I casi della vita

di
genere
tradimenti

Mai avrei pensato che potesse andare in questo modo.
La storia iniziò quando pescai Stefano, mio figlio quindicenne, a farsi uno spinello.
Non ne avevo mai visti in vita mia ma lo capii quando lo sorpresi con quello sguardo da ebete, ridacchiando
in camera sua, dove aleggiava una nebbiolina sospetta.
Quella sera ci fu una violenta discussione. Mio marito si incazzò tantissimo e volarono paroloni e minacce.
Stefano promise che non sarebbe più successo, chiese mille volte scusa e sembrava anche essere sincero.
2 mesi dopo però, lo ribeccai in giardino, con il suo amico, rincasando prima del solito a fumare ancora quella robaccia.
Diventò viola, sapendo che l'aveva combinata grossa, tradendo per la seconda volta la fiducia dei suoi genitori.
Litigammo a morte, riuscì a convincermi di non dirlo a suo padre, in cambio mi promise "solennemente" che non avrebbe più fumato.
Sapevo che mentiva.
C'era un'unica soluzione: prendere il problema alla radice. Lasciai passare qualche giorno, poi cominciai a seguire i suoi movimenti, non tutti ma solo quelli sospetti.
A volte per esempio, prendeva il motorino sul tardo pomeriggio, dicendo che andava a fare "un giro" senza meta...sapevo io dove andava.
Una di queste famose strane uscite, infatti, riuscii a capire dove si riforniva. Lo seguii a distanza con la macchina, lo vidi attraversare tutta la città con il motorino, andando
verso una zona che non conoscevo neanche, abbastanza losca per sentito dire. Si infilò in una stradina, cercai di seguirlo senza farmi vedere.
Si fermò davanti ad un bar, malconcio e poco raccomandabile. Io parcheggiai la mia peugeot 306 in una lunga fila di macchine, sulla destra. Lui si sfilò il casco
e si fermò davanti all'ingresso. Io potevo vederlo chiaramente, quindi stavo per capire da dove venisse quella droga. Ero sicura che fosse qualche suo compagno di classe.
Invece dopo 20 secondi venne fuori un ragazzetto, di colore. Avrà avuto più o meno l'età di mio figlio. Era vestito come un rapper americano, con jeans larghi, cappellino e diverse catene
appese qua e la. Parlottarono un pò, dopodichè si frucò in tasca, dette qualcosa a Stefano, lui gli porse dei soldi, si salutarono. Stefano poi salì sullo scooter, si rimise il caso e se ne andò. Non sapevo che fare ma dovevo fermare questa cosa ora, prima che mio figlio ne fosse troppo compromesso.
Scesi di macchina, senza quasi neanche pensarci e andai sparata diretta verso il bar.
Aprii la porta a vetri, dentro una mezza dozzina di loschi individui, tutti che mi fissavano.
Andai dal ragazzo che aveva appena venduto la marjuana a mio figlio e gli chiesi di uscire.
Questo mi guardò da prima perplesso, poi con un certo sorriso di compiaciuto sarcasmo. Mi seguì fuori, davanti alla vetrina del bar cominciai a spiegargli chi ero e che ero molto incazzata
con lui perchè vendeva la droga a mio figlio, presa dalla foga mentre gli vomitavo addosso tutte le mie ragioni, guardando dalla vetrina del bar mi resi conto che non ero diciamo..proprio vestita per l'occasione. Ero infatti appena uscita dall'ufficio dove lavoro come segretaria prima di inseguire mio figlio e rincasando non avevo neanche avuto il tempo di cambiarmi. Era estate, faceva molto caldo e io indossavo un vestitino abbastanza corto e scollato ma comunque elegante per l'ufficio. Realizzai che quel ragazzo, che mi ascoltava imbambolato, in realtà si era fissato sulle mie cosce e sul mio seno; probabilmente neanche aveva capito di cosa gli stavo parlando.
D'istinto mi misi una mano al petto, come per coprirmi, ma fu un tentativo ovviamente inutile e goffo. Diventai rossa come un peperone, mi zittii all'improvviso. Cavolo, questa non ci voleva. Guardai il ragazzo muta, con aria più severa che potevo, anche se in realtà traspariva molto di più il mio profondo imbarazzo.
