Da uomo libero a schiavo gay

di
genere
dominazione

Erano ormai piu’ di due anni che avevo perso il lavoro, e di conseguenza tutto mi era piovuto addosso. Mia moglie mi aveva lasciato, le banche mi avevano chiuso i conti,la mia villetta era stata pignorata Praticamente ero rimasto con poche centinaia di euro, che mi sarebbero bastati per andare avanti si e no per un paio di mesi.
Quella mattina, ero giusto andato in citta’ a restituire il mio SUV, poiche ‘ormai da tempo non ero piu’ in grado di pagare le rate del Leasing, e quindi avevo ricevuto l’ingiunzione di restituirlo alla Concessionaria.
Stavo ritornando quindi, a piedi (ormai non avevo piu’ nemmeno un mezzo) dalla Concessionaria , verso il Porto, in attesa di riprendere il traghetto per l’isoletta prospiciente, dove avevo preso in affitto un piccolomonolocale in cui ormai vivevo solo con le poche cose rimastemi.
Il traghetto sarebbe partito solo tra due ore, ed io decisi di aspettarlo, in preda allo sconforto ed a cupi pensieri , passeggiando nervosamente tra le banchine.
Ormai ero proprio all’ultimo stadio, se non trovavo un qualsiasi lavoro entro un mese, avrei finito tutti i soldi e mi avrebbero sfrattato anche dal monolocale. Oltretutto la stagione turistica volgeva al termine, e trovare anche un umile lavoro di lavapiatti diventava un problema.
Rabbrividii pensando a cosa potesse essere il mio prossimo futuro. Oltretutto io avevo sempre fatto lavori intellettuali, di concetto, dirigevo aziende , e non avevo mai fatto un lavoro subordinato e manuale . Ero un bravo manager , lavoravo con importanti aziende multinazionali, vestivo sempre elegante in giacca e cravatta, avevo un bel tenore di vita: villa con piscina, barca a vela, vacanze all’estero in alberghi di lusso ecc. Sembrava un secolo fa, ma in realta’ in meno di pochii mesi, cioe’ da quando la mia azienda ha dovuto chiudere per evitare il fallimento, avevo perso tutto per pagare i debiti . Ora a 40 anni ,ripartivo da zero, ma con la crisi economica era molto difficile ritrovare un lavoro all’altezza del mio curriculum.
Stavo pensando a questo , quando ad un certo punto mi sento chiamare”: Marco, ehi Marco !”
Mi rigirai meravigliato, non conoscevo nessuno in quella citta’, mi ero traferito da quelle parti, proprio per evitare la vergogna del mio nuovo status di povero in canna e disoccupato..
La voce che mi chiamava ,proveniva da un grosso yacht, ormeggiato alla banchina…Mi avvicinai incuriosito ed un po’ vergognoso. Ero vestito molto semplicemente con una vecchia maglietta blu , un paio di bermuda e delle infradito..e la barba leggermente incolta. Non avrei voluto che mi vedesse cosi’ qualche Manager che conoscevo..la sorpresa fu grande, quando mi accorsi che quell’uomo che mi chiamava e mi faceva dei grandi gesti era Sergio.
Non lo vedevo dai tempi del Liceo. Sergio era stato per cinque anni il mio compagno di banco. In classe lo prendevamo tutti in giro, perche’ proveniva da una famiglia povera, vestiva male, puzzava un po’, era piccolo e grassottello, con i capelli unti..insomma uno sfigato. Si diceva che fosse anche gay le ragazze non lo filavano proprio,, e quindi veniva spesso preso di mira per scherzi anche pesanti… mi ricordo che prima della maturita’ nell’ultima lezione di ginnastica, lo spogliammo nudo e lo obbligammo a fare flessioni davanti a tutti nelle docce, dove gli furono bagnati tutti i vestiti e costretto a tornare in mutande a casa. Quell’umiliazione ci eccito’ tutti, e, se non fosse arrivato il prof ad interrompere tutto, sarebbe finita sicuramente peggio…
Probabilmente, pensai, aveva trovato lavoro come marinaio, negli yachts.

Ciao Sergio! Quant’era che non ci vedevamo !| “
“Ciao Marco, che giri da queste parti?”
Lo osservai meglio, era sempre piccolo e rotondetto, in piu’ anche semi calvo. Pero’ era vestito elegantemente, con una camicia e dei pantaloni griffati e delle scarpe da barca molto costose. Non poteva essere un marinaio !
In breve , Sergio mi racconto’ , che aveva fatto un sacco di soldi, partendo da umili lavori da operaio, fino a diventare proprietario di diverse aziende in vari settori.
“E tu Marco, sei diventato poi Ingegnere?”
Gli risposi, a malavoglia, che si ero diventato ingegnere ed avevo diretto l’industria di mio suocero fino a che…
“E ora cosa fai ?” mi chiese guardandomi fisso negli occhi . Conoscevo benissimo quel suo sguardo indagatore ed avido di notizie. Sergio aveva degli occhi neri magnetici (la sola cosa bella che aveva9 che erano lo specchio della sua grande curiosita’ e volonta’, che in effetti lo avevano sempre contraddistinto.
Cercai di evitare una risposta diretta, dicendogli che ero in vacanza nell’isola di fronte, ma sapevo che era impossibile sfuggire alla curiosita ‘ di Sergio.
Difatti, con la scusa di offrirmi un passaggio all’Isola con il suo yacht, mi martello’ di domande sulla mia vita e sul lavoro per due ore, fiche’ dopo aver bevuto un paio di bicchieri di champagne, li confessai la mia triste situazione attuale.
“Ma Marco, tu sei sempre un uomo fortunato! Hai trovato il tuo vecchio compagno di banco e, sara’ per me un vero piacere averti come mio collaboratore, a dirigere una delle mie aziende! “
E cosi’ , prima di lasciarmi all’ imbarcadero dell’isola, mi dette appuntamento per il giorno dopo, per andare con lui nella sua azienda, di cui avrei dovuto fare il manager !
Era incredibile quello che mi stava accadendo. Stamani ero ad un passo dalla disperazione ed ora invece avevo trovato un vecchio amico ed un lavoro prestigioso. “La mia buona stella non mi ha lasciato “ ,pensai andando a dormire nel mio monolocale, ansioso di arrivare presto all’ora dell’appuntamento, fissato per la mattina alle 4 all’imbarcadero . Non sapevo quanto mi ero sbagliato.
La mattina , mi alzai alle 3, non avevo chiuso occhio per l’eccitazione. Mi chiesi come mai l’appuntamento fosse stato fissato cosi’ presto, probabilmente, pensai, perche’ l’azienda era lontana dal capoluogo e Sergio, da buon imprenditore, voleva arrivare presto per presentarmi ai suoi dipendenti e collaboratori.
Mi vestii velocemente con l’unico abito buono che mi era rimasto ed ero riuscito a fare sfuggire al pignoramento:un bel completo blu di un noto stilista, con una bella camicia bianca ed una cravatta anch’essa blu scuro. Ai piedi un paio di mocassini fatti a mano.
Mi avvio cosi’, elegantemente vestito , all’imbarcadero. A quell’ora non c’era un anima in giro. Meglio,dissi tra me e me, cosi’ vestito sembra che ritorni da un matrimonio…era estate e l’isola era frequentata principalmente da vacanzieri.
Alle 4 precise lo Yacht ormeggio’ all’imbarcadero, alcuni marinai in tuta arancione con sulla schiena la sigla dello yacht mi tendono la passerella e mi invitano a salire.
Erano dei negri giganteschi , molto muscolosi, tipo guardie del corpo, che avevo notato durante il mio viaggio del giorno prima verso l’isola.
Sergio non era a ricevermi, probabilmente dormiva.
I marinai, in modo cortese, ma deciso, mi fanno scendere in uno dei ponti dello yacht e mi indirizzano verso una cabina.
La cabina era piccola e senza oblò , abbastanza in basso e vicino ai motori, sicuramente una di quelle destinate all’equipaggio. Considerai che le altre erano probabilmente tutte occupate dagli ospiti, e .vista la situazione , non mi preoccupai piu’ di tanto, anche perche’ pensavo che il viaggio verso il capoluogo, come all’andata, sarebbe durato solo due ore.
All’interno c’era solo una brandina ed un piccolo stipetto all’interno del quale c’era ,piegata una tuta arancione ,come quella dei marinai.
Decisi quindi, visto che nella cabina c’era piuttosto caldo, a causa della mancanza dell’aria condizionata, di togliermi i vestiti, anche per non spiegazzarli,e dormire un paio d’orette in attesa dell’arrivo al Porto del capoluogo.
Mi addormentai nudo sulla brandina, nonostante sudassi per il caldo ed il rumore dei motori.
Mi sveglio’ una voce metallica, proveniente da un altoparlante appeso al soffitto.
Era Sergio, che mi dava il buongiorno. Si scusava per l’alloggiamento e che eravamo in navigazione verso un’isola di cui non capii’ il nome e che non conoscevo, dove aveva sede la sua azienda. Mi disse che ci sarebbe voluto qualche giorno intero di navigazione e che valeva la pena mettermi comodo ed indossare la tuta dell’equipaggio, scusandosi nuovamente per non avere altre vesti da offrirmi. Mi disse che era ancora molto presto e che potevo dormire tranquillamente per un po’ , che poi mi avrebbero svegliato per colazione. Non avendo un orologio (anche quello mi era stato pignorato) ed essendo il cellulare senza linea , non potevo vedere l’ora e quindi mi riaddormentai tranquillamente.
Dopo un po’ di tempo, sentii bussare alla porta, erano i marinai che erano venuti a svegliarmi. Entrarono direttamente, ed io mi sentii un po’ a disagio a farmi vedere nudo da quei marcantoni. Mi dissero di mettere la tuta , mi dettero un paio di ciabattine bianche infradito ,e mi dissero di seguirli. Così feci, senza obbiettare,chiedendo solo di rimettermi almeno le mutande , un paio di vecchi slip neri,sotto la tuta. Cosi’ dicendo aprii lo stipetto e, con mia meraviglia, vidi che era vuoto.
In u inglese molto scolastico, mi fecero capire che tutti i miei vestiti ,su ordine di Sergio, erano stati portati nella Lavanderia per essere lavati e stirati. Non dissi altro, mi infilai, senza nulla sotto, la tuta arancione da lavoro stile Guantanamo, le infradito e li seguii per le scale che conducevano ai ponti superiori. Quando arrivai al ponte dove erano i saloni di rappresentanza dello yacht vidi, con sorpresa, che era l’ora del tramonto e che quindi avevo dormito tutto il giorno.
Lo yacht era veramente lussuoso ,con numerosi membri d’equipaggio ,e diversi ospiti ,uomini e donne, in mise elegante che si apprestavano evidentemente all’aperitivo, prima della cena.
Mi sentivo molto imbarazzato ,per il mio abbigliamento. In vita mia era la prima volta che indossavo una tuta da lavoro intera tipo meccanico od operaio stradale . Oltretutto la tuta ,di cotone leggero, era un po’stretta e l’elastico in vita mi stringeva i fianchi e , non portando niente sotto, metteva bellamente in mostra il mio pacco ed il mio culo . Sul davanti inoltre, all’altezza del cuore, la tuta aveva stampigliato un numero di matricola 12803 e sul retro una grande scritta fosforescente S... INDUSTRIES , che arguii’ essendo le iniziali di Sergio, fosse, oltre al nome dello yacht ,anche quello delle sue industrie.
Fui introdotto nel vasto salone del bar, dove una trentina di ospiti ,gli uomini in smoking e le donne in abito lungo, mi ugardarono entrare, scortato dai marinai negri, con sorrisetti divertiti.
Fortunatamente Sergio, anch’egli in uno smoking molto elegante,mi venne incontro molto cordialmente, offrendomi un calice di champagne.
“O Marco, scusami ancora, per il disagio che ti faccio provare, a causa del tuo abbigliamento. Ma i tuoi abiti non sono ancora pronti ed avevo piacere che quando arriveremo in azienda tu sia impeccabile, davanti ai mirei collaboratori. Inoltre tu sei molto alto e non avevo vestiti adatti da prestarti. Comunque non preoccuparti i miei ospiti sono tutti miei amici ed ho raccontato loro chi sei e la tua storia .”
Cosi’ dicendo Sergio, mi fece cenno di seguirlo, nella grande veranda di prua, dove si trovava la sala da pranzo e mi invito’ a sedere accanto a lui.
La cena prosegui’ piacevolmente, gli ospiti erano gradevoli e simpatici, il cibo ed il servizio ad opera anch’esso di camerieri negri in tuta arancione,era di alto livello.
Finita la cena, Sergio si accomiato’ dagli ospiti e mi invito’ a seguirlo nel suo ufficio, perche’ doveva parlarmi del lavoro che avrei dovuto fare.
Arrivammo nel suo grande ufficio, scortati da tre giganteschi neri anch’essi in tuta arancione, che sembravano essere come delle guardie del corpo.
Sergio mi offri’ un bicchiere di un buonissimo Cognac ,ma io, dopo aver bevuto a cena diversi calici di Champagne, cominciavo ad essere stanco e poco lucido . Mi disse ancora una volta che era molto felice di avermi rivisto e di potermi dare una mano, offrendomi un lavoro di responsabilita’ e fiducia.
Cosi’ dicendo mi presento’ un contratto di lavoro, scritto piccolissimo, che avrebbe regolato i ns. rapporti, che sarei stato retribuito al massimo livello ,e che avrei iniziato subito da domani mattina a lavorare per lui.
Mi invitò a firmare il contratto, cosa che io feci,senza leggere le clausole, fidandomi di lui.
Firmato il contratto, mi fece accompagnare dai tre marcantoni alla mia cabina, avvisandomi che domattina presto saremmo arrivati al porto di T ., doveva aveva la sede generale e , di li’ avremmo poi proseguito per altri tre giorni di navigazione, per arrivare finalmente all’ isola di L., che era in un paese estero, dov’era la fabbrica che avrei dovuto dirigere
I marcantoni mi riportarono in cabina e se ne andarono. Secondo i miei calcoli doveva essere passata la mezzanotte. Guardai nello stipetto, per vedere se avessero riportato i miei vestiti lavati e stirati, ma l’armadietto era ancora desolatamente vuoto. Cercai allora di chiedere spiegazioni ai marcantoni, anche perche’ fra poche ore saremmo arrivati a destinazione ,e non potevo certo presentarmi ai dirigenti della sede generale vestito solo con una tuta arancione da operaio!
