Padrona Valentina episodio IV: Lavori domestici
di
sclavo
genere
dominazione
Quella mattina iniziò come le altre, ovvero con la Padrona che si recò presso lo sgabuzzino dove dormiva lo schiavo e, dopo essersi fatta baciare i piedi, con qualche calcio lo faceva uscire di lì. Lei aveva già fatto la colazione e si era già lavata: aveva preferito farlo da sola non certo per rispermiare del lavoro allo schiavo ma perchè, in certi casi, amava tenere per sè questi momenti di intimità. Lei indossava un paio di shorts celesti ed una maglietta bianca, ed ai piedi un paio di infradito azzurre. In mano brandiva un frustino di colore nero. "Caro schiavo, stamattina voglio che tu lavori sodo!" disse "Ci sono un bel po' di faccende domestiche da fare, e tu le dovrai fare tutte! Io ti controllerò, perchè voglio capire bene se sei in grado di farle! Di là trovi uno straccio, voglio che tu inizi pulendo i i pavimenti!" lo schiavo eseguì quindi l'ordine ed iniziò a pulire i pavimenti. L'aveva già fatto molte altre volte, e la cosa non era un problema di per sè, ma il fatto che la Padrona lo seguiva minacciosamente con quel frustino, un po', lo intimoriva. Lo schiavo iniziò quindi dal corridoio, che cercò di pulire con la massima attenzione, seguito costantemente dalla sua Padrona che, per tutta la stanza, non gli disse niente. Se questo fatto da un lato tranquillizzava lo schiavo, dall'altro, un po', lo intimoriva, perchè temeva avesse qualcosa in mente. Passò quindi al salotto, di cui pulì con ogni angolo, ogni centimetro, sempre seguito dalla Padrona che stavolta volle incitarlo con un paio di colpi di frustino. "Andiamo al bagno!" disse la Padrona, terminata anche quella stanza. A quattro zampe, lo schiavo, si recò nella stanza indicata dalla Padrona ed iniziò la pulizia del pavimento. Neanche aveva finito di pulire quella stanza che la Padrona, con una frustata sul sedere, gli ordinò di interrompere quel lavoro. "Va bene, mi sembra che i pavimenti li sai pulire decentemente. Niente di chè, devi migliorare, ma per adesso diciamo che può andare. Adesso pulisci il cesso!" lo schiavo, allora, fece per andare all'armadietto dove la Padrona teneva i prodotti per tenere pulito il bagno, ma la Padrona lo fermò con un paio di colpi di frustino. "Dove pensi di andare?!?" gli disse, quindi afferrandolo per i capelli portò la sua testa al water e gli ordinò di leccare la tavoletta. "La prego Padrona no..." disse lo schiavo, schifato letteralmente dal compito. "Osi contraddirmi?!?" tuonò Lei, colpendolo con qualche frustata violenta "Sarai punito per questo! Ora lecca e non farmi perdere altro tempo!" disse, e lo schiavo, timido e tremante, iniziò a leccare la tavoletta del cesso. La Padrona sorrise, fiera di come stava umiliando il suo schiavo, che ogni giorno che passava continuava a degradarsi sempre di più. Passò così qualche minuto, in cui lo schiavo leccò la tavoletta del cesso, che la Padrona gli ordinò di smettere. "Seguimi in salotto!" disse la Padrona "Devo punirti per avermi contraddetto!" e lo schiavo la seguì, piazzandosi poi in ginocchio di fronte a Lei che si era seduta sul divano. Per prima cosa lo schiavo dovette baciare i piedi alla sua Padrona, poi Le leccò le suole delle infradito, quindi Le tole le infradito e Le leccò i piedi. Fu dopo circa cinque minuti che la Padrona, di fatto, iniziò la punizione. "Schiavo, portami il battipanni che è di là!" disse, e lo schiavo eseguì. "Riceverai trenta colpi di battipanni sul sedere, per punizione! Mettiti a quattro zampe qui davanti!" e lo schiavo eseguì. In breve tempo la Padrona iniziò a colpire con il battipanni il sedere dello schiavo, che dovette contare ogni colpo ad alta voce. Più arrivavano i colpi, più lo schiavo aveva difficoltà a sopportarli, e tentava talvolta di evitarli o, comunque, aveva difficoltà a mantenere la posizione impostagli. Tuttavia alla fine la punizione arrivò al termine. "Bene schiavo, ora bacia la mano con cui ti ho punito!" disse la Padrona, porgendo allo schiavo la mano da baciare. "Ora seguimi!" disse Valentina, che condusse quindi lo schiavo nella stanza in cui teneva le scarpe. La stanza era un piccolo stanzino con mensole piene di scarpe di ogni tipo: c'erano stivali, sandali, ballerine, scarpe da ginnastica, zeppe, infradito, scarpe di ogni tipo e genere, alcune più usate, altre praticamente nuove. Saranno state in tutto diverse decine, un'ottantina forse. "Schiavo, vedi, è bene che queste scarpe siano sempre lucide! Adesso voglio che me le lecchi tutte, una ad una!" disse la Padrona. Lo schiavo tremò, perchè le scarpe erano veramente tante, ma per quanto faticoso, lo schiavo capì che non aveva molta scelta. Dopo un paio di colpi di frustino d'incitamento, lo schiavo iniziò a leccare le scapre della Padrona. Leccò ogni tipo di calzatura, ogni millimetro, e quando lo faceva male la Padrona con il frustino faceva notare l'errore allo schiavo. Quando la saliva dello schiavo stava finendo, la Padrona gli sputava abbondantemente in bocca, a volte solo saliva, altre dell'acqua, per far tornare umida la bocca dello schiavo. Quando lo schiavo rallentava il lavoro per la stanchezza, la Padrona lo insultava e lo incitava con il frustino. Il sottomesso si sentiva sempre più sopraffatto dalla Padrona. Ci vollero oltre due ore perchè lo schiavo, stremato, potesse portare a termine il compito. "Bravo schiavo! Adesso mettiti in ginocchio all'angolo in cucina! Potrai riposarti stando lì mentre io preparo il pranzo!" disse la Padrona. Lo schiavo aveva portato a termine quel compito, seppur con molte difficoltà, e più passava il tempo più si chiedeva a cosa la Padrona sarebbe arrivata. Ogni giorno, infatti, le degradazioni ed i maltrattamenti nei suoi confronti erano sempre maggiori, e lo schiavo sempre di più temeva di come sarebbero potute andare le cose, ma al tempo stesso si stentiva sempre di più legato alla sua Padrona.
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