Lui distolse lo sguardo dal mio seno e mi disse che avrebbe smesso di dare la roba a suo figlio, in cambio del mio numero di cellulare.
-Cosa? - Ma siamo impazziti? -Questa è bella... mi veniva da ridere, era lasituazione più grottesca che avessi mai potuto immaginare.
Rimasi muta per qualche secondo,fissandolo con indignazione, poi girai i tacchi e me ne andai. Sapevo che mi stava guardando mentre mi incamminavo verso la macchina, daltronde con quel vestito era impossibile per me nascondere le mie forme e le movenze dei fianchi mentre camminavo. Quel piccolo bastardo che mi sbavava dietro e la sua insolenza mi urtava incredibilmente il sistema nervoso. Mi infilai in macchina e me ne andai a tutta velocità.
L'incazzatura procuratami da quel negretto superava la preoccupazione per mio figlio e la sua attinenza verso la marjuana, per cui non gli dissi niente e mi sforzai di apparire normale per quella sera e nei giorni seguenti. Pensai a lungo sul da farsi, intanto la rabbia si stava attenuando e intanto mi si schiarivano le idee sulla situazione.
Decisi che il metodo migliore per concludere nel meglio dei modi la situazione era quello di stare per il momento al gioco del baby-spacciatore.
Acquistai quindi una seconda sim, e la sera stessa programmai una visita al bar dove spacciava il tipo.
Era chiaro che gli piacevo, forse il fascino della donna matura, daltronde i miei 38 anni me li porto bene: formosa nei punti giusti, bionda, una bella terza abbondante di seno e un posteriore che, a detta di mio marito e dei colleghi, ha ancora molto molto da dire...dovevo assolutamente giocare su questo fattore, era fondamentale sfruttarlo per raggiungere il mio obiettivo. Indossai un paio di pantaloncini corti, fino a mezza coscia, una maglietta bianca e maliziosa e un paio di sandali con le zeppe che di solito portavo solamente al mare.
Arrivai al bar, il ragazzo era li fuori che parlava con un altro ragazzotto della sua età, anche questo di sicuro un poco di buono, pieno di orecchini e anelli vari.
I due appena mi videro si zittirono e cominciarono a fissarmi.
-volevi il mio numero no?- esordii con un sorriso civettuolo - eccoti accontentato- gli porsi un biglietto nel quale avevo scritto il numero della nuova sim. Gli dissi che però da ora in poi qualora fosse venuto stefano ad acquistare il fumo, doveva dirgli che non ne aveva più, altrimenti non mi avrebbe più rivisto ne sentito. Lui annuì e poi cominciò a girarmi intorno squadrandomi dalla testa ai piedi, 2 - 3 volte, molto lentamente. Io rimasi li immobile a farmi studiare, senza battere ciglio e senza dire niente, mantenendo il mio sorrisetto civettuolo.
Poi lo salutai e me ne andai, stavolta ancheggiando con studiate movenze, e intanto pensavo - ammazzati di seghe, figlio di puttana! -
La mattina dopo in ufficio, una volta sola, inserii la sim nel cellulare, ero curiosa di vedere se il ragazzo si fosse fatto vivo. Infatti, suonò lamelodia del messaggio. era un sms con scritto:
-Ciao belle gambe, ieri sera è venuto Stefano a cercare del fumo, ma gli ho detto che non ne avevo. sono stato bravo?-
Spensi il cellulare con un bel sospiro di semi.vittoria, il gioco stava funzionando, ero sulla buona strada. Col tempo Stefano avrebbe desistito e forse sono riuscita ad evitargli una brutta esperienza con le droghe leggere, questo spengeva tutti i miei senzi di colpa che mi stavano turbando per il comportamento che avevo avuto. Il pomeriggio un altro messaggio:
-Ehi belle gambe, non rispondi? mi dici almeno come ti chiami?- e poi diversi avvisi di chiamate perse. Dovevo rispondergli o avrebbe pensato che gli avevo dato un numero falso quindi avrebbe ripreso a spacciare robaccia a mio figlio, o peggio ancora gli avrebbe raccontato del nostro incotro. Risposi all'sms - bravo, in fondo sei un bravo ragazzo-
dopo un minuto esatto mi chiamò, ero titubante sul rispondere o attaccare, non volevo che la cosa si inoltrasse ancora.