Provai ad aprire la porta, ma questa era bloccata . Incominciai a bussare fortemente e gridare per farmi sentire, ma il rumore dei motori, copriva tutti i miei tentativi ,rendendoli inutili.
Alla fine, stanco e spossato, mi addormentai cosi’ com’ero , senza nemmeno togliermi la tuta arancione.
Un rumore forte, mi sveglio di soprassalto, i tre marcantoni neri erano entrati in cabina e rudemente mi dissero di segurli da Sergio. Ero ancora assonnato ed avevo anche una gran voglia di pisciare, li seguii’ senza fiatare. Era notte fonde, ed eravamo ancora in mare aperto. I tre, con mio stupore, non mi fecero salire verso i ponti nobili, in alto, bensi ‘ mi fecero scendere nella stiva garage, accanto alla sala motori.
Qui si presento’ Sergio, che indossava un kimono di seta nera ed aveva un ghigno beffardo che non mi piaceva proprio e non scordero’ mai.
Gli chiesi se i miei vestiti erano pronti e se potevo riaverli, visto che di li a poco saremmo arrivati.
Sergio si mise a ridere:
“I tuoi vestiti Marco, non li vedrai piu’. Oltretutto erano vecchi e fuori moda, inadatti ad un moderno manager. Da ora in avanti , starai nudo come un verme e vestirai solo la tuta arancione dei miei operai, visto che hai firmato un contratto che ti lega alle mie industrie per cinque anni, come operaio-schiavo . Lavorerai tutti i giorni 16 ore al giorno, nei lavori piu’ umili e disagiati,senza alcun diritto.
“Operaio-schiavo?” replicai urlando “ ma tu sei matto! Io ti denuncio, non puoi fare una cosa del genere, e’ illegale!”
“Illegale?” rise ancora Sergio “ guarda caro ingegnere, che qui non siamo piu’ in Italia, e nel paese dove stiamo andando, questi contratti sono perfettamente legali . Inoltre sarai retribuito, come gli extracomunitari che tuo Suocero ha sempre sfruttato e , come ho subuito io lavorando per lui a 2 euro l’ora. per 5 anni, facendomi un culo cosi’ . Tu non sai quanto ti ho odiato. Tu eri il bello, avevi tutte le ragazze piu’ desiderate, eri ricco ed hai sposato la piu’ bella e ricca della citta’, mentre io facevo il manovale-schiavo di tuo Suocero.! Ho sempre giurato che te l’avrei fatta pagare, prima o poi, ed ecco che l’occasione e’ finalmente capitata!!”
Al che, fece un cenno ai tre marcantoni, che mi immobilizzarono in un battibaleno.
“Fategli il solito trattamento” ordino’ Sergio, seccamente.
A quell’ordine ,uno dei tre mi venne davanti, con le grosse mani, prese il bavero della tuta e tiro’ fortemente allargando e strappando di fatto la cerniera lampo. La tuta si apri’ strappandosi in due pezzi ed io rimasi completamente nudo.
A quel punto , da dietro mi piegarono violentemente, mettendomi a quattro zampe , nudo come un verme, in mezzo al garage.
“Procedete!”, disse ancora Sergio “,fategli vedere che e’ uno schiavo e cosa gli aspetta!”
I tre marcantoni si tolsero le tute, rimanendo anch’essi completamente nudi, con i loro fisici statuari e con delle verghe giganti, che si stavano ingrossando per l’eccitazione.
Compresi quel che sarebbe successo ed urlai disperato, chiedendo pieta’ a Sergio, di risparmiarmi quell’umiliazione e lasciarmi andare.
Sergio non mi rispose e fece un altro cenno ai tre.
Uno di questi , il piu’ grosso mi carico’ nudo, sulle spalle . mentre gli altri due mi presero per le gambe divaricandomele , trascinandomi cosi’di peso nella sala motori .
Qui, altri tre operai neri ,con la solita tuta arancione, si misero a ridere e si unirono agli altri tre.
Fui portato ad un banco da lavoro, unto di grasso di motore, su cui fui obbligato a sdraiarmi a pancia in giu’.
Mi aprirono al massimo nuovamente le gambe e le braccia e le legarono alle zampe del banco. La mia testa sporgeva dal banco., il collo fu legato a due ganci del tavolo, in modo che non potessi muovere la testa. Le mie natiche erano spalancate ed offrivano il mio buco in modo osceno. Inoltre ero gia’ tutto sporco di grasso nero da motore.
Sapevo che di li a poco sarei stato penetrato, nel frattempo, notai che anche gli altri tre operai neri, si erano tolte le tute rimanendo completamente nudi e si erano avvicinati con i cazzi in erezione verso il mio viso.
“Sergio, ti prego, risparmami questa violenza. Non umiliarmi cosi’, faro’ tutto quel che vorrai, lavorero’ per te come schiavo , ti prego..” singhiozzai, con la voce disperata.
“Bene, bene vedo che cominci a ragionare. Il fatto e’ Marco, che da ieri sera, firmando quel contratto, sei gia’mio schiavo e operaio per i prossimi cinque anni…ora pero’dovrai cominciare il tuo addestramento!”
“Addestramento? Che significa?” chiesi, disperato, cercando di dibattermi inutilmente .
“Sei vergine, Marco? “ mi chiese Sergio, con un sorriso beffardo.
“ Sergio, lo sai che non sono Gay e che quindi non l’ho mai preso nel culo “
“Vedremo..” disse lui , spostandosi dietro di me.
Immediatamente dopo, sentii un dolore all’ano. Sergio mi stava penetrando brutalmente prima con un dito , poi con due, allargando piu’ che poteva il mio buco. Il dolore era fortissimo.
Poi prese un attrezzo, uma specie di martello, con un grosso manico di legno. Unse di grasso l’estremita’ del manico ,e mi disse:
“Vedi questo manico ? E’ grosso e lungo come un bel cazzo. Ora te lo faro’ infilare nel culo, cosi’ dopo sarai pronto a ricevere i cazzi veri..come uno schiavo che si rispetti.”
Cosi dicendo, Sergiopasso’ l’attrezzo ad uno dei neri che mi stavano dietro. Questi, senza tanto ndugiare, prese l’attrezzo e me lo infilo nel buco , cominciando a stantuffare ed allargare con movimenti forti e decisi.
“Aaahhh!! “ urlai di dolore “ Sergio, basta ti prego, mi sta sfondando!!”.
“ Zitto schiavo, ti sto facendo un piacere, facendoti allargare il culo, vedrai che dopo mi ringrazierai!”
“Sergio, ti prego, bastaaa….” Implorai, mentre il nero ,continuava a sfondarmi il culo con il manico del martello. Per tutta risposta,ricevetti un sonoro ceffone.
“ Da ora in avanti, dovrai chiamarmi solo Signor padrone! Capito ,schiavo ?” mi urlo’ violentemente Sergio, dandomi due ulteriori schiaffi. Dopodiche’ si sposto’ dall’altra parte del tavolo, accanto al nero che stantuffava ancora ill manico del martello nel mio culo, che nel frattempo si stava bagnando tutto. Provai una nuova strana sensazione. Il dolore ed il bruciore fortissimo di prima, stavano diminuendo, lasciando il posto ad una piacevole e strana sensazione di sollievo.
“Sei pronto, troia!” disse Sergio, togliendosi il Kimono “ avro’ il piacere di essere il primo maschio che inculera’ il bell’ingegner Marco B.”, ah ah ah!! Era tanto che aspettavo questo momento!”
Mi penetro’ brutalmente. Sentii il suo cazzo diventare sempre piu’ grosso e profondo dentro di me. Ricordavo che Sergio aveva un bell’arnese, ma mai avrei pensato di poter essere inculato da un uomo ,da Sergio, poi.. Continuava a spingere il suo cazzo, sempre piu’ duro e grosso, procurandomi un misto tra dolore e piacere, lasciandomi sempre piu’ sconcertato e disperato.
Dopo alcuni minuti, per me interminabili, tolse improvvisamente il suo cazzo che ormai era durissimo e grosso . Sentii come un vuoto dentro di me, una sensazione quasi di dispiacere ,che mi stupi’.
Sergio, torno’ a posizionarsi di fronte al mio viso , strusciandomi l’uccello in piena erezione in faccia.
“Ti piace, vero, schiavo?Ti piace il cazzo del tuo Padrone?”
“Sergio, ti prego, basta….” Implorai piangendo.
Arrivo’ un altro violento schiaffo, e contemporaneamente sentii’ un forte dolore alle natiche. Il nero, mi stava percuotendo con una cinghia !
Sergio, mi prese per i capelli, sollevandomi la testa. “ Devi dire solo Si Signor padrone! Capito, schiavo?”
Si”,Si” dissi io singhiozzando. Sergio fece un altro cenno al nero, che mi rifilo’ altre staffilate sulle natiche, facendomi urlare di dolore.
“Devi dire, Si signor Padrone!! E ora apri la bocca!”
“Si, si, signor Padrone!!” . Aprii la bocca, piangendo e sapendo cosa sarebbe successo , sperando di evitare altre frustate sul culo.
Sergio , spinse il suo cazzo nella mia bocca , fino quasi a soffocarmi.
“Succhia ,schiavo!”. Cominciai a leccare quel cazzo gigantesco, non appena Sergio lo toglieva dalla mia bocca. “Lecca tutto, anche le palle, stupida troia!” Obbedii’ ,disperato. “ Ed ora lecca bene in cima , schiavo!” Poi mi infilo’ nuovamente l’uccello in bocca, spingendolo in su e giu’, facendomi muovere la testa tirandomi per i capelli. Sentiii il suo cazzo diventare sempre piu’ grosso nella mia bocca ed udivo distintamente i suoi mugolii di piacere. “bravo schiavo, vedi che stai imparando a far godere il tuo Padrone, come una vecchia troia!!” Improvvisamente, tolse l’uccello dalla bocca. Una violenta sborrata mi corpi’ il viso. Sergio , prese il suo sperma , me lo spalmo,bene sulla mia faccia, e mi apri’ la bocca.
“Lecca ed ingoia , schiavo !”
“Si, signor Padrone!” dissi, tossendo a causa dello sperma, che mi andava in gola, sperando che quella tortura fosse finita.
“Bene, ora e’ vostro!” disse Sergio, rivolgendosi ai sei neri nudi che erano intorno a me.
“Proseguite l’addestramento e fotografate tutto!”
E cosi’ fecero, scopandomi a turno in culo ed in bocca, riempiendomi di sperma davanti e dietro, per circa due ore,A d un certo punto , non ce la feci piu’, incominciai a pisciarmi addosso ed a piangere convulsamente. Mi slegarono dal tavolo, e mi lasciarono, nudo, sporco di grasso e di piscio, sul pavimento sporco della sala motori, dove mi addormentai, sfinito.

Un violento getto d’acqua fredda mi risvegliò bruscamente.
I tre operai della sala motori, avevano nel frattempo,rivestito le loro tute arancioni, e stavano maneggiando una grossa manichetta con una lancia spara acqua, dirigendomi il getto addosso.
Ero nudo, nel sonno mi avevano legato con una catena le mani dietro la schiena, inoltre le caviglie erano state anch’esse incatenate e legate ad un’anello posto in terra, nel pavimento a grata.
Non potevo quindi sfuggire al getto d’acqua. Comunque la cosa, al di la’ della violenza della pressione dell’acqua, tutto sommato non mi dispiaceva. Ero lurido di grasso di motore, piscio , sperma e sudore. Inoltre nella sala motori c’era un caldo insopportabile. L’operazione di lavaggio duro’ alcuni minuti, intervallata da una potente insaponata che i tre mi fecero frizionandomi rudemente il corpo con delle spazzole da bucato.
Alla fine, quando ero stato ripulito, gli operai mi slegano le caviglie, lasciandomi le mani incatenate dietro la schiena e mi conducono, nudo e grondante acqua, per la ripida scala in ferro che conduceva al ponte superiore, dove era posta la mia cabina. In cuor mio speravo che mi riportassero in cabina e mi lasciassero stare. Ero stanco, afflitto e con i muscoli ed il culo dolorante. Purtroppo, infilammo il lungo corridoio dove erano gli alloggi dei marinai, passammo davanti alla cabina e proseguimmo oltre, in direzione della prua. Ad un certo punto, bussarono ad una porta. Sentii delle voci femminili , dopodiche’ fui fatto entrare. L’ambiente era un vasto studio medico od una infermeria, completo di attrezzature, lettini e sedie tipo dentista. All’interno tre belle ragazze dai lineamenti caucasici, probabilmente dell’Est Europa, vestite con camici bianchi da infermiere. Mi squadrarono con occhi di ghiaccio e mi fecero capire di mettermi in mezzo alla stanza, di fronte a delle scrivanie piene di attrezzature e computer. Ad un ordine delle infermiere, gli operai, mi rimisero le catene alle caviglie, e le legarono a due anelli posti nel pavimento, obbligandomi a divaricare le gambe. Mi tolsero le catene alle mani , mi incatenarono i polsi ad uno ad uno ed appesero le catene a due altri anelli che stavano al soffitto. Assunsi cosi’ una posizione ad x obbligata. Mi resi ancora una volta conto della mia nudita’ e del mio continuo essere esposto ed indifeso, questa volta, con mio grande imbarazzo, per giunta di fronte a tre belle giovani donne.
Queste iniziarono con quella che capii essere una ispezione corporale. Una delle tre infermiere , prese un guanto di lattice e mi ispeziono’, senza tanti complimenti il buco anale, rovistando a lungo dentro di esso.L’altra infermiera, indossando anch’essa guanti di lattice, prese una specie di provetta ed inizio’ a masturbarmi violentemente. Ci volle davvero poco per farmi sborrare, in effetti per me, dopo quello che avevo passato, fu una specie di liberazione, inoltre la contemporanea ispezione anale facilito’ l’eiaculazione
Emisi quindi un potente schizzo, che provoco’ un risolino dell’infermiera, la quale , raccolse immediatamente la mia sborra dentro la provetta.
Eiaculando, emisi un urlo gutturale. La cosa non piacque alla terza infermiera , che mi assesto’ un potente schiaffo e mi dette una violenta strizzata alle palle, facendomi gemere di dolore. Questa, che doveva essere una dottoressa, o comunque la capo delle infermiere, ordino’ di slegarmi dagli anelli e di condurmi verso la poltrona da dentista. Rabbrividii’ , pensando a film come il Maratoneta, dove il protagonista veniva torturato da un dentista criminale..
