Padrona Valentina episodio V: La fame

di
genere
dominazione

Anche quella mattina era iniziata come le altre: la Padrona che andava a svegliare lo schiavo, rinchiuso nello sgabuzzino, il quale le baciava i piedi ed iniziava subito ad eseguire gli ordini impartitigli. Fu così che la Padrona, con addosso ancora una splendida camicia da notte, era andata a sedersi sul divano in salotto ed aveva ordinato allo schiavo di prepararle una colazione coi fiocchi da portarle direttamente in salotto. Lo schiavo, dunque, si recò in cucina, dove preparò un vassoio con una tazza di caffè, un bicchiere di spremuta d'arancia, fette biscottate, pane, burro, marmellata ed un vasetto di yogurt e, camminando sulle ginocchia, lo portò verso la propria Padrona. Tremante, un po' per la posizione che certo non era la più congrua per quel tipo di lavoro, un po' per il gran numero di cose presenti sul vassoio, lo schiavo avanzava a difficoltà, finchè, proprio quando già era giunto in salotto, avvenne ciò che temeva potesse succedere: il bicchiere con la spremuta d'arancia, quello di dimensioni più grandi, in seguito ad un movimento meno attento degli altri, cadde dal vassoio, rovesciando tutto il contenuto sul pavimento. In un solo secondo la Padrona si alzò in piedi, impugnò il frustino e, raggiunto lo schiavo, iniziò a colpirlo con violenza in tutto il corpo. "Sei un incapace totale!" gli gridò "Come hai osato far cadere a terra la spremuta della tua Padrona?!?" e lo schiavo, tremante, iniziò a chiederle di perdonarlo ed a baciarle i piedi, sperando che ciò servisse a qualcosa. "Perdonarti?!? Ma non ci penso minimamente, lurido incapace di merda!" replicò la Padrona, che intanto iniziò a premere con un piede il viso dello schiavo sulla spremuta che era sul pavimento. "Lecca la spremuta che hai fatto cadere!" ordinò quindi Valentina, e lo schiavo iniziò a leccarla, immaginando che ciò non sarebbe certo bastato a porre fine all'arrabbiatura della Padrona. Passarono infatti pochi minuti che la Padrona ordinò allo schiavo di mostrarle i palmi delle mani. "Per punizione di prendi dieci frustate per palmo, e le conti ad alta voce!" disse la Padrona, ed iniziò ad infliggere i colpi, dati con una certa violenza. Non fu poi risparmiato neanche il sedere dello schiavo, colpito anch'esso venti volte, colpi che anche in questo caso dovettero essere contati ad alta voce dal sottomesso. Terminata questa punizione, la Padrona prese delle corde e ci legò prima le mani dello schiavo dietro la schiena, poi anche i piedi. "Così almeno non farai casino, lurido coglione! Ci rimarrai sia oggi che domani! E visto lo scarso rispetto che hai per il cibo della tua Padrona, oggi e domani non avrai nulla da mangiare!" lo schiavo, a queste parole, tremò letteralmente. Due giorni legato e senza cibo era una punizione dura, che mai prima di quel momento aveva subito, e che lo intimoriva notevolmente. Poteva sopportarla? Solo porsi questo quesito lo inquietava non poco. "Schiavo di merda, adesso vai all'angolo e mettiti lì in ginocchio. Rimarrai lì finchè lo vorrò io, a pensare a quello che hai fatto. Lo schiavo rimase lì, a continuarsi a chiedere cosa la Padrona gli avrebbe potuto fare ed al grave errore commesso. Passò così molto tempo, durante il quale la Padrona si lavò, si cambiò, e pranzò anche, e solo dopo varie ore la Padrona tornò a degnare lo schiavo di attenzioni. Per lo schiavo quella fu un'attesa notevole, appesantita dal continuo quesito di cosa gli sarebbe potuto accadere, ma dopo quattro ore alcuni colpi di gatto a nove code, assestatigli dalla Padrona, posero fine a quell'attesa. "Vieni a baciarmi i piedi, schiavo di merda!" ordinò la Padrona. Lo schiavo andò ad eseguire l'ordine, e vide che la Padrona ora indossava una maglietta nera, un paio di jeans ed ai piedi aveva un paio di decoltè nere. "Mica avrai già fame schiavo, ci sono ancora tutto oggi e tutto domani!" disse la Padrona, con tono assai sarcastico, allo schiavo, per ricordargli la sua punizione ed umiliarlo un po'. Il sottomesso, in effetti, ancora non aveva particolare fame, visto che erano solo le tre del pomeriggio, ma immaginava che non sarebbe stato facile sopportare quella punizione molto facilmente. "Stenditi a terra!" ordinò allora Valentina, iniziando quindi a calpestare con i Suoi tacchi la schiena dello schiavo. "Sai, volevo vedere se almeno come zerbino sei ancora utile e riesci a farlo senza fare casini vari!" disse la