Risposi, stando sempre al gioco con la voce più suadente che potevo. -Ciao belle gambe, dove sei? perchè non mi vieni a trovare oggi?- risposi che stavo lavorando e che non potevo stare al telefono, ma lui non si dava per vinto e non voleva riattaccare. scambiammo qualche altra parola poi riattaccai salutandolo bruscamente. Lui richiamava, misi il cell silenzioso, continuò a chiamare e a mandare messaggi per tutta la mattina. Alla fine esasperata gli risposi, avevo paura delle sue ritorsioni qualora avessi troncato in modo troppo netto questa storia ma allo stesso tempo non potevo e non volevo andare avanti a far finta di flirtare e a fare la gallinella con un ragazzino, mi ero messa in un bel casino e ora non apevo come uscirne.
All'ennesima telefonata minacciò che se non fossi andato da lui il pomeriggio, avrebbe chiamato Stefano e gli avrebbe regalato 20 dosi di marja.
Dovetti cedere e acconsentii a vederlo nel pomeriggio. Uscii dall'ufficio, verso le 2 come sempre, era molto caldo, piena estate. Indossavo una gonna e una camicetta che il sudore mi faceva appiccicare al sedile della macchina. Arrivai davanti al bar e prima che potessi prendere il cellulare per avvisarlo che ero li, lui spuntò dal nulla e si infilò in macchina, nel lato del passeggero. -Ma che fai? -chiesi, -e dove pensi di andare?- Lui chiuse lo sportello e mi fece cenno di andare.
Misi la prima e partii. Facemmo qualche centinaio di metri, io cominciavo a temere che la situazione mi stesse sfuggendi di mano. E' vero che quella zona non la frequentavo ne io ne nessuno dei miei conoscenti, ma se avessi incontrato qualcuno che mi conosceva? Mio Dio che casino, e fino a dove voleva spingersi il ragazzo? Continuavo a guidare e a sudare, il cuore in gola, lui accanto che mi fissava, la sigaretta in bocca, fumava e mi guardava. Poi all'improvviso successe quello che temevo:
mi appoggiò una mano sul ginocchio, ero pietrificata, in mezzo a ltraffico cittadino, oramai nel panico, praticamente prigioniera del ragazzino.
...m ma che fai?...dissi con voce tremolante...lui sorrise appena, continuava ad accarezzarmi il ginocchio e poi si spinse un pò più in su. Aprì del tutto la mano e accarezzò più su, sempre più su, poi la sua mano scivolo giù verso l'interno della coscia e strinse un pò. Io li muta, in una situazione incredibile, con un ragazzino che poteva essere mio figlio che mi stava palpeggiando, feci il giro dell'isolato per tornare veso il bar.
-mi piaci, disse lui all'improvviso- ti voglio.-
Lo guardai senza dire niente. Qella frase che temevo e che speravo non dicesse. E ora come ne uscivo?