Mi legarono alla sedia e mi fecero spalancare la bocca con un dilatatore. Temetti il peggio e sudavo freddo.
Mi ispezionarono bene la bocca ele arcate dentarie, con l’aiuto di una potente lampada. Vidi che stavano armeggiando con degil strani strumenti. Cominciai ad avere paura.
La dottoressa si avvicino’ con una specie di trapano, che all’estremita’ aveva una grossa capsula di color verde. . Mi infilo’ il trapano in bocca e sentii come un rumore di sparo. Sentii immediatamente un grosso dolore in gola,e credetti di soffocare, come quando si inghiotte un boccone troppo grosso. Avevo voglia di vomitare e tossii molto forte, ma non vidi uscire niente. Nel frattempo vidi che quella specie di trapano, che era stato riposto, non aveva piu’ la capsula sulla punta, che evidentemente mi era stata sparata dentro lo stomaco.
Passata la sgradevolissima sensazione di soffocamento, le due infermiere mi fecero alzare e mi legarono a pancia’ in giu’ su una specie di lettino ginecologico, costringendomi a stare con il buco del culo sollevato e con le gambe divaricate. Dopo poco sentii entrare un liquido molto caldo nell’ano. Stavano facendomi un clistere ! Il clistere duro’ alcuni minuti, attorcigliandomi le budella e gonfiandomi la pancia a causa di quell’ingente massa di liquido quasi bollente. Cominciai subito a sentire dei tremendi dolori all’addome. Mi fecero alzare in piedi e mi obbligarono a saltare e correre sul posto. Nel frattempo un ‘infermiera pose un bugliolo d’acciaio tra le mie gambe e mi fu ordinato di accovacciarmici sopra.
Cominciai senz’altro a defecare ed a riemettere il liquido dal culo,, fregandomene della vergogna e dell’ennesima umiliazione che stavo provando .Riempii quasi tutto il bugliolo di merda e liquido maleodorante. Una delle infermiere lo prese ed indossando dei guanti lunghi ispeziono’ il contenuto.Evidentemente volevano verificare se avessi espulso o meno la capsula che mi avevano fatto appena ingerire.
Ero avvilito e sudato, a testa china , nudo e sporco di merda. Mi venne naturale fare dei passi ed andare in direzione di una doccia che avevo intravisto in fondo ad una parete. Fui bloccato da un urlo gutturale della dottoressa e dai tre nerboruti operai neri che mi immobilizzarono.
“Chi ti ha dato ordine di muoverti, lurido schiavo?” mi sibilo’ lei in faccia” Ti pulirai quando lo dico io. Ora ti faccio vedere, cosi’ impari a disobbedire!”
Ordino’ all’infermiera di riprendere il bugliolo . I tre operai, mi obbligarono a piegarmi e mi fecero tuffare la testa a piu’ riprese nel secchio pieno di escrementi fino a che la mia faccia e la mia bocca furono pieni di merda. Stavo per vomitare e piangere…non ce la facevo piu’ a subire quelle degradazioni! Dovetti rimanere in quelle condizioni per diversi minuti, nel frattempo mi misurarono la pressione, mi fecero un prelievo del sangue e dell’urine, mi pesarono ecc. Fui finalmente condotto sotto la doccia e potei togliermi la merda dalla faccia e dal corpo e ripulirmi. Fui poi spruzzato con una sostanza bianca disinfettante su tutto il corpo ,anche dentro il buco anale e le orecchie.Credevo che la visita fosse finita, perche’ le infermiere erano andate via, ma non era proprio cosi ‘. I tre operai mi costrinsero a lavare bene il pavimento dagli schizzi di merda , dandomi una spugna ed un secchio e costringendomi a lavorare carponi a quattro zampe, Eseguii le operazioni subendo le risate di scherno anche delle due infermiere che nel frattempo erano rientrate. Finii’le pulizie, che mi fecero rifare piu’ volte fino a completa soddisfazione delle infermiere, subendo ogni tanto qualche schiaffo, sculaccioni e pedate. Dopodiche’ fui rimesso incatenato nudo ancora una volta nella posizione a x in mezzo alla stanza. Mi chiesi cosa diavolo avessero voluto fare ancora.
Le due infermiere presero delle macchinette tipo rasoi elettrici e cominciarono l’una a rasarmi i miei riccioli, l’altra a depilarmi tutto il corpo compreso il pube e l’ano La sensazione era simile ad un solletico doloroso e speravo che finisse prima possibile. Quando fui rasato e depilato completamente dalla resta ai piedi, mi spruzzarono ancora una volta lo spray disinfettante dappertutto, specialmente sul pube e dentro l’ano che erano entrambi molto infiammati. . Infine presero un pigmento rosso e mi spennellarono l’uccello e le palle, dicendomi che era una tintura al peperoncino contro le erezioni , che avrei dovuto evitare a causa del dolore che la tintura mi avrebbe creato al pene. Successivamente mi misero al collo un collare di cuoio e dei bracciali e delle cavigliere anch’esse di cuoio , le cucirono tutte sparando delle grosse spille d’acciaio in modo che non avessi piu’ potuto toglierle . Tutte queste attrezzature di cuoio avevano degli anelli d’acciaio ed un’etichetta, anch’essa in acciaio con inciso :SLAVE 12803 S... INDUSTRIES.
Mi fecero poi indossare degli scarponi antinfortunistici da lavoro
I tre operai legarono quindi agli anelli del collare e delle polsiere una catena e mi trascinarono nudo, rasato completamente e con gli scarponi ai piedi,come un cane al guinzaglio ,fuori dell’infermeria ., facendomi percorrere il corridoio a testa china perché tirato dal collare,verso una scala che saliva verso i ponti superiori.
Attraversammo i ponti superiori, compreso quello dei saloni, sempre trascinato come al guinzaglio dai tre neri , che non si curavano minimamente di nascondermi alla visione degli ospiti ;, quegli stessi ospiti cui ero stato presentato da Sergio, il proprietario dello yacht,la sera prima a cena, come l’ingegner Marco B., suo futuro general manager. Ora mi vedevano, nudo, rasato, con il collare al collo, con l’uccello dipinto di rosso , trascinato in catene dai tre energumeni! Sperai fortemente che qualche ospite chiedesse spiegazioni all’equipaggio o a Sergio, e magari avvisasse la Polizia. Ma quando vidi che tutti ridevano e mi beffeggiavano come fosse la cosa piu’ naturale del mondo, capii di non aver alcuna speranza, e che tutti erano complici o conniventi con Sergio. Attraversati i saloni in quella maniera, ci dirigemmo verso prua ed i tre mi obbligarono a salire una stretta scala che portava al ponte di comando.
Saranno state circa le nove del mattino, lo avevo capito dal sole che cominciava a scaldare e che nei saloni gli ospiti stavano facendo colazione. Erano passate poche ore, dalla mia ultima serata di uomo libero e mi sembrava un’ eternita’ , per tutto quello che mi era accaduto e che avevo subito. Forse stavo vivendo solo un brutto sogno..
Arrivati al ponte di comando, una figura corpulenta vestita con una divisa da ufficiale, ci venne incontro. Era il Comandante dello yacht. Rimasi di sasso. “Fausto!?” dissi. Per tutta risposta mi arrivo un poderoso manrovescio accompagnato da un calcio alle palle , che mi fecero cadere in ginocchio, dolorante, ai suoi piedi.
Era proprio Fausto G., amico da sempre di Sergio, mi ricordo che frequentava L’istituto Nautico. I due stavano sempre insieme, e si vociferava che fossero amanti gay.
“Devi chiamarmi signor Comandante, e metterti in ginocchio ai miei piedi immediatamente ed a testa bassa, Schiavo 12803!” Obbedii’, mettendomi come lui mi aveva chiesto.
“Ora ti spiego alcune semplici regole che dovrai osservare, Schiavo 12803! Ti premetto che tu hai volontariamente firmato un contratto di schiavitu’ BDSM con la S... INDUSTRIES.”
“BDSM?” Dissi a bassa voce. Un pedatone mi colpi’ sull’inguine, costringendomi a cadere a terra a pancia in giu’ “Zitto , schiavo 12803! Potrai parlare solo se interpellato e dovrai sempre dire SI signore, hai capito?”
Prese un nerbo e mi staffilo’ 4-5 volte violentemente le natiche e la schiena esposte nude .
In breve, le regole erano queste.
Dovevo stare sempre a testa china, nudo ed in ginocchio di fronte ai miei superiori, che poi erano praticamente tutti, dal Padrone Sergio, al Comandante, gli ufficiali, gli ospiti, fino anche agli operai. Potevo indossare solo la tuta arancione da lavoro, se mi veniva comandato dei miei superiori. Avrei dovuto svolgere i lavori piu’ umili e faticosi dalle 4 del mattino fino alle 22 di sera tutti i giorni, salvo esigenze diverse. In ogni caso non avrei potuto riposare piu’ di sei ore al giorno., con due piccole interruzioni di cinque minuti per mangiare. Mi era permesso di defecare solo una volta al giorno e pisciare solo 2 volte, in occasione della pausa dei pasti. Tutti i bisogni dovevano essere fatti all’aria aperta, sporgendomi dal bordo dello yacht , oppure in zone determinate, che avrei dovuto immediatamente ripulire. Il cibo sarebbe stato costituito dagli avanzi del cibo degli operai, e mi sarebbe stato fornito in una ciotola. Un’altra ciotola sarebbe stata per l’acqua .Tutte le mattine alle 4 sarei stato sottoposto a lavaggio con getti di acqua fredda all’aperto, disinfettato e controllata la depilazione che doveva rimanere sempre integrale. Sarei potuto essere usato come oggetto sessuale, solo passivo, da uomini e donne miei superiori a loro piacimento. Non mi era permesso di parlare, ne’ di masturbarmi , ne’ di avere erezioni., che comunque sarebbero state rese dolorosissime a causa della tintura di Peperoncino che mi veniva applicata giornalmente. Da ora in avanti non avevo piu’ un nome ed un identita’ ma sarei stato appellato solo Schiavo 12803, o semplicemente Schiavo oppure 12803. Non avevo diritto ad alcuna remunerazione per cinque anni e cioe’ fino alla fine del contratto di schiavitu’ che mi faceva essere praticamente un oggetto di proprieta’ della SERMAR INDUSTRIES. Sarei stato punito per le mie trasgressioni con fustigazioni,e torture varie, fisiche ,sessuali e psicologiche. Tutto questo per cinque anni. Alla fine del contratto, potevo essere promosso ad Operaio e godere di un trattamento migliore e retribuito. In caso contrario, avrei continuato ad essere Schiavo della SERMAR per altri cinque anni. Inoltre potevo essere venduto o prestato come schiavo BDSM in qualsiasi momento. Se avessi disobbedito o tentato di fuggire, avrei subito un trattamento di vibrazioni tramite la capsula che mi era stata fatta ingerire. Queste vibrazioni, potevano essere regolate e passavano da una bassa intensita’ che avrebbe procurato una erezione al pene e quindi dolore all’inguine, a dolori intestinali con conseguenti scariche diarroiche e svuotamento forzato della vescica ,fino a delle violente fitte intestinali che mi avrebbero fatto svenire dal dolore. All’interno della capsula, che era biodegradabile e durava cinque anni, c’era anche un microchip che mi avrebbe localizzato ovunque. Inoltre le scariche radiocomandate avevano effetto per un raggio di 100 Km, rendendo di fatto impossibile la fuga.
“Ora ti faccio vedere come funziona!” disse il Comandante, tirando fuori dalla tasca un piccolo telecomando.
Sentii il mio corpo subito invaso da un tremore vibrante che si concentrava sull’ano, sui testicoli e sul cazzo, che si alzo’ subito in erezione, facendomi provare un bruciore fortissimo, dovuto alla tintura di peperoncino con cui era appunto cosparso il mio pene. Subito dopo , sentii un forte mal di pancia con conseguenti scariche diarroiche che non riuscii’ a trattenere, sporcandomi di merda le gambe ed il culo, viso che ero in ginocchio. Inoltre non riusci’ a trattenermi dal pisciare violentemente, bagnando il pavimento della sala Comando.
“Basta, Basta! Signor Comandante..ho capito!!” dissi singhiozzando dal dolore.
“Bene,” fece il Comandante,” adesso pulisci immediatamente la tua merda ed il tuo piscio!, Lecca Schiavo !” Fui cosi’ costretto a mettermi a quattro zampe ed a leccare ed ingoiare il mio piscio ed in maniera piu’ disgustosa anche la mia merda..
“OK, ora al Lavoro , schiavo 12803! Ripulisciti e Lava tutta la Sala Comando e tutti i ponti della nave!”.
Un operaio mi spinse, stattonandomi con la catena al collare sul ponte, aziono’ una manichetta , innaffiandomi violentemente con acqua gelida, poi mi potro’ un secchio con dell’acqua saponata , un cencio ed una spazzola ed incominciai a fare quello che mi era stato ordinato, stando sempre in ginocchio,o a quattro zampe, completamente nudo esposto al sole , al vento ed al ludibrio dell’equipaggio e degli ospiti.