Padrona, continuando quindi ad umiliare il Suo schiavo. Andò avanti a calpestarlo per molto tempo, diverse decine di minuti, nelle quali si divertì ad invierire in vari punti, lasciando con i Suoi tacchi non pochi segni sulla schiena del sottomesso, che in breve tempo si trovò pieno di lividi e graffi. "Schiavo, bacia i piedi che ti hanno calpestato!" ordinò la Padrona, una volta scesa dalla schiena dello schiavo, che quindi Le baciò i piedi. "Schiavo di merda, adesso io esco, ho molte cose da fare oggi e non ho intenzione di perdere altro tempo di fianco a te!" gli disse, quindi prese un collare che applicò allo schiavo e con un guinzaglio legò ad una gamba del tavolo della sala da pranzo. "Rimarrai qui legato tutto il pomeriggio, così non potrai andare in cucina a cercare di mangiare qualcosa! Se hai sete, invece, potrai bere da questa catinella qui!" e, dopo aver posto la catinella piena d'acqua, la Padrona si fece baciare i piedi e salutò lo schiavo. Il pomeriggio, per lo schiavo, fu molto lungo: le corda che gli stringevano mani e piedi gli impedivano molti movimenti, il guinzaglio gli permetteva solo di arrivare alla catinella da cui poteva bere l'acqua, ma soprattutto più passavano le ore più il suo stomaco iniziava a sentire sempre di più la fame. La Padrona fece il proprio ritorno intorno alle 23, molto più tardi di quanto si potesse pensare. Quando Lei si recò dallo schiavo, dopo essersi fatta baciare i piedi, lo liberò dal guinzaglio e dal collare e, sedutasi in poltrona, lo fece inginocchiare di fronte a Lei. "Schiavo, ho cenato fuori con le mie amiche! Non sai che cosa buonissime abbiamo mangiato! Mi sono fatta una bella pasta coi pinoli ed i broccoletti, poi una tagliata di manzo con l'aceto buonissima! E non sai quanto erano buone le patate di contorno! Sono pienissima, ma ogni tanto una bella mangiata così ci vuole!" disse la Padrona, per aumentare la sensazione di fame al Suo schiavo, che ormai non mangiava nulla da oltre ventiquattro ore ed iniziava ad avere i crampi allo stomaco. "Mi fanno male i piedi, sto ingiro da tutto il giorno, toglimi le scarpe e leccameli!" disse la Padrona, alzando un piede di fronte al viso dello schiavo, che Le tolse prima uno, poi l'altro decoltè, usando ovviamente la bocca, visto che aveva le mani legate dietro la schiena, ed iniziò quindi a leccarle i piedi, decisamente sudati. "Ancora che fai le smorfie perchè sono un po' sudati, eh?!? Sei veramente un coglione!" disse la Padrona, nel vedere che lo schiavo ancora tendeva a fare smorfie quando i piedi della Padrona erano odorosi perchè sudati. L'adorazione dei piedi fu molto lunga, e terminò con un calcione da parte di Valentina assestato nel pieno viso dello schiavo. "Caro schiavo, adesso voglio stare un po' da sola! Tornatene nel tuo sgabuzzino!" ordinò Valentina, che quindi accompagnò lo schiavo e lo chiuse lì a chiave.
Quella giornata, per lo schiavo, era stata piuttosto dura, e quella successiva non si prospettava certo da meno. Lo schiavo ebbe molte difficoltà a prendere sonno, un po' per le corde, ma soprattutto per la fame, che si faceva sentire sempre di più. Lo schiavo aveva ormai letteralmente i crampi allo stomaco, e legato quasi si contorceva per la fame. La mattina seguente la Padrona si recò da lui molto tardi, quando mezzogiorno era passato da un bel pezzo e Lei si era già vestita. Indossava un paio di stivali neri, privi di tacco, un paio di jeans ed una maglietta nera molto scollata, quando si recò allo sgabuzzino dello schiavo e si fece baciare i piedi. Non gli dette ordini, se non quello di mettersi in un angolo ad attendere nuove direttive. Fu quando Lei si sedette a tavola, in cucina, che lui dovette recarsi da Lei e stendersi ai Suoi piedi, appoggiando il viso al pavimento. Lei iniziò quindi a premere i Suoi piedi, ancora calzati negli stivali, sul viso dello schiavo, schiacciandolo verso il pavimento. Passò così praticamente tutto il pranzo, tranne alcuni momenti in cui gli veniva ordinato di leccarLe gli stivali. Il pomeriggio fu una sostanziale routine, in cui lo schiavo fu spesso ignorato, tranne alcuni momenti in cui dovette fare da poggiapiedi alla Padrona o leccarLe gli stivali. Fu intorno alle sei che la Padrona chiese allo schiavo se avesse fame, e lui, ovviamente, rispose di sì. Lei era seduta sul divano, lui in ginocchio di fronte a Lei. "Allora implorami perchè io ti faccia mangiare!" ordinò Valentina, e lo schiavo iniziò a baciarLe gli