Cercai di rilassarmi e di concentrarmi sul fatto che ero molto più grande di lui e che potevo fregarlo quando volevo, cercavo di convincrmi che lo tenevo in pugno. e sembrò funzionare:
Iniziai un pò a rilassarmi, tutta quella emozione m i aveva dato una botta adrenalinica inaspettata, lui continuava ad accarezzarmi l'interno della coscia. Poi arrivai a poche decine di metri dal bar, deserto. Fermai la macchina.Caldo insopportabile, il puzzo della canna che aveva fumato nella mia macchina. lo scintillio dei suoi 6-7 orecchini.La sua mano nera che accarezzava con navigata esperienza, anche se era solo un ragazzino. la paura che qualcuno di mia conoscenza potesse passare di li e vedermi. La sua mano nera che mi accarezzava le gambe. La sua insolenza. Il suo sorriso sarcastico. la mia impotenza su quella situazione. in pochi minuti mi sciolsi totalmente. Le sue carezze insolenti. La sua presunzione di potermi avere. Le sue mani che mi toccavano le coscie.Abbandonai ogni resistenza, l'emozione lasciò presto il posto a qualcosaltro, qualcosaltro di inaspettato e che stava essplodendo violentmente. Cominciavo a bagnarmi. Lui si accorse di questo cambiamento e si avvicinò di più. Mi accarezzava sempre con più ardore, il suo viso era molto vicino al mio ora, sentivo il suo alito, sul mio viso, sulle mie labbra, senza accorgermene, totalmente rapita da quel momento, la mia bocca cercava la sua. Mi infilò la lingua tra le labra, poi la spise più a fondo, incontrò la mia lingua umida e calda, cominciò a pomiciarmi in un turbinio implacabile. le sue mani intanto salivano. in strada, parcheggiati in una fila di macchine lucenti al sole di Luglio. Brividi per tutto il corpo, questo bastardello dalla pelle nera svegliava in me sensazioni sconosciute, un tabù inesplorato, una terra proibita da non visitare. La sua mano toccò le mutandine, ormai zuppe. Le sue dita percorsero la forma delle mie grandi labbra che sentivo schiudersi ed aprirsi in un irrefrenabile sensazione, morivo dalla voglia di dargliela, ora qui subito.
Solo il pensiero di mio figlio che potesse passare di li a cercare la marja riusci a farmi riatterrare. Strinzi le gambe, allontanai la sua mano, mi staccai dalla sua bocca. -Basta!- ma cercavo di dirlo più a me che a lui. Aprii il suo sportello e lo spinsi fuori. Lui mi guardò sorpreso. Prima che potessi ripensarci misi in moto e partii di filata.
Sulla strada del ritorno piansi, per la vergogna per il senzo di colpa verso mio figlio, verso mio marito, verso me stessa. mi facevo schifo.
L'indomani tenni il cellulare spento tutto il tempo. Mi accorsi però che stavo sempre di più pensando a quel momento a quello che provai e a lui, a quel ragazzetto nero magro e insignificante, un nulla di buono, un perditempo teppistello e spacciatore, ma che aveva saputo trovare la strada giusta per il mio più intimo istinto animalesco.
Passò ancora un altro giorno e io non ne potevo davvero più. Basta, dovevo rivederlo. accesi il cellulare, trovai infinite chiamate e messaggi, come mi aspettavo. Non li lessi neanche, feci il suo numero. Pronto? non sei scappata vero? Ci sei ancora? Voglio rivederti presto...nel suo italiano stentato non mi lasciò nemmeno prlare, mi travolse di domande. Gli dissi con voce molto fredda, rassegnata.-
-e va bene, hai vinto. mi vuoi? mia avrai. dimmi dove e quando. rispose lui - domani, vieni a prendermi qui al bar, alle 4.- Riattaccai senza dire altro.
Il giorno dopo era Giovedi, quindi mio marito sarebbe rientrato alle 8 di sera. Stefano ha il rientro pomeridiano quindi pranza alla mensa della scuola e saraà di ritorno non prima delle 7 e 30.
Tutto coincideva e si incastrava perfettmanete. Orami ero in ballo e dovevo ballare fino in fondo.
L'indomani uscii dall'ufficio alle 2, come sempre. Arrivai a casa. Mi spogliai, feci la doccia. uscii dalla doccia e mi depilai accuratamente le gambe. mi asciugai e mi cosparsi di crema. Laccai con dello smalto rosso scarlatto le unghe dei piedi e delle mani. Mi asciugai e acconciai i capelli. Misi un paio di mutandine tinate nere molto fini e trasparenti sul davanti, acquistate la mattina per l'occasione. Mi infilai il reggiseno che completava e riprendeva il disegno delle mutandine, anche questo nero e trasparentissimo, sexy fino all'esasperazione. Indossai un vestitino acquistato anche questo la mattina stessa: un abitino nero cortissimo e totalmente aperto dietro, con dei lacci all'altezza del seno e altri lacci sui fianchi che lasciavano intravedere quasi tutto. poi misi dei sandali a tacco altissimo, coi lacci neri che si aggrovigliavano ai polpacci come serpenti, modello schiava. Mi truccai accuratamente.