Il sole era ormai alto nel cielo, doveva essere già mezzogiorno. Erano quindi circa tre ore che stavo pulendo il ponte dei saloni. Il lavoro era assai faticoso. In ginocchio o a quattro zampe, dovevo raschiare bene con la spazzola le doghe di legno dallo sporco e dalla salsedine e poi risciacquare il tutto ed asciugare con un cencio. Il caldo ed il sole erano opprimenti . Fortunatamente ,avendo sempre fatto sport, ero abbastanza allenato alla fatica, ma gia’ le ginocchia e la schiena cominciavano a farmi male. Lavoravo completamente nudo, con ai piedi degli scarponi antinfortunistici, legato con una catena lunga che dal collare di cuoio che indossavo, veniva di volta in volta attaccata dall’operaio che mi controllava e che io dovevo chiamare signor Capo,a degli anelli che si trovavano lungo il ponte. Ogni tanto il capo, un altro ennesimo gigantesco nero vestito con la tuta arancione d’ ordinanza, controllava che avessi finito e pulito bene il pezzo di pavimento che mi era stato indicato, dopodiche’ toglieva la catena dall’anello, mi strattonava come al guinzaglio con la catena collegata al mio collare , spostandomi un po’ piu’ avanti e riattaccava la catena ad un nuovo anello. Questa operazione avveniva circa ogni mezzora ed era l’unico momento in cui potevo rialzarmi un po’. Normalmente al cambio d’anello ed alla conseguente ispezione del lavoro da me fatto, il Capo mi rifilava qualche staffilata sul culo piu’ o meno forte, secondo il suo grado di soddisfazione del lavoro che io avevo svolto. Di regola, non avrei dovuto fermarmi, ma quando il Capo si assentava, ne approfittavo per tirare un po’ il fiato ed accovacciarmi sul pavimento per un paio di minuti. In una di queste pause, un ospite arabo dello yacht, che avevo tra l’altro conosciuto in occasione della mia cena di “benvenuto” e con cui avevo conversato amichevolmente , mi rivolse degli insulti e mi sputo’ addosso. Non contento, mi fece cenno di alzarmi ed avvicinarmi a lui. Come mi era stato ordinato, secondo le regole che mi erano state impartite, mi avvicinai a testa china all’uomo e mi inginocchiai di fronte a lui. L’arabo mi dette un violento schiaffo, poi si alzo la tunica bianca che indossava. Sotto era nudo e immediatamente dal suo uccello usci’ un getto violento di piscio che mi inondo’. Mi ordino’ di leccare tutta la sua urina e poi mi prese la testa e la avvicino’ al suo uccello che nel frattempo si era ingrossato. Dovetti cominciare a leccarglielo tutto!. Avevo il suo cazzo in bocca che stava diventando sempre piu’ turgido. L’Arabo non mollava , anzi ci aveva preso gusto e comincio’ a spingere il suo uccello su e giu’ nella mia bocca. Ad un certo punto ne usci’ velocemente. Mi prese per il collare e mi strattono’ con violenza girandomi e facendomi mettere a pecorina.
Subito dopo mi entro’ dentro con il suo uccello che aveva raggiunto dimensioni notevoli e mi penetro’ con violenza assestando furiosi colpi al mio sfintere , provocandomi dei gridi di dolore. Piu’ urlavo e piu’ lui si eccitava, picchiandomi con un frustino sulla schiena e scopandomi con piu’ violenza. Dopo alcuni minuti di questo trattamento, numerosi altri ospiti, uomini e donne, si erano avvicinati incuriositi e commentavano la scena con risatine e incitazioni all’Arabo affinche’ continuasse la sua opera di sodomizzazione nei miei confronti .L’Arabo continuava imperterrito a scoparmi e frustarmi, aveva una resistenza incredibile. Il mio buco ormai si era allargato e bagnato, quindi il dolore era quasi scomparso ed anzi stavo provando sempre’ piu’ un assurdo piacere, tanto piu’ che mi accorsi che anche il mio cazzo si stava ingrossando. Questa cosa mi procurava un crescente bruciore a causa della tintura rossa al peperoncino che mi era stata praticata sull’uccello e sulle palle. L’Arabo si accorse di questa situazione e,mente mi scopava il culo con poderosi e ritmati colpi, mi prese il cazzo e comincio’ a masturbarmi , facendolo ingrossare sempre piu’ ed aumentando cosi’ il mio bruciore, che stava diventando insopportabile ! Speravo di sborrare il prima possibile, in modo che il mio cazzo si sgonfiasse ed il bruciore terminasse. Ma l’Arabo, che evidentemente sapeva dell’effetto della tintura al peperoncino, quando vedeva che stavo per sborrare, smetteva di masturbarmi e stringeva fortemente la base della mia asta facendola rimanere turgida, continuando a farmi sentire un bruciore cosi’ forte che mi faceva urlare e piangere ininterrottamente al tempo stesso.
Il giochino continuo’ cosi’ per altri interminabili minuti. Ero allo stremo .L’Arabo mi stava stantuffando il culo da diverso tempo, masturbandomi senza farmi venire , facendomi provare un dolore fortissimo.
Ad un certo punto, fortunatamente l’Arabo si stufo’, comincio’ a pompare sempre piu’ frequentemente e violentemente il mio culo e finalmente mi sborro’ dentro, senza nemmeno emettere un gemito. La sua sborrata fu lunga e copiosa e mi inondo’ il culo, facendomi comunque provare una sensazione di sollievo, perche’ nel frattempo aveva mollato la presa sul mio cazzo, che finalmente si era sgonfiato, facendo interrompere il bruciore.
L’Arabo comunque, dopo avermi sborrato dentro, mi rigiro’ e mi ordino’ di pulirgli bene l’uccello. Cosa che dovetti fare,anche perche’ mi premeva con forza la testa contro il suo inguine. Contemporaneamente si sollevo’ un piccolo applauso e dei gridolini di approvazione da parte del gruppetto dei circa venti ospiti che si erano radunati intorno ad osservare lo show con aria divertita. Mi resi ancora una volta conto dell’incredibile situazione che stavo vivendo . Nudo sul ponte di uno Yacht, in ginocchio, con un collare ed una catena al collo, sporco di sperma, sudore e piscio, sodomizzato davanti ad una ventina di persone elegantemente vestite, che addirittura incitavano ed applaudivano il mio violentatore !
Per finire l’opera l’Arabo mi dette un ulteriore strattone al collare, facendomi cadere sdraiato a pancia in su sul pavimento bagnato e sporco di piscio, sibilando qualcosa ,tipo:” Cosi’ impari, lurido schiavo vagabondo!”
Vidi l’Arabo allontanarsi ed andare ridendo dai suoi amici. Pensavo che la tortura fosse finita e stavo per rialzarmi per continuare il mio lavoro di pulizia del ponte , quando una bella signora quarantenne, credo Americana, perche’ l’avevo notata ed avevo parlato con Lei durante la cena della sera prima, mi si paro’ davanti, si sfilo’ le mutandine dalla minigonna che indossava , si accovaccio’ sopra la mia faccia e mi piscio’ addosso,ridendo..
Nel frattempo era ritornato il capo, che constatando che durante la sua assenza non avevo fatto granche’, penso’ bene di staffilarmi sul culo davanti a tutti , intimandomi con dei calcioni di riprendere subito il mio lavoro di pulizia..
Continuai sotto il sole cocente per altre due ore . La pelle si stava abbronzando decisamente, raggiungendo un bel colore bronzeo. D’altra parte , io ero scuro di capelli (anche se i miei boccoli erano stati completamente rasati) e con la carnagione ambrata, propensa facilmente ad abbronzarsi. Quello che mi preoccupava erano le mie parti intime, non abituate all’esposizione del sole, che, da completamente chiare si erano arrossate vistosamente . Mi sentivo il culo particolarmente in fiamme, sia per i vari maltrattamenti subiti sia per l’azione del sole. Fortunatamente il Capo arrivo’ con le due ciotole in alluminio, una con l’acqua l’altra con gli avanzi del cibo degli operai. Potevo fare finalmente un po’ di pausa . Oltretutto i morsi della fame erano assai consistenti, visto che dopo la famosa cena della sera precedente non avevo piu’ mangiato , inoltre avevo dormito piu’ o meno solo due o tre ore , senza parlare infine di tutte le sevizie che avevo subito…
Il Capo deposito’ le due ciotole sul pavimento in teak del ponte. Mi accorcio’ la catena che dal collare era fissata ad un anello della ringhiera del bordo nave , mi incateno’ le mani dietro la schiena, in modo tale che per raggiungere le ciotole, avrei potuto farlo solo in ginocchio o carponi come un cane, potendo usare solo la bocca. In questa scomoda ed umiliante posizione mi affrettai a bere l’acqua tuffando quasi la testa nella ciotola e tirando su con la lingua . Poi cercai di addentare qualcosa nella ciotola del cibo che era composto di pezzi di pane, di carne e di frutta messa tutta insieme in una specie di pastone. Mangiare quella specie di pappa umida, mi dette un po’ il voltastomaco, ma visto la fame e la situazione che stavo vivendo , pensai che non era proprio il caso di fare lo schizzinoso . inoltre dovevo far presto a mangiare, perche’ secondo le regole che mi avevano dato avevo solo cinque minuti di tempo! Cosi’ mi tuffai letteralmente anche nella ciotola del cibo, cercando di mangiare piu’ velocemente possibile, sporcandomi la faccia con quella specie di zuppa.
Aspettavo con timore che il Capo arrivasse da un momento all’altro togliendomi le ciotole. Arrivo’ invece uno dell’equipaggio, che non avevo mai visto, con la divisa bianca da ufficiale, che mi spinse la testa con violenza dentro la ciotola, facendomi sporcare completamente .
“Hai fame, schiavo? Guarda: ti sei sporcato tutto ! Ti sembra il modo di mangiare?” Ora ti insegno io!”.
Cosi’ facendo mi strattono’ per la catena e mi fece alzare in piedi, staccandomi dalla ciotola. Ero in piedi, con le braccia incatenate dietro la schiena,nudo e sporco della zuppa che mi stava colando addosso su tutto il corpo, di fronte a questo ufficiale, giovane e biondo, dallo sguardo duro e tagliente.
Prese quel che restava del contenuto della ciotola e me lo verso’ in testa, finendomi di sporcare tutto. “Bene, ora che hai finito di mangiare, sai che ti e’ consentito pisciare e cacare. Avanti schiavo, accucciati !”
Mi accucciai’, davanti ai suoi piedi, cercando di cacare e pisciare. La prima funzione non mi venne, per la vergogna che provavo, mentre mi usci’ un piccolo fiotto di piscio “Cacherai domattina, Schiavo, quando farai l’ispezione quotidiana. Ora lecca e pulisci tutto quello che hai rovesciato per terra!”
Mi obbligo ‘ a sdraiarmi in terra con il culo all’aria a leccare quello che era rimasto della zuppa, finito sul pavimento insieme al mio piscio. Leccai disperato, ingurgitando cibo , piscio e polvere.
Quando avevo finito di leccare, rialzai la testa e vidi che accanto all’ufficiale era tornato il Capo,. Questi mi fece rialzare in piedi, prese la manichetta e mi innaffio’ bagnandomi tutto , davanti e dietro con un potente getto d’acqua. Tutto sommato ero contento di quel bagno che mi puliva e mi rinfrescava la pelle, quando il bastardo, modificando l’ugello della lancia spara acqua , concentro’ il getto verso le mie palle che vennero sottoposte ad un massaggio brutale e doloroso. Poi mi fece girare e , allargare le gambe e mettere a novanta gradi . Il getto concentrato del sifone colpi’ violentemente il mio buco del culo, che fu allargato violentemente senza pieta’ come se fossi penetrato da piu’ uomini insieme. Sentivo la pressione dell’acqua sfondarmi il culo per alcuni minuti. Urlavo e piangevo di dolore .
“Basta signor Capo, La prego! Mi sta sfondando!” supplicai.
“ Cosi’ impari a sporcarti, 12803!” rispose lui, ridacchiando.
Meno male che mi fece nuovamente girare ed alzare. Il getto concentrato ora pero’ colpiva il mio uccello su e giu’ in maniera fortissima, facendomi avere una veloce erezione e stavo addirittura per sborrare, quando il getto si interruppe ed io rimasi in piedi con il cazzo dritto che mi dava un bruciore pazzesco.
“Ora, in ginocchio, schiavo , e continua a lavorare e pulire bene il ponte!” mi urlo’ il Capo, ridandomi il secchio , la spazzola ,il cencio e..due nerbate sul culo!
Continuai a pulire carponi ed in ginocchio il ponte per altre due o tre ore, fra l’indifferenza generale degli ospiti e dell’equipaggio. Evidentemente, per loro era una cosa normale, vedere un uomo nudo incatenato ,con il collare al collo, fare le pulizie!
Il pomeriggio, comunque era trascorso quasi tranquillamente, eccettuato le solite nerbate al culo che il Capo mi rifilava ogni mezz’ora. quando veniva a controllare il mio lavoro e cambiare il secchio.
Mi stavo quasi, se cosi’ si puo’ dire, abituandoi a quel lavoro manuale ed ai suoi ritmi, scordandomi anche della umiliante e degradante situazione in cui mi stavo trovando. Nel giro di poche ore, ero passato da uno status di uomo povero ma libero a schiavo, senza piu’ alcuna dignita’.: deriso, umiliato, violentato, sverginato, sodomizzato, obbligato a stare completamente nudo, senza piu’ nessun diritto, costretto alle voglie ed alla merce’ di tutti . Curiosamente, mi stavo anche quasi abituando alla mia nuova condizione di schiavitu’ , non stupendomi e vergognandomi piu’ della mia nudita’ forzata e della mia continua sottomissione . Anzi , addirittura, quando venivo umiliato o comandato, davanti a tutti avevo cominciato anche a sentire un leggero brivido di piacere. Forse e’ la sindrome dello schiavo o del prigioniero, ne avevo sentito qualche volta parlare,quella per cui si crea come una sorta di legame affettivo tra vittima e carnefice. Quello che piu’ mi stupiva era il fatto che, nonostante fossi stato sverginato nel culo, violentato e sodomizzato piu’ volte, costretto a ripetuti rapporti orali e anali con altri maschi,avevo tutto sommato sopportato bene questi atti sessuali, impensabili per me, ed anzi in qualche occasione avevo avuto anche erezioni ed eccitazioni. Forse ancora, a quaranta anni, stavo scoprendo molte cose nuove su di me. Credevo di essere un maschio attivo dominante, eterosessuale ed invece stavo scoprendo il mio lato passivo,di sottomesso, gay o meglio bisex..infatti le donne mi attiravano molto ancora, come quella stronza che stamani mi aveva pisciato in faccia o come quell’altra affascinante mora dagli occhi grigi con cui mi ero intrattenuto un po’ dopocena e che , quando struscio’ furtivamente il suo corpo al mio alzandosi dal divano, mi fece venire una possente erezione che non Le potei nascondere dal momento che indossavo solo quella leggera tuta senza mutande..Certo, ora che mi ha visto in questo stato, nudo, depilato, senza piu’ i miei bei boccoli neri, in catene e con il cazzo tinto di rosso, per giunta sodomizzato dall’Arabo…..
Ero in preda a questi confusi pensieri, quando i soliti tre energumeni neri in tuta arancione, mi dissero di smettere di pulire il pavimento. Mi attaccarono una corta catena al collare, mi legarono le mani dietro la schiena e mi trascinarono verso il ponte Comando, quello piu’ alto della nave.
Chissa’ cosa mi sarebbe successo,di nuovo…
Il Ponte Comando era quello piu’ in alto dello yacht. Qui aveva sede la Sala Comando, lgli alloggi del Comandante e degli ufficiali e la vasta suite dell’Armatore, cioe’ di Sergio, il mio Padrone, come ormai dovevo abituarmi a chiamarlo.
