla prende del nastro dalla borsetta e mi lega i polsi ai braccioli strappandomi non pochi peli. “sai non posso ancora fidarmi di te” io invece mi fido, la guardo spogliarsi, si toglie camicetta e gonna, rimane in autoreggenti e tanga, appoggia la scarpa appuntita in mezzo alle mie gambe e ne saggia la consistenza, si avvicina e me lo tira fuori, le immergo la faccia tra i seni, li lecco e tento di morderli.
Poi compare la Creatura.
Esce dal bagno, due metri di altezza e di torace, abbraccia Valentina e la butta sul letto. Stavo per urlare, chiamare aiuto, ma lei ride, mi guarda e fa l’occhiolino, abbraccia King Kong e si fa baciare, sul collo, sul petto, le apre le gambe e le sposta il tanga, le lecca la fica. Io dovrei reagire, invece li guardo incredulo, lei gli toglie i pantaloncini da ciclista e, devo dire ha un bel culo, gli prende il cazzo in mano. Il mio, penso, è più grosso, lo struscia sulla fessa bagnata ed entra in un lampo. Le piace, gli dice qualcosa e Attila la tromba di gusto. Che bella che è, tiene gli occhi chiusi, dovrei essere io a scoparla, la guardo godere e gode con piccoli fremiti, ho il cazzo duro e non posso toccarmi. Gozilla la solleva e la gira, la mette a pecorina sul letto, le apre le chiappe e le bagna il buchetto, mette un artiglio dentro, lo allarga, appoggia la punta e lei lo fa entrare.
Entra bene, in quel buco piccino, il mio sarebbe stato perfetto… Quasimodo sbuffa, goccia sudore e rantola mentre la sbatte nel culo, poi viene sborrandole la schiena e le cosce.
Valentina si avvicina, con un sorriso angelico e soddisfatto, mette due dita nella fica e me le sbatte sotto al naso, “ti sei divertito?” vorrei un suo bacio, le sue labbra sono ad un soffio dalle mie. Mi mette le dita in bocca e io le lecco. “adesso voglio vedere se ti piaccio veramente”.
Non mi sono avveduto che Nosferatu è accanto a noi, Valentina prende nella mano il cazzo semiduro e lo scappella tutto, sono ipnotizzato dalla sua bocca, la guardo aprirsi e sfiorare la cappella lucida, ma la dirige verso di me e la appoggia alle mie labbra. Potrei vomitare, i peli emanano un tanfo ributtante, la pelle un fetore acido, la guardo passarsi la lingua sulle labbra carnose, lo faccio anch'io, socchiudo la bocca, la pelle liscia mi sbatte sul palato e la cappella mi soffoca, apro la bocca per respirare, ma è peggio. Valentina, mandalo via, invece la sua voce mi dice “succhia, succhia”. Inizio a succhiare.
“credo possa bastare” sorride divertita, si volta e ci apostrofa “chiudete la porta quando uscite”. Scompare nel bagno, io resto immobile finché Hulk se ne và, poi mi libero, mi chiudo la patta e sconvolto lascio la stanza.
Quando in quel primo pomeriggio di luglio sentii suonare il campanello di casa ero in giardino a sistemare la piscina. Non aspettavo visite ed Elena, mia moglie era impegnata nel solito tour-de-force del sabato in agenzia e non sarebbe tornata tanto presto; quale sorpresa quando vidi Valentina salutarmi da dietro il cancello. Mi precipitai ad aprire e l’accolsi col più interessato dei sorrisi.
Valentina, aveva trentadue anni, sposata da quattordici con un uomo più anziano di lei, era stata nostra testimone al matrimonio, non molto alta, ma atletica e muscolosa, istruttrice di fitness, un caratterino frizzante e decisamente acido, soprattutto nei miei confronti. Ma io avevo un debole per lei e le facevo sempre dei complimenti, tutti beffardamente ignorati.
“Volevo parlare con Elena, sei solo? … allora ripasso un’altra volta”
Ma no, insisto, stavo proprio sistemando la piscina, ti offro qualcosa e ci godiamo un po’ il sole, tanto Elena dovrebbe tornare a breve.