Mi guardai allo specchio: sembravo una battona. Uscii alle 3 e 40, velocemente salii in macchina, avevo paura che qualcuno dei vicini avese potuto vedermi in quelle condizioni.
Guidavo in una sorta di trance, non sapevo fin dove mi sarei spinta, ma speravo che succedesse qualcosa che potesse fermarmi, qualcosa che potesse fermare questa incontenuardoibile voglia di essere penetrata dallo spacciatore di colore. Speravo quasi in un incidente. Arrivai al bar, quasi senza accorgermene assorta dai miei pensieri. Lui era li, con la sua solita tracotranza e la sua aria di strafottenza. Accostai, salì in macchina, ripartii. Mi stava mangiando con gli occhi, percepivo la sua fame sessuale nei miei confronti e quel silenzio diventò pesanissimo e denso di spessore. Mi fece girare verso una strada secondaria. Chiesi dove stavamo andando. mi disse che andavamo a casa di un amico, che ora non c'era. Prendemmo una stradina di campagna, fuori città. Arrivammo ad una catapecchia mezza franata, una casa fatiscente in mezzo alla campagna. Fuori erbacce e alberi. Scendemmo. Camminavo in quei trampoli mente lui assaporava ogni mio passo. Mi guardava come un lupo guarda la sua preda. Davanti a noi una lunga rampa di scale. Si fermò, per un attimo distolse lo sguardo dalle mie gambe e mi guardò in viso, mi fece cenno di andare per prima. Li per li non capii, poi realizzai, quando lui tornò con lo sguardo sulle mie coscie. Cominciai a salire, un gradino alla volta, lui qualche scalino indietro, mi stava lettermalmente facendo le radiografie dal basso. Io avanzavo come una gatta, un passo dopo l'altro, su quei trampoli di 12 cm, molto lentamente, per dargli il tempo di studiare ogni millimetro di intimità che riusciva a scorgere da sotto.
Arrivammo alla porta, lui aprì ed entrammo in quello squallido appartamento. In pratica un monolocale molto buio e sudicio, il caos regnava sovrano. Sulla destra un letto matrimoniale, disfatto, come se qualcuno di avesse appena dormito. All'improvviso, mi sentii afferrare i seni da dietro, il ragazzetto che aveva appena chiuso la portadietro di me, non stava perdendo tempo. Mi palpeggiò per qualche secondo, poi le sue mani scesero e mi toccarono dappertutto. Mi girò verso di lui, mi guardò negli occhi, mi stavo eccitando e si vedeva.
poi si abbassò, la sua faccia davanti al mio pube. con le mani lentamente, accarezzandomi le gambe, mi tirò su il vestitino, fi sopra alla vita. Rimase a 10 cm dai miei sleep a fissare il mio monte di venere, poi avvicinò il naso e insirò, a lungo e oofondamente, 3, 4 volte. poi si alzò e finì di sfilarmi il mini vestito. si alzò in piedi e si distanziò di circa 1 metro. Stavo in piedi davanti a lui, indossando solo i sandali col tacco alto, le mutandine di trina e il reggiseno trasparente abbinato. Mi guardava estasiato. Si tolse le scarpe e la maglietta. Intanto notavo il suo gonfiore nei pantaloni.