Nel salire le scale esterne avevo dato un’occhiata al mare e , con mio stupore, mi ero accorto che la costa che vedevo in lontananza mi era molto familiare…se non mi sbagliavo era quella di V., la città dove avevo sempre vissuto , dove avevo studiato ( insieme a Sergio ) , lavorato , dove mi ero sposato .La città dove aveva sede l’azienda di mio Suocero e che io, dopo il fallimento, avevo dovuto lasciare dalla vergogna.
C’era quindi evidentemente stato un cambiamento di programma nella navigazione. Sergio mi aveva detto che avremmo fatto scalo la mattina presto a T., per poi proseguire con 2 giorni di navigazione verso l’isola di L., dove sarei dovuto andare a dirigere una sua fabbrica. Ora addirittura stavamo andando molto piu’ a Sud, verso la mia citta’ natale.
Smisi di pensare a queste cose, perche’ i tre energumeni mi strattonarono di brutto con la catena - guinzaglio per il collare da schiavo che portavo , riportandomi bruscamente alla realta’. Da poche ore Sergio mi aveva ridotto in schiavitu’ , ingannandomi con la promessa di un lavoro prestigioso ed in realta’ facendomi firmare un contratto in cui sarei stato suo Schiavo BDSM per cinque anni. Da quel momento sono stato denudato rasato e depilato completamente,,munito di collare, polsiere e cavigliere di cuoio, ispezionato, sodomizzato (tra l’altro sverginato proprio da Sergio ), costretto a subire rapporti anali ed orali con vari uomini, fustigato e costretto a lavori umili e pesanti.
In effetti, quando i tre mi fecero entrare , nudo ed in catene, nel grande salone della suite di Sergio che mi aspettava in fondo al salone elegantemente vestito, in compagnia di altri tre ospiti, due uomini ed una donna, anch’essi molto eleganti, mi resi conto rabbrividendo della mia condizione di sottomesso, senza speranza.
Gli energumeni , mi fecero mettere in ginocchio al centro del lussuosissimo salone, sopra un enorme tappeto persiano. Sergio ed i suoi ospiti erano in fondo al salone, in una zona rialzata , comodamente seduti su grandi poltrone di cuoio.
“Ciao Marco, come va la tua nuova vita da Schiavo?” disse Sergio, con quel suo solito ghigno beffardo.
Notai che Sergio, mi aveva chiamato per nome, riguardo che normalmente non mi spettava, poiche’ in quanto Schiavo potrvo essere solo appellato con quel termine umiliante oppure con il numero di matricola che miera stato assegnato e che era riportato anche sul collare.
Mi venne da rispondere a Sergio, chiamandolo anch’io per nome, ma mi trattenni , ricordandomi delle punizioni che mi erano state inferte durante quella prima terribile giornata.
Cosi’ rimasi a testa china ed in ginocchio, come da regolamento dello Schiavo, e risposi con voce bassa:
“ Bene, grazie Signor Padrone!”
“ Ottimo, vedo che l’addestramento sta funzionando. Hai visto, Marco, dove stiamo andando?”
“Si, signor Padrone, stiamo andando verso V.”
“ Bene, in effetti c’e’ una novita’. Buona per te. Io l’ho sempre detto che sei un uomo fortunato! Ah ah ah!
Vedi, Marco, io a V. ho la sede generale di tutte le mie industrie, e proprio stamani mi hanno detto che un mio importante manager si e’ licenziato. E cosi’ ho pensato che tu potevi rimpiazzarlo. Diventerai un miomanager e potrai godere di un ottimo trattamento. Lavorerai nella mia sede e d alloggerai nella mia villa, a tua completa disposizione. Sarai colme il mio uomo di fiducia e non sarai piu un’ mio schiavo operaio. Potrai quindi vestire elegantemente e non fare lavori faticosi. Sei contento?”
“Si signor padrone, Grazie!” risposi umilmente, non mi fidavo della cosa…
“ Bene , Marco, tra un’ora sbarcheremo a V. ed andremo alla mia sede. Li’ ci apettano i miei vari Direttori generali, con cui dovrai collaborare. Ti faranno un piccolo colloquio, una formalita’ e poi, ti trasferirai nella mia villa e da domani comincerai a lavorare come manager, in sede. Diciamo che la giornata di oggi e’ stata come un corso di addestramento estremo, che hai brillantemente superato . Ti ho fatto conoscere cos’e’ il BDSM, una scuola di umiltà, severità ma anche di piacere, che per me e’una grande passione e mi ha aiutato molto a crescere nel lavoro . Tutti i miei piu’ fidati collaboratori ed amici fanno parte del mio club di Dominazione e Sottomissione. . Pero’, sei libero di andartene da questo club., e lavorare lo stesso per me. Ok?
“si signor Padrone…. voglio uscire dal club” dissi a bassa voce, pensieroso.
Cosi ‘ dicendo prese il contratto in cui io accettavo di diventare schiavo del suo club BDSM, estortomi con l’ingano ,e lo strappo’ in mille pezzi. Poi’ mi tiro’ addosso una trentina di foto dove ero immortalato nudo mentre ero inculato dagli operai neri, oppure mentre spampinavo degli enormi cazzi di colore…
Rabbrividii, vedendomi raffigurato in quelle situazioni oscene.
“Queste foto, saranno il nostro segreto…e la mia garanzia che non mi denuncerai!”
“Bene procediamo, alla svelta, che stiamo arrivando in porto” concluse Sergio.
Dopo pochi attimi arrivo’ una inserviente, alta e bionda, che poi era una delle infermiere del mattino, che porto’ i miei vestiti che mi erano stati lavati e stirati.
L’ inserviente mi tolse con maestria i sigilli del collare e dei bracciali e delle cavigliere di cuoio, liberandomi da quelle attrezzature. Mi fece poi togliere gli scarponi antinfortunistici da lavoro e, mi invito’ a seguirla .Mii sentivo ancora piu’ nudo di quello che ero. Fui condotto in una grande e lussuosa sala da bagno, dove potei fare una doccia calda con del lussurioso e profumato bagno schiuma. Mi fece poi rimettere i miei abiti. Provai una strana sensazione a potermi rimettere le mutande. I pantaloni, lacamicia la giacca , la cravatta le d i mocassini eleganti che mi erano stati requisiti. Mi sentivo pero’, incredibilmente, quasi a disagio …
Arrivammo quindi al porto di V. dal garage dello yacht fu fatto sbarcare un grosso van nero con i vetri oscurati, all’interno del quale c’erano i tre marcantoni in tuta arancione , io , Sergio e gli ospiti che erano nel suo salone, trai quali l’Arabo che mi aveva sodomizzato la mattina e la Bionda che subito dopo mi aveva pisciato in faccia !
Arrivammo nel centro di V., e ci dirigemmo verso la zona dove c?erano i palazzi piu’ prestigiosi delle banche, delle istituzioni ecc, li’ aveva anche sede, in un bel palazzo nobiliare anche la mia vecchia azienda.
Con mia grande meraviglia, vidi che ci dirigevamo proprio li’, nel palazzo dove era stata la sede della mia azienda. Notai che al portone d’ ingresso era stata cambiata la targa in ottone, che ora riportava la dicitura SERMAR INDUSTRIES.
“Eh Si, Marco, stai tornando a casa !” disse Sergio, ridendo.
Il van entro’ nel grande cortile interno del palazzo. Scendemmo e ci recammo presso gli uffici dirigenziali che erano posti nel piano piu’ alto.All’uscita dell’ascensore, mi prese un groppo in gola, stavamo proprio andando in quello che una volta era proprio il mio ufficio..
Una voce femminile, ben conosciuta, interruppe le mie reminiscenze.
“Ingegnere, come sta? Ma ..cosa ha fatto ai suoi bei riccioli ? “ . Era Sandra, la mia ex segretaria, che aveva sempre avuto un debole per me..
“ Niente , Sandra, e’ che stavo cominciando a perderli, sicche’ ho pensato bene di darmi una rasata…”
“Che peccato ,Ingegnere ! Comunque la vedo sempre in ottima forma e ..bene abbronzato”
“ Si e’ vero, grazie Sandra, sto facendo una vita di relax e mare” mentii spudoratamente.
Sandra ,si congedo’, , salutandomi con grande affetto.
Entrammo nella grande stanza che era stato il mio ufficio.
Intorno al grande tavolo riunioni c’erano quattro uomini in giacca e cravatta. Ci sedemmo tutti quanti ai lati del grande tavolo, con Sergio a capotavola.
Inizio’ il colloquio, che in realta’ fu una chiacchierata generica sull’economia e la politica nazionale ed internazionale. In fin dei conti Sergio, aveva detto che sarebbe stata una formalita’.. Il colloquio duro’ pochi minuti. I quattro manager pero’ mi mettevano a disagio, provavo uno strano senso di repulsione nei loro confronti ed anche nei confronti dell’ambiente dove avevo sempre lavorato Quindi Sergio mi chiese, cortesemente, di uscire ed aspettare nel salottino accanto. I tre energumeni in tuta arancione che erano rimasti alla porta, mi accompagnarono e mi fecero accomodare nel salottino.
Il mio senso di disagio ,incredibilmente, stava aumentando sempre piu’. Eppure, ero ritornato libero, avevo l’opportunita’ dopo due anni di riavere finalmente un lavoro prestigioso, di ricominciare a fare una vita agiata, magari mia moglie sarebbe ritornata con me, oppure avrei potuto facilmente ricostruirmi una vita..magari con Sandra, che non era male come donna. Pensavo sempre di piu’ con un senso di vuoto a quello che mi era successo in quella giornata. La dura sottomissione, le violenze, gli atti sessuali con altri uomini. Il dolore, ma anche lo strano ed intenso piacere che al contempo avevo provato, una sensazione molto forte a me sconosciuta.

Passo’ circa una mezzora, quando vidi entrare i tre neri, che mi invitarono a rientrare nell’ufficio. Osservai attentamente i loro corpi fasciati in quelle belle tute arancioni che esaltavano il loro fisico alto e muscoloso. Si vedeva benissimo che anche loro non portavano le mutande, mettendo ancora piu’ in evidenza i loro splendidi culi e i possenti pacchi sul davanti…
“ Marco, questo e’ il tuo nuovo contratto….questa volta, leggilo bene !” disse Sergio porgendomi il nuovo contratto da firmare.
Lessi attentamente il contratto. Era proprio un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato dove venivano specificate le mie mansioni e responsabilita’, gli orari, la retribuzione che era ai massimi livelli previsti ecc.
Il mio senso di vuoto stava pero’ aumentando sempre di piu’, prendendomi forte allo stomaco. Il mio occhio andava sempre piu’ spesso a guardare quegli uomini in tuta, sicuramente ex schiavi passati ad operai..
Stavo esitando a firmare il contratto…pazzesco !
“ Che c’e’ Marco, il contratto non ti piace? E’ il migliore che puoi trovare in giro! Oppure non te la senti di ritornare a fare il Manager, a ricondurre la vita che hai sempre fatto?” Sergio, sapientemente,capi’ la mia indecisione e calco’ su questo punto..
“ Vuoi ritornare libero oppure essere ancora uno Schiavo ?” insistette.
Ero immobile, a capo chino, in preda al panico, zitto.
“ Vuoi tornare ad essere mio Schiavo?” disse ancora una volta Sergio, fissandomi con quei suoi occhi neri penetranti. Aveva capito benissimo in quale situazione ero.
“…Si, signor Padrone, voglio….essere tuo schiavo” Le parole mi uscirono lentamente,e mentre le pronunciavo, sentii in me come una liberazione. Piansi, mettendomi in ginocchio a capo chino
Sergio immediatamente fece un cenno ai tre marcantoni che mi abbrancarono e mentre due di loro mi immobilizzavano le braccia e le gambe il terzo, comincio’ a stapparmi i vestiti. Ridusse in un battibaleno la giacca a brandelli. Fu poi la volta dei pantaloni che vennero aperti e stracciati in due pezzi, la camicia segui’ la stessa sorte della giacca ero quindi rimasto in men che non si dica solo con gli slip e le scarpe e la cravatta.. Fu un gioco da ragazzi per il possente nero strapparmi gli slip e togliermi i mocassini, facendomi rimanere nudo e con la sola cravatta al collo, che fu utilizzata come guinzaglio per riportarmi, in quello stato, in ginocchio, e poi fu anch’essa strappata .
Ora non possedevo davvero piu’ niente….ero nudo e schiavo…ed era stata una mia libera scelta!
Le sorprese non finirono . Nell’ufficio al grande tavolo ,al mio posto ora c’era Sandra , vestita con una conturbante tuta aderente nera.
“ Non hai superato la prova, Marco. Mi dispiace. Evidentemente ti sei arrugginito in questi anni. Ma lo sapevo, ti conosco bene ,io. Tu credevi di essere un maschio dominante e forte, ma in realta’ la tua vera natura e’ quella di sottomesso ed inoltre hai anche un notevole lato gay che ti sei sempre voluto nascondere. Ti ricordi di quando facevamo la doccia al liceo e mi fissavi sempre il cazzo? Le tue ansie ed indecisioni? La tua azienda e’ fallita anche per questo! Ritornerai quindi a fare lo Schiavo-Operaio, come desideri e come e’ il ruolo piu’ adatto a te !” disse Sergio con un ghigno sardonico.
“Ora pero’ , Schiavo, sarai punito duramente per avermi fatto perdere tempo!”
Quindi i tre neri mi presero di peso e mi legarono a pancia in giu’ a quella che era stata la mia scrivania, divaricandomi le gambe e mettendomi in mostra il buco del culo.
Poi accadde quello che non avrei mai immaginato potesse accadere.
La mia fedele Sandra, si alzo’ dal tavolo, indosso ‘ una cintura che sul davanti aveva un grosso fallo , si posiziono’ davanti al mio culo ,ridendo :”
“Quant’era che aspettavo questo momento, Stronzo! Tieni, per tutto quello che mi hai fatto patire!”
Mi infilo’ quindi quel grosso fallo di plastica in culo, cominciandolo a farlo vibrare fortemente. Le vibrazioni di qurell’aggeggio mi stavano inondando il culo e la prostata e con mia sorpresa mi trovai dopo poco a sborrare, senza aver avuto un’erezione. Il trattamento prosegui’ a lungo fino a farmi sborrare altre tre volte, fino a che non persi i sensi dal dolore e dalla stanchezza.