stivali ed a dire "Mia Padrona la supplico ho fame! Mi faccia mangiare, La supplico! Non mangio da più di un giorno, ho i crampi allo stomaco! So bene di aver commesso un errore molto grave, ma non si ripeterà più! La supplico..." dopo alcuni minuti in cui lo schiavo proseguì a dire frasi di questo tipo, la Padrona lo allontanò con un calcetto e si alzò in piedi. Dopo aver ordinato allo schiavo di seguirLa, gli applicò nuovamente un collare e, con il guinzaglio, lo legò ad un termosifone. "Dai schiavo, vado a prepararti qualcosa da mangiare!" disse la Padrona. Lo schiavo iniziò quindi a ringraziare la sua Padrona ed a baciarLe i piedi in segno di ringraziamento, finchè Lei non si allontanò per recarsi in cucina. Dopo circa una ventina di minuti la Padrona tornò con un piatto di pasta che appoggiò quindi sul pavimento. "Schiavo, puoi mangiarla!" gli disse. Fu in quel momento, però, che lo schiavo realizzò che il guinzaglio era troppo corto e non sarebbe riuscito ad arrivare a mangiare quel piatto di pasta al pomodoro. Capì, quindi, che si trattava di una sadica ed umiliante idea della sua Padrona. "La supplico Padrona ho fame..." disse lui "Mangia allora! Ti ho preparato appositamente la pasta!" replicò Lei "Non ci arrivo..." disse lui, e la Padrona replicò "Ah, ma ogni volta ne vuoi una! Non ti basta che la tua Padrona ti abbia preparato questa bella pasta al pomodoro, dopo che hai detto che avevi fame?!? Che schiavo ingrato che sei! Basta, io esco! La pasta è lì, mangiala nel frattempo!" e detto ciò, la Padrona si fece baciare i piedi ed uscì. Lo schiavo rimase lì, legato, con di fronte quel piatto di pasta al pomodoro al quale non aveva modo di arrivare e che gli faceva crescere ultariormente la fame. Erano ormai quarantotto ore che non mangiava nulla, lo stomaco faceva male, aveva dei veri e propri crampi e si sentiva svenire. Quella pasta lì, a pochi centimetri ma che non poteva raggiungere, faceva crescere la sua frustrazione. La Padrona tornò che ormai era mezzanotte. "Non hai mangiato la pasta che ti ho fatto?!? Ma allora sei proprio un ingrato!" disse la Padrona, dando anche alcuni calci allo schiavo. "La supplico Padrona...ho fame..." replicò lui "Eh allora perchè non hai mangiato?!? Ah! Forse ho capito! Volevi qualcos'altro! Fermo lì!" e così dicendo la Padrona posizionò due sedie di fronte allo schiavo e si allontanò. Quando tornò, lo schiavo notò che si era tolta gli stivali, quindi si sedette su una sedia ed appoggiò i piedi sulla sedia a più vicina allo schiavo, in modo che fossero ben vicini al suo viso. Fu a quel punto che lo schiavo notò che la Padrona era andata in terrazzo a sporcarsi i piedi. "Forse volevi mangiare un po' di sporcizia dai miei piedi!" disse, prima di mettersi a ridere. "Tirali a lucido, questa è la tua cena! Prova a non leccarli e rimani senza cibo altri due giorni!" di fronte ad una minaccia come questa, lo schiavo, seppur schifato, iniziò, timidamente, a leccare i piedi della Padrona, mangiando lo sporco. Andò avanti così per circa mezz'ora, finchè la Padrona non tolse il collare allo schiavo e lo sbattè nello sgabuzzino. Anche quella notte, i morsi della fame dettero grandi difficoltà allo schiavo a prendere sonno. Quella pasta lì, a pochi centimetri da lui, aveva aumentato ulteriormente la sua fame, e la sporcizia dei piedi della Padrona certo non l'aveva placata.
La mattina dopo, lo schiavo fu svegliato di nuovo piuttosto tardi dalla Padrona, che giunse vestita solo con una paio di mutandine ed un reggiseno. Dopo essersi fatta baciare i piedi, condusse lo schiavo in cucina e lo slegò. "Grazie Padrona..." disse lui, baciandole i piedi. Fu allora che la Padrona appoggiò per terra il piatto di pasta che aveva preparato ieri per lo schiavo, ormai decisamente freddo, e, dopo averlo condito con un po' di sputi, iniziò a calpestarlo ed a farlo mangiare al Suo schiavo direttamente dai Suoi piedi. "Grazie Padrona..." disse lui, avventandosi su quella pasta che avrebbe fatto schifo a chiunque. "Spero proprio tu abbia imparato la lezione, lurido schiavo buono a nulla!" disse Lei perentoria, mentre lo schiavo le leccava i piedi in maniera forsennata. Lo schiavo, ormai, aveva iniziato a subire punizioni molto severe, e questo era, per il suo rapporto con la Padrona, un ulteriore e deciso passo nella sua posizione di schiavo.
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2014-01-11
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