"Mia cognata, che sorpresa!" - Parte 1

di
genere
voyeur

Tanto è ancora lo stupore, che faccio fatica ad iniziare la narrazione della singolare, strana, pazzesca, incredibile situazione che ho vissuto qualche mese fa.
Era un tranquillo venerdì della prima settimana di Giugno, e come spesso avviene quando ho del tempo libero ero in spiaggia, a giocare a beach volley.
Ho una villetta proprio dietro uno splendido e sempre vivo litorale, nelle Marche, e li frequento un bagno dove ormai ho consolidato un discreto gruppetto di amici, molti dei quali coppie. Quando siamo liberi da lavoro ed impegni vari ci incontriamo li per una partitella a beach volley, che piace quasi a tutti noi, per un aperitivo o per fare un bagno e cazzeggiare un pò. Si può dire che quel pezzetto di spiaggia sia la nostra isola felice, dove per qualche ora ci rifugiamo dallo stress e dai pensieri della vita quotidiana, semplicemente per star bene, in maniera genuina, spontanea e disinteressata.
Della mia cerchia di frequentazioni facevano parte, oltre alla mia compagna Sofia, sua sorella Marika e suo marito Luca.
Lui addetto alla sicurezza in un commerciale, lei casalinga e neo mamma, e a volte lavoratrice part-time ed in maniera occasionale presso una sala congressi, come hostess.
Nonostante il suo lavoro, Marika è una donna poco appariscente, discreta e timida da sembrare, a volte, quasi invisibile.
Viso dolce, comportamenti mai fuori dalle righe, abbigliamento sempre adeguato e sobrio, fare semplice e pacifico. Insomma, Marika è l'incarnazione della donna perfetta, nell'accezione più convenzionale (forse antiquata) del termine.
Dedita alla famiglia ed ai suoi doveri di moglie e mamma, sempre attenta alle esigenze dei suoi cari, premurosa e seria.
Quel venerdì pomeriggio, però, le cose cambiarono tutto ad un tratto per me.
Dico per me, perché fui l'unico a prendere atto di quanto sto per raccontare.

Io, Sofia e Luca giocavamo a beach volley al campetto del bagno che frequentiamo, mentre Marika era rimasta all'ombrellone a leggere il suo solito, pallosissimo libro.
Sarà stato uno di quei soliti romanzi strappalacrime da far svenire anche un rocker in preda all'euforia della cocaina.
Purtroppo, il suo essere una figura sobria implicava anche questo, la (a volte) noiosità.
In ogni caso ci avevamo fatto il callo, ed il tacito accordo tra noi e Marika consisteva nel fatto che ognuno godeva del suo tempo libero come meglio credeva, senza troppe menate nei confronti degli altri.
Chi voleva giocare giocava, chi dormire dormiva, chi fare shopping faceva shopping.
Non per niente quel bagno, in quelle ore, rappresentava il paradiso di tutti e quattro, come degli amici che frequentavamo solitamente.
Giocammo per diverso tempo, poi la partita finì e, complice il caldo asfissiante, tutti verso il mare per una bella rinfrescata.
Fu in quel momento che, mentre Luca e Sofia erano andati di poco avanti, Marika mi avvicinò chiedendomi se poteva approfittare un attimo del mio appartamento, ubicato a pochi metri da li, per provare un costume da bagno visto in spiaggia e decidere se prenderlo o meno.
Nel "noiosità" di cui sopra era insita una vena critica nei confronti della a volte eccessiva riflessività di Marika.
Tutto andava ponderato nei minimi dettagli, tanto che anche un costume da pochi spiccioli in vendita da un ambulante presupponeva un certo iter decisionale, impensabile per i più.
Dissi a Marika che le chiavi erano nella tasca del mio zaino, vicino alle immancabili sigarette, e che poteva senza problemi approfittare dell'appartamento.
Mi ringraziò e si avvio verso casa mia, con il costume tra le mani, dopo aver ovviamente indossato vestito e scarpe (mai scomposta, sempre impeccabile e garbatissima mia cognata!).
La breve pausa con Lei mi stoppò dal fiondarmi diretto tra le onde del mare, e mi fece venire voglia di una sigaretta ed un goccio d'acqua.
Mi sdraiai sul lettino del nostro ombrellone e accesi la mia Marlboro.
Quando ebbi finito di fumare, feci un salto al bar per prendere l'acqua e tornai sulla spiaggia.
Erano passati circa 20 minuti, tutti erano in mare, io stavo per andarvici ma mi fermai un istante ancora.
Marika, mia cognata, ancora non faceva ritorno, e la cosa mi diede da pensare.
Con preoccupazione per la prolungata assenza, mi mossi verso casa, che distava non più di due minuti a piedi.
Temevo fosse successo qualcosa, che so, magari un malore in casa dovuto al caldo atroce di quei giorni, o un incidente di qualsiasi genere.
Insomma, non trovavo normale il fatto che non fosse ancora tornata.
In pochi istanti fui vicino all'ingresso del mio appartamento e sembrava tutto normale.
Provo a girare la maniglia della porta e la trovo aperta, e subito la cosa non fa che aumentare la mia preoccupazione.
"Sicuramente ha avuto un malessere, pensai, o è stata aggredita mentre entrava in casa"-pensai.
Percorsi il corridoio, e dalla soglia dell'ingresso in soggiorno notai il costume con il quale si era incamminata poggiato sul tavolino.
Scorgo lo sguardo a destra, e mi si presenta davanti la scena che, tra tutte, mai avrei pensato di poter vedere nella mia vita.
Inverosimile, folle, inattesa, irrazionale, fuori da ogni aspettativa, pazzesca.

Marika, la mia irreprensibile cognata, era di spalle a me.
In ginocchio, a terra, piedi nudi, meravigliosi.
Inarcava la schiena sporgendo il sedere, coperto dal costume da bagno che indossava in spiaggia ed, in parte, dal vestito / pareo che vi aveva indossato sopra nell'andare via.
Il capo era chino, e di fronte, a sovrastarla, la figura dell'ambulante, probabilmente nord-africano, che le stava "piazzando" la sua mercanzia.
L'ambulante gemeva, occhi chiusi,mani dietro la nuca.
Godeva, mentre la mia sempre impeccabile, diligente, docile e fedelissima cognata gli prendeva tra le labbra un membro mai visto prima.
Largo, lungo, venoso, nero come il carbone, duro come la roccia, sovrastato da una cappella rosea dalle dimensioni fuori dal comune.
Nessuno dei due mi aveva visto, e li per li l'unica mia indecisione era se annunciare la mia presenza a colpi di mitra o di mazza da baseball.
Ad un tratto sentii un freno, un blocco, che mi impedì di compiere qualsiasi gesto.
Improvvisamente godevo nell'ammirare una scena tanto eccitante, godevo tanto da non volervi mettere fine.
Mi faceva impazzire guardare mia cognata, sempre considerata la donna più perbene del pianeta, pompare il cazzo ad uno sconosciuto superdotato incontrato in spiaggia.
Feci qualche passo indietro, per sistemarmi dove non sarei stato visto.
Non fiatavo, non dovevano sentirmi, dovevo godere di tutta la scena che sarebbe spontaneamente nata dall'incontro di un nero super eccitato e di una finta brava donna.

scritto il
2015-09-23
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