Mi risvegliai qualche ora dopo, nudo, dolorante ed in catene in quella che doveva ed essere una cantina del Palazzo. Che cosa mi sarebbe successo, ancora? La cosa mi spaventava ma al tempo stesso mi eccitava..questo tipo di sensazione pero’ mi affascinava ed era quello che in fin dei conti avevo sempre cercato.
Dopo alcune ore, che avevo passato in ansioso dormiveglia, si apri’la porta della cantina e riapparve Sandra, questa volta vestita normalmente con il suo tailleur grigio d’ordinanza. In mano aveva un sacchetto di plastica , dal quale tolse le due scarpe antinfortunistica ed una tuta da lavoro intera arancione con la matricola 12803.
“Mettiti questa roba, svelto , Schiavo , che devi lavorare!” disse Sandra, con voce gelida, liberandomi dalle catene . Contemporaneamente tiro’ fuori di tasca il telecomando e mi fece sentire subito una scossa di vibrazioni all’inguine. “ Questo, nel caso ti venisse in mente di scappare, e’ un avviso, ti sornegliero’, lurido Schiavo e non esitero’ a metterlo in azione alla massima potenza, per fermarti ! Da ora in avanti dovrai inoltre chiamarmi Signora Padrona!”
Mi infilai la tuta e le scarpe e salii’ con lei al piano superiore.


Seguii’ Sandra, attraverso gli uffici dei piani superiori ,a testa china ed in catene ai polsi, vestito solo con la tuta da lavoro arancione e le scarpe antinfortunistiche .Dagli orologi a parete ,notai che erano appena le 4 del mattino, l’ora prevista per la sveglia degli Schiavi.. A quell’ora ,negli uffici non c’era chiaramente nessuno e quindi non subivo l’imbarazzo per essere visto in quelle condizioni dai miei ex impiegati nei miei ex uffici che dirigevo fino a due anni prima ..Arrivammo’ al piano piu’ alto, nell’ ufficio di Sandra. Mi fece mettere in ginocchio davanti alla sua scrivania. Mi tolse le catene ai polsi e pose davanti a me due contratti , spiegandomi:
“ Sergio mi ha inviato il tuo nuovo contratto di schiavo, poiche’ieri hai spontaneamente deciso che non ti sentivi piu’ di lavorare nuovamente come manager , preferendo ritornare schiavo. Sergio, vuole essere sicuro della tua scelta e ti offre un’altra chance. Davanti hai il nuovo contratto da schiavo, visto che quello precedente, estorto con l’inganno, e’ stato annullato. ed uno di normale lavoro come nostro semplice operaio o impiegato, nel caso tu decida di tornare libero. Leggi bene e decidi..”
Lessi velocemente i due contratti. uno era effettivamente un normale lavoro dipendente come impiegato o d operaio( dovevo decidere io la mansione) con normale retribuzione ecc. Gli detti un occhiata superficiale, ma ormai la mia scelta l’avevo fatta…
Lessi invece con attenzione il contratto da schiavo. Seguiva grosso modo le norme che mi erano state impartite sullo Yacht. Come schiavo sarei diventato di proprieta’ di Sergio e delle sue industrie per 24 ore su 24 e per 7 giorni la settimana su 7. Sarei stato costretto alla nudita’ forzata salvo indossare la tuta arancione da lavoro d’ordinanza e le scarpe antinfortunistiche in dotazione od altre divise da lavoro imposte dal Padrone. In ogni caso mi era fatto espresso divieto di indossare qualsiasi capo di biancheria intima , mutande e canottiere anche nella stagione invernale. Sarei stato sottoposto giornalmente alla depilazione e rasatura completa del corpo e del capo, alle ispezioni corporali, a compiere lavori umili e faticosi da operaio per almeno 18 ore al giorno senza percepire alcuna retribuzione, ad essere a completa disposizione per l’uso sessuale da parte di tutti i soci ed amici del club BDSM di Sergio., Potevo altresì essere prestato o venduto ad altri Padroni (Master) o Padrone (Mistress) o altri club BDSM ,. I soci del club Bdsm avevano il diritto di usarmi sessualmente in qualsiasi momento, presentando la loro tessera o facendo vibrare brevemente per tre volte la capsula radiocomandata che mi era stata fatta ingerire nello stomaco. A quel segnale, se stavo indossando la tuta da lavoro , mi dovevo immediatamente spogliare nudo e mettermi in posizione standard, ovverosia in piedi a gambe divaricate e con le braccia incrociate dietro la testa. Di fronte a qualsiasi superiore ed ai soci del club bdsm dovevo inginocchiarmi estare di fronte ad essi a capo chino Mi era fatto divieto assoluto di parlare e, nel caso fossi interpellato dovevo semplicemente rispondere SI ,signor Padrone.. Avrei potuto subire punizioni ed umiliazioni fisiche, psicologiche e sessuali in qualsiasi momento, sia per aver commesso delle mancanze, sia per puro diletto dei miei Superiori. Sarei stato immatricolato e marchiato. Gli unici miei diritti: due brevi pause per i pasti e per l’espletamento dei bisogni corporali al giorno . Erano tassativamente vietati atti sessuali con altri schiavi, se non espressamente autorizzati dai miei Superiori. In ogni caso la mia condizione era quella di Schiavo sottomesso e passivo. Non potevo avere erezioni od emettere liquido seminale, se non autorizzato dai miei Superiori. La condizione piu’ dura, era invece quella che prevedeva che la durata del contratto sarebbe stata a tempo indeterminato ,ad univoca decisione del Padrone e non piu’ per cinque anni come era stato previsto nel primo contratto. Inoltre ero obbligato a mettere a disposizione del Padrone anche i miei liquidi organici ( sperma ecc.) .
Quest’ ultima clausola mi rese perplesso, ma ormai avevo deciso di seguire il mio istinto sempre piu’ forte e nuovo di sottomesso. Firmai dunque il contratto di Schiavitu’…a vita di Sergio o chi per lui!
Ora non si poteva piu’ tornare indietro.
“ Bene Schiavo 12803. Con questa firma consapevole e volontaria hai spontaneamente deciso di diventare nostro schiavo a vita e non potrai piu’ rescindere il tuo contratto, se non per nostra decisione. Ora spogliati nudo e seguimi!” fece Sandra . Mi tolsi l’unico indumento che avevo, vale a dire la tuta arancione e le scarpe antinfortunistiche, rimanendo completamente nudo . Mi incateno’ nuovamente le braccia dietro la schiena e mi appese con le mani tirate in alto ad un anello attaccato al soffitto .
Prese una sorta di gatto a nove code e mi staffilo’ per alcuni lunghissimi minuti sulla schiena e sulle natiche, facendomi piangere ed urlare di dolore.
“Signora Padrona, la prego…bastaa!”
“Zitto Schiavo, piu’ piangi e supplichi e piu’ io ti frustero ‘.”.
Mi venne davanti e inizio’ a fustigarmi selvaggiamente sul pene e sui testicoli. Ando’ poi ad un piccolo frigorifero, e prese dei cubetti di ghiaccio che mi struscio ‘ ripetutamente sulle parti arrossate colpite dalla frusta , provacandomi ancora un indicibile dolore
Piangevo dal dolore, ma cercavo di non urlare, per evitare che le torture aumentassero d’intensita’.
Sandra poi usci’ dalla stanza, lasciandomi cosi’ appeso, nudo e bagnato.
Passai del tempo indefinito in quella situazione di dolore ed umiliazione, fra l’altro .appeso in quella posizione, toccando solo in punta di piedi il pavimento, stavano cominciando ad indolenzirmi le braccia e le ascelle.
In quel tempo, pensai se avessi fatto una scelta giusta a cedere definitivamente la mia liberta’ ed accettare di diventare schiavo per tutta la vita, ma il mio istinto, che ormai aveva preso il sopravvento, mi diceva che questo era proprio quello che volevo..
Sandra, rientro’ dopo pochi minuti con due corpulenti ed anziani operai in tuta arancione.
Erano brutti, volgari, grassi e sporchi. Parlavano in quell’italiano buffo tipico di chi proviene dai paesi dell’ Est.
Sandra disse agli operai di provarmi e se potevo andar bene per loro.
I due cominciarono a tastarmi e palparmi in ogni dove. Saggiarono i miei muscoli,palparono ed allargarono le mie chiappe infilando poi quelle grosse e ruvide dita nel mio biuco, allargandolo e penetrandolo brutalmente. Ispezionarono la mia bocca e strinsero forte le palle e mi tirarono violentemente l’uccello. Mi sembrava di essere come un vitello al mercato. Vedi che fecero cenno a Sandra che ero ok. Poi si tolsero le tute e rimasero completamente nudi. Erano veramente schifosi per i miei gusti, grassi e pelosi, pero’ avevano degli armnesi belli grossi tra le gambe. Si avvicinarono, uno davanti ed uno dietro. Fui preso contemporaneamente nel culo mentre quello davanti mi strizzava le palle e mi tirava alternativamente i capezzoli. Dopodiche’ comincio’ a morderli selvaggiamente, procurandomi un misto di dolore e piacere, facendomi allargare e bagnare il buco del culo che l’altro nel frattempo, in piedi, continuava a scoparmi con ritmi frenetici. Tutto questo duro’ alcuni minuti fino a che capii che stavo ugaualmente per sborrare, nonostante le palle e l’asta dell’uccello strizzata e non in erezione.
A quel punto Sandra disse ai due di smettere e di staccarmi dall’anello . Cosi’ fecero, ma quello che mi stava inculando, mi prese per la testa e mi mise in ginocchio davanti al suo grosso cazzo sempre eretto. Mi obbligo’ ad aprire la bocca e ad ingoiarlo dentro. Il corpo e l’uccello dell’uomo puzzavano forte di sudore e di cazzo non lavato . che, obbligato a spampinare, sentivo acre in bocca. Tutto questo duro’ alcuni minutii fino a che l’omaccione finalmente mi sborro’ dentro la bocca, obbligandomi ad ingollare tutto il suo sperma salato.
Finito questo primo trattamento mattutino, Sandra, scortata dagli operai che si erano rimessi in tuta. mi obbligo’ a seguirla per i corridoi, a capo chino., nudo e dolorante dalle frustate de dall’inculata appena subita.
Cominciavo ormai ad abituarmi a questa condizione di continua nudita’ ed umiliazione che ,mi dava una sensazione al tempo stesso di imbarazzo e paura ma anche di sottile emozione e piacere. Certo non avrei mai pensato di trovarmi a camminare nudo ed incatenato dalla mia ex segretaria, in quella che una volta era una mia azienda…


Percorremmo i corridoi degli uffici deserti per l’ora antelucana , ed arrivammo in quello che era l’ambulatorio medico della mia ex azienda.
“Entra nella sala d’aspetto, Schiavo, ed aspetta in ginocchio!” disse Sandra.
La mia sorpresa fu grande, quando vidi che al centro della sala d’aspetto c’era un ragazzo nudo con le mani incatenate dietro la schiena a capo chino ed inginocchiato! Doveva essere anche lui uno schiavo…pero’ aveva i capelli, dei bei riccioli neri e non era depilato.
“.Lui e’ lo schiavo 12804! E’ nostro schiavo da ieri sera…ora sarete sottoposti alle varie formalita’ corporali:mettiti in ginocchio accanto a lui ad aspettare” cosi’ dicendo Sandra, mi piego’ con forza verso il basso e mi fece inginocchiare accanto all’altro giovane schiavo. Dopdiche’ ando ‘ via ,lasciandoci soli nella sala d’aspetto.
Incuriosito osservai l’altro schiavo: era di carnagione bianca, dai tratti somatici europei, forse slavo,. Un corpo efebico, longilineo, quasi glabro. I muscoli non erano evidenti, ma scolpiti con armonia. Il viso ,dai tratti somatici raffinati era incorniciato da stupendi riccioli neri e da due grandi occhi azzurri. Avra’ avuto si e no vent’anni.”
Passavano i minuti ed ero nudo, incatenato, in ginocchio a fianco di un altro giovane schiavo, anche lui nelle mie medesime condizioni. I nostri corpi nudi si toccavano con le spalle, le cosce e le ginocchia… Mi venne spontaneo rivolgergli la parola, iniziando a parlargli in inglese…
“Parla pure in italiano, compagno mio, lo capisco benissimo… fece lui, squadrandomi e guardandomi fisso negli occhi ,sorridendo.
Lo guardai meglio in viso. Era proprio bello e solare, una faccia pulita ed un sorriso ed una bocca davvero accattivante . Notai anche che l’arnese che aveva tra le gambe era lungo ed affusolato, ricoperto da una folta peluria nera…non essendo stato ancora sottoposto alla depilazione.
Mi disse che si chiamava Andrej, era macedone…ed era diventato schiavo per debiti. Io gli risposi che il mio nome era Marco e che ero diventato schiavo perche’ disoccupato ed alla fame….ed era parzialmente vero.
Lui mi sorrise avvicinando il suo corpo il piu’ possibile al mio , sorridendomi, come per cercare amicizia e solidarietà e ricambiai il suo sorriso , girando la testa verso di lui , e guardandolo fisso negli occhi. Andrej, fece altrettanto e le nostre bocche si avvicinarono…
“ Bene, vedo che avete fatto amicizia, schiavi! Alzatevi ed entrate dentro l’infermeria.” Disse Sandra, irrompendo improvvisamente nella sala d’aspetto.
Entrammo tutti e due, nudi ed a capo chino e con le mani legate dietro la schiena, nell’infermeria. Ero dietro di Andrej ed ebbi cosi’ modo di ammirare il suo bel culetto tondo e bianco.
Nella stanza c’erano anche i due uomini alti e robusti, di carnagione chiara, in tuta arancione.
“12804, vieni avanti , che dobbiamo finire il trattamento!” disse Sandra, che nel frattempo si era tolto il Tailleur, rimanendo solo con un minuscolo perizoma di pizzo nero .
La osservai incuriosito di quel bel fisico sodo e muscolato… Sandra era proprio una bella donna ,probabilmente faceva anche bodybuilding. Guardando la mia ex segretaria praticamente nuda, come non avevo mai potuto vederla, ebbi una piccola erezione, di cui lei si accorse prontamente.
“ Stupido schiavo12803 !” mi sibilo’ Sandra , strizzandomi le palle e facendomi gemere dal dolore “Ricordati che non sei piu’ un maschio libero e dominante, ma solo un lurido schiavo passivo e…gay, e come tale sarai usato e non ti sono concesse erezioni senza il nostro permesso, capito?”