Mi spinse verso il letto, costringendomi a sdraiarmi. Poi andò giù verso i miei piedi. Cominciò a slacciarmi quei lacci intorno al polpaccio stretti, tanto stretti che lasciavarono il segno rosso sulla mia pelle. Tolse i lacci e infine tolse del tutto i sandali. Cominciò a baciarmi le caviglie, poi sentii la sua lingua calda e umida, leccarmi la pianta, mi faceva il solletico ma non mi mossi. Continuò passando alle dita, le leccò e le succhiò, di entrambi i piedi, continuò poi a leccare salendo dietro il polpaccio, poi sul davanti, poi superò le ginocchia continuando a leccare avidamente, leccò le mie coscie, a lungo, infilò le mani ai bordi del mio slip e cominciò ad abbassarlo, continuava a leccare. Ero praticamente ricoperta della sua salivadalla vita in giù. poi d'improvviso mi girò e mi sfilò completamente gli slip da dietro, leccandomi le natiche e per quello che poteva amche n mezzo alle natiche. Io stavo sciogliendomi lentamente. Poi dopo qualche minuto mi girò ancorae si ritrovò davanti la mia gattina pelosa, con le grandi labbra in procinto di gonfiarsi. Mi divaricò delicatamente le gambe e iniziò a leccare anche li. Si fermò. lasciò cadere dalla bocca un rivolo di saliva sulla mia vagina, e leccò ancora. poi si fermò e sputò, sempre sulla mia vagina e ricominciò a leccare. La cosa andò avanti per 10 minuti abbondanti, tra la sua saliva e i miei umori tra le gambe avevo un lago e mi accorsi che stavo respirando molto forte, il cuore mi martellava a manetta dentro il petto, lui continuava a sputare e a leccare e succhiare la mia vagina. poi d'improvviso si fermò, si slacciò i pantaloni e se li tolse con una sola mossa. Lo guardai, aveva una mazza incredibile. Solo 17 anni ma con un'arma micidiale da incutere timore a qualsiasi donna. Pensai che ero lubrificata a dovere, ma sarebbe bastato per quel bastone di ebano?
Mi guardò con aria complice, sapeva di possedere un bell'arnese. Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa, mi prese per i piedi e allargando completamente le braccia mi divaricò più che poteva le gambe. poi si avvicinò con quel coso ritto e semiflesso verso sinistra. Il glande si appoggiò sulla vagina. Per fortuna che procedeva con molta calma, enso che a qualcuna aveva già fatto male in passato, altrimenti non si spiegava. Il glande incontrò resistenza ma entrò quasi subito. lui cambiò espressione, sembrava già godere ed io non fui da meno. Inizio' a premere, fin farlo entrare, sempre di più, cm dopo cm. Il mio utero gli faceva largo, ma a fatica. Sentivo le pareti interne allo spasmo, quasi come quando partorii e il dolore non si fece attendere oltre. Cercavo con le mani di premergli il basso vetre per fargli capire di andare più piano e di aspettare ad inserire ancora, ma lui sembrava completamente sordo alle mie richieste. Spingeva, sempre più forte, il mio dolore aumentava. La sua cappella si faceva strada dentro di me, pensavo che si stava per lacerare qualcosa, ma lui continuava a spingere. Strinsi i denti, avevo un dolore davvero insopportabile, ma il mio apparato sessale si stava agitando sempre di più. Con il bacino cercavo di assecondare i suoi movimenti ondulatori, com a far scorrere meglio il suo membro. finalmente qualcosa si allargò o non so cosa successe, ma il ragazzetto cominciò a stantuffare ritmicamente e io non sentivo quasi più dolore. ad ogni pompata cercava di spingerlo sempre più a fondo. penso che sia stato lungo 22- 23 cm e di fatto ancora ne restava abbastanza fuori. Stavo lubrificando a meraviglia, il suo poderoso gingillo mi entrava sempre di più e cominciavo a godere davvero. Il suo cazzo mi martellava sempre più forte, stava entrando sempre di più, lo sentivo battere sul collo del'utero, oltre non sarebbe potuto andare, ma lui continuava a insistere, stantuffava violentemente,me lo voleva infilare dentro tutto. con una mano mi prese il reggiseno e tirando fece cedere il gancetto che lo teneva, quindi me lo tolse. Continuava a stantuffare, mi lasciò i piedi e mi prese i seni, me li stringeva, me li girava, poi abbracciò il mio bacino e mi afferrò le natiche, pompando sempre più violentemente. ormai era davvero entrato tutto e io stavo gemendo sotto i suoi colpi violenti. Ripensai istintamente al nostro primo incontro, alla sua spavalderia, mi tornò in mente la mia impotenza mentre mi guardava il culo quando me ne andai, le sue mani sulle mie gambe in