Accetta e ci accomodiamo al sole, sul retro della casa, io mi metto subito a torso nudo e dopo poco anche lei si sfila la maglietta, sotto aveva indossato il costume, inizia a mettersi la crema che trova sul muretto e devo dire che mi stanno frullando strani pensieri, ed inaspettatamente mi allunga il tubetto mettendosi pancia sotto. Mentre le spalmo le spalle parla e parla, si slaccia il reggiseno, si abbassa i pantaloncini e mi chiede di ripassare dove prima avevo omesso, scendo verso il fondoschiena, le accarezzo i glutei e le cosce, poi i polpacci, duri e nervosi. Risalgo e sfilo i pantaloncini, le sfioro il bordo del tanga. Si gira e mi dice di spalmarle la pancia. Mi accorgo di essere un automa, seguo le sue indicazioni e non mi accorgo di quanto accade intorno a me. “Elena le ha più grosse…” “Eh???” vengo risvegliato dal mio incantesimo. È a petto nudo sotto di me e non mi ero reso conto. “Elena le ha più grosse delle mie, ha le tette da spagnola” fatico a capire l’allusione alla pratica sessuale, la guardo e non riesco a penetrare le lenti scure dei suoi occhiali da sole. Mi ritrovo il suo volto a pochi centimetri dal mio e il suo alito fresco mi punge il viso arrossato “ma te di una donna guardi solo il sedere?” c’è forse altro? Lo penso, ma non lo dico e realizzo solo ora che si sta rivestendo, le ammiro le gambe e la schiena perfette poi fisso il culetto che scompare nei pantaloncini. “guarda, guarda” sento che borbotta, L’afferro per un braccio, adesso sono arrabbiato e frustrato “ sì, mi arrapa solo il culo, il tuo in particolare, hai un bel culo, anzi mi piace così tanto che lo leccherei anche se un altro cazzo se lo fotte.”
Un ceffone mi fa volare gli occhiali sul prato, corro a recuperarli e intanto Valentina ha raggiunto il cancello e scompare.
Mettere le corna a mia moglie con la sua testimone di nozze sarebbe stata una porcata, ma adesso so che era proprio quello che desideravo.
Ormai potevo metterci una pietra sopra, ma si vede che non capisco un cazzo di donne perché due settimane dopo mi telefona a casa.
“Ciao, volevo scusarmi per la volta scorsa, sono stata precipitosa, ti và di bere qualcosa? Allora al bar dell’hotel XYZ, ciao”
Volo e la trovo seduta al bar ad aspettarmi, ci salutiamo, ma non perde tempo, mi mostra il portachiavi con il numero della stanza e si dirige all’ascensore. Pago e la raggiungo in camera. E’ uno schianto, mi fa accomodare su una poltroncina, e mentre cerco di palparla prende del nastro dalla borsetta e mi lega i polsi ai braccioli strappandomi non pochi peli. “sai non posso ancora fidarmi di te” io invece mi fido, la guardo spogliarsi, si toglie camicetta e gonna, rimane in autoreggenti e tanga, appoggia la scarpa appuntita in mezzo alle mie gambe e ne saggia la consistenza, si avvicina e me lo tira fuori, le immergo la faccia tra i seni, li lecco e tento di morderli.
Poi compare la Creatura.
Esce dal bagno, due metri di altezza e di torace, abbraccia Valentina e la butta sul letto. Stavo per urlare, chiamare aiuto, ma lei ride, mi guarda e fa l’occhiolino, abbraccia King Kong e si fa baciare, sul collo, sul petto, le apre le gambe e le sposta il tanga, le lecca la fica. Io dovrei reagire, invece li guardo incredulo, lei gli toglie i pantaloncini da ciclista e, devo dire ha un bel culo, gli prende il cazzo in mano. Il mio, penso, è più grosso, lo struscia sulla fessa bagnata ed entra in un lampo. Le piace, gli dice qualcosa e Attila la tromba di gusto. Che bella che è, tiene gli occhi chiusi, dovrei essere io a scoparla, la guardo godere e gode con piccoli fremiti, ho il cazzo duro e non posso toccarmi. Gozilla la solleva e la gira, la mette a pecorina sul letto, le apre le chiappe e le bagna il buchetto, mette un artiglio dentro, lo allarga, appoggia la punta e lei lo fa entrare.
Entra bene, in quel buco piccino, il mio sarebbe stato perfetto… Quasimodo sbuffa, goccia sudore e rantola mentre la sbatte nel culo, poi viene sborrandole la schiena e le cosce.
Valentina si avvicina, con un sorriso angelico e soddisfatto, mette due dita nella fica e me le sbatte sotto al naso, “ti sei divertito?” vorrei un suo bacio, le sue labbra sono ad un soffio dalle mie. Mi mette le dita in bocca e io le lecco. “adesso voglio vedere se ti piaccio veramente”.
Non mi sono avveduto che Nosferatu è accanto a noi, Valentina prende nella mano il cazzo semiduro e lo scappella tutto, sono ipnotizzato dalla sua bocca, la guardo aprirsi e sfiorare la cappella lucida, ma la dirige verso di me e la appoggia alle mie labbra. Potrei vomitare, i peli emanano un tanfo ributtante, la pelle un fetore acido, la guardo passarsi la lingua sulle labbra carnose, lo faccio anch'io, socchiudo la bocca, la pelle liscia mi sbatte sul palato e la cappella mi soffoca, apro la bocca per respirare, ma è peggio. Valentina, mandalo via, invece la sua voce mi dice “succhia, succhia”. Inizio a succhiare.
“credo possa bastare” sorride divertita, si volta e ci apostrofa “chiudete la porta quando uscite”. Scompare nel bagno, io resto immobile finché Hulk se ne và, poi mi libero, mi chiudo la patta e sconvolto lascio la stanza.
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