“Si signora Padrona, “ risposi gemendo, inginocchiandomi. Ricevetti ancora un paio di sonori schiaffoni. Poi Sandra indosso’ un corto camice bianco , prese una sorta di rasoio elettrico e comincio’ a tosare Andrej, facendogli perdere tutti i suoi bellissimi riccioli.
In poco tempo Andrej fu depilato e tosato completamente, davanti e dietro, dotato di collare, bracciali e cavigliere di cuoio con anelli. Fu poi fatto mettere in ginocchio accanto alla parete.
“Ora tocca te 12803, vieni avanti,svelto!”
Sandra mi domando’ se avessi defecato nella giornata. Alla mia risposta negativa, mi fece mettera accucciato con il culo all’aria e dopo alcuni minuti mi pratico’ un clistere molto caldo, che mi fece urlare dal dolore. Subito dopo mi obbligo’ a correre sul posto ed a defecare in un secchio, cosi’ feci, ormai senza vergogna, davanti a tutti. Uno dei due uomini in tuta arancione controllo’ il contenuto del secchio, dicendo a Sandra che era tutto ok e che la capsula non era stata espulsa. “
“Schiavo 12803, pulisci il secchio della tua merda !”
Presi il secchio , mi avvicinai ad un lavabo e sciacquai bene e pulii il secchio.
“Fammi vedere, schiavo !” comando’ la Padrona, a cui porsi il secchio “ E’ ancora sporco, stupido Schiavo incapace! Non valevi nulla come uomo e come manager, non vali nulla nemmeno come schiavo! Ha proprio fatto bene quella troia di tua moglie a lasciarti ed a farti le corna con Sergio! Ahahah!!”.
Rimasi di ghiaccio….questa era la peggiore umiliazione tra tutte quelle che avevo subito finora…mia moglie, mi tradiva con Sergio !Allora, niente era stato casuale, tutto era stato programmato!
“Ah , non lo sapevi, pezzo di cretino ? Erano anni che la tua adorata Susanna era diventata schiava sessuale di Sergio ,entrando cosi’ nel suo club BDSM ! Sei proprio un deficiente, non so davvero come avevo fatto ad innamorarmi di te, povero Schiavo ! Ecco, solo Schiavo puoi essere, hai fatto finalmente una scelta giusta . Tu solo nel culo lo puoi prendere e..ti piace anche, ahahah!”
Ero sbiancato, Susanna faceva parte del club BDSM di Sergio ed era la sua Schiava!
“Bene ora basta, Schiavo! Pulisci bene il secchio con la lingua, vediamo se sai fare almeno questo!! “
Mi fece pulire il secchio per alcuni minuti con la lingua, finche’ non fu soddisfatta della mia opera. In bocca avevo un acre sapore di merda, ma non era quello che mi feriva….oramai avevo liberamente scelto di essere a vita un umile schiavo di Sergio, che si scopava da tempo mia moglie facendola diventare sua Schiava, prendendomi addirittura l’azienda , togliendomi tutto anche la libertà e la dignita’ .
Nel mentre pensavo a tutte queste cose, Sandra con l’aiuto di un uomo in tuta arancione mi applico’ il collare e le altre attrezzature da schiavo .
“Ora Schiavi, sdraiatevi in terra a pancia in giu’”
Ci sdraiammo, come ordinato, nudi, a pancia in giu’ sul gelido pavimento di marmo , tenuti ciascuno ben fermi dai due in tuta che ci immobilizzavano la schiena.
“Ora sarete marchiati e dotati di plug anale. State fermi ed immobili o sara’ peggio per voi !”
Sentii un terribile bruciore alla natica destra ed un acre odore di carne bruciata, urlai forte dal dolore. Subito dopo sentii’ l’urlo straziante di Andrej e nuovamente l’odore di carne bruciata. Era stato marchiato anche lui. Continuammo a rimanere sdraiati in quella posizione., immobilizzati dai due operai. Sandra ci friziono’ rudemente le natiche con del cotone impregnato di un disinfettante e poi ci infilo’ nell’ano una specie di piccolo fallo di plastica rossa con un tappo circolare alla base, sigillandolo con una specie di cerotto adesivo. Doveva essere il famoso plug”
“Questo e’ il vostro sigillo di garanzia, Schiavi ! Potra’ essere tolto solo dai vostri Padroni, soci del nostro club BDSM e da altri su nostro permesso. Guai se osate togliervelo da soli, sareste severamente puniti… vi e’ quindi proibito incularvi tra voi, capito frocetti?” concluse Sandra, dandoci un calcio ciascuno nel culo.
“Bene, ora in piedi, schiavi, che facciamo l’estrazione del vostro sperma.”
Ecco cos’era la clausola del contratto che obbligava gli schiavi a conferire i loro liquidi organici all’Azienda.
Sandra consegno’ una provetta ad Andej ed una a me, poi ci comando’ di masturbarci l’un l’altro. Iniziarono con me. Un operaio mi spinse il plug su e giu’ dentro l’ano in maniera violenta, percuotendocila prostata , allargandomi il buco e facendolo bagnare.
Nel frattempo Andrej mi stava masturbando , dolcemente, ma con decisione, come era stato ordinato. Nonostante la situazione e lo stantuffio del plug nel culo, ero estasiato e stavo scoppiando di piacere. Di li’ a poco emisi una potente sborrata che Andrej ebbe cura di versare fino all’ultima goccia nella provetta che teneva nell’altra mano. L’operazione prosegui’ per altre due volte, fino a svuotarmi del tutto le palle, emettendo tutta la sborra che avevo, Le gambe mi cedettero e mi accasciai esausto sul pavimento . Fra poco sarebbe cominciata la dura giornata lavorativa, ma ero ebbro per il piacere che avevo provato ad essere masturbato da Andrej.
Poi venne il turno di Andrej, che doveva essere masturbato da me . Pero’ Sandra, che si era accorta del feeling tra me ed il ragazzo, fece compiere questa operazione da uno dei due corpulenti operai , con mio grande dispiacere. L’altro operaio si era gia’ posto dietro ad Andrej ,sodomizzandolo violentemente con il plug
Vidi Andrej, gemere di piacere e sborrare fino a cinque volte, prima di accasciarsi a terra, esausto e senza piu’ sperma in corpo. Invidiavo l’operaio che lo aveva masturbato cosi’ a lungo !
Sandra ci porto’ due bicchieri contenenti un liquido biancastro che ci ordino’ di bere. Aveva un sapore di chiara d’uovo leggermente zuccherata. Doveva essere una specie di beverone energetico.
Fummo poi spennellati con la tintura rossa al peperoncino nell’uccello e nelle palle.
Ci portarono le tute arancioni e le scarpe da lavoro. Notai che la mia tuta, con la matricola 12803 era stata ricucita. Era quindi quella che mi avevano dato e che mi fu strappata di dosso ,quando mi schiavizzarono nello Yacht…evidentemente alla Sermar non sprecavano nulla ! Pensai rabbrividendo anche che Sergio, aveva addirittura previsto che sarei rimasto volontariamente suo schiavo !
“Ora alzatevi e vestitevi, che dovete iniziare a lavorare! Seguirete i vostri Capi Operai qui presenti e farete tutti i lavori che vi verranno ordinati !”.
Ci infilammo velocemente le tute e le scarpe. Notai che la mia tuta ora mi stava meno aderente, avevo quindi gia’ perso qualche chilo. Notai anche con piacere che Andrej era bellissimo in tuta . L’elastico in vita lo cingeva, facendo risaltare quel suo bel culetto sodo e le gambe snelle e lunghe.
Seguimmo quindi i corpulenti operai . Ci caricarono su un furgoncino che era parcheggiato nel cortile interno del palazzo . Il furgoncino, guidato da uno dei due operai, usci’ dal cortile e si diresse velocemente verso la periferia di V. Io e Andrej , sedevamo uno accanto all’altro, a testa china, nelle nostre tute arancioni. Sentii la sua mano stringere furtivamente la mia, procurandomi un brivido di piacere.
Vidi che sul retro del furgone erano alloggiati attrezzi per le pulizie Erano circa le sei del mattino di li’ a poco sarebbe cominciata la lunga e dura giornata di lavoro e chissa’ cos’altro,riservata agli Schiavi.. ma ,avendo accanto Andrej,la cosa non mi spaventava, anzi..

Ci dirigemmo verso la Stazione Centrale di V., uno dei posti piu’ frequentati della citta’. I capi ci spiegarono che il nostro lavoro sarebbe stato per ora quello di pulire i cessi. All’arrivo nel piazzale della Stazione, parcheggiammo accanto ad un altro furgone dell’azienda di Sergio, che conteneva altri operai in tuta arancione che ci stavano aspettando. Io e Andrej, in quanto schiavi, eravamo destinati al lavoro piu’ umile ,e quindi ci dotarono di idonee attrezzature e ci spedirono a pulire i cessi della stazione. A me toccarono quelli maschili. Difficilmente , nella mia vita ero entrato nei gabinetti di una Stazione . Ed avevo fatto bene. All’interno dello stanzone un forte ed acro odore di piscio emanava dai numerosi orinatoi , molti dei quali erano intasati e contenevano grosse quantita’ di piscio e carta alla base. I vasi erano anch’essi molto sporchi di merda, specialmente quelli intasati, tanto che addirittura avevano escrementi nel pavimento. I lavabi erano anch’essi sporchi ed intasati da fazzoletti e pezzi di carta contenenti di tutto. I cestini erano pieni di immondezze. Mi venne il voltastomaco, ma, anche grazie ad uno spintone del mio Capo, che per poco non mi faceva cadere nel pavimento sporco dei bagni, iniziai immediatamente il mio lavoro di pulizia. Fortunatamente mi avevano dotato di lunghi guanti di gomma… espletai il mio lavoro ripulendo e disinfettando i bagni piu’ o meno nel le due ore previste finendo 10 minuti dopo. Naturalmente fui severamente redarguito dal Capo. Ci infilarono nuovamente nel Furgone e, vidi anche l’espressione disgustata che mi fece Andrej, al momento di sedersi accanto a me . Ritornammo nel centro di V,, dove avevano sede i principali uffici pubblici e le Banche piu’ importanti e dov’era anche la sede dei miei uffici.
Parcheggiammo nella piazza principale di V., in piena zona pedonale. Accanto a noi due enormi camion della spazzatura anch’essi con le insegne della ditta di Sergio .Intorno ai Camion altri operai in tuta arancione munti di scope , armeggiavano , pulendo i marciapiedi e svuotando i cestini posti lungo le strade e le piazze principali del centro. Io e Andrej eravamo destinati alla raccolta differenziata, che consisteva nell’andare casa per casa, ufficio per ufficio, a ritirare i sacchi delle immondizie divisi per colore in base al tipo di rifiuti, controllarli, richiuderli e gettarli nell’apposito camion . Erano circa le otto del mattino, di li’ a poco , gran parte della popolazione di V. sarebbe passata dalla piazza, e mi avrebbe sicuramente visto mentre, con il capo rasato e con una tuta arancione, peraltro gia’ sporca e rammendata, lavoravo come semplice operaio a scaricare i sacchi delle immondizie. Anche questo, certamente , era un altro regalino di Sergio, per umiliarmi ancora di più, in special modo a V. dove ero ben conosciuto. Per evitare questo, dopo il fallimento della mia azienda e la conseguente perdita del lavoro e di ogni avere, me ne ero andato a vivere in una piccola isola a un centinaio di chilometri piu’ a Sud.
Infatti di li’ a poco le piazze e le vie centrali di V. si animarono e non fu difficile per me incontrare decine e decine di persone che conoscevo e che mi conoscevano . La mia famiglia, benestante, era una delle piu’ note di V, Mio padre era stato addirittura Sindaco di V. per qualche anno, nonche’ presidente della squadra di calcio locale e presidente di diverse altre associazioni sociali e benefiche. Io avevo anche avuto dei buoni trascorsi sportivi, giocando nella squadra di calcio di V. per alcuni anni. Inoltre avevo sposato la bellissima ereditiera Susanna G., figlia del piu’ ricco imprenditore della citta’. Quando ci fu il fallimento della mia azienda, la piu’ importante e storica di V., i giornali locali dedicarono centinaia di pagine ed articoli, coinvolgendo anche la mia vita privata. Era quindi difficile incontrare qualcuno a V. che non mi conoscesse…
Ed infatti dopo poco, vedevo persone che mi additavano, che mi guardavano scuotendo la testa, che si fermavano meravigliati,,” Ma e’ lui o non e’ lui?” “ Ma quell’operaio con i sacchi della spazzatura, non assomiglia all’ingegner B.?”” Noo! Hai visto che fine ha fatto Marco !Ora fa l’operaio per la ditta della spazzatura !!” “Facevi tanto lo splendido, eh? “ “ Guarda li’ in che stato il Marco B., tanto bello, ricco e famoso e ora guarda li’…si e’ rasato a zero per non farsi riconoscere !! “ “L’ho sempre detto che era un pezzente,buono a nulla…ha fatto bene la moglie a lasciarlo”
Questi sono solo alcuni dei commenti che mi riguardavano, e che riuscii distintamente a sentire da passanti e conoscenti. Alcuni cosiddetti “amici” mi squadrarono, ma si guardarono bene dal salutarmi, altri, invece piu’ coraggiosi o sfrontati, si avvicinavano e piu’ o meno mi chiedevano se ero proprio Marco e cosa ci facevo ,vestito da operaio della spazzatura. A quelli piu’ indecisi o sfrontati, non rispondevo facendo intendere che ero straniero e non capivo. Ad altri, che erano piu’ intimi e timorosi, rispondevo sorridendo che avevo cambiato lavoro.. In breve tempo tutta la popolazione della V. che contava ed una buona parte dell’altra, era al corrente della mia nuova umile situazione, e numerosi curiosi si riversarono nelle vie principali per guardarmi mentre in tuta arancione da operaio traportavo e scaricavo i sacchi di spazzatura nel camion . Vidi anche che diversi scattavano foto dal cellulare o dai tablet per riprendermi. Se Sergio voleva sputtanarmi definitivamente a V., aveva facilmente raggiunto il suo scopo. A dire il vero la vergogna e la rabbia, dopo poco cedettore il posto ad una strana sensazione d’orgoglio: in fin dei conti stavo lavorando e non avevo chiesto e rubato nulla a nessuno, inoltre quei presunti amici e conoscenti che ridacchiavano o si scandalizzavano erano piu’ infimi de me che ero ormai un umile operaio e schiavo. Imiei pensieri invece andavano sempre piu’ frequentemente ad Andrej. Era veramente bello Andrej, anche vestito con la semplice tuta da operaio e senza quei bellissimi riccioli neri che aveva quando l’avevo visto la prima volta. Il suo culetto nudo sotto la tuta stretta che lo metteva in evdenza, cosi’ come il notevole pacco che aveva davanti, mi eccitavano e . guardandoli, mi distoglievano il pensiero dalle cattiverie ed umiliazioni che stavo subendo.