macchina.Il suo sguardo fisso sui miei seni che ballavano al ritmo dei suoi colpi. Un rivolo di saliva all'angolo della sua bocca.Poi ad un certo punto il suo ritmo aumentò e anche l'affondo, stavo ricominciando a sentire dolore ma il godimento era troppo e lo incitavo a continuare. Altre 2-3 pompate e l'ultima che dette con tutto peso del suo corpo, tanto che spostò il letto matrimoniale nel quale ero sdraiata, tanto che mi sembrò che si fossero spostati verso l'alto tutti i miei organi interni, e mi inondò totalmete. Sentii un oceano di sperma bollente che con con forte pressione si insinuava dentro di me, in ogni angolo, lo sentivo persino nelle vene, mi sembrava di sentirne addirittura il sapore i fondo alla gola. E continuò ancora a irrorrare con copiosi fiotti tutto quello che c'era dentro di me, fino in fondo all'anima. Io non resistetti più e con un gemito più lungo degli altri ebbi un violentissimo orgasmo, che poi si trasformò in urlo. Afferrai le sue magre natiche con le mani e me lo spinsi dentro di più, se era possibile, stringendolo anche con le caviglie, stringendo più che potevo.Persi completamente il senzo del tempo e dello spazio per diversi secondi, se esisteva un estasi o un nirvana, io c'ero esattamente al centro, inabissata in un mare di sperma caldo che mi riempiva qualsiasi angolo della mente. Cominciai a tremare, le gambe erano scosse da fremiti fortissimi.
Ero ancora in un'altra dimensione, sentivo la sua testa appoggiata sul mio seno e poco alla volta, dopo qualche minuto, ritornai lentamente sulla terra.
Allentai la presa, lui mi lasciò le natiche che nel frattempo aveva continuato a stringere e si alzò, sfilando quel meraviglioso aggeggo da dentro di me. Al passaggio del glande ebbi un sussulto di dolore, tanto era grosso. lo vidi colante e semieretto allontanarsi dal mio pube. Mi girava la testa, tantissimo, non riuscivo a pensare concretamente. Co uno sforzo disumano
riuscii a tirami su. mi faceva male la schiena e il bacino. nel mezzo alle gambe ero zuppa fradicia. Raggiunsi isandali, li infilai, senza allacciarli, ci voleva troppo e in quel momento non ne avevo la forza. Lui si era seduto su una vecchia poltrona li accanto al letto, e si era acceso una sigaretta. Gli chiesi dove era il bagno e me lo indicò. Feci qualche passo, un mare di liquido caldo mi colò giù dalla vagina, goccioloni bianchi lasciavano strisciate nell'interno delle coscie, dietro le ginocchia, poi raggiunsero i piedi e si infilarono tra quei odiosi lacci, e persino sulla suola. arrivai al bagno e ad ogni passo sentivo il cic-ciac dello sperma che appiccicava i piedi con i sandali. Cercai un bidet, che ovvimante non c'era. andai al lavandino e mi lavai il viso, poi la mia topina che ora era un pò dolorante, di seguito cercai di lavare meglio che potevo le gambe e i piedi, pulendo lo sperma dai sandali. intanto sentivo il ragazzo che stava parlando al cellulare, nella sua lingua, chiaramente non sapevo cosa stesse dicendo al suo interlocutore. Tornai di la, senza neanche degnarlo di uno sguardo raccolsi il vestito, le mutandine e il reggiseno e rcominciai a vestirmi. Lui si alzò, sempre parlando al cellulare e si mise davanti alla porta. Avevo appena finito di rivestirmi quando, cercando di raggiungere la maniglia, lui mi ferò con una mano e sempre parlando al cellulare mi fece capire che non dovevo ancora nadarmene. e adesso? che altro voleva? continuava a parlare, la sua mano intanto mi palpava il sedere, da sopra il vestito. Lui era ancora nudo. Mi tirò erso di lui, le mie gambe toccavano il suo enorme ciondolone ormai moscio. Mi infilò una mano sotto il vestitino e mi sfilò ancora gli slip, acartocciandolesi in mano. Cominciò a strusciarsi, intanto sentivo quell'affare tornare ancora duro. Dopo quell' orgasmo non avrei potuto fare ancora sesso, non me la sentivo. inoltre ora la gattina mi faceva davvero male, finita la scarica adrenalinica sentivo solo il dolore sotto. Mi toccò una spalla e mi fece inginocchiare. Avevo davanti il suo cazzone nero gonfio, era chiaro che voleva un rapporto orale. Continuava a parlare al telefonom probabilmente con qualcuno dei suoi amici e probabilmente gli stava raccontando quello che stava succedendo. Io non avevo mai fatto sesso orale, non mi piaceva. mi prese la testa e strofinando dapprima la cappella sulla mia bocca, mi costrinse ad aprire e accogliere il suo cannellone.