Lavorare ed essere accanto a lui, ambedue schiavi e vestiti solo con la stessa tuta e le stesse scarpe, mi dava una sensazione di intimita’ e comunanza che mi piaceva da morire.. il fatto poi che ogni tanto ci guardavamo negli occhi e ci sorridevamo l’un l’altro, mi faceva letteralmente impazzire ed il desiderio di possederlo od essere posseduto da lui cresceva sempre di piu’..mi stavo proprio innamorando di Andrej, evidentemente il mio lato gay, stava prendendo il sopravvento alla grande. Forse gay lo ero sempre stato e non me ne rendevo conto, forse era per quello che prima non ero mai soddisfatto della mia vita , nonostante la ricchezza ed il successo. Forse era proprio per quello che avevo fallito nella vita e nel lavoro, forse aveva ragione Sandra, quando stamani mi diceva quelle cose, irridendomi..
Era circa mezzogiorno, quando il Capo richiamo’ me ed Andrej a risalire sul furgoncino, che ci riporto’ alla Stazione Centrale per il secondo turno di pulizia dei cessi. Era incredibile, come in poche ore questi fossero un’altra volta indecentemente lerci, comunque oramai mi ero fatto il callo….
La giornata passo’ abbastanza tranquillamente con il suo duro tran tran . Alle 14, finito di ripulire i cessi della Stazione, facemmo una brevissima pausa per mangiare alcuni avanzi del cibo degli operai, peraltro graditissimi , e ritornammo a scaricare i sacchi delle immondizie in un’altra zona centrale di V. dove dovevamo stare fino alle 20, per poi tornare a pulire i cessi della Stazione fino alle 22…poi la dura giornata di lavoro doveva essere finita, anche se, sinceramente la vicinanza con Andrej, non mi faceva sentire alcuna fatica !
Erano circa le 18 ed io e Andrej, eravamo ancora a scaricare i sacchi della spazzatura in una elegante zona centrale di V., dove si trovavano numerosi palazzi e palazzine nobiliari. In quella zona, c’era anche il palazzo della mia ex azienda, che ora apparteneva a Sergio, il mio Padrone e numerose palazzine di pregio , sedi di imprese e studi professionali. Suonammo al citofono, a fianco del grande cancello, che insieme ad un alto muro, circondava una di queste palazzine, sede di uno studio legale. Entrammo nel vasto giardino e , non trovando come di solito i sacchi della spazzatura,ci recammo all’interno del vasto salone d’ingresso. Appena dentro, i nostri corpi furono sottoposti a tre brevi vibrazioni, provenienti dalla capsula radiocomandata che ci era stata fatta inserire , ingoiandola, nei nostri stomaci. Era il segnale, che ci avvisava che eravamo in presenza di un Master del club BDSM. cui noi appartenevamo come Schiavi, e che quindi bisognava immediatamente metterci a disposizione secondo le regole impartiteci.
Io ad Andrej, ci guardammo sorpresi, ma, senza fiatare e velocemente, ci spogliammo nudi ,lasciando le tute e le scarpe sul pavimento a mosaico , e ci posizionammo in piedi con le gambe leggermente divaricate, a testa china e con le braccia incrociate dietro la schiena , come prescritto, in attesa dell’arrivo del Master.
Passarono pochi minuti, quando dallo scalone centrale scesero, parlando ad alta voce, due uomini vestiti eleganti, sulla cinquantina. Uno lo riconobbi, dalla voce. Era il noto avvocato F., principe del foro di V. Aveva le mani in pasta ovunque , nella citta’. Ogni affare importante passava dalle sue mani, i suoi intrecci con la politica locale e non solo, erano noti e chiacchierati. Naturalmente era anche l’avvocato della mia ex azienda. Io non lo sopportavo, per i suoi metodi mafiosi e subdoli , e gli tolsi di fatto gli incarichi per affidarli ad un mio ex compagno di scuola.
“Oh, allora e’ vero quello che mi ha raccontato Sergio. Il celebre ingegner B. e’ diventato un umile schiavo gay del nostro club BDSM! Ma che sorpresa, per uno che era considerato il galletto della citta’…ah ,ah, ah”
Coai’ dicendo, l’avvocato si mise davanti a me, squadrandomi davanti e dietro.
“Complimenti, schiavo ..ingegnere, nudo non sei male,anche il tuo amichetto e’ notevole… sfortunatamente per voi, non sono gay, e quindi vi faro’ giocare un po’ tra voi. Piero, tu fotografa e filma tutto, non voglio perdermi l’occasione di vedere e far rivedere il fascinoso ingegner B., nudo ed inculato da un altro giovane maschio. Chissa’ come ci divertiremo queste sere, nelle nostre cene e feste private ! Ah, ah, ah.”
Le feste dell’avvocato F., erano famose in tutta la citta’, sia per gli importanti personaggi che ci partecipavano, sia per la licenziosita’…si diceva che fossero dei veri e propri festini erotici.
“, Ora tu schiavo 12804 , inculerai il tuo compare, qui davanti a noi. Prima pero’, te lo apriamo un po’..”
Mi fece mettere a pecorina nudo,, con le ginocchia distanziate ed il culo all’aria, in mezzo al salone., poi prese una sorta di piccolo manganello o bastone rotondo, mi stacco’ violentemente il plug rosso dal culo e comincio’ a penetrarmi violentemente, facendomi gemere di dolore. Muoveva il bastone, che aveva un diametro simile ad un cazzo di medie proporzioni, su e giu’ ritmicamente con un moto circolatorio teso ad allargare forzatamente il buco del mio culo, che comincio’ a bagnarsi velocemente, favorendo l’operazione. Sentii nuovamente che un piacere forte ed intenso stava prendendo il posto del dolore iniziale. Inoltre aspettavo con ansia che Andrej, mi penetrasse. L’avvocato non lo sapeva, ma mi stava facendo un grosso regalo….
“Sei gia’ pronto, troia di uno schiavo! Allora e’ vero che ti piace prenderlo nel culo proprio come una vecchia checca…Ah, ah, ah!”. Schiavo 12804, incula il tuo amico, muoviti!”
Prima dovetti masturbare un po’ Andrej, per fargli avere l’erezione, che arrivo’ prestissimo. Per me fu un piacere fare questo lavoro ad Andrej, era tutto il giorno che pensavo a prendere in mano il suo giovane e bel cazzo. In effetti, il cazzo di Andrej ,era proprio bello, lungo ed affusolato e, senza la peluria pubica, era ancora piu’ in evidenza. Gli massaggiai le robuste palle, e gli strinsi delicatamente l’asta, facendo scorrere lentamente ma decisamente la mia mano su e giu’ Il cazzo cominciava ad ingrossarsi. Con un dito gli sfiorai poi la grossa e rotonda cappella, titillando leggermente la bocca del cazzo. A quel punto il cazzo di Andrej era in completa erezione .
“ Basta, schiavo!,Altrimenti lo fai venire subito ! Hai imparato presto e bene a fare il finocchio, eh?” mi disse l’avvocato “ Ora tu, 12804, vai dietro e inculalo,con quell’aggeggio grosso e lungo che hai …ah ah ah,l’ingegner B. dovra’ piangere dal dolore!!!”
Andrej, si posiziono’ dietro ‘ di me ed infilo’ lentamente e dolcemente il suo grande cazzo nel mio culo . Nonostante che fossi gia’ aperto e lubrificato, sentii forte la sua presenza dentro di me. Andrej, spingeva lentamente , ma inesorabilmente. Sembrava che il suo uccello non finisse mai. Lo sentivo tutto dentro di me, fino alla bocca dello stomaco. Una sensazione incredibile e dolcissima di piacere mi pervase, facendomi provare dei profondi e continui brividi. Era quello che inconsciamente desideravo non appena vidi per la prima volta Andrej e che consciamente desideravo da tutto il giorno! Sentire Andrej,dentro di me era bellissimo e non avevo mai provato un piacere sessuale cosi’ forte! Andrej proseguiva dolcemente a penetrarmi, muovendo il suo lungo uccello su e giu’ dentro al mio culo, facendomi rabbrividire sempre piu’ e impazzire di piacere, che esprimevo mugolando ed ansimando ad ogni sua spinta pelvica. Ero bagnatissimo ed accompagnavo muovendo flessuosamente il mio corpo, seguendo le spinte di Andrej, per favorire al massimo quelle onde di piacere che mi invadevano .
Di questo mio evidente piacere, se ne accorse l’Avvocato, che con una brusca spinta , fece rotolare all’indietro Andrej, mandandolo a gambe all’aria sul pavimento e facendolo cosi’ uscire con il suo bel cazzo dal mio culo.
“ Godi troppo, lurido schiavo ! Questa e’ proprio la conferma che sei un Gay, una troia..Gay! Comunque abbiamo filmato tutto e tutta V. sapra’ quanto ti piace prenderlo in culo…chissa’ che faccia faranno tutte le donne che erano innamorate di te, e tua moglie Susanna poi….” disse con tono cattivo l’Avvocato, facendo posizionare Andrej in piedi , con il cazzo ancora in erezione, davanti a me.
“Ora succhia il cazzo al tuo amichetto, Schiavo, visto che ti piace tanto! Voglio filmare e far vedere a tutti come fai i pompini!!”
Non mi importava piu’ nulla di quello che diceva l’Avvocato. Ero in piena estasi sensoriale, nudo in ginocchio presi immediatamente in bocca l’uccello di Andrej, che avrei divorato dalla bramosia. Glielo succhiavo con delicatezza, spingendolo fino alla mia gola con movimenti ritmici in su e giu’ fino a sentire le sue palle sbattermi sotto le mie labbra. Per appoggiarmi meglio, cinsi con un abbraccio i fianchi di Andrej, cercando con una mano di infilargli un dito nel suo bel culetto rotondo. Quando ci riuscii’, senti il cazzo di Andrej irrigidirsi e crescere ancora di piu’, era al massimo della sua erezione ! Comincio’ anche lui a spingere con piu’ decisione l’uccello nella mia bocca. In certi momenti mi sentivo quasi soffocare, in un turbinio di piacere e dolore, non capivo piu’ nulla e cominciai anch’io a muovere la testa su e giu’ sempre piu’ forte per assecondare il ritmo crescente del cazzo di Andrej. Ad un certo punto seniti delle piccole spinte rapide una dietro l’altra,urlammo ambedue di piacere, mentre dal suo cazzo usci’ una quantita’ di sborra che non voleva mai terminare ,nella mia gola aperta , facendomi tossire violentemente. Il cazzo di Andrej, stava lentamente ridimensionandosi, ma io non volevo lasciarlo assolutamente scivolare via dalla mia bocca, continuando a succhiarlo e leccarlo, mentre ancora cingevo i suoi bellissimi fianchi nudi ,tenendo ancora il mio dito dentro al suo culo.
“E bravo il nostro Schiavo Ingegnere…sei proprio un abile pompinaro ! Chissa’ quanti ne hai fatti, eh, lurida troia? Quante risate ci faremo rivedendo questo bel filmino in cui sei il protagonista indiscusso!”
Non lo ascoltavo piu’., il mio unico interesse era di non staccarmi da Andrej, avrei voluto che quella sensazione di grande piacere potesse durare in eterno…
Invece l’avvocato con un calcione mi fece cadere sul pavimento, costringendomi a lasciare l’uccello di Andrej.
“Basta troia! Quello che mi serviva l’ho ottenuto. Ora sei sputtanato come uomo e come maschio. Diventerai la barzelletta di V. . Chissa’ gli spregi ed i commenti che ti faranno i nostri concittadini, quando ti vedranno lavorare con la tua sporca tuta da operaio con i sacchi della spazzatura in spalla insieme al tuo amichetto. Non vorrei davvero essere nei tuoi panni ! Ah ah ah, chissa che faccia fara’ anche il tuo altro amichetto avvocato buono a nulla…magari vi inculavate anche al Liceo!!”.
“Rivestitevi e tornate a lavorare, Schiavi! Con voi per ora ho finito!” Ci reinfilo’ sigillandoli con l’adesivo i plug rossi nel culo e ci tiro’ addosso le tuta arancioni e le scarpe da lavoro che erano rimaste sparpagliate sul pavimento . Ci rivestimmo velocemente e riprendemmo il nostro lavoro di prelievo manuale dei sacchi di immondizia nelle palazzine accanto.
Mentre uscivamo dalla palazzina, all’interno del giardino, in un raro momento di intimita’ e solitudine io e Andrej riuscimmo ad abbracciarci e stringerci forte :le nostre due tute arancioni erano come fuse in un'unica tuta, ed i nostri cazzi si gonfiarono immediatamente, quando riuscimmo anche a baciarci languidamente in bocca.
Arrivammo anche alla sede della mia ex azienda. Nel cortile interno erano accatastati, come di consueto, i numerosi sacchi di spazzatura prodotti nella giornata. Come prescritto, dovevamo dividere i sacchi secondo il colore e controllarne il contenuto prima di conferirli negli appositi camion che ci seguivano passo passo.
Quando aprii il sacco azzurro che conteneva i miei ultimi abiti civili rimasti, ridotti a brandelli insieme ai miei amati mocassini, sentii un groppo in gola. Quello era stato il mio ultimo legame con la mia vita “normale” precedente, che avevo liberamente scelto di abbandonare, rimanendo letteralmente spogliato di tutto, delle cose, dei vestiti, della liberta’e del mio corpo.
Ma ,dopo il piacere provato accoppiandomi quei pochi minuti con Andrej, conclusi che la scelta era stata davvero, per una volta nella mia vita, quella giusta.
FINE DEL RACCONTO.
NOTA DELL’AUTORE.
Racconto di fantasia liberamente tratto e romanzato in chiave BDSM da mie esperienze autobiografiche.
Qualsiasi riferimento a fatti, persone, cose ecc. e’ quindi da intendersi del tutto puramente casuale ed involontario.
Se il racconto vi e’ piaciuto o meno mi farebbe piacere in ogni caso avere i vostri commenti.
Ringrazio tutti per l’attenzione.
















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scritto il
2014-09-07
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