Aveva un gusto rancido, mi disgustava, ma nel frattempo mi incurosiva questa nuova esperienza, quel sentire quella carne viva dentro la mia bocca che pulsava e si gonfiava mi dava una strana sensazione. Ora stavo proprio succhiando, lui con la mano dietro la mia nuca cercava di spingerlo sempre più a fondo. Mi faceva male la mascella, stavo respirando forte col naso, e la saliva ormai mi usciva a fiumi dagli angoli della bocca, colando sul vestitino. andò avanti così per 4-6 minuti infiniti. A tratti mi veniva da tossire, a tratti mi sembrava di affogare nella mia salivache quello strusciare in gola stava producendo a fiumi. Poi all'improvviso venne. I primi due schizzi nella mia bocca, fui costretta ad ingoiare se non volevo affogare, poi tolse il pene e altri 2 schizzi raggiunsero rispettivamente i miei capelli e le mie labra, il terza e quarto schizzo avendo poca pressione colarono giù, sul mio seno, infilandosi dentro il vestitino e sulle mie ginocchia nude. Non pensavo che un uomo avesse potuto contenere tutta quella quantità di sperma. Daltronde era un diciassettenne con l'ormone in pieno galoppo e io dovevo averlo eccitato tantissimo con i miei vestitini corti e le mie studiate movenze sensuali. Finito di scaricare tutto, riattaccò il cellulare. io tornai in bagno. Mi lavai di nuovo, per i capelli non potevo far altro che tirarli indietro e legarli con un elastico. Sputai e mi sciacquai la bocca ripetutamente, mi pulii alla meno peggio il vestitino e tornai di la. Lui si era rivestito. era ancora sudato. Mi guardava e sorrideva. Gli chiesi i miei slip, lui me li fece vedere, li aveva stretti in mano, ma non me li ridette.
capii che voleva tenerli come "trofeo di guerra". E sia, tanto li avrei gettati subito tornata a casa.
Uscimmo, salimmo in macchina. l'orologio segnava le 6 e 45, in perfetto orario, per tornare a casa, gettare via tutti i vestiti, farmi la doccia, indossare i vestiti da brava moglie-mamma e preparare qualcosa per la cena per i miei ometti che srebbero rincasati verso le 8.
accompagnai il ragazzo al bar, arrivando davanti vidi un gruppo di ragazzotti più o meno della solita età sua, sembrava stessero apsettando proprio noi. Fermai la macchina, questi cominciarono ad applaudire, a fischiare e a fare gesti osceni mimando un ato sessuale. Il ragazzetto ancora prima di scendere tirò fuori gli slip, un pò sporchi di sperma che mi era evidentemente ricolato e li mostrò vottorioso. Scese, non lo salutai neanche, ripartii velocemente, dietro i miei occhiali scuri, piena di vergogna, sentendo sietro di me ancora i fischi e le urla di incitamento. Ero per loro una vera vacca da monta. Capii allora con chi stava parlando il ragazzo al cellulare. Buttai dal finestrino la sim,
presi la statale e tornai erso casa. Guardai la mia faccia verso lo specchietto: cercavo di convincere me stessa che lo avevo fatto per il bene di Stefano ma questo non cancellava ciò che avevo fatto: usata, trombata, sfondata e umiliata.
scritto il
2010-06-14
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